mercoledì 30 ottobre 2013

Bossi di Induno, feudatari di Oggiona, marchesi di Castel Musso

Della presenza della nobile famiglia Bossi nelle nostre contrade si hanno notizie molto antiche.
Lo stemma della famiglia raffigura un bue andante. Va a tale proposito ricordato che il bue in
latino si traduce con bos, dalla cui pluralizzazione italiana è nato il cognome Bossi; da qui lo
stemma che allude al nome della famiglia e che costituisce la cosiddetta arma parlante. I Bossi
dovevano possedere notevoli capitali se prestavano denaro, come risulta da documenti d'archivio,
ai comuni di Turbigo, Dairago e Buscate. L'origine del casato è stata “stampata" su due
lapidi murate nella parete posteriore della chiesa dell'Assunta a Induno delle quali proponiamo
la seguente traduzione.

LAPIDE I - Azziato (Azzate), castello dei Bossi, trae il nome da Azzio, promontorio dell'Epiro.
Presso gli Insubri e i Reti, sia nelle vicende prospere che avverse, primeggiò la stirpe dei Bossi,
seguì sempre e dovunque i Cesari, servì la Chiesa in tutti gli oneri e gli onori. Ai governatori
insubri diede Prefetti e Vicari generali, difesa la libertà della Patria a tutto potere nel governo
di Milano.
Passato il governo di Milano ai Visconti prestò mano, tanto in guerra quanto in tempo di pace.
Diede opera perché la provincia Milanese, per tanto tempo conservata coi sacrifici, si sottomesse
agli Sforza, non potendo più oltre difenderla aiutò gli Sforza coll'opera e col consiglio. Fece
meraviglie sotto l'impero Austriaco ottenendo grandi onori.
Questa lapide, che ricostruisce la storia della famiglia Bossi dall'età romana alla venuta degli
Austriaci sulle nostre terre, porta una data: 1612, e il nome di colui che dettò le frasi, tale
Fabrizio Bossi. La seconda lapide sembra voler indicare le origini bulgare della famiglia e l'autore
volle sottolineare legami con le famiglie più importanti della storia, legami di sangue che ci
paiono spuri.

LAPIDE II - I Bossi traggono nome da Bove. Discendenti dai popoli della Bulgaria, passarono
la Mesia, poscia chiamata Bosnia, ebbero sede in Milano molto più di milleduecento anni. Ciò è
attestato dal timbro di ferro trovato nella tomba, fra le ossa, di S. Benigno Bossi sepolto presso
l'altare maggiore di San Sempliciano. La Curia romana creando Benigno arcivescovo riconobbe
la vetustà del casato e la sua nobiltà regalmente celebre.
In seguito, dopo aver percorso terre e mari, dovunque i Bossi si trovassero si mostrarono progenie
feconda di grandi uomini e di principi dominatori d'Italia, come furono i Berengari originati
dai re della Bosnia. Dal sangue Bossio sono sorti principi normanni, dalla medesima stirpe
nacque la famiglia dei re e imperatori svevi. Il casato Bossi fu strettissimamente congiunto colla
famiglia regnante in Sassonia, sono contati fra i principi Bossi e Bossoni re della Borgogna e
della Provenza e una donna di (Dagno?) della stirpe Bossea fu proclamata principessa nell'Epiro
presso il regno di Bosnia.
Le fonti scritte parlano di un Matteo al quale, nel 1137, venne data una qualche giurisdizione
sopra i Lodigiani. Ardricus Boxus fu feudatario nel XII secolo. Nel 1198 i Bossi parteggiarono
coi Della Torre, Crivelli e Visconti nella fazione popolare chiamata La Motta. La famiglia ebbe
numerose diramazioni, ma sappiamo che i Bossi di Induno appartenevano al ramo dei marchesi
di Castel Musso a loro volta legati a quelli di Azzate.
La presenza Bossi di Azzate _e documentata dal 1646, 27 agosto: venne battezzata Bianca Hieronima
di Gio. Stefano Bossi e Livia Bossi, padrino fu Gio Batta Bossi della terra di Azzate,
pieve di Varese, figlio di Gio. Pietro e abiatico del magnifico Bernardo Seniore, intestatario del
feudo di Oggiona nel XV secolo; 1646, Clara Francesca di Carlo Antonio Bossi e Bianca; padrino
Carlo Beolchi, madrina Giacinta Bossi (sposata con Angelo Maria Beolchi).
FABRIZIO, milanese, marchese di Castel Musso presso Como, fu ambasciatore in Spagna, ove
gli venne conferita la carica di senatore. Morì nel 1649. GIOVANNI GALEAZZO, sposò Maria
Apollonia de Rosales. Giureconsulto, fu Regio Capitano di Giustizia a Milano. Morì nel 1684,
all'età di 65 anni. FABRIZIO BENIGNO nacque nel 1667, sposò Silvia Fossano, fu marchese
e conte palatino. GALEAZZO nacque nel 1699, laureato in legge divenne Decurione e Vicario
15GRSD, La Cascinaccia - anatomia di un tessuto agricolo, in \Contrade Nostre", vol. II, p.161. La Cascinaccia,
posta tra Dairago e Villa Cortese, registra , tra i proprietari, membri della famiglia Bossi; AA.VV., Storia
della nobiltà lombarda, Milano 1978, p. 282.
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di Provvisione di Milano nel 173516. Sposò Eleonora della Porta ed ebbe due figli: BENIGNO
(1731-1815), marchese, ciambellano e decurione, morì senza eredi maschi, per cui l'eredità passò
al fratello Giovanni; GIOVANNI (1734-1802) sposò in prime nozze Teresa Henfeld, baronessa,
sepolta nella chiesa di Induno, ed in seconde nozze Chiara dei conti Rossini di Como. Abbracciò
la carriera militare, combattendo per l'Austria e raggiunse il grado di colonnello. Del tempo
sono alcune citazioni che parlano delle donne Laura e Virginia Bossi; questa ultima, nel suo
testamento del 1809, stabilì che: “ove non si possa aver sepoltura nel Monastero di S. Paolo,
ordino che il mio cadavere sia portato e sepolto in Induno nel sepolcro della famiglia".
L'Ottocento vide l'arrivo dei Francesi e l'abolizione dei titoli nobiliari. Ligio agli imperativi
napoleonici, il parroco di Malvaglio annotò la morte del cittadino Giovanni Bossi (sino a pochi
anni prima indicato come l'Ill.mo Signor Marchese don Giovanni Bossi), di anni 68, marito della
cittadina Clara Rossini, tumulato nell' Oratorio Pubblico di Induno".
L'eredità di GIOVANNI venne divisa tra i tre figli Galeazzo, Benigno e Raffaele. BENIGNO
(1788-1870), sposò Adelina Bertrand di Ginevra ed ebbe tre figli: ODOARDO (1829), capo
ingegnere dei lavori al tunnel del Gottardo, combattente negli anni 1848-1849; ARTURO (1824)
che sposò a Gampert e poi M. Antonietta Blondel; dal matrimonio nacquero EMILIA (1860);
LEONTINA (1826) che sposò Luigi Roget. BENIGNO ebbe in eredità  i beni in Cuggiono,
Malvaglio ed Induno che rivendette pochi anni dopo al fratello Rffaele; RAFFAELE, sposò
Emilia Visconti dalla quale ebbe una sola figlia, GIOVANNA, coniugata col nobile Luigi Piazzoni
di Bergamo. I beni in Induno e Malvaglio passarono poi per successione a Cristina PIAZZONI
che vendette la cappellania di Induno a Luigi Pagani di Cuggiono.
Per far intendere il clima del tempo ricordiamo che un certo Carlo, servo di palazzo Bossi, morì
nel 1676 e nell'occasione non \essendosi da loro potuto sapere cognome ed età fu registrato
tristemente come “Carlo della terra di Robbiate, pieve di Varese". Si arguisce quale fosse lo
spirito che animava il rapporto servitore-padrone e l'importanza dei cognomi nel Seicento.
Dal Guado di Induno passò l'unità d'Italia.
La figura più significativa dell'epopea dei Bossi di Induno è certamente quella di Benigno
(1788-1870), il quale nacque a Como e studiò all' Università di Pavia. Fece parte del gruppo di
nobili che nel 1814 inviarono una delegazione al Metternich, chiedendo la creazione dei collegi
elettorali (la petizione venne firmata da Porro, Trivulzio, Confalonieri, Fagnani, Pino, Durini,
Borromeo ed altri). Partecipò ai moti del 1814 e in seguito si affiliò alla Carboneria. La sua
terra di Induno era il luogo ideale di transito per guadare il Ticino e raggiungere il Piemonte
senza essere visto dagli Austriaci. Trattò con Carlo Alberto la rivolta il cui fallimento lo portò a
fuggire a Ginevra e venne condannato a morte in contumacia come tanti altri \nobili-patrioti".
Passò poi in Inghilterra dove sposò la Bertrand e, successivamente, raggiunse Edimburgo per
arrivare infine nel castello di Gaasbeek, la dimora degli Arconati nei pressi di Bruxelles. Tornò
a Milano nel 1848 e venne mandato come rappresentante dei milanesi a Londra. Nel 1868, due
anni prima della morte, fu nominato Commendatore della Corona d'Italia.


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