giovedì 10 marzo 2016

DITTE FALLITE NON DENUNCIATE DEL COMUNE DI AZZATE (1926-1951)


Denunce di fallimento e relativa documentazione delle ditte non denunciate (non iscritte nel registro delle ditte e prive di libri e scritture contabili previsti dalla legge) sotto elencate, presentate alla Camera di Commercio di Varese: dichiarazione e relazione del curatore fallimentare, sentenza di fallimento emessa dal Tribunale Civile e Penale di competenza:

Bonfanti Carlo
Boschiroli Ermanno
Giamberini Mario
Lanzetti Pietro
Rebonato Daniele

(Estratto da: LombardiaBeniCulturali).

MANGANO CLEOFE VELIA - PANIFICIO DI AZZATE - CESSAZIONE 1950 (1939-1950)


Attività di panificazione svolta da Cleofe Velia Mangano e regolata dalla Camera di Commercio di Varese: licenze di panificazione rilasciate dal Consiglio Provinciale delle Corporazioni di Varese (poi Camera di Commercio), ricevute dei pagamenti di concessione governativa, richiesta di rinnovo della licenza.

(Estratto da: LombardiaBeniCulturali).

FRANCESCO SFORZA SCRIVE ALLA COMUNITA' DI AZZATE

Francesco Maria Sforza duca di Milano.

Bianca Maria Visconti moglie di Francesco Maria Sforza.

Il segretario Cicco Simonetta, d’ordine del duca di Milano Francesco Sforza, invia una serie di ordinazioni a vari sudditi affinché ottemperino alle sue disposizioni. Si tratta di quindici lettere scritte dal 15 agosto 1450 al 13 febbraio 1451, che presentiamo nella forma originale.
Una in particolare, quella del 24 ottobre 1450, è interessante poiché è scritta alla Comunità e al Comune di Azzate.
Francesco Sforza ordina di alloggiare il condottiero Sagramoro Miraldo da Parma con altri due uomini d’arme e provvedere loro cibo e dare strame per i cavalli.
Il loro passaggio nelle nostre zone non deve essere stato del tutto pacifico poiché il 23 novembre successivo lo stesso duca ordina ad Ambrogio Crivelli[1], podestà di Varese, su istanza del condottiero, di liberare il suo saccheggiatore, probabilmente imprigionato, che dovrà prima restituire il maltolto a tutti i derubati.

Caricatura di Galeazzo Maria Sforza attribuita a Cicco Simonetta.

Registro n. 2.

N. 710 - Francesco Sforza alla comunità e al comune di Azzate 1450 ottobre 24, Milano

Hominibus et comuni Azzate.
Perché deliberamo presto provedere al logiamento de quelli nostri soldati che sonno allogiati lì in quello loco, volimo et cossì per la presente ve commendiamo che debiati teniri et allogiare in quello nostro loco Carlo da Parma cum duy altri homini d'armi del spectabile nostro conductiero Sacramoro da Parma, et provedergli de stramo per li cavalli vivi et cossì per lo vivere loro secondo haveti facto fin al presente. Et questo non manchi per quanto haveti ad caro la gratia nostra. Data Mediolani, die xxiiii octobris 1450.
Cichus.

N. 947 - Francesco Sforza ad Ambrogio Crivelli 1450 novembre 23, Milano

Potestati Varesii 
De precibus annuamus spectabilis et strenui armorum ductoris nostri Sagramoris de Parma , contentamur et volumus quod detentum per vos saccomanum suum post harum receptionem statim libere relaxetis, omni contradicione remota. Intendimus, tamen, quod prius satisfieri faciatis integre hiis quibus saccomanus ipse res aliquas abstulerit, si qui comparuerint de illo querimoniam facientes. Modiolani, die xxiii novembris MCCCCL.
Cichus.


Francesco Sforza ordina che sia dato al luogotenente di Alessandria Raimondo Testagrossa il suo salario per il periodo in cui fu capitano del divieto di Alessandria. La lettera è indirizzata al referendario Lancillotto Bossi e al tesoriere Gassare Taccono.
Dagli studi di Caterina Santoro conosciamo molti degli incarichi che il duca di Milano gli affidò.
Lettera di nomina 19 maggio 1450: referendario di Alessandria per 6 mesi. Stipendio fiorini 20 solvendorum de ordinario.
Il 1° dicembre 1450 viene confermato per altri 6 mesi.
Lettera di nomina 23 giugno1460 da Milano: referendario di Pavia a partire dal 1° aprile1463 per 2 anni al posto di Alessandro Castiglioni.
Lettera di nomina 12 maggio 1464: confermato dal 1° gennaio per altri 2 anni. (E' detto nobile uomo).
Lettera di nomina 24 maggio1463 da Milano: magistrato delle Entrate e dei Possessi di Pavia a partire dal 1° gennaio passato per 2 anni. Stipendio fiorini 10.
Lettera di nomina  4 dicembre 1467 da Milano: magistrato delle Entrate Ordinarie  ad beneplacitum. Stipendio fiorini 32.
Nel 1447 è detto abitante a Milano in Porta Ticinese nella Parrocchia di S. Maurilio.
Decurione[2].

Miniatura di Francesco Sforza e condottieri.

105. Francesco Sforza al luogotenente di Alessandria e a Lancillotto Bossi e Gaspare Taccono 1450 agosto 15, Lodi

Locumtenenti, referendario et thexaurario civitate Alexandrie.
Dilecti nostri, volemo et siamo contenti che fati pagare a Raymondo Testagrossa, nostro capitaneo del diveto, dele condemnagioni che luy ha facte et mandate ala Camera nostra el suo salario per lo tempo che luy è stato al dicto officio, secondo se contene nele sue littere, tanto de quelle dal Fregarolo quanto dell'altre ve pareranno. Data Laude, die xv augusti 1450.
Cichus.

253. Francesco Sforza a Bartolomeo Porro, Damiano Bossi, Giacomo Scrovegni da Padova, Giacomo Suardi, al podestà di Alessandria e a Marchiolo Trivulzio 1450 settembre 3, Lodi

Francesco Sforza manda agli arresti domiciliari due sudditi a Como, due a Novara e due ad Alessandria.
[123r] Potestati (1) et officiali bullectarum Cumarum (2).
Dilecti nostri, per certi respecti mandiamo a stare lì Antonio Bonono et Rodulfo Favallo, pertanto volimo che li receptiati in quella nostra città et provedati che se presentano nanzi ad voy una volta el dì. Laude, die iii septembris 1450.
Cichus.
In simili forma potestati (3) et officiali bullectarum Novarie (4), de Marco Longo et Christoforo de Quinteris.
In eadem forma potestati (5) et officiali bullectarum Alexandrie (6), de Aluysio de Villanova et Antonio Garoffolo.
Cichus.

(1) Identificato come Bartolomeo Porro (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 238).
(2) Identificato come Damiano Bossi (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 244).
(3) Identificato come Giacomo Scrovegni da Padova (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 292).
(4) Identificato come Giacomo Suardi (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 297).
(5) Non identificato (la carica è segnalata da SANTORO, Gli uffici, p. 528, dal 1450 novembre 20 con Bartolomeo Porro).
(6) Identificato come Marchiolo Trivulzio (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 532).


347. Francesco Sforza a Lancillotto Bossi 1450 settembre 14, Milano

Francesco Sforza ordina che i due cavallari da lui assunti alla posta di Serravalle vengano pagati mensilmente.
Referendario Alexandrie (1).
Perché havemo ordinato de presenti che stiano duy cavallarii ala posta de Seravale, pertanto volimo che ad ogni hora mandirà lì da te misere Blaso de Axereto per lo pagamento de diti cavallari, li debi respondere dela rata loro de mese in mense, perché havimo disposto el pagamento d'essi se faza lì e de presenti, pur ad requisitione del prefato miser Biasio gli daray una prestantia per uno, azò se posseno metere imponto de quello li bisogna, avisando dito misere Blasio de quanto ti scrivimo, ad ciò ch'el sapia quello havirà a fare, et che te mande in scripto dicti cavallari, intendendo la dicta prestanza la paga d'uno mese como se dà ali altri cavallari. Data Mediolani, xiiii septembris 1450.

(1) Identificato come Lancillotto Bossi (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 530).


440. Francesco Sforza a Lancillotto Bossi e Gaspare Taccono 1450 settembre 19, Milano

Francesco Sforza ordina a Lancillotto Bossi e Gaspare Taccono che diano ad Antonello del Borgo il denaro che gli spetta per cavalcare come gli è stato ordinato.
Referendario (1) et thexaurario Alexandrie (2).
Ad ciò che Antonello dal Borgo possa cavalcare a fare quanto gli è stato ordinato, volimo et ve comandiamo che subito, havuta questa, gli faciati assignacione deli denari che gli toca per la rata sua, como se contene in la nostra littera in Borgogli, [156r] non essendo facta in Borgoglio al conte Gasparo assignacione alcuna deli denari che gli tocano. Et questa assignacione faciamo fare lì al dicto Antonello per respecto che gli ha arme soe in pegno, senza le quale, como sapeti, lui non porria cavalcare, siché spazatello prestissimo et non lo teneti in tempo. Data Mediolani, die xviiii septembris 1450.
Cichus.

(1) Identificato come Lancillotto Bossi (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 530).
(2) Identificato come Gaspare Taccono (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 531).

Francesco Simonetta detto Cicco.

441. Francesco Sforza a Lancillotto Bossi e Gaspare Taccono 1450 settembre 19, Milano

Francesco Sforza ordina a Lancillotto Bossi e Gaspare Taccono di dare al proprio conestabile, Luca Schiavo, cento ducati d'oro.
Referendario (1) et thesaurario Alexandrie (2).
Siamo contenti et volimo che a Lucha Schiavo, nostro conestabile (3), faciati dare et daghi tu thesaurario, ducati cento d'oro de quelli denari dovevano pagare li homeni de Cassino per lo termine de luglio agosto et septembre, come etiamdio vi scrive Pietro Acceptante de ordinatione nostra. Mediolani, die xviiii septembris 1450.
Cichus.

(1) Identificato come Lancillotto Bossi (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 530).
(2) Identificato come Gaspare Taccono (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 531).
(3) La persona e la carica non sono segnalate da SANTORO, Gli uffici.


479. Francesco Sforza a Lancillotto Bossi 1450 settembre 23, Milano

Francesco Sforza informa che le poste sono ferme a Dorno e perciò la corrispondenza venga inviata là e non la si trattenga. Si provveda, inoltre, al pagamento dei cavallari, compresi quelli di Serravalle.
[162v] Referendario Alexandrie (1).
Haviemo ricevuta vostra littera et inteso quanto scriviti del facto deli cavallari, et cetera. Vi dicemo che le poste sonno ferme a Dorni, pertanto avendo ad mandare littere vogliati mandare ad Dorni perché le poste sonno ordinate ad Dorni et ad Binascho, et non vogliati retenire le littere lì duy o tri dì che poriano essere de tale importantia che gli andaria la testa, come l'altro dì che fureno retenute uno dì. Ceterum volimo che provediati al pagamento deli cavallari, secondo l'ordine dato ad Pietro Acceptante et cossì volimo sia proveduto alli cavallari de Seravalle, per modo ce possano servire et siano tenuti a fare lo debito. Et non manchi. Mediolano, die xxii septembris 1450.
Iohannes de Ulesis.

(1) Identificato come Lancillotto Bossi (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 530).


581. Francesco Sforza a Lancillotto Bossi 1450 ottobre 2, Milano

Francesco Sforza ordina a Lancillotto Bossi di portarsi con 4 o 6 uomini di Quargnento sul luogo dove egli designerà, alla presenza di testi e di un notaio, il posto dove costruire un mulino sul fiume Tanaro.
[182r] Referendario Alexandrie (1).
Concessimus communi et hominibus nostris Quarnienti quod possint construere et construi seu hedificari facere in flumine Tanegri molendinum unum a bancha de rivo supra, pro usu dictorum communis et hominum. Quapropter volumus et tibi precipiendo mandamus quatenus te transferas super locum, una cum quattuor sive sex ex hominibus predicti loci Cuarnienti, et diligenter videas situm et locum magis comodum pro dictis nostris hominibus, ipsumque dictis hominibus assignes, presentibus testibus et notario, qui instrumentum conficiat de assignatione siti dicti molandini. Mediolani, ii octobris 1450.
Cichus.

(1) Identificato come Lancillotto Bossi (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 530).

Dedica sul muro dell'abitazione.

616. Francesco Sforza a Lancillotto Bossi 1450 ottobre 6, Milano

Francesco Sforza ordina che delle 200 moggia di frumento date dalla comunità di Quargnento se ne destinino 180 alla corte ducale, mentre le 36 lire del noleggio si prendano sul censo di Cassine.
Referendario Alexandrie (1).
Havemo ordinato che dela summa de mogia ducento de frumento, quali li homini de Quarniente de presente ne danno per subsidio, se ne conducano moza cento ottanta per uso dela corte nostra. Et perché siamo informati che per nollo fino a Pavia d'esse moza cento ottanta si haverà a pagare soldi quattro per mogio libre xxxvi imperiali, volimo che quelle libre xxxvi vel quello che intenderay che dicto frumento costarà per nollo tanto fin a Pavia, provedi de havere del termino de septembre del censo de Cassine et li numeri secondo seray informato da Raynaldo Testagrossa, a cui havemo de questo dato commissione. Data Mediolani, die vi octobris 1450.
Cichus.

(1) Identificato come Lancillotto Bossi (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 530).


815. Francesco Sforza a Gabriele e Lancillotto Bossi 1450 novembre 10, Milano

Francesco Sforza ammonisce Gabriele e Lancillotto Bossi di saldare il debito che hanno con Francesco da Fossato, che ha già accordato una dilazione.
Gabrieli et Lanziloto de Bosiis.
Vuy sapeti che altre volte ad complacentia de miser Aluysino et vostra nuy ve fossemo favorevole ad ciò non foste molestati per lo debito haveti cum Francesco da Fossato, nostro citadino, et fecemo opera cum lo dicto Francesco che ve expectasse per alcuni dì et questo facemo credendo nuy che dovesti essere valent'homini et observare la promessa. Adesso è stato da nuy el dicto Francescho, lamentandosse de vuy et dicendo che l'è passato el termino de duy mesi et tanto più quanto è da callende in qua et anchora non gli è facto el dovere, et suplica vogliamo provedere non sia menato più in longa. Pertanto, parendone giusta questa sua rechesta et non possendo più patire tanta instantia quanto el ne fa continuamente, ve confortiamo et admoniamo che subito et senza dilatione lo vogliati fare contento de quello debe havere, in modo non hahiamo più querella, certificandovi che non lo facendo vuy ne serà necessario provedere alla satisfatione sua per altra via nì poteremo fare altramente del nostro honore, advisandone dela receptione dela presente et dela intentione vostra circa ciò. Mediolani, die x novembris 1450.
Cichus.

938. Francesco Sforza al luogotenente di Alessandria e a Bartolomeo Porro e Lancillotto Bossi 1450 novembre 21, Milano

Francesco Sforza ordina al luogotenente di Alessandria e a Bartolomeo Porro e Lancillotto Bossi, rispettivamente podestà e referendario della stessa città, di restituire a Giuliano Ghiglino il bestiame, non costringendolo a pagare il sussidio.
Dominis locumtenenti, potestati (1), referendario Alexandrie (2).
Habiamo novamente intexo dal nobile dilecto nostro Iuliano Ghiglino como, non havendo luy possuto far presentare le nostre littere quale pridie scrivevamo a vuy, locotenente nostro, aciò gli facesseve restituire certo suo bestiame gli haveva tolto Antonello dal Borgo, nostro squadrero, per le qual nostre leterre volevamo ch'el dicto bestiamo liberamente gli fosse restituito et non gli fosse dato molestia alcuna per lo subsidio che debbe pagare quella nostra citade, attesa la exencione et promessa che ha dala dicta comunità, donec fusse dechiarato a cui spectasse de pagare, vedendo li soy lì ch'el dicto bestiame fidiva maltractato, gli anno rescosse con certe promesse et securtade de pagare dicto subsidio o de consignare esso bestiame, etiam non obstante littere che noy scrivessimo. Per la qual cosa, deliberando noy che al dicto Iuliano non sia facto torto, volemo et sì ve commandiamo expressamente che, non obstante alcuna obligacione, deposito o instrumento facto per veruno per casione del dicto bestiame verso lo dicto Antonello, per qualuncha modo sia facto, non faciate astringere esso Iuliano né le sue securtade ad consignare esso bestiame ho a pagare quella quantitade de danari gli fi comandato per esso subsidio. Volemo anchora che per dicto Antonello né per veruno altro non lasiate fare alli predicti molestia alcuna, quantuncha minima, fin a tanto non sia cognosuto et determinato se luy doverà pagare o non. Per la qual cosa si la dicta comunità pretende de havere rasone alcuna contra dicto Iuliano, per la qual il debia essere costrecto ad pagare per lo dicto subsidio, mandi qui da noy uno suo messo, perché, audita et intexa una parte e l'altra, li faremo quela declaracione che la rasone vorà. Mediolani, die xxi novembris 1450.
Iohannes.

(1) Identificato come Bartolomeo Porro (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 528).
(2) Identificato come Lancillotto Bossi (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 530).


1025. Francesco Sforza al luogotenente di Alessandria e a Lancillotto Bossi 1450 dicembre 1, Milano

Francesco Sforza distoglie il luogotenente di Alessandria e Lancillotto Bossi, referendario di Alessandria, dall'importunare Luchino Beccaria volendolo obbligare a contribuzioni da cui è esente.
Locumtenenti (1) et refendario Alexandrie (2).
Siamo avissati per querella de Luchino de Beccaria qual tene el loco dela Priosa che lo voliti astrenzere a carichi inusitati, ciò a contribuire per lo subsidio et imbotate contra el tenore et disposicione di suoi privilegii. Per levarli adoncha ogni materia de querela, ve cometiamo et volemo provideati non gli sia dato molestia alcuna contra l'usato, immo gli sia observato quello gli è stato obsarvato per lo passato. Data Mediolani, ut supra.
Cichus.

(1) Identificato come Lancillotto Bossi (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 530).


1404. Francesco Sforza al luogotenente di Alessandria e a Lancillotto Bossi 1451 gennaio 12, Milano

Francesco Sforza replica al luogotenente di Alessandria e a Lancillotto Bossi, referendario della stessa città, di non dar noie agli uomini di Cassine per l'imbottato.
Locumtenenti et referendario Alexandrie (1).
Como per altre nostre littere date a Lode a xiiii de decembre proximo passato ve scripsimo, cossì de novo ve replicamo et dicemo che per modo alcuno non debbiati molestare né fare molestare l'homini della terra nostra de Cassina per casone delli aventagii delli incanti delle imbotate, perhò non gli sonno obligati, perché, prima che fosse facto mencione d'esse imbotate, essi homini eranno convenuti cum noy, della qual cosa ve ne certificamo. Il perché, como havemo dicto, volimo non gli faciati fare molestia alcuna. Mediolani, xii ianuarii 1451.
Cichus.

1587. Francesco Sforza a Sillano Nigri, ad Antonio Bossi e ai Maestri delle entrate straordinarie 1451 febbraio 13, Lodi

Francesco Sforza scrive a Sillano Nigri, ad Antonio Bossi e ai Maestri delle entrate straordinarie dicendosi scontento della «compositione dela possessione del Pavese». Vuole che per la Camera ducale si prendano due o tre possedimenti pavesi dei migliori, così da poter addivenire per l'altro possedimento da loro trattato a un accordo più favorevole.
Domino Silano de Nigris, domino Antonio Bosso et Magistris intratarum extraordinariarum.
Havemo inteso quanto ne ha riferito Augustino Baracho per vostra parte circha el facto dela compositione dela possessione del Pavese, al che respondendo dicemo che le dicte compositione non ne piaceno a quel modo ne havite mandato a dire, ma perseveramo in quello vi scripsemo in questi dì, cioè che con rasone dovesti prendere a nome dela Camera nostra doe o tre possessione dele migliore, perche vuy, miser Sillano, sapeti che le littere, le quali hebeno quella comunità da nuy, disponono che niuno debia essere tolto dala possessione, nisi cognito prius de iuribus suis. Siché concludendo replicamo de novo che con colore de rasone et non altramente debiati prendere ala Camera [407r] nostra doe o tre dele dicte possessione, perché cossì facendo trovarite che gli venirà voglia de venire a migliore compositione de quella ne havite mandata a dire como etiamdio ve referirà el dicto Augustino per nostra parte. Laude, xiii februarii 1451.
Cichus.

(Estratto da: LombardiaBeniCulturali).



[1] Potrebbe avere qualche riferimento con lo stemma Crivelli presente nella Stanza Cortese?
[2] Dalla "Pro generica" della comparizione di D. Antonio Bossi 1.7.1743.

mercoledì 9 marzo 2016

ANDREA BUTTI DI AZZATE


Il 16 gennaio 1799, con una risoluzione del giudice di pace, si pone fine alla controversia insorta tra Innocenzo Odescalchi ed Andrea Butti, abitante in Azzate, padre di Angiola, già serva in Casa Odescalchi.

(Estratto da LombardiaBniCulturali).

RITRATTO DEL CANONICO FRANCESCO BOSSI


Raccolte d'arte dell'Ospedale Maggiore di Milano.
Pelagio Palagi (1775-1860) - Ritratto di Francesco Bossi.


Il dipinto fu eseguito da Palagi sulla base di un ritratto appositamente inviatogli a Bologna dall'amministrazione dell'Ospedale, come testimoniato da una lettera del carteggio conservato presso la biblioteca dell'Archiginnasio; un'antica iscrizione (citata da Caimi, Mongeri e Cusani) lo diceva eseguito "in soli otto giorni". L'effigiato, canonico di S. Stefano a Milano, al momento della morte elesse la Cà Granda suo erede universale.

venerdì 4 marzo 2016

CABRI AGOSTINO MORTO NELLA GUERRA ITALO-TURCA

Lapide nel Cimitero di Azzate.


La guerra italo-turca (nota in italiano anche come guerra di Libia o campagna di Libia e in turco come Trablusgarp Savaşı, ossia Guerra di Tripolitania) fu combattuta dal Regno d'Italia contro l'Impero ottomano tra il 29 settembre 1911 e il 18 ottobre 1912, per conquistare le regioni nordafricane della Tripolitania e della Cirenaica.
Le ambizioni coloniali spinsero l'Italia ad impadronirsi delle due province ottomane che nel 1934, assieme al Fezzan, avrebbero costituito la Libia dapprima come colonia italiana ed in seguito come Stato indipendente. Durante il conflitto fu occupato anche il Dodecaneso nel Mar Egeo; quest'ultimo avrebbe dovuto essere restituito ai turchi alla fine della guerra,[2] ma rimase sotto amministrazione provvisoria da parte dell'Italia fino a quando, con la firma del trattato di Losanna[3] nel 1923, la Turchia rinunciò a ogni rivendicazione, e riconobbe ufficialmente la sovranità italiana sui territori perduti nel conflitto.
Nel corso della guerra, l'Impero ottomano si trovò notevolmente svantaggiato, poiché poté rifornire il suo piccolo contingente in Libia solo attraverso il Mediterraneo. La flotta turca non fu in grado di competere con la Regia Marina, e gli Ottomani non riuscirono ad inviare rinforzi alle province nordafricane.
Pure se minore, questo evento bellico fu un importante precursore della prima guerra mondiale, perché contribuì al risveglio del nazionalismo nei Balcani. Osservando la facilità con cui gli italiani avevano sconfitto i disorganizzati turchi ottomani, i membri della Lega Balcanica attaccarono l'Impero prima del termine del conflitto con l'Italia.
La guerra registrò numerosi progressi tecnologici nell'arte militare tra cui, in particolare, l'impiego dell'aeroplano(furono schierati in totale 9 apparecchi[4]) sia come mezzo offensivo che come strumento di ricognizione. Il 23 ottobre 1911 il pilota capitano Carlo Maria Piazza sorvolò le linee turche in missione di ricognizione, e il 1º novembre dello stesso anno l'aviatore Giulio Gavotti lanciò a mano la prima bomba aerea (grande come un'arancia, si disse) sulle truppe turche di stanza in Libia. Altrettanto significativo fu l'impiego della radio con l'allestimento del primo servizio regolare di radiotelegrafia campale militare su larga scala, organizzato dall'arma del genio sotto la guida del comandante della compagnia R.T. Luigi Sacco e con la collaborazione dello stesso Guglielmo Marconi. Infine, il conflitto libico registrò il primo utilizzo nella storia di automobili in una guerra: le truppe italiane furono dotate di autovetture Fiat Tipo 2 e motociclette SIAMT.
(Estratto da Wikipedia).

 
Cartolina diffusa nel 1911-1912 che esalta "i valorosi
combattenti nel nome d'Italia nostra in Tripolitania
e Cirenaica.
La cartina in tedesco raffigura il teatro delle operazioni della guerra italo-turca.

CRISTO MORTO NEL SEPOLCRO E TRE DOLENTI DI ANDREA MANTEGNA



Molti conoscono il celebre quadro di Andrea Mantenga, ma non tutti sanno che sesso faceva parte della collezione del pittore Giuseppe Bossi, che aveva studiato all’Accademia di Brera. Gli eredi del pittore nel 1824 donarono alla Pinacoteca di Brera il quadro che ancor oggi fa bella mostra di sé ed è così importante da essere considerato l’opera d'arte che maggiormente rappresenta Milano, la sua storia e la sua identità. Il dipinto è stato votato dal 54% delle quasi seimila persone che hanno partecipato al sondaggio online di Expoincittà, nel quale si chiedeva di scegliere sei tra i 25 capolavori custoditi nei musei del capoluogo lombardo. 

Notizie storico-critiche: Il dipinto è generalmente identificato con il "Cristo in scurto" citato da Ludovico Mantegna in una lettera del 2 ottobre 1506 indirizzata a Francesco Gonzaga, in cui il figlio di Andrea proponeva al cardinale Sigismondo l'acquisto di due quadri rimasti nello studio paterno: "L'introduzione del culto di Cibele a Roma", identificabile con l'opera ora a Londra, National Gallery, e il "Cristo in scurto", entrato a far parte delle collezioni di Sigismondo Gonzaga. Il cardinale però non ne ultimò il pagamento, come testimonia una lettera alla Marchesa Isabella d'Este. L'opera fu poi scelta per ornare il camerino di Margherita Paleologa nei nuovi appartamenti di Palazzo Ducale, appena terminati da Giulio Romano nel 1531, insieme ad altri cinque preziosissimi dipinti. Dopo il sacco di Mantova (1630 - 1631) l'opera entrò a far parte delle collezioni del cardinal Mazzarino a Roma e successivamente nella collezioni di Camillo Pamphili; quest'ultimo lo avrebbe donato a Luigi XIV, presso il quale lo avrebbe visto Bernini. Il dipinto sarebbe stata acquistato in Francia per entrare all'inizio del secolo XIX nelle collezioni di Giuseppe Bossi. K. Christiansen (in Andrea Mantegna, catalogo della mostra Londra - New York 1992) ipotizza invece che il "Cristo morto" sarebbe confluito nelle collezioni di Pietro Aldobrandini dalle collezioni estensi in seguito alle complesse vicende ereditarie dei beni di Alfonso II d'Este. Il dipinto sarebbe infatti giunto a Ferrara nel 1579, in seguito al matrimonio fra Alfonso II e Margherita Gonzaga, che avrebbe portato con sè numerosi dipinti per decorare la sua cappella privata. Le opere del cardinal Aldobrandini, conservate nella villa di Montemagnopoli, divennero poi proprietà di Camillo Pamphili, sposo di Olimpia Aldobrandini nel 1647 e andarono disperse in varie vendite fra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, quando nel 1806 Antonio Canova acquistò l'opera di Mantegna per conto di Giuseppe Bossi.||Secondo un'altra ipotesi (cfr. catalogo Gonzaga. La celeste galleria, 2002, p. 195 con bibliografia precedente) il dipinto di Mantegna, dopo la permanenza a Ferrara, sarebbe tornato a Mantova, al seguito di Margherita Gonzaga, vedova di Alfonso II, nel 1597, insieme ai suoi beni; l'opera di Mantegna risulterebbe presente nell'inventario mantovano del 1626-1627, fra le collezioni particolari di Vincenzo I, fratello di Margherita. Collocato nel camerino delle Dame da Ferdinando, l'opera sarebbe da identificare con il dipinto (un quadro con N.S. tolto dalla croce con le Marie che piangono in scurto) menzionato in una lettera di Daniel Nys al gran cancelliere ducale Alessandro Striggi, datata 17 ottobre 1627, fra i dipinti che avrebbero dovuto raggiungere al più presto l'Inghilterra. Citato nelle collezioni di Carlo I con la precisa indicazione della sua provenienza, il dipinto compare nuovamente nella vendita dei beni del re d'Inghilterra, dove se lo aggiudica per 20 sterline Harrison. In casa Harrison il dipinto è citato come 'at Borghiana' , che sembra alludere all'altra versione del dipinto, ammirata forse dall'inglese durante la sua permanenza a Roma, nella collezione Borghese, dove il dipinto menzionato dagli inventari Aldobrandini confluì temporaneamente in seguito alle nozze di Olimpia Aldobrandini con Paolo Borghese. ||Messo in vendita quasi subito da Harrison, il dipinto sarebbe stato acquistato dal cardinal Mazarino, su segnalazione di Antoine de Bordeaux ; il dipinto è minuziosamente descritto nell'inventario Mazarino del 1661 insieme all' "Andata al Calvario" (Oxford, Christ Church). Poco chiaro è il destino delle collezioni del Cardinal Mazarino dopo la sua morte, ma già nel 1665 molte opere di sua proprietà entrarono a far parte di collezioni private francesi. Il dipinto di Mantegna sarebbe potuto tornare in Italia alla fine del secolo XVIII per essere acquistato dal Canova per le collezioni di Giuseppe Bossi.

(Estratto da Wikipedia).