martedì 30 gennaio 2018

CONSORZIO LATTIERO DI AZZATE




La fotografia è stata scattata domenica 7 settembre 1958 alle ore 9.30 in occasione della benedizione del nuovo Centro di raccolta del Consorzio Lattiero Azzatese in Via Volta 4.
Il chierichetto con in mano il berretto del prevosto don Angelo Cremona è Giancarlo Vettore.
Si distinguono il Signor Scarton, il vice-sindaco Carlo Colli, il sindaco maestro Attilio Baratelli, Galeazzo Magnini, il signor Piccoli, la signora Marcolli e Tommaso Tibiletti.

sabato 27 gennaio 2018

LA REGINA CHE HA ABITATO AD AZZATE




Pochi paesi possono vantarsi di essere stati scelti da una regina per porvi la sua dimora. Azzate in virtù dell’importanza che aveva ricevuto dalla nobile famiglia Bossi, che qui aveva edificato diverse ville monumentali, fu scelto come luogo di residenza e anche di vacanza da altre nobili famiglie e facoltosi personaggi.
Nel 1833 Maria Cristina di Borbone Napoli acquistò da Lorenzo Obicini la settecentesca villa che comunemente veniva detta il Casello di Azzate e che possiamo ritenere la manifestazione più rappresentativa e sontuosa della nobile famiglia Bossi. Questo avvenimento non è tanto conosciuto e bisogna addentarsi nella storia del castello per metterlo in evidenza. Si scoprono così tanti piccoli tasselli che caratterizzano la sovrana e partiamo da un fatto di cronaca.

Il 9 maggio 1902 la stampa riporta il fatto che alcuni contadini di Mornago di ritorno dall’acquisto di bachi da seta, dopo diverse soste in osteria, litigarono fra loro in prossimità del Fontanone, lavatoio pubblico dono di Maria Cristina di Sardegna, e se le diedero di santa ragione anche con l’ausilio di una zappa.



GIACOMO BERGER, Maria Critina di Borbone Napoli (1779-1849), figlia di Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli e di Sicilia e di Maria Carolina d’Asburgo Lorena.


Maria Cristina di Borbone Napoli nasce nella reggia di Caserta il 17 gennaio 1779.
La sua educazione è affidata alle cure della marchesa Vincenza d’Ambrogio.
Nel 1798 con la famiglia reale di Borbone abbandona Napoli, minacciata dall’invasione francese, per trasferirsi a Palermo.
 

Nel 1802, ritornata la famiglia a Napoli, Maria Cristina accompagna la madre Maria Carolina a Vienna dove, quest’ultima, si reca a chiedere aiuto al nipote, l’imperatore Francesco II, in un momento in cui il Regno di Napoli è minacciato dalla Francia.
Nel 1805 Maria Cristina è chiesta in moglie dal cugino Carlo Felice di Savoia, che sposerà.



Ritratto della famiglia di Ferdinando IV di Angelika Kauffmann. Da sinistra a destra. La principessa Maria Teresa, il futuro re principe Francesco; re Ferdinando, la regina Maria Carolina che tiene la principessa Maria Cristina; il principe Gennaro (morto nel 1789); la principessa Maria Amalia fra le braccia della principessa Luisa; il settimo figlio della coppia reale nacque morto durante la fase di preparazione del ritratto.

                        
Sua nonna era la grande Maria Teresa d’Austria.

                                                     Maria Cristina di Borbone Napoli.





Abbazia di Altacomba, Giovanni Albertoni[1], statua di Maria Cristina di Borbone Napoli.




[1] ALBERTONI, Giovanni. - Scultore, nato a Varallo Sesia il 28 nov. 1806. Iniziò gli studi a Varallo con il pittore G. Avondo, ed in seguito fu a Milano, fino al 1829, frequentando i corsi di Brera, poi all'Albertina a Torino ; infine, vinto il pensionato del Collegio Caccia, andò a Roma, ove fu scolaro del Thorvaldsen. Anche dopo la partenza del maestro, l'A. rimase a Roma, sino al 1848, partecipando ai moti rivoluzionari come sottotenente nella Guardia civica. Tornato a Torino, ebbe la protezione della regina Maria Adelaide, che gli commise la tomba della regina Maria Cristina per l'abbazia di Altacomba in Savoia. Fattosi una buona fama, ottenne molte commissioni di opere, anche dall'estero. Nel 1858 fece un viaggio a Parigi. Morì nel 1887 a Varallo.
A Torino, e nel Piemonte in genere, sono i suoi lavori più importanti, tra cui i monumenti al generale Bava (1857), a V. Gioberti (1859), a G. L. Lagrange (1867), al prof. Riberi, e la grande statua dell'Agricoltura sulla facciata del palazzo Carignano; vari monumenti funebri nel cimitero. Altre sue opere notevoli sono il monumento a L. Cerise ad Aosta; la fontana monumentale al Sacro Monte di Varallo; alcune statue nel palazzo della Società d'incoraggiamento alle Belle Arti a Varallo e numerosi ritratti di personaggi di casa Savoia. La sua opera ha carattere di sobria compostezza, di misurato gusto accademico.


Maria Cristina regnò dieci anni. Dopo la morte del re suo consorte trascorse un lungo periodo presso la sua famiglia a Napoli, poi rientrò a Torino alternando soggiorni tra Agliè, Frascati, Napoli e Altacomba, dove seguì i lavori di restauro dell’Abbazia affidando i lavori di scultura e di ornato a Benedetto Cacciatori.

Morì a Savona nel 1849.

E’ sepolta (monumento scolpito da Giovanni Albertoni) con suo marito Carlo Felice (monumento scolpito di Bendetto Cacciatori) nell’Abbazia di Altacomba in Savoia.







Carlo Felice di Savoia, l’ultimo de tre fratelli, non aveva nessuna propensione a regnare e di fronte ai venti liberali che agitavano il paese, lasciò il governo al giovane Carlo Alberto di Savoia Carignano, lontanissimo parente.Meno male che non fecero figli, brutti com’erano!


Durante gli anni dell’esilio, il conte d’Artois aveva preso in considerazione un’alleanza matrimoniale con i Borboni di Napoli, in particolare aveva messo gli occhi sulla principessa Maria Cristina di Borbone (1779-1849); non era dello stesso avviso Ferdinando IV, al quale proprio non piaceva l’idea di condannare la figlia ad una vita di esilio e il progetto venne meno. Maria Cristina avrebbe poi sposato nel 1807 Carlo Felice di Savoia.

                                                    Ritratto di Carlo Felice di Savoia.



        Abbazia di Altacomba, Benedetto Cacciatori, tomba di Carlo Felice di Savoia.

Notevole, accanto all’entrata, la statua di Carlo Felice, eseguita da Benedetto Cacciatori, e il gruppo rappresentante Maria Cristina che protegge le arti, di Giovanni Albertoni (1857).
Le tombe si trovano nella cripta posta al di sotto della cappella “dei principi” (1340).

CASETLLO DI GOVONE


Antichi documenti datati 1849 e 1852, redatti dai giardinieri di corte Giovanni Battista e Giuseppe Delorenzi, ci permettono oggi di identificare le varie specie arboree e floreali allora coltivate. Il catalogo del Delorenzi, tra le specie di fiori presenti, decanta in particolare una notevole collezione di rose, che ha suggerito l’idea di realizzare un roseto, voluto dall’Amministrazione comunale, dalla Scuola locale e dal Centro Culturale “Govone e il Castello”, finanziato dalla Regione Piemonte e inaugurato nel 2003. Collocato nel parco, nell’area retrostante la Chiesa barocca dello Spirito Santo su un terreno già adibito a giardino all’epoca dei Savoia, su una superficie rettangolare di circa 450 mq, il roseto presenta una grande varietà di rose antiche.
Ovunque, lungo il percorso, si respira una magica atmosfera, che richiama gli antichi fasti di inizio Ottocento, quando il castello era la residenza prediletta del Re Carlo Felice di Savoia e della Regina Maria Cristina, alla cui corte, negli sfarzosi appartamenti reali, si susseguirono solenni ricevimenti di illustri personaggi del tempo. Il Castello è stato inserito dalla Regione Piemonte nel circuito delle Residenze Realie riconosciuto dall’UNESCO, nel 1997, quale patrimonio artistico e culturale dell’umanità. Nella storica e affascinante cornice, si rivivono dunque sensazioni d’altri tempi, ispirate da gradevoli musiche d’epoca, da raffinate mostre d’arte e da suggestivi spettacoli all’aperto e sfilate di figuranti in costume, dalle visite guidate al castello. Ai visitatori sarà offerta la possibilità di pranzare nel parco, per goderne la serena bellezza, mentre degustazioni di vini e di prodotti tipici allieteranno la giornata.

Nel Parco storico del Real Castello di Govone si svolgerà il 29 maggio 2011 RegalmenteRosa, l’affascinante manifestazione creata per far riscoprire il fascino dei giardini storici e delle reali villeggiature, connotate dalla fioritura delle rose antiche care a Re Carlo Felice. Nel 2003 l’Amministrazione Comunale, con la Scuola Locale e il Centro di Promozione Culturale, ha allestito un magnifico roseto, su indicazione del Catalogo, redatto dai giardinieri di corte Giovanni Battista e Giuseppe Delorenzi, e datato 1849 e 1852 che, tra le specie di fiori e alberi elencati, annovera una pregevole collezione di rose.
Terminati i lavori, Carlo Felice stabilì per circa 15 anni la sua residenza estiva a Govone svolgendovi le funzioni regali con il ricevimento di Sovrani, Capi di Stato e personaggi illustri. Nel 1831 con la morte di Carlo Felice, avvenuta senza discendenti, i diritti di successione passarono a Carlo Alberto del ramo collaterale di Savoia-Carignano mentre i beni di Govone, alla morte della vedova Maria Cristina nel 1849, a Ferdinando duca di Genova, che fece costruire la torretta belvedere sul tetto. Nel 1870 il castello e i terreni furono venduti a privati e nel 1897 l’Amministrazione Comunale di Govone acquistò il castello mettendo all’asta parte dell’arredo in esso contenuto. L'edificio, al quale vengono fatti continui lavori di restauro, sta così riacquistando il suo decoro, nella splendida cornice del vasto parco.
Di notevole pregio artistico è la Chiesa dello Spirito Santo (1767) che con l'arrivo dei Savoia a Govone, divenne cappella reale e fu collegata al Castello con una galleria. La volta fu decorata da Giuseppe Morgari con la collaborazione di Carlo Pagani e di Andrea Piazza. Percorrendo la stretta viuzza intorno alle mura del castello si può vedere la casa in cui abitò Jan Jacques Russeau durante la sua permanenza a Govone.
Fu nel 1822 che la regina Maria Cristina di Borbone, avendo espresso il voto di innalzare un edificio religioso in seguito ai moti rivoluzionari del 1821, indusse suo marito Carlo Felice ad erigere un convento che sorse proprio a Traviano (vicino al castello di Govone), adiacente alla chiesetta che nel contempo venne ampliata. L’edificio venne eretto secondo lo stile architettonico dello Juvarra e le imposizioni regolamentari dell’Ordine francescano dei Cappuccini. L’impegno per la costruzione del massiccio edificio fu notevole e comportò anche la realizzazione in loco di fornaci per la cottura dei mattoni.
DUPUY, Alfonso. - Nacque a Milano il 17 nov. 1811, da Carlo Filippo e Teresa Ostinelli. Fu architetto e segretario di Maria Cristina di Borbone Napoli, regina vedova del re di Sardegna Carlo Felice, come attesta una patente del 10 marzo 1836 (Arch. di Stato di Torino, Sezioni riunite, Fondo Duca di Genova, reg. 632/ 1), da cui risulta che l'anno prima era stato chiamato "dalla Lombardia sua patria a prestar servizio presso la Real Casa". L'attività del D., al servizio di Maria Cristina prima e di Ferdinando di Savoia duca di Genova poi, durò sino al 1855 (l'anno dopo veniva pensionato), come attesta una documentazione per lo più indiretta scambiata con gli incaricati delle amministrazioni delle regie proprietà: villa reale di Govone, castello di Agliè, tenute di Ozegna, Apertole di Crescentino, Oviglio, Azzate e Mezzana (ibid., cat. 626: Lettere ricevute e spedite, anni 1835, 1836, 1837, 1838, 1839, 1840; ibid., Corrispondenza ordinaria, mz. 5, anno 1835).
In particolare si trovano riferimenti alla collocazione dei marmi sulla scala nuova, alla costruzione del nuovo salone, all'architettura del parco del castello di Govone e ad interventi di varia entità nelle cascine di quella tenuta; al disegno della custodia interna in argento per il corpo della beata Margherita di Savoia, manufatto realizzato in collaborazione con un orefice di nome Borani (conservato presso la chiesa di S. Maria Maddalena ad Alba; cfr. ibid., Lettere…, cat. 626, lettera del 9 nov. 1836); alla cappella del castello di Agliè (1838) e a quella della vicina chiesa della Natività della Madonna di Ozegna (ibid., lettera n. 355, 4 dic. 1838).
Al D. era affidata poi la gestione della manutenzione e lo sviluppo delle vaste tenute reali, attività itinerante e molto faticosa. Un suo importante intervento fu nel 1837, alle Apertole (in collaborazione con gli ingegneri di Strade e ponti) per il taglio con canalizzazione della tenuta, opera portata avanti dalle Regie Finanze (cfr. ibid., n. 419, 3 ott. 1837).
Nel dicembre 1836 il D. intervenne anche per l'inventario e la sistemazione in Torino di una biblioteca per la collezione di libri e stampe della stessa regina, con scelta di alcune stampe che essa voleva donare alla Società di incoraggiamento per lo studio del disegno nella provincia della Valsesia (cfr. Ibid., Patenti, biglietti e chirografi di S. M. la Regina Maria Cristina, 6. ott. 1836); per questa società, sempre nel 1836, progettò a Varallo Sesia la sede, poi realizzata da A. Antonelli.
Nel 1836 il D. scrisse una relazione sulle condizioni dei contadini della tenuta delle Apertole di proprietà della regina Maria Cristina (G. Caligaris, in Le Apertole: una tenuta agricola sabauda alla fine del '700. La chiusura di un pascolo comune, in Studi piemontesi, IX [1980], I, p. 107).
Infine, il D. firmò quale procuratore il testamento redatto da Maria Cristina (cfr. Arch. di Stato di Torino, Corte, Carte Savoia-Carignano, Fondo ex Quirinale, Testamento di Maria Cristina), per la quale esegui anche l'allestimento dell'apparato funerario (1849), come risulta dal disegno con Pianta della chiesa di S. Giovanni disposta per il funerale della fu M. la Regina M. Cristina (cfr. Ibid., Sezioni riunite Fondo Duca di Genova, art. 606).
Nel 1839 progettò la facciata, con frontone neoclassico, dell'ospedale degli Infermi in Biella, realizzata solo nel 1870. Nello stesso anno venne incaricato da Ferdinando Avogadro di Collobiano, gran maestro della casa di Maria Cristina, di intervenire sulla antica rocca di Montecavallo, presso Vigliano Biellese, di cui restavano una torre e poche rovine: ne derivò un edificio quadrato in stile neogotico, con torri merlate ed una galleria che lo unisce alla cappella. Anche il parco che circonda il castello è opera del D., che coordinò l'arredo interno del castello e in particolare della splendida biblioteca.
Nel 1840 il D. ebbe rapporti con il celebre ingegnere idraulico G. Magistrini, per opere di contenimento del fiume Tanaro, nelle vicinanze di Govone. Nel 1843 progettò il suo capolavoro, la chiesa di S. Francesco di Sales o delle sacramentine (L. Cibrario, Storia di Torino, II, Torino 1846, pp. 646 s.), sita in Torino nell'odierna via dei Mille, di cui disegnò anche l'arredo e la cui facciata venne terminata da C. Ceppi nel 1873.
Nel 1845 ricevette l'incarico di restaurare la prima cappella a sinistra della chiesa torinese di S. Lorenzo dalla Società degli architetti e scultori milanesi; per la stessa chiesa nel 1846 ridusse nelle forme attuali l'antica aula di S. Maria del Presepe ora oratorio dell'Addolorata. Intorno al 1850 era occupato nella ristrutturazione degli appartamenti di palazzo Chiablese a Torino per incarico del duca di Genova. Nell'ambito di questi lavori fece decorare una galleria al pittore A. Colla, con il quale fu in rapporto anche in occasione dei restauri della cappella del S. Sepolcro alla basilica di Oropa (1851). Con il 1856, anno del suo pensionamento, cessano le notizie sulla sua attività professionale, fatto che, unito alla scarsa conoscenza della sua produzione, ha condotto prima il Boggio (1917) e quindi altri storici a considerare il D. un architetto scomparso in giovane età: in realtà mori a Torino il 17 giugno 1895.
Dopo il 1856 si sa solo che si dedicò alla gestione della tenuta di Uggiate Trevano (Como), che nel 1850 aveva acquistato da Ferdinando Avogadro di Collobiano, divenendo il più ricco possidente del paese (cfr. L. Pierangelo, L'asilo infantile Dupuy-Moris, Uggiate 1981).
B. Signorelli



IL CASTELLO DI GOVONE


Quando si sale a Govone per visitare il castello che fu sede estiva del re di Sardegna Carlo Felice si resta ammirati del maestoso maniero, del parco che lo circonda e del giardino. La lapide, apposta all'entrata del castello, avverte i visitatori che si tratta di uno dei siti di eccellenza che l'UNESCO ha riconosciuto come Patrimonio dell'Umanità.

Non altrettanto soddisfacente è la visita all'interno del Castello perché è stato privato di tutto l'arredo che possedeva quella che fu splendida residenza regale al principio dell'Ottocento.

Si sono salvate soltanto le decorazioni pittoriche del Salone da ballo, gli affreschi delle camere del Re e della Regina, le tappezzerie cinesi delle stanze delle principesse: invano troveremo tracce dei raffinati mobili, porte, sovrapporte e capolavori vari di falegnameria e di ebanisteria.

Nel corso dei secoli tutto è scomparso e la dimora sabauda frequentata e prediletta dal Re Carlo Felice è caduta in degrado.

Il Re Carlo Felice

scelse Govone come residenza estiva per sé e la consorte Maria Cristina di Borbone negli anni 1821-31. Il Castello sorgeva in zona salubre e tranquilla lontana dalle preoccupazioni politiche della corte di Torino e concedeva al sovrano, che aveva sofferto la dura esperienza napoleonica dell'esilio in Sardegna, un luogo di riposo. Personaggio di gusto e di cultura, Carlo Felice trasformò il Castello di Govone in residenza regale, chiamando al suo servizio artisti di grandissima fama ed esperienza che già avevano operato nelle Regge di Torino e Racconigi.

Alla sua morte il Castello passò in diverse mani e finì con il diventare proprietà del Comune di Govone che fu costretto, per ragioni economiche, a metterlo all'asta.

La Villa Massena

Tra il 1898 e il 1900 il Principe Victor Massena, nipote del generale napoleonico Andrea Massena, fece costruire a Nizza una dimora principesca ispirata alle grandi ville italiane in stile Impero con ispirazioni neoclassiche . Proprio nel 1898 gli arredi del Castello di Govone vennero messi in vendita in un'asta pubblica di risonanza internazionale in cui l'antiquario romano Sangiorgi proponeva l'acquisto di tutto l'arredo del Castello di Govone, già dimora di Carlo Felice.

L'asta del Sangiorgi fu vinta dal principe Massena e tutto l'arredo proveniente da Govone fu trasferito a Nizza.

L'architetto Hans Geirge Terssling si impegnò per adattare gli arredi di Govone alle sale che stava costruendo a piano terreno. Egli infatti si propose di realizzare il progetto di una vera ricostruzione, allo scopo di ricreare l'ambiente originario.

Tre sono le sale della Villa Massena che costituiscono l'appartamento Impero del piano terreno in cui si raccolgono le splendide suppellettili govonesi: il Gran Salon, le Petit Salon e la Salle à manger. Vi si trovano otto magnifiche porte in legno dagli ornati ricchissimi, rivestite d'oro su fondo verde scuro con foglie di acanto e spighe di grano. Esse sono opere di esecuzione perfetta realizzate dall'equipe di artisti avente per capo Francesco Tonadei, discepolo e collaboratore del famoso Giuseppe Maria Bonzanigo. Le sovrapporte riportano delicati dipinti su tela del pittore Pagani; otto grandi specchiere e il doppio cornicione intagliato e dorato rivelano l'eccezionale bravura degli ebanisti e scultori piemontesi operanti nella villa.

Meritano attenzione particolare i soffitti della Villa su cui vennero riprodotti alla perfezione gli affreschi -tuttora esistenti in Govone- della Sala d'Udienza del Re e della camera da letto della Regina.

La Municipalità di Nizza e il Ministero della Cultura e Comunicazioni hanno effettuato un accuratissimo restauro della Villa Massena restituendola alla fruizione del pubblico a partire dal 1 maggio 2008. Sono stati sistemati altresì i giardini antistanti la Promenade des Anglais e, al 3° piano, è stata collocata la Biblioteca dell'alpinista nizzardo De Cessole.

Oggi la Villa Massena è diventata un importante Museo multimediale di Storia e Tradizioni che documenta la vita della città di Nizza dal 1792 al 1939 e in cui rivive il Castello di Govone con le sue superstiti bellezze: preziosa testimonianza di un'epoca significativa, occasione da non perdere per noi Piemontesi che amiamo Nizza e frequentiamo la Costa Azzurra..

Il destino del Castello si è giocato alla fine del sec. XIX e un filo sottile lo legherà alla città di Nizza.
Maria Boella Cerrato

San Valentino è la festa degli innamorati e, per celebrare l’appuntamento, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali regala a tutti gli innamorati due giorni di arte e di cultura. Il 13 e 14 febbraio in tutti i musei, monumenti e siti archeologici statali presentandosi in due si entrerà pagando un solo biglietto. Quest’anno, quindi, per la prima volta, un intero fine settimana sarà dedicato all’evento.
Il Castello di Agliè in occasione della festa di San Valentino propone un: "Approfondimento sulle figure di Carlo Felice di Savoia e Maria Cristina di Borbone Napoli”
L’infanzia di Carlo Felice
Figlio di Vittorio Amedeo III di Savoia e di Maria Antonia Ferdinanda di Borbone, figlia del re di Spagna, nasce a Torino il 6 aprile 1765. Penultimo di dodici figli, trascorre l’infanzia sotto la guida della contessa Radicati. Nel 1798, a seguito dell’occupazione francese, Carlo Felice lascia Torino con la famiglia reale per trasferirsi in Sardegna.
L’infanzia di Maria Cristina
Maria Cristina di Borbone Napoli, figlia di Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli e di Sicilia e di Maria Carolina d’Asburgo Lorena, nasce nella reggia di Caserta il 17 gennaio 1779.
La sua educazione è affidata alle cure della marchesa Vincenza d’Ambrogio.
Nel 1798 con la famiglia reale di Borbone abbandona Napoli, minacciata dall’invasione francese, per trasferirsi a Palermo. Nel 1802, ritornata la famiglia a Napoli, Maria Cristina accompagna la madre Maria Carolina a Vienna dove, quest’ultima, si reca a chiedere aiuto al nipote, l’imperatore Francesco II, in un momento in cui il Regno di Napoli è minacciato dalla Francia.
Il matrimonio
Nel 1805 Maria Cristina è chiesta in moglie dal cugino Carlo Felice di Savoia, che sposerà nella Cappella Palatina del Palazzo Reale di Palermo nel 1807. In quell’anno la coppia, che non avrà figli, si trasferisce in Sardegna dove la famiglia reale sabauda è in esilio e, dove assumerà funzioni ufficiali di governo dal 1815.
La vita pubblica
Nel 1821 con l’abdicazione di Vittorio Emanuele I, Carlo Felice sale al trono e Maria Cristina diventa regina di Sardegna.
Frequenti sono i soggiorni del re fuori della capitale: in Savoia, Nizzardo, Liguria e periodi di residenza nei castelli di Govone e di Agliè del quale era entrato in possesso nel 1825. Negli stessi anni la coppia acquista l’abbazia di Hautecombe e segue i lavori di restauro progettati dall’architetto Ernesto Melano.
L’amore per l’arte della coppia
Nel 1825 il re acquista la collezione di antichità egizie dal console di Francia, di origine piemontese, Bernardino Drovetti, nativo di Barbania, in Canavese, collezioni che andranno ad arricchire la sezione egizia del Museo dell’Università.
Nello stesso anno si avvia la campagna di scavi archeologici nell’area della Ruffinella, la villa che Carlo Felice eredita dalla sorella Maria Anna duchessa vedova di Chiablese, a Frascati (Tuscolo) e che la regina eleggerà a sua residenza abituale sino al 1843.
La concessione di scavo sarà rinnovata sino al 1839 e i materiali provenienti dagli scavi sono conservati nel Castello Ducale di Agliè dove è allestita la collezione "Monumenta Tuscolana". Il re si dedica alla composizione di testi teatrali, attività che coinvolge in modo esclusivo i suoi interessi culturali ed istituisce la "Reale compagnia drammatica".
La morte del re Carlo Felice
Il re muore a Torino il 27 aprile 1831, in Palazzo Chiablese, lascia il Castello di Agliè in eredità a Ferdinando di Savoia 1° duca di Genova con usufrutto alla regina vedova Maria Cristina. Il suo monumento funebre, opera di Benedetto Cacciatori, è nell’abbazia di Hautecombe.
Gli anni di vedovanza di Maria Cristina
Dopo la morte di Carlo Felice, nel 1831, la regina vedova trascorre un lungo periodo presso la sua famiglia a Napoli. Rientrata a Torino trascorre il suo tempo dedita ad opere di pietà, alternando soggiorni ad Agliè, Govone, Napoli, Nizza e Hautecombe.
Tra il 1841 e il 1843 vive nel monastero romano delle Visitandine, successivamente su consiglio di Papa Gregorio XVI, ritorna in Piemonte alternando soggiorni invernali in Liguria. Muore a Savona il 12 marzo 1849.
Maria Cristina è una delle figure femminili di maggior rilievo nella storia del Castello: a lei si deve la riorganizzazione degli spazi e il riarredo dell'appartamento reale e in particolare la sala Tuscolana con i reperti archeologici provenienti dalla Ruffinella. Una particolare impronta degli interessi artistici e culturali della sovrana si ritrova nella raccolta di quadri di soggetto storico commissionata ad autori contemporanei che denota un gusto sicuro singolarmente "moderno" e aggiornato.
Il suo monumento funebre nell’abbazia di Hautecombe è opera di Giovanni Albertoni.

CASTELLO REALE DI GOVONE

Nell'aprile del 1987 la presentazione del volume del Professor Edoardo Borra, dal titolo "Govone e il Castello - nel solco della storia del Piemonte", diede l'avvio e nome al "Centro di Promozione Culturale Govone e il Castello", sorto proprio nell'intento di conoscere e di far conoscere, dentro e fuori lo stretto ambito del paese, quello che già un secolo fa veniva considerato un monumento pregevole di arte e storia. Da allora si sono susseguite diverse iniziative, sia dal punto di vista culturale che da quello promozionale; tra le altre il convegno del 1989, "Un castello tra passato e futuro", nel quale gli esperti si sono espressi sulla destinazione d'uso del Castello, concordando sulla sua peculiarità museale quale "museo di se stesso", emblematica testimonianza della vita di corte di Carlo Felice. Nel 1992, dopo il convegno "Castello di Govone - residenza sabauda: storia, tutela, riuso", dedicato alla presentazione del progetto di restauro affidato all'architetto Ippolito Calvi di Bergolo, il Centro Culturale ha promosso un'attività di volontariato per le visite guidate al piano nobile del Castello. Nel 2000 il complesso architettonico ed il parco sono rientrati sotto l'egida dell'Unesco in quanto patrimonio dell'umanità. Govone nasce come residenza nobile di

campagna, frutto delle scelte di un committente molto vicino alla corte sabauda, il marchese Giuseppe Roberto Solaro, che vi imprime un carattere di maison de plaisance nel senso tipicamente settecentesco, luogo dove la ricerca di quiete e di distensione, la natura e l'isolamento, non escludono le più elevate raffinatezze, come ci testimonia la scelta del marchese di acquistare un ricco corredo di carte cinesi, con cui rivestire gli appartamenti del primo piano. L'antica dimora dei Solaro, in seguito all'estinzione del casato alla fine del settecento, entrò a far parte con tutte le sue numerose dipendenze agricole, del patrimonio dei Savoia, ma, malgrado la diversità di epoca e di sensibilità artistica, l'ideale di residenza non aulica permane nelle trasformazioni interne operate nell'ottocento, quando il castello diventa il soggiorno estivo prediletto di Carlo Felice e di Maria Cristina.

1. ALA DI LEVANTE: Appartamenti della Regina: Galleria di levante, Camera da parata, Sala delle udienze, Camera da letto, Salottino. Presentano ricchi pavimenti lignei a grandi riquadri e volte le cui decorazioni affondano le loro radici nella mitologia classica, congiunte con gli attributi delle Arti e delle Scienze che sempre accompagnano la celebrazione della figura di Maria Teresa, dipinte da Pagani, Piazza e Luigi Vacca (autore del centro-volta della sala delle udienze).

2. Appartamenti del Re: presentano la stessa sequenza di stanze dei precedenti, con preziosi pavimenti in legno e decorazioni opera degli stessi pittori. SALONE: completamente affrescato da Luigi Vacca e da Fabrizio Sevesi per quel che riguarda la parte architettonica, illustra la vicenda mitologica dei figli di Niobe. Il pavimento, fatto realizzare dalla Regina Maria Cristina, è a disegni geometrici in marmi bianchi, grigi e neri.
3. ALA DI PONENTE: Appartamenti delle principesse: le sale indicate anche come destinate ai principi di passaggio, probabilmente erano destinate alle principesse figlie di Vittorio Emanuele I e di Maria Teresa, presentano ricche tappezzerie cinesi databili alla prima metà del settecento.

(Estratto da: Rete Museale Roero Monferrato – 2008).


S. DAMIANO D’ASTI


Si giunge così al secolo XIX e troviamo molti giovani sandamianesi tra le file dei liberali durante i moti rivoluzionari scoppiati in Piemonte per ottenere dal Re la Costituzione.
Un avvenimento di un certo rilievo "mondano" fu la visita nel paese della Regina Maria Cristina, vedova del Re Carlo Felice, nel 1834 durante la sua villeggiatura presso il Castello di Govone. Essa fu ospite per un giorno del Conte Carlevaris e le furono attribuite grandi feste.

OVIGLIO

Dopo alterne vicende di dominazioni feudali, nella seconda metà del XVIII secolo Oviglio divenne signoria della marchesa Solaro Marianna di Govone nata Perboni, deceduta nel 1823 e sepolta nella chiesa dei SS. Felice e Agata come indica una lapide sepolcrale sistemata all’esterno della chiesa stessa.
Del feudo fu poi investita la Regina Maria Cristina di Borbone , vedova del Re Carlo Felice, ragione per cui la residenza divenne “CASTELLO REALE”.
Successivamente passò alla nobile famiglia dei Calcamuggi: di quest’ultima è lo stemma che ancora oggi campeggia sui due ingressi del maniero.

CASTELLO DI GOVONE


Dalla sommità della collina, il Castello domina l’intero paese e l’ampia valle del Tanaro. La grandiosa costruzione in muratura è decorata con raffinata eleganza. l’edificio è costruito su due piani principali e su un terzo di minor altezza, tra loro collegati da eleganti scaloni e da scale di servizio. La facciata è ricca di decorazioni e sculture ed è affiancata da due avancorpi in mattoni rossi, rivolti a mezzogiorno. Lo scalone d’onore è formato da quattro rampe marmoree, fiancheggiate da parapetti a balaustra e decorate da possenti telamoni e bassorilievi provenienti da Venaria. L’intera costruzione è delimitata a nord e ad ovest da un vasto parco all’inglese e ad est da un giardino pensile, ricco di aiuole, fontane ed alberi. Il Castello è citato in un atto di vendita del 989. Era certamente, a quel tempo, un castello medioevale con bastioni e torri angolari, tipiche delle fortezze del Monferrato. La costruzione attuale è opera dei Conti Solaro, Signori di Govone fin dal XIII secolo. Il castello, infatti, fu ricostruito per interessamento del Conte Roberto Solaro, Gran Priore del Gran Priorato dei Cavalieri di Malta e del nipote Ottavio Francesco Solaro, al quale l’Architetto Guarino Guarini (1624-1683) dedicò il progetto di ricostruzione al Castello stesso. L’esecuzione dell’opera fu proseguita dagli eredi, fra i quali il Conte Giuseppe Roberto Solaro, cui si deve la preziosa testimonianza circa l’intervento dell’Architetto Benedetto Alfieri (1700-1767), discepolo di Filippo Juvarra (1678-1736) nell’esecuzione della facciata del Castello, ricavata dall’elegante progetto barocco del Guarini, ma nella quale, secondo N. Carboneri ...i tratti guarignani risultano in parte svigoriti da nuovi interessi decorativi. Nel 1792, con la morte del Conte Vittorio Amedeo Lodovico Solaro che non contava diretti discendenti, il Castello ed i beni passarono allo Stato. Successivamente venne acquistato da Vittorio Amedeo III Re di Sardegna, a favore dei figli Carlo Felice, Duca del Genovese, Giuseppe Benedetto Placido, Conte di Moriana. In seguito, dopo la sconfitta dei Piemontesi da parte delle truppe francesi, il Castello venne incamerato dalla Nazione Francese, subendo le conseguenze di un inevitabile abbandono. Nel 1810, per decreto napoleonico, fu messo all’asta e quindi acquistato, al fine di impedirne la completa demolizione, dal Conte Teobaldo Alfieri di Sostegno, che lo cedette nel 1816 al Principe Carlo Felice, il quale riprese possesso del maniero. Nel 1819 Carlo Felice si occupò attivamente del restauro e del riammodernamento del castello, i cui lavori furono diretti dagli architetti Giuseppe Cardone e Michele Borda. Particolare attenzione venne dedicata alla decorazione del salone centrale, alla quale fu chiamato il pittore Luigi Vacca, che si avvalse della collaborazione di Fabrizio Sevesi, per dipingere le parti architettoniche e gli ornati sulle pareti e sulla volta. Gli affreschi ripropongono la vicenda mitologica di Niobe, riproduzione pittorica delle famose statue delle Niobidi, trasportate fra il 1770/1780 da Roma a Firenze e collocate nella Galleria degli Uffizi. Sempre al Vacca furono affidate le decorazioni delle sale di udienza degli appartamenti reali. Gli affreschi del piano terreno e del primo piano furono eseguiti da Carlo Pagani e Andrea Piazza. L’arredo ligneo del castello fu eseguito, a partire dal 1820, da una famosa equipe di intagliatori e scultori in legno operante per la corte, composta da Giovanni Battista Ferrero, Giuseppe Gianotti Francesco Novaro, Francesco Tanadei, con a capo Giuseppe Maria Bonzanigo. È di quell’epoca l’elegantissima porta di comunicazione tra la camera da letto della Regina ed il salottino, finemente decorata di ornamenti scolpiti e dorati da Francesco Novaro. Quattro sale conservano le pareti rivestite di raffinate tappezzerie cinesi. Terminati i lavori di ammodernamento, Carlo Felice stabilì, per circa 15 anni la sua residenza estiva a Govone, svolgendovi le funzioni regali, con il ricevimento di Sovrani, Capi di Stato, personaggi illustri. Alla sua morte, avvenuta nel 1831, il Castello passò alla vedova Maria Cristina, che, a sua volta, lo lasciò in eredità a Ferdinando di Savoia, Duca di Genova. Col testamento del 1855 il Duca Ferdinando di Savoia lasciava il Castello ai figli: il Principe Tomaso e la Principessa Margherita, che conservarono la proprietà del Castello fino al 1870, anno in cui fu venduto alla casa Bancaria Tedeschi di Torino. Nel 1895 fu acquistato dai signori Ovazza e Segre, che vendettero i terreni a piccoli proprietari. Nel 1897 l’Amministrazione Comunale acquistò il Castello, mettendone all’asta mobili ed oggetti in esso contenuti. L’antica aranciera del Castello comunemente chiamata Serra, fatta restaurare dall’Amministrazione Comunale, è stata adibita a salone per convegni, incontri e manifestazioni culturali. Nel 1997 il Castello è stato dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità e, a seguito di accurati restauri, sta riacquistando il suo decoro nella splendida cornice del vasto parco.


LA MONARCHIA RESTAURATA E IL GIURAMENTO DI FEDELTA’ ALLA DINASTIA

Rientrato a Torino come re il 17 ottobre 1821, Carlo Felice si stabilisce a Palazzo Reale, negli appartamenti inferiori (evitando l’appartamento reale spettante a Vittorio Emanuele I trasferitosi, dopo l’abdicazione, nel Castello di Moncalieri) oppure a Palazzo Chiablese o, ancora, nelle amate dimore del Castello di Stupinigi e del Castello di Govone. A Torino continua poi a preferire le città di Genova e Nizza e la Savoia.
A partire dal 1828 Carlo Felice è  a Torino solo di passaggio qualche settimana o, al massimo, qualche mese. Ritorna nella capitale stabilmente nella tarda estate del 1830.
11 dicembre 1821, in seguito ai moti del 1821 Carlo Felice ripristina con un editto l’antico rituale del giuramento di fedeltà al sovrano (ignorato da Vittorio Emanuele I e poi abolito da Carlo Alberto) per gratitudine verso la «Divina Provvidenza per aver sì prontamente ridonato l’ordine e la calma a questi dominii».
13 gennaio 1822, in Piazza Castello, davanti all’altare eretto sotto la porta di Palazzo Madama, officiando l’arcivescovo, si svolge il solenne giuramento al re Carlo Felice dei carabinieri reali, brigata Savoia, corpo reale d’artiglieria, reggimento di Piemonte reale cavalleria, cavalleggeri di Savoia, battaglione di cacciatori reali.
9 febbraio 1822, a Palazzo Reale si svolge la solenne cerimonia di consegna al re Carlo Felice dell’ordine supremo del Toson d’Oro, consegnato dal ciambellano conte Giulio Ottolini a nome dell’imperatore Francesco I
2 marzo 1822, condanna a morte in effige di Giuseppe Maria Calvetti, compromesso nei moti del 1821
14 marzo 1822, nel Duomo di Torino, davanti al re Carlo Felice e alla regina Maria Cristina, solenne giuramento della nobiltà, della milizia e dei procuratori delle città e province dei regi domini
5 giugno 1822, arriva a Moncalieri da Reggio Emilia il re abdicatario Vittorio Emanuele, e incontra i nuovi reali Carlo Felice e Maria Cristina
12 settembre 1822, alle 11 il re Carlo Felice riceve il solenne giuramento di vescovi e abati dei regi stati di terraferma
Carlo Felice partecipa al Congresso di Verona insieme ai regnanti di tutta Europa; il re rientrerà a Torino il 22 dicembre
Nel corso del 1822 tra la Cittadella e il Piazzale di Porta Nuova viene portata a compimento la costruzione, iniziata del 1817, di un’imponente piazza d’armi denominata Piazza di San Secondo.



10 gennaio 1824, nel Castello di Moncalieri muore il re abdicatario Vittorio Emanuele I. Due giorni dopo la salma del re viene portata a Palazzo Madama. Il 14 gennaio si tengono i solenni funerali e il feretro del re viene portato a Superga

11 ottobre 1824, nel castello di Stupinigi muore Marianna di Savoia, figlia di Vittorio Amedeo III e vedova di Benedetto Maurizio
19 luglio 1824 i reali sabaudi, in compagnia della duchessa del Chiablese, lasciano Palazzo Reale diretti in Savoia. Ha inizio la lunga campagna di lavori che vedrà Carlo Felice e Maria Cristina impegnati, nell’abazia di Hautecomb, nel recupero dell’antico per celebrare le origini della dinastia.
10 settembre 1824, arriva a Torino il principe Eugenio di Savoia Carignano, di anni 8
20 settembre, su tutti gli angoli di Torino è affissa la notizia che, in seguito alla morte di Luigi XVIII, avvenuta il giorno 16, cognato del re Carlo Felice, tutti i teatri e gli spettacoli pubblici resteranno chiusi per cinque giorni in segno di lutto
Nel corso del 1827 viene portata a compimento la realizzazione, avviata nel 1818, di Piazza Emanuele Filiberto
Tra il 1826 e il 1829 viene completata la costruzione del nuovo Cimitero generale di Torino, dove troveranno sepoltura molti dei protagonisti della stagione risorgimentale
Nel 1827 la città di Torino organizza una Cassa di Risparmio che diventerà il modello per molte altre inaugurate nelle città di provincia negli anni seguenti. Il credito fondiario sarà successivamente promosso dagli studi di Luigi Castaldi
20 maggio 1829, per celebrare il 15° anniversario del ritorno dei Savoia a Torino dopo la parentesi francese, entro le sale del Castello del Valentino viene inaugurata, a cura della Camera di Commercio, l’Esposizione dei prodotti delle arti e delle industrie
Il 22 gennaio 1831 l’ambasciatore austriaco Senfft-Pilsach si reca solennemente a Palazzo Reale per chiedere al re Carlo Felice la mano della principessa Maria Anna, figlia del defunto Vittorio Emanuele I, per l’arciduca ereditario d’Austria e re d’Ungheria Ferdinando V. In vista delle nozze imperiali e reali il Monte di Pietà di Torino restituisce gli oggetti impegnati al 31 dicembre per non più di 2 lire di capitale ciascuno. Il matrimonio si svolge dall’11 al 13 febbraio 1831: la città di Torino assegna un libretto di risparmio di cento lire ai bambini poveri nati in quei giorni
  • Ente Responsabile Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino

CASTELLO DI AGLIE’

 

Il progetto del Castello di Agliè è attribuito ad Amedeo di Castellamonte e si data al 1656. L'architetto disegnò un edificio suddiviso in due corpi paralleli, uno a nord e uno a sud, collegati da due gallerie. Di quel tempo sono anche i giardini all'italiana e il parco. Il salone da ballo fu decorato da Giovanni Paolo Recchi, con episodi della vita di Arduino d'Ivrea, re d'Italia nel 1002. Nelle guerre franco-piemontesi di fine secolo il castello, come quasi tutti gli altri, fu gravemente danneggiato. Nel 1765, acquistato da re Carlo Emanuele III per il figlio duca del Chiablese, fu rimesso in sesto e ampliato da Ignazio Birago di Borgaro, regio architetto dopo Benedetto Alfieri, che disegnò la facciata del castello verso il paese, un secondo grande salone di ricevimento detto "della Caccia" e l'appartamento per i duchi del Chiablese. E' del Birago anche la creazione di un piazzale di raccordo fra "palazzo" e "paese". Anche nella dimora di Agliè, come in ogni altra residenza sabauda, i francesi fecero danni e rubarono opere d'arte. Passato al re Carlo Felice, il castello fu rimaneggiato negli interni secondo le nuove mode dell'arredamento. Sua moglie, Maria Cristina di Borbone, vi lasciò un'impronta molto personale raccogliendo i numerosi reperti archeologici che si scavavano nella sua tenuta alla Ruffinella, l'antica Tuscolo: la sala che li ospita si chiama infatti "Tuscolana". Agliè passò quindi ai duchi di Genova. Nel 1939 il castello venne venduto dai Savoia allo Stato. In anni recenti, la Soprintendenza ai Beni Ambientali ha compiuto notevoli sforzi ad Agliè come altrove: parco e giardino sono stati aperti al pubblico, e sono state restaurate le stanze al piano nobile.

GIANNI CARITA’ – GIOIELLIERE

Sono trascorsi circa 2 secoli da quando Vincenzo Carità aprì la sua prima bottega. Appena trentenne, già nel 1834, riuscì ad ottenere una prestigiosa consacrazione, accreditandosi presso la Corte dei Borboni.
La regina Maria Cristina scelse di indossare una sua collana, gioiello di grande gusto e di raffinata esecuzione e la bottega di Carità situata nel cuore dell’antico quartiere degli orefici, fra l’Università ed il porto, si trasformò in una fucina di giovani talenti desiderosi di formarsi alla scuola.

CARLO FELICE E IL RECUPERO DELL’ANTICO – IL CASTELLO DUCALE DI AGLIE’

Inserito nella cerchia di dimore extraurbane della monarchia sabauda il Castello di Agliè, negli anni della restaurazione, ospitò collezioni di antiche vestigia e una quadreria volta a celebrare i fasti della dinastia regnante.
Tornato in Piemonte alla caduta di Napoleone, il futuro re Carlo Felice, tenendosi in un primo tempo lontano dalla corte, aveva stabilito la propria residenza nel castello di Govone dove, una volta salito al trono nel 1821, dopo l’abdicazione del fratello, continuò a trascorrere lunghi periodi. A quella residenza privilegiata, dal 1824 egli affiancò anche il Castello di Agliè. La dimora apparteneva infatti al patrimonio personale di Maria Anna Carlotta Gabriella di Savoia, duchessa di Chiablese e sorella dei tre re di Savoia Carlo Emanuele IV, Vittorio Emanuele I e Carlo Felice. Alla sua morte, avvenuta appunto nel 1824, la duchessa lasciò in eredità a quest’ultimo non solo la propria dimora cittadina, Palazzo Chiablese a Torino, ma anche il grande Castello nel Canavese.
Sotto Carlo Felice Agliè continuò ad essere una “dimora di delizie” come nel XVII secolo, quando l’ultimo discendente dei San Martino, il conte e letterato Filippo d’Agliè, aveva deciso di trasformare il vecchio castello fortificato in uno splendido palazzo di 300 stanze affidandone il progetto all’architetto Amedeo di Castellamonte. Nel 1763 il castello era poi stato acquistato da Carlo Emanuele III per il figlio duca del Chiablese che lo aveva questa volta affidato a Ignazio Birago di Borgaro, regio architetto dopo Benedetto Alfieri. In quel periodo il castello perse la più preziosa reliquia custodita tra le sue mura: le ossa di re Arduino che il conte Filippo d’Agliè aveva recuperato nell’abbazia di Fruttuaria e che, per diverse ragioni, furono trasportate nel castello di Masino, dove nel 1827 avrebbero ricevuto la cerimonia di benedizione alla presenza del re e della regina. Tuttavia la dimora di Agliè era destinata ad acquistare altri tesori di enorme importanza grazie alla passione di Carlo Felice per l’antico e alla sua esibita consapevolezza delle origini e della grandezza di casa Savoia.
 Agliè fu luogo particolarmente amato da Carlo Felice, che lo scelse per i suoi momenti di villeggiatura e lo arricchì e ampliò insieme alla consorte, la regina Maria Cristina di Borbone, che avrebbe proseguito i lavori di abbellimento anche dopo la sua morte. I sovrani trasformarono la cappella seicentesca in teatro; fecero ridecorare e riarredare parti significative del castello, a partire dal salone di gala; sistemare un giardino all’inglese e all’italiana[1] e un vastissimo parco con alberi secolari e una fontana con statue del ‘700. Ma soprattutto essi fecero allestire una splendida galleria con 72 ritratti di cavalieri dell’Ordine della SS. Annunziata e 51 ritratti di principi sabaudi con lo scopo – in maniera similare a quanto può osservarsi nel castello di Racconigi e in tanti altri luoghi in Europa – di “musealizzare” l’epopea dinastica e militare dei Savoia.
In realtà un altro importante intervento culturale avrebbe contraddistinto la dimora di Agliè: l’arrivo della collezione Monumenta Tuscolana, costituita da reperti archeologici rinvenuti nel 1825 negli scavi della villa Ruffinella di Frascati, sul monte Tuscolo, altro possedimento feliciano. Il trasferimento dei reperti si inseriva nel solco di una più complessa operazione di recupero dell’antico, in chiave di autolegittimazione dinastica, che Carlo Felice aveva messo in atto negli anni precedenti ad Altacomba (Hautecombe) in Savoia, l’altro sito da lui prediletto. Qui a partire dal 1824, il re aveva acquistato l’antica abbazia con l’intento di farla risorgere dalle rovine per poi esservi sepolto con la sposa in mezzo agli antenati, sotto la cupola con i quattro evangelisti affrescata da Luigi Vacca[2], come appare nell’acquerello dello stesso Vacca, L’Abbazia di Altacomba (1826), conservato proprio nel castello di Agliè.
Un filo conduttore legava dunque l’interesse di Carlo Felice per le dimore di Hautecombe, Govone, Frascati ed Agliè, nel nome di una riproposizione e recupero dell’antico e delle origini di casa Savoia. Agli interventi di Carlo Felice sarebbero seguiti gli interessi di Carlo Alberto per la storia della dinastia. Già espliciti delle giovanili Réflexions historique, le idee del nuovo re, salito al trono nel 1831, avrebbero avuto una traduzione anche sul piano architettonico e monumentale, all’insegna di un vero e proprio revival neogotico. Basti pensare, fra i tanti, agli interventi nella sacra di San Michele, avviati dal predecessore e proseguiti nel 1836 con il trasferimento delle salme di 24 principi di Casa Savoia dal Duomo di Torino.
Nel 1849, alla morte di Maria Cristina, il Castello di Agliè sarebbe passato in eredità proprio a Carlo Alberto, per suo figlio secondogenito Ferdinando di Savoia, duca di Genova, eroe della prima guerra d’indipendenza. Sempre ad Agliè trascorse la giovinezza la futura regina Margherita.

(Estratto da www.Luoghi del Risorgimento in Provincia di Torino. Pag. 17 e 18).




[1] Forse fece la stessa cosa per il Castello di Azzate. Sicuramente la regina qui volle il parco all’inglese.
[2] Luigi Vacca (Torino 1778-1854) ricevette i primi insegnaenti artistici dal padre Angelo (1746-1814) pittore di decorazioni ad affresco. Frequentata l’Accademia di Pittura e Scultura di Torino (poi Albertina), allievo dello scultore Filippo Collino, e di Lorenzo Pèheux, realizzò un San Giacomo in gloria per la chiesa di Indiritto presso Coazze (Torino). Sui venti anni iniziò l’attività di pittore scenografo presso i teatri Carignano e Regio, in collaborazione con Fabrizio Sevesi, attività protratta per oltre un cinquantennio tra il 1799 e il 1853. Attivissimo, eseguì affreschi e decorazioni per chiese e palazzi piemontesi e liguri. Nel 1820 ottenne da Carlo Felice una commissione per la decorazione di alcuni ambienti del castello di Govone.