Nob. Pietro Bossi f. conte D. Francesco f. conte D. Claudio
Luigi e D. Maria
Teresa dei conti Locatelli.
Teresa dei conti Locatelli.
n. Como 13.12.1791
Sp. Giuditta Colombo.
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|--- nob. cav.
dott. Antonio Bossi
Notaio in
Varese e cittadino benemerito. (1855)[1].
Sp. Cherubina
Sacconaghi
n. 1838 +
1913
Rimasta vedova, ad onorare la memoria del
perduto consorte, che fu anche
presidente della Congregazione di Carità, donava alla stessa lire 5.000 perché
le rendite venissero erogate a scopo di beneficenza e particolarmente per i
bisogni dell’Ospedale.
presidente della Congregazione di Carità, donava alla stessa lire 5.000 perché
le rendite venissero erogate a scopo di beneficenza e particolarmente per i
bisogni dell’Ospedale.
Offriva poi
anche il ritratto del compianto marito, opera del pittore Giuseppe
Colombo, esprimendo il desiderio che venisse sempre compreso nell’annuale
esposizione dei quadri dei benefattori del Nosocomio[2].
Colombo, esprimendo il desiderio che venisse sempre compreso nell’annuale
esposizione dei quadri dei benefattori del Nosocomio[2].
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Giuditta Bossi +
n.
1870 + 1875
Il notaio
Antonio Bossi, accomodato nel suo elegante studio, si distingue per i lunghi
baffi che nella foggia richiamano l'usanza austriaca.
Il pittore, all'esigenza di esprimere fedelmente l'identità fisionomica del personaggio, coniuga una raffigurazione molto zelante del fondo, descritto con tonalità opache e immerse nella penombra.
Caratterizzato da un tono estremamente controllato, riscontrabile soprattutto nella definizione dei riferimenti ambientali, l'inedito dipinto costituisce uno degli esempi più significativi per indagare la poco nota figura del pittore Giuseppe Colombo per il quale il Borri si premura di tramandarci soltanto la provenienza "da Canzo".
Eseguito a ridosso della morte del nobile notaio Antonio Bossi, il dipinto in esame richiama da vicino, sia per le dimensioni che per l'impostazione iconografica e la qualità esecutiva, il ritratto di Carlo Filippetti firmato dal Colombo sempre per il nosocomio cittadino, a pochi anni di distanza. Come per quest'ultimo, così anche per il ritratto del notaio Bossi è riscontrabile lo scarto formale e compositivo rispetto all'effige commemorativa in onore del Cavaliere Baratelli, pure firmata dal Colombo per l'Ospedale di Varese. Mentre in quest'ultima opera, più matura e di ridotto formato, il sapiente chiaroscuro modella i volumi invece che delinearli, nell'opera presa in considerazione in queste righe, invece, tornano la precisione descrittiva degli oggetti d'interno e l'interpretazione calligrafica dei tratti del volto del benefattore.
Il Bagaini ricorda che nel 1887 Cherubina Sacconaghi, varesina e moglie del dottor Antonio Bossi di Azzate, rimasta vedova, donò cinquemila lire alla Congregazione di Carità di cui il consorte fu eletto presidente nel 1861.
La vedova esprimeva, inoltre, il desiderio che il ritratto donato del defunto marito - che dunque pervenne nella quadreria dell'Ospedale nel 1887 - fosse sempre compreso nell'annuale esposizione dei quadri dei benefattori del nosocomio.
Presso il cimitero di Giubiano, infine, è custodito un ritratto del Bossi scolpito da Donato Barcaglia che riproduce le similari fattezze del nobile notaio.
Il pittore, all'esigenza di esprimere fedelmente l'identità fisionomica del personaggio, coniuga una raffigurazione molto zelante del fondo, descritto con tonalità opache e immerse nella penombra.
Caratterizzato da un tono estremamente controllato, riscontrabile soprattutto nella definizione dei riferimenti ambientali, l'inedito dipinto costituisce uno degli esempi più significativi per indagare la poco nota figura del pittore Giuseppe Colombo per il quale il Borri si premura di tramandarci soltanto la provenienza "da Canzo".
Eseguito a ridosso della morte del nobile notaio Antonio Bossi, il dipinto in esame richiama da vicino, sia per le dimensioni che per l'impostazione iconografica e la qualità esecutiva, il ritratto di Carlo Filippetti firmato dal Colombo sempre per il nosocomio cittadino, a pochi anni di distanza. Come per quest'ultimo, così anche per il ritratto del notaio Bossi è riscontrabile lo scarto formale e compositivo rispetto all'effige commemorativa in onore del Cavaliere Baratelli, pure firmata dal Colombo per l'Ospedale di Varese. Mentre in quest'ultima opera, più matura e di ridotto formato, il sapiente chiaroscuro modella i volumi invece che delinearli, nell'opera presa in considerazione in queste righe, invece, tornano la precisione descrittiva degli oggetti d'interno e l'interpretazione calligrafica dei tratti del volto del benefattore.
Il Bagaini ricorda che nel 1887 Cherubina Sacconaghi, varesina e moglie del dottor Antonio Bossi di Azzate, rimasta vedova, donò cinquemila lire alla Congregazione di Carità di cui il consorte fu eletto presidente nel 1861.
La vedova esprimeva, inoltre, il desiderio che il ritratto donato del defunto marito - che dunque pervenne nella quadreria dell'Ospedale nel 1887 - fosse sempre compreso nell'annuale esposizione dei quadri dei benefattori del nosocomio.
Presso il cimitero di Giubiano, infine, è custodito un ritratto del Bossi scolpito da Donato Barcaglia che riproduce le similari fattezze del nobile notaio.
Ritratto del nob. cav. dott. Antonio Bossi
eseguito nel 1886 dal pittore Giuseppe Colombo.
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