Questa mattina arrivano altri quaranta profughi dal
Vicentino, dove sono in corso delicate operazioni militari. Costretti a
lasciare temporaneamente le loro case, sono stati affidati alle organizzazioni
di assistenza del Varesotto, che in questi mesi hanno dato prova di efficienza,
lodata persino dal Consiglio Supremo. I profughi, giunti in treno a Varese,
vengono subito trasferiti ad Azzate, accolti dal sindaco Introni e dal parroco
don Baggioli.
(Estratto dalla Prealpina del 5 agosto 2016 a cura di
Roberta Lucato).
Roberta Lucato, da me interpellata, mi comunica:
“Nella primavera/estate del 1916, a causa delle operazioni
militari nel nord-est, furono sfollate migliaia di persone dal Vicentino:
decine di paesi si svuotarono letteralmente. Quella povera gente fu costretta a
lasciare casa e lavoro, in fretta e furia, per rifugiarsi, con quello
che avevano addosso o poco più, nelle zone più "tranquille" del
nord-ovest. Il Varesotto - in virtù dell'ottimo lavoro svolto dai Comitati
di Preparazione e Assistenza Civile, che in tempi davvero difficili riuscirono
ad assistere tante famiglie di richiamati e disoccupati - fu
prescelto per ospitare gli sfollati e fornire loro abiti, cibo,
istruzione, svaghi e, possibilmente, lavoro.
Ad Azzate arrivarono in poche settimane 700-800 persone almeno (soprattutto donne, bambini e anziani, ovviamente), ospitate in parte all'Asilo infantile, in parte nelle cascine e nelle case private. Agli "abili al lavoro" - pochi, a dire il vero - fu offerta la possibilità di lavorare nei campi in cambio di una tenue retribuzione, che andava però ad aggiungersi al sussidio governativo giornaliero. Gli sfollati fecero in gran parte ritorno alle loro case dopo un paio di mesi: in quel periodo, però, riuscirono a stabilire buoni rapporti con la popolazione locale”
Ad Azzate arrivarono in poche settimane 700-800 persone almeno (soprattutto donne, bambini e anziani, ovviamente), ospitate in parte all'Asilo infantile, in parte nelle cascine e nelle case private. Agli "abili al lavoro" - pochi, a dire il vero - fu offerta la possibilità di lavorare nei campi in cambio di una tenue retribuzione, che andava però ad aggiungersi al sussidio governativo giornaliero. Gli sfollati fecero in gran parte ritorno alle loro case dopo un paio di mesi: in quel periodo, però, riuscirono a stabilire buoni rapporti con la popolazione locale”
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