NOBILTA’ ORIGINARIA
I Bossi erano annoverati fra la nobiltà originaria e non già
tra le famiglie nobili di elezione ducale. Detta nobiltà viene anche detta
naturale, non di concessione.
Tuttavia bisogna ricordare che per essere nobili non basta essere Bossi, ma bisogna individuare precisi illustri avi. La nobiltà non è carisma collettivo, di parentela, ma fatto anzitutto individuale, precisamente individuabile e verificabile.
Tuttavia bisogna ricordare che per essere nobili non basta essere Bossi, ma bisogna individuare precisi illustri avi. La nobiltà non è carisma collettivo, di parentela, ma fatto anzitutto individuale, precisamente individuabile e verificabile.
Per meglio chiarire l’argomento proponiamo questa relazione
formulata dal prof. C. Manaresi.
ORIENTAMENTI PER LE
RICERCHE SULLA NOBILTA' ORIGINARIA LOMBARDA[1]
I nobili, se si prescinde da quelli appartenenti a famiglie
che ottennero in processo di tempo concessioni speciali di nobiltà o di titoli
e vennero così aggregate al loro ceto, sono i discendenti dei signori, che nel
periodo feudale esercitarono, per concessione del vescovo, o del conte, o dei
loro vassalli, l'honor e il districtus sopra una parte più o meno estesa del
territorio dello Stato, e che si trovano indicati nelle fonti coi nomi di
nobiles, arimanni, curtisii, gentiles, milites, seniores, domini, vassalli,
valvassores, capitanei, ecc., nomi che in origine avevano un significato
diverso, ma che poi divennero quasi sinonimi.
Sono però anche nobili i discendenti di quelle famiglie
cittadine che, senza avere esercitato alcun diritto feudale, in determinate
condizioni, furono equiparate alle nobili, e parteciparono con quelle agli
uffici pubblici e fruirono della stessa posizione privilegiata.
Queste due classi di nobili costituiscono la nobiltà
originaria, o del sangue, o, come si diceva in altri tempi, la nobiltà
generosa.
Se si potesse sempre risalire con la genealogia fino alle
persone che esercitarono l'honor e trovare la prova dell'esercizio di esso, o
fino alle persone che nella città furono equiparate alle prime, sarebbe facile
determinare le famiglie originariamente nobili. Ma ciò purtroppo non è
possibile, perché al di là del sec. XV le fonti documentarie scarseggiano al
punto che pochissime sono le famiglie che vanno oltre una tale epoca col loro
capostipite, eppoi perché, anche nel caso fortunato che con qualche genealogia
si arrivi al sec. XI, cioè al periodo feudale, raramente i documenti che
servono alla ricostruzione genealogica, si riferiscono o accennano all'honor
esercitato dalla famiglia.
Quindi per la ricerca dell'origine nobile delle famiglie non
bisogna prefiggersi, salvo casi eccezionali, delle mete tanto lontane.
Ma se il problema è difficile oggi, fu ugualmente difficile
nel passato, con questo di diverso che, se oggi la ricerca è puramente storica,
anche quando dia per risultato il riconoscimento della nobiltà da parte dello
Stato con la conseguente iscrizione nei libri araldici, una volta, quando il
riconoscimento della nobiltà era indispensabile per accedere a determinate
cariche o per essere ammessi ai collegi professionali o a corpi amministrativi,
al criterio storico si accompagnava o si sovrapponeva quello delle condizioni
civili della famiglia nelle ultime generazioni.
Per il corpo dei canonici ordinari del duomo di Milano, al
quale per antichissima consuetudine non potevano appartenere se non persone
provenienti dal ceto dei nobili, per la ragione che da essi si sceglieva
l'arcivescovo, il quale per un tempo assai lungo fu a capo dell'ordinamento
feudale della diocesi, nel 1377 l'arcivescovo Ottone Visconti determinò da
quali famiglie gli ordinari potevano essere scelti. L'elenco, o Matricula Nobilium Familiarum Mediolani,
fu pubblicato dal Giulini[2]
e comprende 189 famiglie (tra le quali 12 per
privilegium), che avevano ottenuto la concessione di essere equiparate alle
nobili, sia perché mancanti del requisito della dimora nella diocesi, sia
perché provenienti da altri territori, sia anche perché elevate da poco tempo
alla condizione nobiliare.
Esso per i contemporanei doveva essere una designazione
sicura delle famiglie nobili che godevano di quel diritto non ostante che vi
siano designate col solo cognome, perché allora non era certo possibile
equivocare, fra due famiglie di cognome uguale, a quale si intendesse alludere,
come oggi nessuno parlandosi di privilegi della famiglia Borromeo, potrebbe
avere il minimo dubbio che non si tratti della casata illustre di quel cognome,
nonostante il pullulare di altre famiglie di uguale cognome, ma non nobili. Nei
pochi casi, nei quali si potevano avere dubbi, l'elenco di Ottone Visconti
scendeva ad una precisazione maggiore, sia indicando la località della
residenza o dei possessi delle famiglie, sia indicando la discendenza dal tale
o dal tale altro personaggio. E' il caso dei Bossi che vengono designati come Bossiis de Aciate e Bossiis de domus Jacobi .
Ma oggi per molte ragioni, quell'elenco non giova più da
solo a determinare la nobiltà di una famiglia: difatti si è perduta la
conoscenza diretta, che viceversa i contemporanei avevano, delle famiglie
iscritte nell'elenco, e data la simultanea esistenza di famiglie nobili e di
altre non nobili di eguale cognome, non si possono fare deduzioni sicure sulla
nobiltà delle famiglie che portano un cognome eguale a quelle descritte
nell'elenco. Inoltre non bisogna dimenticare che esso fu certamente un atto di
parte: emanato dall'arcivescovo appena salito al potere, dopo la disfatta di
Napo della Torre, tendeva ad escludere la parte guelfa, prevalentemente popolare
dalla carica di ordinario: perciò non comprendeva tutte le famiglie nobili
esistenti nel territorio milanese, ma escludeva appositamente le famiglie
nobili che avevano parteggiato per i Torriani. Cosicché, se la presenza di un
cognome nell'elenco non prova la nobiltà di tutte le famiglie di egual cognome,
la sua assenza non costituisce una prova della non esistenza della condizione
nobile in una famiglia.
Ma la condizione nobile si richiese a Milano, oltre che per
essere ammessi fra gli ordinari del Duomo, anche per essere ammessi al Collegio
dei Giureconsulti, al Collegio dei Fisici e agli onori del patriziato.
Per tutte queste ammissioni si abbandonò il sistema di
formare degli elenchi di cognomi di famiglie nobili, e si stabilirono invece
delle speciali norme in base alle quali si poteva riconoscere provata la
nobiltà.
Per l'ammissione al Collegio dei Giureconsulti, secondo
l'articolo XIX degli statuti approvati dal re Filippo II il 9 luglio 1575, si
richiedeva l'appartenenza ad un'antica famiglia di Milano o del ducato, nobile
da tempo antico: "ex antiqua et antiquitus nobili familia originem
ducat". In altre parole si richiedeva la prova della nobiltà originaria,
con esclusione di tutte quelle famiglie che avessero ottenuto una concessione
di nobiltà dal sovrano in un tempo recente. L'accertamento della nobiltà si
faceva, secondo un antico decreto, provando di appartenere genericamente ad una
famiglia nobile, e, secondo invece un decreto più recente, provando che il
richiedente apparteneva ad una famiglia genericamente nobile e che i suoi
antenati per uno spazio di cento anni erano stati chiamati domini negli
istrumenti notarili: "quod in publicis instrumentis eius maiores per
centum annos domini vocarentur, constito tamen quod ipsi essent de familia seu
parentela, quae nobilis in genere haberetur". Se non che in seguito
sorsero dei dubbi se la qualifica di dominus potesse ritenersi sufficiente alla
prova della nobiltà, perché proprio nella seconda metà del secolo XVI si era
verificato qualche abuso della medesima. Fu pertanto costituita una commissione
di quattro giudici, Moresini, Lodi, Besozzo e Pirovano, per lo studio della
questione, e in seguito al parere da essi espresso, fu fatta in data 12 giugno
1586 una dichiarazione all'art. XIX degli statuti, nella quale si stabiliva che
in avvenire non si tenesse in nessun conto delle qualifiche di dominus,
spectabilis, nobilis, e simili
attribuite negli istrumenti notarili degli ultimi sessanta anni, se non fossero
attribuite anche negli istrumenti anteriori, e che d'altra parte, esse da sole
non bastassero, ma si dovessero tenere nella dovuta considerazione anche le
ricchezze antiche, le affinità, i matrimoni, le doti, gli edifici e tutti gli
indizi di nobiltà in genere.
Il Collegio dei Giureconsulti pertanto, per stabilire la
nobiltà originaria dei cooptandi, non richiedeva la prova che le rispettive
famiglie discendessero da quelle che nell'epoca feudale avevano costituito
nelle sue molteplici gradazioni il ceto signorile, ma riconosceva che la qualifica
di dominus e spectabilis ecc.
attribuite negli atti notarili, prima che nel sec. XVI si verificassero abusi,
stavano ad indicare l'origine nobiliare della famiglia.
Le norme fissate nel 1586 dal Collegio dei Giureconsulti
hanno il loro riflesso nelle comparizioni per l'ammissione ad esso, nelle quali
una prima parte è riservata alla dimostrazione della nobiltà generica della
famiglia e l'altra alla dimostrazione che il ramo del richiedente, per uno
spazio di almeno cento anni, si era comportato, sia per le qualifiche, come per
gli altri requisiti, alla maniera dei nobili. Sorse allora, allo scopo di
facilitare le prove della nobiltà generica delle famiglie, la colossale opera,
rimasta manoscritta, di Raffaele Fagnani (n. Gerenzano 1552 + Milano 22.9.1623),
Familiarum commenta, nella quale per circa 1300 famiglie milanesi sono raccolti
un'infinità di documenti tratti per lo più dai pubblici archivi. Per la
dimostrazione della nobiltà specifica, quantunque vi fosse l'obbligo di provare
solo per gli ultimi cento anni, si voleva risalire più indietro fino a 150 e a
200 anni e anche più indietro, e in realtà non vi erano limiti, stimandosi che
non nuocesse provare una nobiltà antichissima, la quale risalisse, se
possibile, anche all'epoca feudale[3].
________________________
Modena - Biblioteca Estense.
________________________
[1] Comunicazione letta nell'adunanza della Società
Storica Lombarda del 13.12.1931
[2] G. GIULINI, Memore spettanti alla storia, al governo
ed alla descrizione della città e della campagna di Milano, 1^ edizione, vol.
VIII, p. 312
[3] Pagina 429.
Bossi: nobile
famiglia che nello stemma riporta un bue. Il Cherubini, nel vocabolario
milanese del 1839 scrive che in dialetto l’antica voce boz significa
piccolo bue e anche persona di poco senno. Sicuramente dal latino bos=bue.
Secondo il Merati va, invece, ricondotto al germanico Bozo (cattivo).
Nel medioevo troviamo i nomi personali: Busus, Bossus, Bono; come
cognomi Bussus, Bossius, de Bosis, de Boso. Appare nel 1170, quale
console di Giustizia a Milano, un Tosabos Bossius. La famiglia
appare tra quelle nobili che, dall’elenco del 1377, aveva diritto all’elezione
passiva come canonici ordinari del duomo. Nel 1398 i Bossi sono presenti in
parecchie parrocchie della diocesi di Milano: Gallarate, Varese, Leggiuno,
Seveso, Brivio, ecc. Anche 9 consiglieri con questo nome appaiono nel Consiglio
dei Novecento dell’Aurea Repubblica Ambrosiana del 1447.
Modena - Biblioteca Estense.
Modena. Biblioteca Estense.
(Estratto da Archivio
Storico Lombardo, Anno 1903).
MATRICULA NOBILIUM FAMILIARUM DI
OTTONE VISCONTI
E’ il più antico elenco nobiliare del ducato milanese
compilato il 20 aprile 1277 che nomina tutte le famiglie che godevano la
nobiltà originaria ovvero per privilegio ducale.
L’ordine alfabetico non è stato esattamente rispettato e fra
parentesi sono a volte suggerite correzioni ortografiche.
Matricola Nobilium Familiarum Mediolani rogata de anno
1277 sub die 20 Aprilis per Dominum Marchum De Ciochis Mediolani Notarium et
Curiae Archiepiscopalis Mediolani Cancellarium
De Amiconibus Caponago
Annono Castilliono
Ayroldis de Robiate Corbis
Arzonibus Carpanis
Alzate Cribellis de Parabiago
Advocatis Confanoneriis
Aliprandis Creppa
Arconate scilicet Capitanei Cutucis
Arsago scilicet Capitanei Casate
Arinerio (meglio Ariverio) Curte
Appiano Caimis
Anrisiis Capponibus
Cuminis
Bizozero Cutesella
Birago Cottis
Biffis Cribellis de Uboldo
Besutio Cribellis
de Nerviano
Butiis Caimbasilicis
Bernadigio Canibus
Bossiis de Acciate Calcho
Balbis Carugo
Bolgaronibus Capellis Castello de Cirnusculo
Burris Comitibus de Castro Seprio
Busnate Cornisio (meglio Carnisio)
Busti scilicet Capitanei Cagnolis Cagnola
Bossiis domus Domini Jacobi Cagnolis de Cassano Marengo (forse Magnago)
Blanchis de Velate Cepis
Badagio Cazolis
Brippio per privilegium Curtis
Basilicapetri scilicet Capinatei Conradis
Becaloe Corradis
Brioscho Cimaliano (forse Cimiliano) per privilegium
Bebulcho Cardano et de Castilliono de Cardano
Baldizonibus Cassina
Barni non Laudenses Cagatosicis
Biumo superiori per privilegium Castelletto
Cattanei de Busti arsitio dicti de Vituda
Carchano
Cribellis Daverio
Cacharanis Desio
Dugnano scilicet Capinatei Marnate
Derni (meglio Dervi) scilicet Capitanei Medicis
Dardonibus (forse Dardanonibus) per privilegium Merosiis de Vicomercato
Fagnano Nasiis
Foppa
Figino scilicet Capinatei Olgiate Olonae
Oldrendis de Legnano
Geronibus Orello de Abiascha Mediolani
Gheringhellis de Carono Ozeno per privilegium
Grassellis
Glussano Pusterla
Gufredis de Homate per privilegium Pirovano
Gattonibus per privilegium Pirovano de Tabiagho
Ghiringhellis de Mediolano Perego
Guaschis de Beluscho Petrasancta
Grasellis de
Bolate et Treno Pandulfis
Paravisino
Hoe scilicet Capinatei Petronis
de Cisnusculo
Homodeis per privilegium Prata per privilegium
Petronis de
Bernadigio
Judicibus de
Castagnate Putheobonello
Paratio
Imbresago scilicet Capitanei Platis
Porris
Littis Paravisino de Bucinigo
Landriano scilicet Capitanei Porta Romana scilicet Capitanei
Lampugnano Pado scilicet Ambrosii Johannoli per privilegium
La Majrola Perdeperi
La Sala
Mandriano Riboldis de Besana
Luyno Richis
La Turre Raudo scilicet Capitanei
La Porta per privilegium Regnis per privilegium
Rugolo (cioè Ruzolo)
Mandello Rusconibus scilicet Civibus Mediolanensibus
Mayneriis
Menclotiis Sachis
Martignonibus de Bolladello Soresina scilicet Capinatei
Martignonibus de Roate Segazonibus per privilegium
Mirabiliis Sessa de loro Sarrae Plebis Travaliae
Medicis Portae Ticinensis Scaccabarotiis
Molteno Stampis per privilegium
Marinonibus Septara scilicet Capitanei
Marris Sirturi
Medicis de Casoretio Sachis
de Bucinigo
Medicis de Masigia (forse Nusigia) Selvaticis
Matrenano o Matregnano Solbiate
Medicis de Albayrate Sesto
scilicet Capitanei
Medicis de Novate Spangutis (meglio Spanzutis) domus
Carioni per privilegium
Mantegatiis Taegio
TerzaghoTabusiis de Castro Novatae Vergiate
Trivultio Vincemalis per
privilegium
Tritis Vicomercato
scilicet Capitanei de Merosiis scilicet Domus
Turate scilicet Capitanei Domini Joannis
Vicomercato
scilicet domus Domini Guidoli per privilegium
Vicecomitibus Valvassoribus
de Serio o De Sexto
Vicecomitibus de Serono Vitudono
Vicecomitibus de Pobiano (meglio Poliano) Vigonzono
Vicecomitibus de Invorio
Vilanis Vigliani
Vicecomitubus de Oregio (cioè Olegio)
Vicecomitibus de Oregio Castello Zotis
Zerbis per
privilegium
Zeno
L’ORIGINE DEI BOSSI
Se dovessimo fidarci del giudizio del Crescenzi dovremmo
considerare Donato Bossi (1436-1511) lo storico di famiglia per eccellenza.
Purtroppo era di parte e tutta la sua capacità la impiegò per magnificare
l’origine della sua famiglia, giungendo a delle esagerazioni cui nessuno oggi
ci crede. Viene da chiedersi in che misura vennero prese le sue affermazioni
anche a quei tempi, tenuto conto che non tutti erano ignoranti e disposti a
credere nella mitologia.
Era indubbiamente fantastico e dilettevole lasciarsi
trasportare in un mondo di favola, ma credere che i Bossi traessero origine da
Iside rasenta veramente il ridicolo.
Vittorio Spreti lo nomina come "il noto storico
milanese"; Paolo Moriggia lo dice nato nel 1436 e in un documento del
1474 è detto abitante a Milano in Porta Cumana nella Parrocchia di S. Protaso
ai Monaci e annoverato fra i Decurioni della città.
Altri lo vorrebbero figlio di Giovanni e fratello di
Matteo, Luigi e Francesco.
Donato Bossi, dunque, farebbe risalire l'origine della sua
famiglia a 1800 anni prima della nascita di Cristo! Ma lasciamo a lui la
parola, così come ce la riporta Paolo Moriggia nella sua "Historia dell'antichità di Milano"
(1592).
"Molti scrittori dicono che Inaco fu figlio
dell'Oceano e della Terra. Costui, come riferisce Sant'Agostino ed Eusebio
Cesariense, cominciò a regnare in Tessaglia presso gli Argivi ovvero Pelagi. Da
costui, Inaco gran fiume d'Acacia, prese il nome, come afferma Pomponio ed
entra nel Mare Argalico.
Questo Inaco lasciò due figli maschi ed una femmina
cioè: Ioroneo e Fegeo che regnarono dopo il padre e furono gran dotti e
virtuosi; la femmina si chiamò Iside, detta anche Ibo, donna bellissima e
dottissima che sposò Osiride re d'Egitto.
Si dice che essa fosse violata da Giove II e, avendo
paura del padre, fuggì in Egitto. Ella, entrando nella nave che aveva per
insegna un bue bianco, avendo prospero vento e portando a buon fine il suo
viaggio, tenne poi sempre il bue bianco per insegna.
Museo del Bardo di Tunisi. |
Di questa Iside gli scrittori raccontano molte cose.
Dopo vent'anni Cecropo I, re d'Atene, fu il primo che
sacrificasse il bue a Giove, poiché dicono che Giove si trasfigurò in un bue
bianco.
Pietro Boccalmo d'Orta afferma nel primo tomo della sua
"Storia d'Italia" che la famiglia Bossi cominciò ad abitare in Milano
con casa Trivulzi 134 anni dopo la nascita di Cristo.
Appresso vogliono che Berengario imperatore traesse la
sua origine dai re di Bossina e portasse per insegna un bue bianco e che da
esso la famiglia Bossi abbia avuto origine nell'anno 913.
Ma venendo ai tempi più moderni, dirò che Lotario III
di Sassonia, che prese l'impero nel 1128, fosse grande amico di famiglia Bossi,
che favorì grandemente, e particolarmente amò Maffeo Bossi[1]
e per segno dell'amore che gli portava lo costituì suo Vicario Generale in
Lombardia e Governatore di Lodi.
Signoreggiarono di certo i Bossi sia nell'Insubria che
nelle valli, castelli e ville onde non è a meraviglia che Maffeo fosse trattato
da parente e compagno dall'imperatore Federico I, avendo forse i vecchi di
Svevia fatte parentele ed amicizie con questi potentissimi sovrani.
Parimenti la famiglia Bossi fu grandemente favorita
dall'imperatore Federico Barbarossa nel tempo che egli fu incoronato a Milano
da Uberto Pirovano, allora arcivescovo di Milano, e fu coronata di molti
privilegi."
Un'altra nota, ritrovata nell'Archivio Bossi, non è così
fantasiosa come la precedente ma ci lascia ugualmente perplessi. Eccone uno
stralcio:
I Bossi, cosiddetti del bue, dai Bessi popoli della
Bulgaria, sconfinati in Mesia, diedero del loro il nome alla terra in cui erano
vissuti, la Bosnia, chiamata Mesia, al dire degli antichi geografi Sebastiano
Meniste, Antonio Bonfisio e Domenico Negri.
Dopo quell'età, vagando più ampiamente i Bossi per
terra e per mare, furono dovunque feconda progenie di grandi personaggi e di
prìncipi.
Già abbastanza consta come i re della Bosnia
appartenessero a gente Bossia e che dai re di Bosnia provenissero i dominatori
Berengari. Si vuole incominciata dal belligero Berengario la schiatta dei Bossi
quantunque, tenuto conto del tempo, si possa dire con maggiore verità che egli
l'abbia piuttosto aumentata che iniziata.
Vicina al regno di Bosnia nell'Epiro, riferisce poi il
Sansovino, essere stata della stirpe dei Bossi la donna dominatrice di Dagisio,
superstite ai tempi di Scanderberg, e questo stesso nome di Azzate, che si
eleva fra i più eminenti colli degli Insubri, stima Bonaventura Castiglioni,
essere così nominato da Azio, promontorio dell'Epiro, in quanto per le antiche
sedi di Bosnia vi fu appunto l'Epiro.
Nella restante parte della regione Bosnia fino alle
foci della Germania si ammirano dovunque le insegne del bue bianco, che posto
in alto sulle selle e sui vessilli dei Cesari attestano lo splendore e la mole
dell'antica fortuna".
Di fronte a tali affermazioni si rimane veramente stupiti
e perciò diamo la parola al Litta che dà un colpo di spugna a tutta la
faccenda:
“Troppe volte, cercando le origini delle più insigni
famiglie, si suppliva favoleggiando, per il passato, al silenzio della storia.
Si contentano i più di qualche nome longobardo o
franco, e procedendo meravigliosamente di padre in figlio, appiccano quà e colà
le architettate discendenze. Ma vi sono di quelli che a tanto non si acquetano
e risalgono ad un bel tratto fino ai secoli tenebrosi della Mitologia.
Rapporto ai Bossi di Milano, il Crescenzio, il
Moriggia, il Boccalini ed altri si trasportarono di netto fino a quelli
d'Inaco, di Cecropre, e se Dio mi salvi, d'Iside e d'Osiride!
Donato Bossi, citando appunto il Boccalini, pretese di
ritrovare in Milano un ceppo del suo casato ai tempi di Antonino Pio".
… “L’origine del casato è stata “stampata” su due lapidi
murate nella parete posteriore della Chiesa dell’Assunta a Induno Ticino, delle
quali proponiamo la seguente traduzione[2]:
LAPIDE I
Azziato (Azzate), castello de' Bossi, trae il nome da
Azzio, promontorio dell'Epiro. Presso gli Insubri e i Reti, sia nelle vicende
prospere che avverse, primeggiò la stirpe dei Bossi, seguì sempre e dovunque i
Cesari, servì la chiesa in tutti gli oneri e gli onori. Ai governatori insubri
diede Prefetti e Vicari generali, difesa la libertà della Patria a tutto potere
nel governo di Milano.
Passato il governo di Milano ai Visconti prestò mano,
tanto in guerra quanto in tempo di pace. Diede opera perché la provincia
Milanese, per tanto tempo conservata coi sacrifici, si sottomettesse agli
Sforza, non potendo più oltre difenderla aiutò gli Sforza coll'opera e col
consiglio. Fece meraviglie sotto l'impero Austriaco ottenendo grandi onori.
Questa lapide, che ricostruisce la storia della famiglia
Bossi dall'età romana alla venuta degli Austriaci sulle nostre terre, porta una
data: 1612, e il nome di colui che dettò le frasi, tale Fabrizio Bossi figlio
di Simone.
La seconda lapide sembra voler indicare le origini bulgare
della famiglia e l'autore volle sottolineare legami con le famiglie più
importanti della storia, legami di sangue che ci paiono spuri.
LAPIDE II
I Bossi traggono nome da Bove. Discendenti dai popoli
della Bulgaria, passarono la Mesia, poscia chiamata Bosnia, ebbero sede in
Milano molto più di milleduecento anni. Ciò è attestato dal timbro di ferro
ritrovato nella tomba, fra le ossa, di S. Benigno Bossi sepolto presso l’Altare
Maggiore di San Simpliciano. La Curia romana creando Benigno arcivescovo
riconobbe la vetustà del casato e la sua nobiltà regalmente celebre. In
seguito, dopo aver percorso terre a mari, dovunque i Bossi si trovassero si
mostrarono progenie feconda di grandi uomini e di principi dominatori d'Italia,
come furono i Berengari originati dai Re della Bosnia. Da sangue Bossio sono
sorti prìncipi normanni, dalla medesima stirpe nacque la famiglia dei Re e
Imperatori svevi. Il casato fu strettissimamente congiunto colla famiglia
regnante in Sassonia, sono contanti fra prìncipi Bossi e Bossoni re della
Borgogna e della Provenza e una donna di Dagisio della stirpe Bossia fu
proclamata principessa nell'Epiro presso il regno di Bosnia.
Si vuole addirittura che la stirpe dei Berengari provenisse
dai re della Bosnia, che appartenevano a gente Bossia ed il belligero
Berengario, piuttosto che il capostipite della schiatta dei Bossi, fu colui che
la continuò.
E per rendere più credibile la cosa si vuole trovare anche
l’origine del nome di Azzate, sede storica ampiamente riconosciuta della nobile
famiglia Bossi, che deriverebbe da Azio, promontorio dell’Epiro, che fu antica
sede della Bosnia.
BOSSII a Bove dicti ex Bessis Bulgariae populis ad Moesiam
egressi, Terram in quam venerant fecer cognomen e suvo: Bosnaque inde Moesia
nuncupata est. Geopraphis auctoribus, Sebastiano Munstero, Antonio Bonffin°,
& Dominico Nigro.
Mediolani Sedem habuisse annos Supra Mille ducentos, admonuit
nostra memoria Sigillum signatorium ex Ferro repertum inter Cineres S. BENIGNI
quos effoderat D. Carolus Cardinalis Borromeus ad aram maximam D. Simpliciani,
incisum Bovem habet insigne Gentis cum Mitra & inscriptione, cuius partem
ambedit vetustas pars effugit cladem: atque in ea tamen dominatur litterae
iniuria leggitur explicatae totidem verbis BENIGNUS BOSSIUS EPISC. MED.
Suplevit antiquitatem liber Vaticanus de
Successor. S. Barbabae in Eccle. Mediol. Pontifice BENIGNO a primaevo Generis
splendore regio more comendato. Post eam etatem latius pervagati terras &
maria, ubicumque BOSSII fuerint fecunda virorum ac principum soboles fuere:
Bosna Reges ad BOSSIAM Gentem
pertinere, iam satis constat, & a Bosnae Regibus ortos Italiae Dominatores
Berengarios, tradit probatiss. eiusdem Familia scriptores Donatus, subiicitque
a Belige Berengario inchoatam in Insubria BOSSIAM Familiam; sed ex temporum
ratione, verius auxit Berengarius, quam inchoavit.
Prope Regnum Bosnense in Epiro BOSSIAE
Stirpis Feminam Dominatricem Dagnii, refert Sansovinus fuisse supstitem ad
Scanderbergii tempora et ACTIATUM hoc Nostrum inter Eminentes Insubrium Coetus
extructum Ab Actio Epiri promontorio, recte nominatum putat Bonaventura
Castilioneus, ex reliquo tractu Bosnae regionis usque in ora Germaniae Spectata
undique sunt Bovis Albi Insigna, quae in sellis ac Vexillis Cesarum errecta,
testantur veteris fortunae splendorem ac molem.
Et sane Federicum Aenoebardum cun Regia Prole Sveva ex BOSSIO
Sanguine derivatum, probat inter Annales donata redactum carmen veteris
memoriae:
UT VERO ITALIAM VENIT
FREDERICUM AMAVIT
HOS
SOSCIOS, TAMQUAM AUT HEREDES SANGUINIS, AMPLA
ORNAMENTA
ILLIS REGALIA, DONAQUE CEDENS.
Consanguinitatem res gestae confirmant inter Aenoebardum &
Guidonem BOSSIUMM Cardinalem: mutua in maximis rebus auxilia. Posthabita iussa
Pontificis ut causam foveret Imperatoris, denique Siciliae Regnum cessit ex
Normanna; Quae BOSSIA pariter est in Sveva veluti quodam Successionis Iure
translatum: Hereditarium propterea id Regnum vocat federicus nepos in
constitutione post Mundi mach. de Leg. paria coniunctionis vincula, &
asinitatis cun Saxona Regnatrice Familia; Quod Lotaroius II refferente Donato
socios imperii BOSSIOS habuit Vicarium Generalem sibi Matteum dixit. Historiae Neapolitanae mandavit Joannes
Baptista Caraffa, litteras & Inscriptiones secutum Principum Normannorum
Rogerium I cognomento dictum esse Bossium, eiusque filium in Regno Siciliae
& Apuliae successorem hereditatis, BOSSIAE Gentis nomina Simonem apellatum;
sunt et qui Bursam eum dixerunt quasi Bovem tergusque bovis dicerent mox voce
in barbarum corupta ex Bursa Birsa, et ea re decepti Chyrographi posteriores
Crumenam inepte apellarunt. Nihil itaque ambigendum, quin BOSSIUS ROGERIUS
fuerit, idque princeps inter regia documenta Cognomen manet. Cognominis Origo illa est quod nominis
principio BOSSIOS, nuper cremata patria Turcarum furore superstites, expetere
solatium hoc calamitatis, ut dexteras miscere nobiscum possent utque domi nostrae
assumentur in Consanguinitatis Iura. Nam coetera comunia esse insigne gentis
anibal (?) Normanam originem. Apuliae
Reges Avos coruptelam, etiam
variationem, quae cognomenti cum in hanc usque diem Bossi Burseque et Birsae
promisque nunc utantur, ex Francis Bossonem BOSSII Generis Stirpem facit
Diamans Marinonus, sed rectius fecisset
ramum a Stipite Normann, cun in Italia longissime fuerint BOSSI ante Bossonem.
Narat Caroli Calvi Inperatoris Levirum eum fuisse Lodovici Generum
II Ticinensibus primo Ducem datum, dein Provinciae Regem ab Imperatore
Burgundiae, a Sumo Pontifice coronatum addunt P. Emilius, Donatus Bossius et
Siguntus.
A BOSSONE genitum esse Lodovicum BOSSONEM pariter dictum ex Provinciae Regno ad
Ittalica Imperia a Longobardis evocatum; apud Insubres ac Rhaetos, per
prospera, per adversa, Primas tenuit Bossia Gens Cesareas partes, semper et
ubique sequta est. Ecclesiae per omnia munera et honores inseruivit. Insubribus
Praefectos, Imperatoribus Vicarios Generales dedit. Patriae Libertatem quoad
potuit deffendit. Reipublicae Mediolanensis aliquandium Princeps fuit: Dium et
acriter servatam, cum deffendi amplius non posset, Francisco I Sfortiae
dedendam curavit. Sfortias Succesores re et consilio inuit, Maxima quaequae sub
Austriaco Imperio gessit: Magna tulit; Sed longe MAIORA PROMERUIT.
Probantur et haec posteriora principumlitteris, optimis Scriptoris
ac minumentis, Raphael Volaterano, Bernardino Corio, Donato Bossio, Diamante
Marinono, Pio II, Petro Bocalino, Bonaventura Castilioneo, Hieronimo Bardo,
Johanni Murano, Alphonso Cieccarello, Alphonso Ciacconio, Henrico Farnesio,
Fortunato Sprechnero, Josepho Ripamontio et Elogio quodam in Bossiano annali
relato rudis antiquitatis.
Nomen in Insubribus Primum Hi Tenuere,
Locumque
Ut De Te Taceam Vir Bello, et Pace Mapheae
Maxime Non Tantum His, Verum et Laudensibus Esse
Lotharius Voluit Cesar, Dominumque Ducemque.
Possiamo tradurre il testo in latino in questo modo:
“I Bossi, cosiddetti del bue, dai Bessi popoli della Bulgaria, sconfinati
in Mesia, diedero del loro il nome alla terra in cui erano vissuti, la Bosnia,
chiamata Mesia, al dire degli antichi geografi Sebastiano Munstero, Antonio
Bonfisio e Domenico Negri.
Ebbero sede in Milano nell’anno 200 prima del Mille, e richiama alla
nostra mente l’anello in ferro che serve per sigillare ritrovato fra le ceneri
di S. Benigno che disseppellì il cardinale Carlo Borromeo sotto l’altare
maggiore di S. Simpliciano, con inciso il bue, la mitria e queste parole mezze
corrose dalla ruggine: BENIGNO BOSSI VESCOVO DI MILANO.
Colmò la mancanza di dati il libro vaticano dei successori di S.
Barnaba nella chiesa di Milano e dal Pontefice, Benigno fu lodato in giovane
età splendente di costumi regali.
Dopo quell'età, vagando più ampiamente i Bossi per terra e per
mare, furono dovunque feconda progenie di grandi personaggi e di principi.
Già abbastanza consta come i re della Bosnia appartenessero a
gente Bossia e che dai re di Bosnia provenissero i dominatori Berengari. Si
vuole incominciata dal belligero Berengario la schiatta dei Bossi quantunque,
tenuto conto del tempo, si possa dire con maggiore verità che egli l'abbia
piuttosto aumentata che iniziata.
Vicina al regno di Bosnia nell'Epiro, riferisce poi il Sansovino,
essere stata della stirpe dei Bossi la donna dominatrice di Dagisio, superstite
ai tempi di Scanderberg, e questo stesso nome di Azzate, che si eleva fra i più
eminenti colli degli Insubri, stima Bonaventura Castiglioni, essere così
nominato da Azio, promontorio dell'Epiro, in quanto per le antiche sedi di
Bosnia vi fu appunto l'Epiro.
Nella restante parte della regione Bosnia fino alle foci della
Germania si ammirano dovunque le insegne del bue bianco, che posto in alto
sulle selle e sui vessilli dei Cesari attestano lo splendore e la mole
dell'antica fortuna".
Di fronte a tali affermazioni si rimane veramente stupiti e perciò
diamo la parola al genealogista Pompeo Litta che dà un colpo di spugna a tutta
la faccenda:
“Troppe volte, cercando le origini delle più insigni famiglie, si suppliva
favoleggiando, per il passato, al silenzio della storia.
Si contentano i più di qualche nome longobardo o franco, e
procedendo meravigliosamente di padre in figlio, appiccano qua e colà le
architettate discendenze. Ma vi sono di quelli che a tanto non si acquetano e
risalgono ad un bel tratto fino ai secoli tenebrosi della Mitologia.
Rapporto ai Bossi di Milano, il Crescenzio, il Moriggia, il
Boccalini ed altri si trasportarono di netto fino a quelli d'Inaco, di
Cecropre, e se Dio mi salvi, d'Iside e d'Osiride!
Donato Bossi, citando appunto il Boccalini, pretese di ritrovare
in Milano un ceppo del suo casato ai tempi di Antonino Pio".
Il 3 luglio 1620 Sua Maestà Filippo III di Spagna, duca di Milano,
concede a Fabrizio Bossi il titolo di marchese appoggiato sul feudo di Musso,
ridente paese sulla sponda occidentale del Lago di Como.
Il marchese d. Fabrizio Bossi esprime in pieno tutta la cultura ed
il modo di essere del suo secolo, caratterizzato da una forte valenza spagnola,
al cui servizio si dedica con tutto il suo cuore, ricevendone ampi
riconoscimenti.
Il primo gradino della sua lunga e gloriosa carriera politica
durata 53 anni è rappresentato dalla cooptazione al Collegio di Milano nel 1596
in qualità di dottore giurisperito fino a par parte nel 1638 dei XII di
Provvisione, una delle più prestigiose istituzioni del governo ducale.
Già nel 1600 viene eletto luogotenente e Vicario di Provvisione di
Milano ma, evidentemente, le sue mire puntano più in alto visto che il 10
aprile 1609 Sua Maestà in persona raccomandata al Governatore di Milano di
tenerlo presente per un impiego. Promozione e adeguato stipendio non tardano a
venire visto che il 20 novembre 1610 è in grado di istituire una primogenitura
di 10.000 ducati.
Nel 1614 è in Spagna per relazionare Sua Maestà Cattolica.
La sua memoria sfiderà i secoli poiché sulla torre dell’orologio
del Palazzo dei Giureconsulti di Milano (fatto costruire da Gian Angelo Medici
di Frascarolo quando fu eletto papa con il nome di Pio IV) è stampato a grandi
lettere il suo nome in ricordo di quando era vicario della città.
Lo stesso marchese d. Fabrizio Bossi è autore di memoria
apologetica su San Benigno, vescovo di Milano, ritenuto appartenente alla
famiglia Bossi, come da sanzione pontificia del 1617 e 1631.
Riteniamo che sia stato proprio il marchese a soffiare sul fuoco
di questa credenza perché prendesse una svolta decisiva a favore della sua
famiglia che non aveva certo bisogno di essere glorificata per aver espresso un
santo ma, si sa, per far carriera tutto serve e lui profuse a larghe mani… fino
a giungere a dettare nel 1612 le due lapidi di Induno Ticino che proprio su
questa incertezza se non falsità appoggia poi altre teorie che oggi possiamo
ritenere fasulle.
Il primo matrimonio con Maria Rivoli di Bergamo non sappiamo
quanto lustro portò in famiglia ma, di certo, ne portò il secondo celebrato a
Milano nel 1641 con d. Laura dei marchesi di Fregoso che gli sopravvisse di
ventidue anni. In tale occasione lo sposo porta di predicati di Conte, 1°
Marchese di Musso, Conte di Azzate, Signore della Val Bodia, Conte Palatino del
Sacro Romano Impero, Patrizio di Milano e Senatore di Milano. Un’esagerazione!
E fino a che punto veritiera?
Dal loro matrimonio nascono tre maschi.
Il primogenito, Giovanni Galeazzo, com’era nella prassi del tempo,
si prende il titolo ed il patrimonio e continua l’attività politica
nell’amministrazione ducale.
Del secondogenito, Luigino, sappiamo che nel 1655 gli viene
accordata da Sua Maestà una pensione di 300 scudi.
Il terzogenito, Federico, nel 1654 ottiene la patente di capitano
di una compagnia italiana ma sei anni più tardi inoltra domanda di esonero dal
servizio militare a seguito della morte di un fratello e per l’assenza
dell’altro fratello che si trova presso Sua Maestà Cattolica, essendo molestato
da molte liti. Nel 1666 viene addirittura carcerato nel castello di Milano e
bandito dalla città nella quale ritorna per grazia ricevuta, segno evidente,
che nonostante la sfortuna e le disgrazie, il sostegno del sovrano non gli è
mancato.
La discendenza del secondo marchese di Musso Giovanni Galeazzo si
ha con due maschi e due femmine.
Qui si può continuare la narrazione.
ORIGINES BOSSIAE GENTIS
BOSSII a Bove dicti ex Bessis Bulgariae populis ad Moesiam
egressi, Terram in quam venerant fecer cognomen e suvo: Bosnaque inde Moesia
nuncupata est. Geopraphis auctoribus, Sebastiano Munstero, Antonio Bonffin°,
& Dominico Nigro.
Mediolani Sedem habuisse annos Supra Mille ducentos, admonuit
nostra memoria Sigillum signatorium ex Ferro repertum inter Cineres S. BENIGNI
quos effoderat D. Carolus Cardinalis Borromeus ad aram maximam D. Simpliciani,
incisum Bovem habet insigne Gentis cum Mitra & inscriptione, cuius partem
ambedit vetustas pars effugit cladem: atque in ea tamen dominatur litterae
iniuria leggitur explicatae totidem verbis BENIGNUS BOSSIUS EPISC. MED.
Suplevit antiquitatem liber Vaticanus de
Successor. S. Barbabae in Eccle. Mediol. Pontifice BENIGNO a primaevo
Generis splendore regio more comendato. Post eam etatem latius pervagati terras
& maria, ubicumque BOSSII fuerint fecunda virorum ac principum soboles
fuere: Bosna Reges ad BOSSIAM Gentem
pertinere, iam satis constat, & a Bosnae Regibus ortos Italiae Dominatores
Berengarios, tradit probatiss. eiusdem Familia scriptores Donatus, subiicitque
a Belige Berengario inchoatam in Insubria BOSSIAM Familiam; sed ex temporum
ratione, verius auxit Berengarius, quam inchoavit.
Prope Regnum Bosnense in Epiro BOSSIAE Stirpis Feminam
Dominatricem Dagnii, refert Sansovinus fuisse supstitem ad Scanderbergii
tempora et ACTIATUM hoc Nostrum inter Eminentes Insubrium Coetus extructum Ab
Actio Epiri promontorio, recte nominatum putat Bonaventura Castilioneus, ex
reliquo tractu Bosnae regionis usque in ora Germaniae Spectata undique sunt
Bovis Albi Insigna, quae in sellis ac Vexillis Cesarum errecta, testantur
veteris fortunae splendorem ac molem.
Et sane Federicum Aenoebardum cun Regia Prole Sveva ex BOSSIO
Sanguine derivatum, probat inter Annales donata redactum carmen veteris
memoriae:
“I Bossi, cosiddetti del bue, dai Bessi
popoli della Bulgaria, sconfinati in Mesia, diedero del loro il nome alla terra
in cui erano vissuti, la Bosnia, chiamata Mesia, al dire degli antichi geografi
Sebastiano Meniste, Antonio Bonfisio e Domenico Negri.
Ebbero sede in Milano nell’anno 200
prima del Mille, e richiama alla nostra mente l’anello in ferro che serve per
sigillare ritrovato fra le ceneri di S. Benigno che disseppellì il cardinale
Carlo Borromeo sotto l’altare maggiore di S. Simpliciano, con inciso il bue, la
mitria e queste parole mezze corrose dalla ruggine: BENIGNO BOSSI VESCOVO DI
MILANO.
Colmò la mancanza di dati il libro
vaticano dei successori di S. Barnaba nella chiesa di Milano e dal Pontefice,
Benigno fu lodato in giovane età splendente di costumi regali.
Dopo quell'età, vagando più ampiamente
i Bossi per terra e per mare, furono dovunque feconda progenie di grandi
personaggi e di prìncipi.
Già abbastanza consta come i re della
Bosnia appartenessero a gente Bossia e che dai re di Bosnia provenissero i
dominatori Berengari. Si vuole incominciata dal belligero Berengario la
schiatta dei Bossi quantunque, tenuto conto del tempo, si possa dire con
maggiore verità che egli l'abbia piuttosto aumentata che iniziata.
Vicina al regno di Bosnia nell'Epiro,
riferisce poi il Sansovino, essere stata della stirpe dei Bossi la donna
dominatrice di Dagisio, superstite ai tempi di Scanderberg, e questo stesso
nome di Azzate, che si eleva fra i più eminenti colli degli Insubri, stima
Bonaventura Castiglioni, essere così nominato da Azio, promontorio dell'Epiro,
in quanto per le antiche sedi di Bosnia vi fu appunto l'Epiro.
Nella restante parte della regione
Bosnia fino alle foci della Germania si ammirano dovunque le insegne del bue
bianco, che posto in alto sulle selle e sui vessilli dei Cesari attestano lo
splendore e la mole dell'antica fortuna".
DI UNA LAPIDE MILANESE RECENTEMENTE VENUTA IN LUCE
…. E diamo intanto qui appresso il
testo di una lunga iscrizione elogiativa sulle origini della Famiglia Bossi,
che solo da poco fu messa allo scoperto in un sottoscala del palazzo già dei
Litta sul corso Magenta, ora adibito a sede della Società delle Strade Ferrate
del Mediterraneo.
La lunga epigrafe in questione, che
occupa ben 27 righe ed è riprodotta in caratteri a stampatello, su una lastra
marmorea delle dimensioni di metri 1.15 di larghezza per l’altezza di metri
0.90, proviene manifestamente da qualche chiesa distrutta sulla fine del XVIII
o sul principio del XIX secolo, e venne utilizzata nel palazzo anzidetto come
semplice materiale costruttivo in un oscuro andito, ove rimase inosservata fino
a questi ultimi tempi. Lapidi tumulari avevano i Bossi a San Francesco Grande
ed a San Pietro in Lino, a poca distanza dal palazzo dei Litta; e benché niun
autore abbia citato il testo di quella epigrafe, non farebbe meraviglia che
essa pervenga appunto da una di quelle due chiese.
Ed ecco ora l’iscrizione di cui
trattasi:
Si risolve pertanto quell’epigrafe in
un’estesa glorificazione genealogica della patrizia famiglia dei Bossi, con
poche correzioni qua e là nel testo facilmente avvertibili dai commentatori e
più dai critici dell’avvenire. Sono detti i membri di questa stirpe provenienti
dai Bessi, popoli della Bulgaria e della Bosnia o media, citandosi a sussidio
di tale asserzione il Munster ed il Bonfinio, e cioè verso l’anno 1200 dell’era
volgare. La prova di ciò la si avrebbe in un sigillo di ferro che fu rinvenuto
da San Carlo Borromeo aprendo la tomba del martire S. Benigno all’altare
maggiore di San Simpliciano, portante lo stemma del bue passante e la mitra e
il nome dell’arcivescovo milanese benigno Bossi; altra conferma la darebbe al
riguardo il libro pontificio dei successori di San Barnaba. Si aggiunga che i
Bossi, vagando per la terra diedero grandi personaggi e stirpi di prìncipi, e
sull’autorità di Donato Bosso e del Sansovino, oltre ai re di Bosnia si cita
Berengario e i re d’Epiro presso il promontorio d’Azzio, anche qui suffragato
dalle dichiarazioni di Bonaventura Castiglioni e si conclude che non solo
ebbero il simbolo del bue bianco dei Bossi i Cesari di Roma, ma che di quella
schiatta fu certamente Federico Barbarossa, di sangue svevo, come ne fa
testimonianza Donato stesso[2].
L’epigrafe non è quindi che una ampollosa e possiamo anche dire
favolosa glorificazione dell’origine dei Bossi, ma è pur sempre un monumento
storico che viene se non altro a comprovare quanto avesse ragione Pompeo Litta
nel lamentare che troppe volte in passato, nell’indagare le origini delle più
insigni famiglie, si supplisse, favoleggiando, al silenzio della storia.
Pel ceppo dei Bossi può dirsi infatti che fecero a gara nell’ammassare
fallaci origini perfino cesaree e reali, e il Crescenzio e il Boccalini, che
risalirebbero ai tempi di Inaco e di Cecrope, senza parlare di
Donato Bossi che pretenderebbe d’aver rinvenuto un ceppo del suo casato
sotto Antonino Pio. Vanterie e miserie d’un tempo!
L’iscrizione in discorso non porta data
alcuna né ha carattere funerario, benché possa supporsi collocata presso
qualche deposito sepolcrale, come trascrizione pubblica d’un documento di
famiglia oltremodo onorifico e tale da fare restare stupefatti i posteri.
Non si va però lontano dal vero
assegnando a quel documento oltremodo fantastico e degno per sé di poca fede la
data ad un dipresso[3] del 1632, e
attribuendone la trascrizione almeno a quel giureconsulto Fabrizio Bossi, il
cui nome fu a noi tramandato nell’iscrizione che leggesi sulla torre di Palazzo
Mercanti: Fabricio Bossio, urbis prafecto.
E’ questo illustre personaggio di quel
casato che pubblicò per la stampa le pratiche da lui fatte verso il pontefice
Urbano VIII e l’adesione da questi data pel riconoscimento dell’essere il
vescovo milanese benigno Bossi del 460, appartenente alla famiglia non già dei
Bensi, ma dei Bossi. (Vedasi Biblioteca Ambrosiana, Sala III, 24).
Accennandosi in quello scritto alla
circostanza anzidetta messa più specialmente in chiaro nella lapide in
questione, è meglio spiegato che nella “straportazione solennissima che fece
l’anno 1682 San Carlo cardinale Borromeo dei corpi santi della chiesa di San
Simpliciano”, trovò presso al corpo di San Benigno un sigillo antichissimo di
ferro (di cui dà anzi un disegno a bulino) nel quale era scolpita l’insegna del
santo col nome suo, come è detto nell’epigrafe.
Fabrizio Bossi è ben lieto di
dichiarare che in tal modo fu dal mero caso autenticato il vero, mentre
in realtà l’Ughelli nell’Italia Sacra persiste nell’assegnare il vescovo
benigno alla famiglia dei Bensi, e il Sassi nella Series Archiepiscop.
Mediol.. series I, 129, è dell’ugual avviso, notando anzi che, al cader
dell’impero, l’antico uso dei cognomi gentilizi fu per meglio di cinque secoli
dimenticato, né parve risollevarsi che intorno all’XI secolo.
Ma, furono i giudici romani, cui nel
1617 venne deferita la vertenza che accertarono quel vero tanto gradito al
prefetto Fabrizio, benché a tal proposito non manchi il Fumagalli di osservare
che l’argomento del suggello, su cui insiste l’epigrafe del palazzo Litta,
renderebbe anzi viepiù sospetta la cosa.
Non curandosi però affatto di tali
obbiezioni, narra Fabrizio come San Carlo, finita la solennità della
traslazione, donasse il sigillo a Francesco Bossi, vescovo di Novara, che lo
ricevette con somma riconoscenza e divozione, e lo passò alla sua morte ad un
Egidio Bossi, il qual ultimo chiese ed ottenne poi dal cardinale San Carlo
Borromeo, un’attestazione scritta su carta pecora e firmata di sua mano.
E sono questi documenti che, presentati
alla curia pontificia, ottennero nel 1617 la sanzione cui si è accennato più
sopra, confermata poi da una formale lettera di papa Urbano VIII del 15 giugno
1631 che Fabrizio Bossi pubblica per esteso nella sua memoria apologetica,
colla speciale concessione ottenuta dalla famiglia della plenaria indulgenza,
Parvero anzi quei documenti di tanga
importanza, che, com’è narrato in atti di causa, prodotti nel 1644 dal marchese
Giovan Galeazzo Bossi, figlio di Fabrizio, venivano essi per maggior cautela
conservati in una cassa di ferro, cosicché non fa specie che, per meglio
convalidare la loro autenticità e renderli noti al punto da sembrare
indiscutibili, venisse da Fabrizio stesso se non dal di lui figlio, verso la
data suesposta del quarto decennio del XVII secolo, predisposta la lapide
marmorea testé rinvenuta, in cui sono magniloquentemente esposte quelle
circostanze con ampollose ed esagerate origini genealogiche secondo l’uso del
resto e la vanagloria generale di quell’epoca spagnolesca.
Della famiglia dei Bossi, cui
appartengono in realtà chiare persone e fra gli altri quel giureconsulto Giacomino
Bossi della metà del XIV secolo, celebrato per la compilazione degli statuti
milanesi[4]
e Gabriele Bossi, fondatore del chiostro di Sant’Ambrogio ad Nemus, due
medaglioni nello stile del Rinascimento e provenienti da Azzate, coi ritratti
di un Tommaso Bossi e del di lui genitore Giovanni, designati come patrizi
milanesi, vennero ultimamente ad ornare la sala dei Ducali nel Castello di
Porta Giovia, e per quanto si tratti nella lapide più sopra descritta di
monumento epigrafico di poca o nessuna autorità, è però desiderabile che venga
essa pure col tempo ad aggiungersi nel Cortile della Rocchetta alla serie delle
iscrizioni milanesi solo da pochi anni iniziata mercé specialmente le cure del
benemerito cav. Emilio Seletti.
Diego
Sant’Ambrogio.
[1] Il testo è scolpito su una lapide ora
esistente nel sottoscala di Palazzo Litta a Milano, sede del Compartimento
delle Ferrovie dello Stato.
[2] Meno male che non si parla anche di
Brenno che si voleva pure di quel ceppo, come afferma un distico latino riprodotto
dal Sitone di Scozia: “Bossiae clara domus quam olim deduxit ab oris Pannoniae,
Brennus etc.”.
Amenissimo
poi quel borgo d’Azzate presso Varese che ebbe il nome suo dal promontorio
d’Azzio nell’Epiro!
[3] Circa, press’a poco.
[4] Si attribuisce al disperso tumulo di
questo Giacomino Bossi e del figlio Vassallino, già esistente prima del 1711
nella Chiesa di San Marco, il bel bassorilievo campionesse da poco tempo
rinvenuto e conservato oggidì decorosamente in Milano presso la famiglia Frova
nel palazzo Borromeo. (Vedansi le induzioni pubblicate al riguardo nel Politecnico del febbraio 1903).
Quante persone hanno in casa propria, appeso in una parete in bella vista, incorniciato elegantemente,
il presunto stemma della propria famiglia?
Una volta si potevano avere da presunti Istituti Araldici
con una cifra piuttosto ragguardevole ma ora, con l’introduzione sempre più
massiccia dei computers, si possono avere all’istante per pochi euro: è
sufficiente fornire il proprio cognome ed ecco stampato su finta pergamena un
bello stemma e nobili ascendenti. I più fortunati si troveranno discendere da
un barone, oppure da un conte, oppure da un marchese, oppure da un duca;
qualcun altro più fortunato ancora potrebbe anche discendere da un principe (da
un re no, perché sarebbe veramente sfacciato!) ma state pur certi che nei casi
meno fortunati non mancherà un dottore, un notaio e, perché no, anche un
ecclesiastico. Dal monsignore, al vescovo, al cardinale tutto va bene e più è
alto nella gerarchia ecclesiastica più il malcapitato neo-nobile paga
volentieri la somma richiesta.
LO STEMMA DEI BOSSI
Viene solitamente descritto nei trattati di araldica in questo modo:
"Arma: di rosso, al bue d'argento, passante (ossia in movimento)"[1].
Secondo il Litta, sembra che il più antico stemma dei Bossi sia quello
descritto dal Giulini che lo aveva visto in marmo bianco nel chiostro annesso
alla Chiesa di Sant'Ambrogio ad Nemus di Milano.
Questo stemma, del 1389, rappresenta un bue passante con in fronte allo
scudo il nome di Gabriel Bossius.
Il Giaconio e l'Oldrini avrebbero fatto risalire lo stemma a quel Guidone
Bossi da Crema (uno dei due cardinali sostenitori dell'antipapa Vittore che nel
1164 accettò di succedergli col nome di Pasquale III). Il Litta, però, avanzava
le sue riserve, avvertendo che in quel periodo fiorirono molti cardinali
omonimi, donde molti errori ed incertezze intorno ai primi Bossi.
Gli stemmi dei conti e dei marchesi Bossi differiscono soltanto nella
corona che li sovrasta (la corona di conte è un cerchio d'oro rabescato a
fogliami smaltati di vari colori, bruniti ai margini e sostenenti sedici grosse
perle di cui nove visibili; quella di marchese è un cerchio d'oro sostenente
quattro fioroni d'oro di cui tre visibili, alternati con dodici perle poste tre
a tre, piramidalmente, cioè una su due, e sorrette da un piccolo gambo, simile
a quello dei fioroni[2].
Lo stemma spettante al marchese D. Galeazzo Bossi e a D. Benigno fu
approvato con decreto 4 agosto 1770.
Quello di D. Benigno Bossi-Visconti era invece uno scudo dipartito di
rosso con bue d'argento passante con la biscia viscontea d'azzurro.
D. Gio. Battista e D. Idelfonso Bossi, con decreto 28 settembre 1771 e 14
luglio 1775, ottennero di potersi fregiare con lo scudo di rosso con bue
d'argento passante ed il campo d'azzurro con croce di Malta di rosso,
sormontato da elmi con quattro piume, le due superiori bianche, le inferiori
rosse. (Questo stemma lo si può vedere sopra il portale d'ingresso della Villa
Riva-Cottalorda).
Ma soffermiamoci un poco - da un punto di vista araldico - sul bue che è
quasi l'emblema di Azzate ed è servito
per caratterizzare i suoi abitanti, che vengono detti "i boe d'Azà".
Il bue appare nello scudo di profilo, passante e con la coda pendente,
ciò che lo fa distinguere dal toro, che si rappresenta con la coda rivolta sul
dorso.
Lo si può rappresentare anche
furioso, pascente, collarinato, squillato, cornato, unghiato, ecc. (non è il
nostro caso).
E' simbolo di pazienza, di fatica sopportata con rassegnazione e di
assiduità al lavoro.
Essendo d'oro in campo azzurro vuol dimostrare fatica d'un nobile
indirizzata a gloriosi acquisti; e, d'argento in campo rosso, pensieri mansueti
in animo giusto e caritatevole. (Quello dei Bossi rientra in questa seconda
attribuzione).
Il bue cornato è emblema della pace; il bue furioso rappresenta la
pazienza che soverchiamente stancata prorompe[3].
IL FASCINO DELLO STEMMA
Un grande stemma occhieggia dal muro, segno-simbolo d'una struttura
sociale trascorsa.
Il territorio, abitato da ciarlieri messaggi pubblicitari, non è più
marcato dal signore che, fra le gentili volute dell'araldica, stabiliva e
ricordava il proprio ruolo alla rusticità. Restano i palazzi dell'aristocrazia,
mete di turismo e ambiti oggetti di nuovi poteri.
Restano ... i privilegi, di cui i nobili erano orgogliosi detentori, che
oggi son nascosti e cangianti, "alla portata di tutti", come il dettame
democratico esige. Restano, inoltre, inconfessate aspirazioni di distinzione e
di supremazia, prodotte da sordi e cocciuti orgogli che ancora confondono
valore personale - che per essere vero esige solo libero riconoscimento da
parte dei propri simili - con l'affermazione "sopra agli altri".
E' indubbio però che, oltre tali reperti, l'antico stemma emana ancora un
proprio fascino: l'idea della nobiltà, appaiata com'è all'eccellenza, risveglia
desideri e nostalgie. "Oh gran bontà
de' cavallieri antiqui", verseggiava il sommo poeta Ludovico Ariosto
invitandoci a lasciar perdere le storiche e, il più delle volte, misere
realizzazioni del mito del cavaliere senza macchia e senza paura, per
percepirne, invece, le profonde risonanze di impegno e di responsabilità morale
e civile (l'argine della prepotenza, il senso della giustizia, il rispetto
delle donne, della fedelt…, dell'amicizia).
(Estratto da: "Calendario 2000
della Banca Popolare di Sondrio, a cura di Massimo Mandelli).
DELLO STEMMA DEI BOSSI
Presso l'Archivio di Stato di Milano è conservata la dichiarazione di un
pittore o mestierante, riportata integralmente più sotto, che aveva riprodotto
uno stemma della nobile famiglia Bossi.
In un primo momento avevano pensato che si trattasse di uno stemma
esistente nel castello di Azzate (attuale villa Zampolli) perché ci aveva
tratto in inganno il fatto che in questa dichiarazione si accenna ad una
galleria dei ritratti che effettivamente esiste in villa Zampolli.
Invece, cercando di saperne di più sui proprietari della "casa
grande da stabile di abitazione", abbiamo scoperto che questi
appartenevano a quel ramo dei Bossi cosiddetti di Milano, di cui esisteva in
villa Riva-Cottalorda l'albero genealogico in una bella rappresentazione ad
olio su tela.
Nel 1772 la villa era di proprietà di D. Gio. Stefano Bossi, padre dei
due fratelli che sono citati nella dichiarazione di cui stiamo trattando. Essa
entrava in loro possesso il 4 gennaio 1774, per passare successivamente il 30
giugno 1797 ad uno solo dei due fratelli e precisamente a D. Gio. Battista
Bossi.
Se vogliamo fare la stima dei maggiori proprietari di Azzate,
quest'ultimo risultava essere con 408 pertiche il secondo proprietario di beni
immobili. Il primo in graduatoria era il conte D. Giulio Cesare Bossi con 2.287
pertiche; il secondo D. Pietro Giacomo Alemagna con 402 pertiche; il quarto il
marchese D. Galeazzo Bossi con 334 pertiche; il quinto il conte D. Giovanni Castellani-Tettoni
con 216 pertiche.
La villa che fino a quel momento comprendeva i mappali n. 840, 841 e 842
del catasto cosiddetto di Maria Teresa, da D. Gio. Battista Bossi passava il 5
luglio 1797 a sua figlia D. Bianca e al marito di questa Pietro Riva, che ne
diventava poi unico proprietario il 15 marzo 1809.
Suo figlio D. Gio. Battista Riva la ereditava il 4 agosto 1825 e
ingrandiva successivamente il suo patrimonio immobiliare acquistando l'11
luglio 1836 da Angelo Colli il rustico che attualmente fa triangolo con la Piazza Cairoli e la via
che porta alla piazzetta superiore su cui si affaccia l'attuale villa Piana; il
14 gennaio 1850 era la volta del rustico che si estende dalla Piazza Cairoli
alla villa Fraschini da Vincenzo Giamberini; quindi il 6 novembre 1819 i
rustici di Via Monte Grappa (corte Scarton) e l'attuale villa Mazzocchi da D.
Idelfonso Bossi ed infine il 31 ottobre 1846 dal canonico Paolo Mera la Ca'
Mera attuale villa Orsi.
La villa Riva-Cottalorda passava poi definitivamente il 2 aprile 1872 al
nobile D. Claudio Riva figlio di D. Gio. Battista.
Riferendoci sempre alla descrizione menzionata all'inizio, per meglio
chiarire le idee, vogliamo dare qualche cenno sui due fratelli D. Antonio
Francesco e D. Gio. Battista Bossi e sul loro padre D. Gio. Stefano.
Dai registri dell'archivio parrocchiale di Azzate abbiamo tratto l'atto
di battesimo di quest'ultimo che dice: "Adì 17 genaro 1679. Gioseffo
Stefano Nanno Ottavio figlio del signor Stefano Bosso e della signora Livia
Bossa, nato adì 15, è stato battezzato da me prete Carlo Fumagallo curato di
Azzate. Padrino è stato il signor Gio. Battista Bianchi di Charon, madrina la
signora Teresa moglie del signor Pomponio Bosso". (I dati che abbiamo
trovato presso la Biblioteca Trivulziana di Milano lo dicono invece nato nel
1688).
D. Gio. Stefano, che aveva il titolo generico di "dottore"
(probabilmente in legge), sposava nel 1712 Caterina Vinadi figlia del capitano
Luca e, alla morte di questa, avvenuta (dove?) il 20 giugno 1725, si univa di
nuovo in matrimonio con Margherita Cattaneo.
Dal primo matrimonio, durato 13 anni, erano nati sette figli; dal secondo
10 figli.
D. Antonio Francesco nasceva ad Azzate il 7 ottobre 1717, quartogenito
del primo matrimonio (dei 3 figli precedenti due erano morti bambini, la terza
Cristina Benigna nata nel 1716 sposava nel 1740 Michele Tornielli).
Ecco l'atto di battesimo di D. Antonio Francesco: "L'anno 1717 allì
7 d'ottobre. Antonio Francesco Baldassarre figlio del nobile signor dottore
Gio. Stefano Bossi e della signora donna Catharina Vinadi iugali nato allì
trenta di settembre alle tre hore di notte è stato battezzato da me prete Luigi
Buzzi curato d'Azzate. Padrino è stato il signor Tiburtio Besozzo di Besozzo,
senza madrina" (Archivio parrocchiale di Azzate).
Lo storico Pompeo Litta dice che D. Antonio Francesco era fisico
collegiato, dei 6 Conservatori supremi del Magistrato di Sanità in tutto il
dominio di Milano, protettore "colli" e carcerati nel 1757. Sposò
Maria Maddalena Bossi e dal loro matrimonio nacquero nel 1742 Stefano, morto
l'anno seguente, e Gerolamo nel 1748 col quale si estinse il ramo.
Infatti nel 1797 la villa Riva-Cottalorda passava allo zio D. Gio.
Battista Bossi.
Questi, sesto figlio del primo matrimonio di D. Gio. Stefano, era nato ad
Azzate l'11 luglio 1720. Ecco il suo atto di battesimo: "L'anno 1720 allì
12 di luglio. Giovanni Battista Gaetano Steffano figlio del signor dottore Gio.
Steffano Bosso e della signora donna Catharina Vinadi iugali nato allì 10
suddetto all'hore 19 è stato battezzato da me prete Luigi Buzzi curato
d'Azzate. Padrino è stato il molto reverendo prete Ambrogio Orlandi curato di
Morazzone con licenza di Monsignor Vicario generale". (Archivio
Parrocchiale di Azzate).
D. Gio. Battista Bossi sposò la marchese D. Laura Brusati figlia di D.
Giampietro. Dal loro matrimonio nasceva quella D. Bianca che, sposta nel 1757
con D. Pietro Riva, diventava con il marito proprietaria della villa.
(Veder gli altri figli: fare magari un piccolo cenno: sono monache e
frati!).
Ed ecco finalmente la descrizione dello stemma dei Bossi, di cui abbiamo
parlato all'inizio:
"Attesto io infrascritto anche con mio particolare giuramento di
essermi portato così chiamato oggi giorno 24 giugno 1770 in Azzate pive di
Varese nella casa grande da stabile di abitazione degli illustrissimi signori
Antonio, Francesco Bossi fisico collegiato di Milano e del signor dottor
collegiato Gio. Battista giudice attuale al segno del Gallo e quindi a loro
richiesta d'aver copiata l'arma nel salone inferiore della quale ne l'ho fatta
la qui sopra dipinta copia tale e quale resta espressa in detto salone dipinto
con soffitto antico circa l'anno 1607 tutto a figure all'intorno del fregio
rappresentanti le quattro stagioni dell'anno intrecciato da scudi d'armamenti militari
e detto soffitto è fatto a stellette, pittura a mio giudizio del vecchio
Zaviati. Quest'arma Š uguale all'altra che vedo in detta casa nella galleria
inferiore de ritratti posta sul quadro rappresentante Gio. Stefano Bossi
seniore e di altra arma di pietra posta sulla porta di detta casa, e per essere
tale la pura verità ho firmato la presente avanti il signor notaio e causidico
collegiato dottor Bartolomeo Isella e degli infrascritti testimoni: Gio.
Antonio Caimo, prete Ignazio Andreoli e Pietro Cottta".
Segnature Archivio di Stato di Milano:
Comuni
Val Bodia: 608 (1-18) 1538-1717 parte antica
Azzate e Dobbiate: 66 - 9 (1552-1748) parte antica
Bossi feud. 670-16 (1467-1786) parte antica
D. Gio. Stefano Bossi
Sp. a) Caterina Vinadi (+20.6.1725); b) Margherita Cattaneo.
|
|
|-------------------------|------------------------|
| |
| |
D. Antonio Francesco
Bossi D. Gio. Battista Bossi
n. Azzate 7.10.1717 n. 1720
Sp. Maria Maddalena
Bossi. Sp. marchesa Laura
Brusati.
| |
| |
|---
----|-----------------| |
| | |
| | |
D. Stefano Bossi D. Gerolamo
Bossi D. Bianca Bossi
n. 1742 + 1743 n. 1748 Sp. 1757 D. Pietro
Riva.
|
|
|
D. Gio. Battista Riva
|
|
|
D.
Claudio Riva
STEMMA BOSSI
"Attesto io infrascritto anche con mio particolare giuramento d’essermi portato così chiamato oggi giorno 24 giugno 1770 in Azzate pieve di Varese nella casa grande da stabile di abitazione degli illustrissimi signori don Antonio Francesco Bossi fisico collegiato di Milano e del signor dottore collegiato signor don Gio. Battista Bossi giudice attuale al segnodel Gallo e quivi a loro richiesta d’aver copiata un’arma nel salone inferiore della quale ne ho fatta la qui sopra dipinta copia tale e quale resta espressa in detto salone dipinto con soffitto antico circa l’anno 1607 tutto a figure all’intorno del fregio rappresentante le quattro stagioni dell’anni intrecciato da scudi d’ornamenti militari e detto soffitto è fatto a stellette, pittura a mio giudizio del vecchio Zeviati e detta arma è uguale ad un’altra che vedo in detta …..
Castello di Masino - Stemma Bossi.
Jo. Baptista Bossius in Magistratu Extraodinari Mediolani
cancellarii munere diu functus, septuagenarius fere diem claudens ac Jo.
Antonius frater hoc marmore fecti extremam expectant tubarum (?).
Certifico io infrascritto qualmente nella chiesa esteriore
delle rivende madri di S. Chiara di questo borgo di Castelleone avanti
all’altare maggiore ritrovasi il sepolcro antico di giuspatronato
dell’illustrissimo signor don Francesco Bossi del fu signor Gio. Antonio con
lapide di marmo bianco sopra la quale vi è la seguente iscrizione: Jo. Baptista
Bossius in Magistratu Extraodinari Mediolani cancellarii munere diu functus,
septuagenarius fere diem claudens ac Jo. Antonius frater hoc marmore fecti
extremam expectant tubarum (?).
1784 ai 24 settembre in Porto.
Attestiamo noi sottoscritti d’aver veduto nella casata
nobile dell’illustrissimo e reverendissimo monsignor don Gio. Maria Bossi
prevosto eletto della Basilica Imperiale Maggiore di S. Ambrogio di Milano, in
Porto pieve di Arcisate, scolpita in sasso l’arma disegnata a tergo di questo
foglio con le presenti cifre o sigle Johan. Mar. Bossi, e più sotto alle
suddette cioè ai piedi affatto di detta arma queste altre cifre o sigle A: 1520,
e che la predetta casa è sempre stata abitata dal predetto, dal fu signor
capitano Gio. Antonio di lui padre, dall’avolo signor Gio. Maria, dal bisavolo
signor Sebastiano, dall’arcavolo signor Gio. Maria e così dagli altri di lui
antenati.
Attestiamo di più d’aver veduto un sigillo d’argento
appartenente al medesimo proprietario della medesima casa e sopra di esso la
medesima arma con tre stelle orizzontali sotto la figura del bue e con le sigle
P.C.B., cioè prete Camillo Bossi, il quale fu provveduto della Parrocchia di
Besano e Porto da Urbano VIII, siccome consta dalle Bolle di essa provvisione.
Ed in fede.
ALTRE CASATE ADOTTARONO IL BUE NELLO STEMMA
"Certifico io
sottoscritto che in una cosiddetta piattina di ferro esistente sotto il
focolare ed appoggiata al muro posteriore del camino della cucina a pian
terreno della casa da villa propria degli illustrissimi signori presidente don
Giacomo. Monsignor consigliere don Giovanni e molto reverendo canonico don
Francesco fratelli Bovara situata in Malgrate pieve di Garlate ducato di Milano
vedesi scolpito ossia rilevato uno stemma gentilizio in tutte le sue parti
consimile al come sopra disegnato modello con la sopra marcata data 1689.
Tanto certifico per
essere stato il tutto da me visto e riconosciuto di presenza questo giorno 9
marzo 1791.
Ed in fede
Dottor Giuseppe Buttirone notaio collegiato di
Milano".
"Certifico io sottoscritto che nella cimasa d’un antiporto antico e molto
usato esistente sopra d’un uscio d’altra delle stanze ad uso di seconda sala
posta al primo piano superiore della casa da villa propria degli illustrissimi
signori presidente don Giacomo. Monsignor consigliere don Giovanni e molto
reverendo canonico don Francesco fratelli Bovara situata in Malgrate pieve di
Garlate ducato di Milano sta dipinto uno stemma gentilizio con stessi
rispettivi colori, campi e fascie in tutto e per tutto consimili al come sopra
disegnato modello.
Tanto certifico perché
tutto quanto sopra fu da me visto e riconosciuto di presenza questo giorno 9
marzo 1791.
Ed in fede
dottor Giuseppe Buttirone notaio collegiato di Milano".
ANTONIO BOSSI E ANGELA BARZI
Ritratto di Antonio Bossi (+1526) e sua moglie Angela Barzi. |
Giovanni Bossi (+1491). |
Particolare del ritratto di Giovanni Bossi. |
Aloisino Bossi (+1453). |
Particolare del ritratto di Aloisino Bossi. |
_______________________________________________________
La Società Storica Lombarda ha pubblicato un manoscritto di sua proprietà con il titolo Alberi genealogici delle case nobili di Milano, Edizioni Orsini De Marzo, da cui abbiamo estratto gli alberi di quattro casate Bossi e più precisamente i Bossi marchesi di Musso, i conti Bossi, i Bossi di Azzate ed i Bossi di Montonate che, come dice il titolo, sono annoverati tra le casate nobili di Milano.
E' un buon inizio per inquadrare una fra le più importanti nobili famiglie milanesi ma, come vedremo, la famiglia affonda le sue radici molto più indietro nel tempo ed i rami che si formarono sono molto più numerosi dei quattro appena ricordati. Basti qui ricordare i Bossi di Bodio, i Bossi di Porto Ceresio, i Bossi del Lodigiano, i Bossi di Besozzo, i Bossi del Canton Ticino, i Bossi-Visconti, i Bossi-Lampugnani, i Bossi-Fedrigotti, i Bossi-Pucci.
DISCENDENZA DEL
CONTE CLAUDIO LUIGI BOSSI E MARIA TERESA LOCATELLI
conte D. Francesco Bossi f. conte D. Claudio Luigi e della
contessa Maria Teresa Locatelli.
n. a Como nella Parrocchia di S. Benedetto poi aggregata
alla Parrocchia di S. Fedele il 15 maggio 1759[1].
+ Azzate 13.3.1844
Sp. a) 10.2.1782 nella Chiesa di San Benedetto di Como[2] la nobile Marianna Rossini figlia del conte
Carlo di Como; b) Maria Bianchi.
|
|
|--- conte[3]
D. Luigi (Carlo Benigno) Bossi.
| n. Como S. Fedele 17.7.1783[4].
| Dottore di legge[5],
Consigliere al Tribunale Criminale | di Milano, ora in pensione come Consigliere
| d'Appello il 22.2.1848. Nel 1817 era
stato nominato
| Consigliere del Tribunale Civile, Criminale e
| Consigliere del Tribunale Civile, Criminale e
| Mercantile di Sondrio. Giudice di pace di
prima classe
| di Varese nel 1807. Nel 1824 Consigliere del
| di Varese nel 1807. Nel 1824 Consigliere del
| Tribunale Civile e Criminale di prima
istanza in
| Bergamo.
| Bergamo.
| Il 15 aprile 1809 acquista assieme a suo
zio Claudio
| Bossi il mappale n. 886 (Castello di Azzate).
| Bossi il mappale n. 886 (Castello di Azzate).
| Sp. a Como il 22.10.1804 Rosa Camagni
figlia di Giacomo
| e Colomba Croci n. Como 2.1.1786
| e Colomba Croci n. Como 2.1.1786
| |
| |
| |--- conte D. Francesco Bossi
| |
n. Como 5.7.1805
| |
+ Azzate 13.3.1844 (errato, non sarà 1884?)
| |
Consigliere di prima istanza del Tribunale di
| | Sondrio.
| | Sondrio.
| |
Giureconsulto, Pretore a Menaggio indi nel 1855
| | di I classe a Cassano d'Adda.
| | di I classe a Cassano d'Adda.
| |
Vice Presidente del Tribunale Civile e
| | Correzionale di Milano.
| | Correzionale di Milano.
| |
Unitamente al fratello Claudio acquista il
| | 15.2.1792 i mappali n. 376, 825, 826 e 827
| | 15.2.1792 i mappali n. 376, 825, 826 e 827
| |
corrispondenti alla Cascina Campo. Il 30.9.1795
| | acquista il mappale n. 890 corrispondente alla
| | acquista il mappale n. 890 corrispondente alla
| |
parte Est della Corte dei Sessa.
| |
Il 18.12.1869 acquista il mappale n. 845
| | corrispondente alla Trattoria Monti.
| | corrispondente alla Trattoria Monti.
| |
Il 15.2.1792 acquista il mappale n. 891
| | corrispondente alla Corte dei Sessa.
| | corrispondente alla Corte dei Sessa.
| |
Sp. a Milano 12.6.1834 Giuseppina Ranza figlia
| | di Costantino e Cecilia Furlo n. 1803, + Azzate
| | di Costantino e Cecilia Furlo n. 1803, + Azzate
| |
1873.
| |
|
| |
|
| |
|--- conte D. Luigi Bossi
| |
| n. Milano 20.6.1836
| |
| + Azzate 17.4.1903
| |
| Abitante con la sorella in
Azzate Piazza
| | | della Chiesa 3.
| | | della Chiesa 3.
| |
| Il 2 giugno 1852 acquista
il mappale n.
| | | 845 corrispondente alla Chiesa di
| | | Sant'Antonio. Lo riacquista il 22 marzo
| | | 1879 unitamente alla sorella Rosa.
| | | 845 corrispondente alla Chiesa di
| | | Sant'Antonio. Lo riacquista il 22 marzo
| | | 1879 unitamente alla sorella Rosa.
| |
|
| |
|--- D. Rosa Bossi
| | n. Bergamo 16.3.1839
| | + 9.4.1903
| |
| |--- D. Claudio Bossi
| | n. Varese 6.9.1808
| | Commissario di delegazione di II classe, indi
| | commissario delegatizio di I classe a Brescia.
| | commissario delegatizio di I classe a Brescia.
| | Sposa a Mantova 8.2.1842 Elena dei conti
| | Mazzuchelli f. conte Luigi, maresciallo e
| | generale d'Artiglieria, e Paola de Eydery di Sant
| | Laurent n. a Graz 15.5.1818
| | Mazzuchelli f. conte Luigi, maresciallo e
| | generale d'Artiglieria, e Paola de Eydery di Sant
| | Laurent n. a Graz 15.5.1818
| |
|
| |
|
| |
|--- D. Paola Bossi +
| |
| n. Bergamo 6.4.1850
| |
|
| | |--- D. Benigno
Luigi Bossi +
| |
| n. a Bergamo nella
Parrocchia di S.
| | | Alessandro 8.7.1845
| | | Alessandro 8.7.1845
| |
| + Milano 22.4.1862
| |
|
| |
|--- D. Isabella Bossi +
| | n. Bergamo nella
Parrocchia di S.
| | Alessandro 7.10.1847
| | Alessandro 7.10.1847
| | + Pavia 24.5.1866
| |
| |--- D. Marianna Bossi
| | n. Bumo Superiore (Varese) 15.1.1814
+ 8.4.1881
|
| Sp. 11.2.1844 generale
sardo Giacinto Cottalorda
| | f. Carlo e Gaetana Cantoni n. Torino nella
| | f. Carlo e Gaetana Cantoni n. Torino nella
| | Parrocchia di S. Tomaso 13.7.1786 + Milano
| | 13.3.1860.
| | 13.3.1860.
| | |
| | |
| | |--- cav. don Carlo Cottalorda
| | n. Azzate 27.2.1845 + Milano 27.9.1906
| |
| |--- D. Giuseppa Bossi
| | n. Varese 1815, + 5.11.1874
| | Sp. comm. Maurizio Laurin, procuratore Generale
| | di Corte d'Appello, figlio di Giuseppe e
| | di Corte d'Appello, figlio di Giuseppe e
| | Anna Amalia Gal de Galchstein, n. Lubiana
| | 4.9.1812.
| | 4.9.1812.
| |
| |--- D. Gaetano Bossi
| | n. Varese 11.4.1817 + 17.5.1896
| | Ragioniere e computista all'I.R. Prefettura del
| | Monte Lombardo Veneto.
| | Monte Lombardo Veneto.
| | Sp. a Torino nella Parrocchia di S. Annunciata
| | Maria Maddalena Caselli f. Giovanni e Giovanna
| | Maria Maddalena Caselli f. Giovanni e Giovanna
| | Braghetti n. Vigevano 22.12.1835 + Milano
| | 7.7.1900
| | 7.7.1900
| | Capo servizio ufficio nel Ministero delle
| | Finanze. Computista di seconda classe presso la
| | Finanze. Computista di seconda classe presso la
| | Prefettura del Monte Lombardo-Veneto nel 1857.
| | Cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro nel 1882.
| | + 17.5.1896
| | Dalle note avute dal conte Arese si vede un
| | Gaetano Bossi nato nel 1784 e morto nel 1815 che
| | Gaetano Bossi nato nel 1784 e morto nel 1815 che
| | lasciò cinque figli[8].
| |
|
| |
|
| |
|--- D. Benigno Raimondo Federico Bossi detto
| | | Bini e "Ragn"
| | | Bini e "Ragn"
| | n. Torino
5.11.1868
| | + Azzate 28.2.1943. Sepolto nel cimitero
| | di Azzate (1).
| | di Azzate (1).
| | Agente di cambio nel 1905.
| | Nel mese di gennaio 1983 la salma è stata
| | riesumata e collocata nella tomba di
| | famiglia.
| | riesumata e collocata nella tomba di
| | famiglia.
| | Sp. a Milano 26.1.1903 Elisa Borroni
| | detta Italia f. Luigi e Carolina Prudenza
| | Annoni n. 1877 + Azzate 3.8.1954. Sepolta
| | nel cimitero di Azzate (2).
| | detta Italia f. Luigi e Carolina Prudenza
| | Annoni n. 1877 + Azzate 3.8.1954. Sepolta
| | nel cimitero di Azzate (2).
| | Nel 1926 fa parte del Comitato d'Onore
| | Pro Decorazione Chiesa e Giubileo del
| | Parroco di Azzate. Offre lire 100.
| | Pro Decorazione Chiesa e Giubileo del
| | Parroco di Azzate. Offre lire 100.
| | |
| | |
| | |--- D.
Luigi Bossi detto "Gigi Ragn"
| | n. Milano 29.12.1898
| | + Ispra 1983. Sepolto nel
| | cimitero di Azzate (3).
| | cimitero di Azzate (3).
| |
| |--- D. Teresa Bossi +
| | n. Sondrio 1819 + Milano 1840
| | Morta nubile.
| |
| |--- D. Vitaliano Bossi
| | n. Sondrio 17.4.1821
| | Sp. Clemetina Konagi di Closemberg.
| | In Guardia Nobile a Vienna, dalla quale venne
| | congedato come tenente.
| | congedato come tenente.
| | Primo tenente dei
Carabinieri Reali in Piemonte,
| | ora comandante la luogotenenza di Saluzzo.
| | ora comandante la luogotenenza di Saluzzo.
| | Dicesi abbia ottenuto la naturalità Sarda.
| | Cavaliere Mauriziano e della Corona d'Italia.
| |
|
| |
|
| |
|--- D. Alessandro Bossi
| |
| n. a Genova.
| |
|
| |
|--- D. Teresa Bossi
| |
|
| |
|--- D. Maria Bossi
| |
| |--- D. Giacomo Bossi
| | n. Bergamo 19.3.1820
| | Cancelliere di Pretura.
| | + Azzate 21.4.1884[9]
| |
| |--- D. Rabalio Bossi
| |
| |--- D. Fulvia Bossi
| |
| |--- D. Carlo Bossi
| |
| |--- D. Giovanna Bossi
| |
| |--- D. Elena Bossi
| |
| |-?- D. Pietro Bossi
| |
| |--- D. Antonio Bossi
|
|--- D. Giuseppe
Bossi +
| n. a Como San Donnino 16.5.1786
|
|--- D. Pietro
(Vitaliano Benigno) Bossi
| n. a Como 13.12.1791 + 24.4.1876. Sepolto nel cimitero di
| Azzate (8).
| Azzate (8).
| Il
26.4.1871 riceve il mappale n. 876. Il 9.9.1877
| mappale n. 876 passa al figlio Antonio.
| mappale n. 876 passa al figlio Antonio.
| Sp. Giuditta Colombo.
| + 13.5.1878. Sepolta nel cimitero di Azzate (4). |
| Domiciliati a Como.
| |
| |--- D. Gerolamo Bossi
| | n. Azzate 12.9.1812 + 8.4.1876. Sepolto
nel
| | cimitero di Azzate (12).
| | cimitero di Azzate (12).
| | Dottore in medicina e chirurgia in servizio
| | comunale nel 1862.
| | comunale nel 1862.
| | Sp. donna Isabella Bossi f. Gio. Angelo e
| | Carolina Bianchi n. Bodio 2.10.1816
| | Carolina Bianchi n. Bodio 2.10.1816
| | + Milano 24.5.1886. Sepolta nel
cimitero di
| | Azzate (15).
| | Azzate (15).
| | |
| | |
| | |--- Giovanna Angela detta Jenny Bossi
| | | La parte di
disponibile di sua madre
| | | viene lasciata ai maschi Pietro e
| | | Rabaglio che si trovano in difficoltà
| | | economiche.
| | | viene lasciata ai maschi Pietro e
| | | Rabaglio che si trovano in difficoltà
| | | economiche.
| | | Sposa Cesare
Saldini di Milano[13].
| | |
| | |--- Pietro Paolo Bossi
| | | n. Azzate
1.1.1846
| | | + 25.3.1914.
Sepolto nel cimitero di
| | | Azzate (10).
| | | Azzate (10).
| | | Ingegnere.
Cavalier ufficiale.
| | | Trasferito a
Como 10 novembre 1891.
| | | Il 25
settembre 1858 riceve il mappale
| | | n. 876 di Azzate (Corte dei Bielitt).
| | | n. 876 di Azzate (Corte dei Bielitt).
| | | Il 7
dicembre 1882 sua madre donna
| | | Isabella lo nomina erede con il
| | | fratello Rabaglio della sua quota di
| | | disponibile[14].
| | | Isabella lo nomina erede con il
| | | fratello Rabaglio della sua quota di
| | | disponibile[14].
| | | Sp. Agata
Giuditta Torrani figlia di
| | | Baldassarre e Maria Michelini n. a
| | | Sesto Calende il 20 settembre 1851
| | | + 24.10.1936. Sepolta nel cimitero di
| | | Azzate (6).
| | | Baldassarre e Maria Michelini n. a
| | | Sesto Calende il 20 settembre 1851
| | | + 24.10.1936. Sepolta nel cimitero di
| | | Azzate (6).
| | | |
| | | |
| | | |---
Gerolamo Bossi +
| | | | n. …1.1885 + 19.6.1890.
| | | | Sepolto nel cimitero di
| | | | Azzate (7).
| | | | Sepolto nel cimitero di
| | | | Azzate (7).
|
| | |
| | | |---
Fulvia Bossi +
| | | | n. 4.6.1887 + 17.6.1890.
| | | | Sepolta nel cimitero di
| | | | Azzate (11).
| | | | Sepolta nel cimitero di
| | | | Azzate (11).
| | | |
| | | |---
Cesare Bossi
| | | n. 30.1.1892
| | | Valoroso combattente morto
| | | al fronte sul Carso a S.
| | | Michele il 29 giugno 1916.
| | | Sepolto nel cimitero di
| | | Azzate (9).
| | | al fronte sul Carso a S.
| | | Michele il 29 giugno 1916.
| | | Sepolto nel cimitero di
| | | Azzate (9).
| | |
| | |--- Rabaglio Giuseppe Bossi
| | | n. Azzate
14.6.1848
| | | + 23.1.1926.
Sepolto nel Cimitero di
| | | Azzate (14).
| | | Azzate (14).
| | | Impiegato.
Capostazione.
| | | Il 7
dicembre 1882 sua madre donna
| | | Isabella lo nomina erede con il
| | | fratello Pietro della sua quota di
| | | disponibile[15].
| | | Isabella lo nomina erede con il
| | | fratello Pietro della sua quota di
| | | disponibile[15].
| | | Sp. Elisa
Barsanti figlia di Tito e
| | | Maria Rosoni n. 20.9.1850 + 19.8.1912
| | | Maria Rosoni n. 20.9.1850 + 19.8.1912
| | | Sepolta nel
Cimitero di Azzate (13).
| | | Viene nomina
come “figlia acquisita”
| | | nel testamento di sua suocera donna
| | | Isabella.
| | | nel testamento di sua suocera donna
| | | Isabella.
| | | Residenti a
Milano in Viale di Porta
| | | Nuova 2.
| | | Nuova 2.
| | | |
| | | |
| | | |---
Isabella Bossi
| | | | n. Bressana Bottarone
| | | | 8.5.1875
| | | | 8.5.1875
| | | |
| | | |---
Giuditta Cherubina Bossi[16]
| | | | n. Bressana Bottarone
| | | | 29.10.1876
| | | | 29.10.1876
| | | |
| | | |---
Pietro Bossi
| | | | n. Somma Lombardo 2.11.1878
| | | | + 14.6.1942. Sepolto nel
| | | | Cimitero di Azzate (5).
| | | | Cimitero di Azzate (5).
| | | |
| | | |---
Anita Bossi
| | | | m. Somma Lombardo 5.2.1880
| | | |
| | | |---
Maria Bossi
| | | | n. Chiasso 18.4.1883
| | | |
| | | |---
Luigi Bossi +
| | | n. Chiasso 21.6.1884
| | | +
Pedrinate aprile o maggio
| | | 1885.
| | | 1885.
| |
| |--- D. Antonio Bossi
| n. Azzate 30.11.1816 + Varese Via
Robbioni 2
| il 14.11.1886
| il 14.11.1886
| Dottore in legge, notaio residente in Azzate.
| Dimorante a Milno. Notaio residente in
| Azzate (1855)[17].
| Dimorante a Milno. Notaio residente in
| Azzate (1855)[17].
| Il 19 settembre 1877 riceve dal padre il mappale
| n. 876 di Azzate (Corte dei Bielitt).
| n. 876 di Azzate (Corte dei Bielitt).
| Dona il terreno per la
costruzione della Chiesa
| della Madonnina all’epoca del parroco don Luigi
| della Madonnina all’epoca del parroco don Luigi
| Redaelli[18].
| Il 15 luglio 1883 scrive il suo
testamento[19].
| Nomina eredi per 2/3 i nipoti Pietro e Rabaglio e
| per 1/3 le nipoti Fulvia e Jenny. Alla moglie
| lascia l’usufrutto della sua sostanza.
| Nomina eredi per 2/3 i nipoti Pietro e Rabaglio e
| per 1/3 le nipoti Fulvia e Jenny. Alla moglie
| lascia l’usufrutto della sua sostanza.
| Il 10 agosto 1886 essendo
ammalato, incarica
| Angelo Besozzi di depositare presso in notaio
| Oscar Jemoli il testamento della cognata donna
| Isabella Bossi, moglie di suo fratello don
| Gerolamo.[20]
| Angelo Besozzi di depositare presso in notaio
| Oscar Jemoli il testamento della cognata donna
| Isabella Bossi, moglie di suo fratello don
| Gerolamo.[20]
| Sp. Cherubina Sacconaghi[21]
(1838-1913).
| Sepolti nel Cimitero di Giubiano.
| |
| |
| |--- Giuditta Bossi (1870-1875)
+
|
|
|--- D. Giulio
Cesare Luigi Bossi +
| n. Como 13.7.1793
| + Milano 7.2.1880
| Dottore di legge. Dispettando l'austriaca
servitù si
| ridusse a Londra. Maestro colà di lingua italiana,
| ridusse a Londra. Maestro colà di lingua italiana,
| dettava un'antologia lodata da Ugo
Foscolo, amico suo, di
| cui raccolse l'ultimo sospiro. Condottosi al Messico,
| entrò nella Società delle Miniere. Due lustri dopo rivide
| la patria; ma il giogo straniero non era per lui. Fu
| quindi a Parigi ed altrove, cercando libertà. In
| relazione coi sommi propugnatori della nostra libertà, ne
| divideva gli ardimenti e le speranze. Deputato a Varese
| nel 1860, accasatosi finalmente a Milano, moriva
| ottantenne il 7.2.1880. Come uomo di lettere, lasciava
| ancora in due volumi la traduzione dell'opera di Louis
| Blanc, sulla rivoluzione francese pubblicata a Lugano nel
| cui raccolse l'ultimo sospiro. Condottosi al Messico,
| entrò nella Società delle Miniere. Due lustri dopo rivide
| la patria; ma il giogo straniero non era per lui. Fu
| quindi a Parigi ed altrove, cercando libertà. In
| relazione coi sommi propugnatori della nostra libertà, ne
| divideva gli ardimenti e le speranze. Deputato a Varese
| nel 1860, accasatosi finalmente a Milano, moriva
| ottantenne il 7.2.1880. Come uomo di lettere, lasciava
| ancora in due volumi la traduzione dell'opera di Louis
| Blanc, sulla rivoluzione francese pubblicata a Lugano nel
| 1850: come cittadino intemerata memoria
d'anima austera e
| tutta amore per la italica indipendenza[22].
| tutta amore per la italica indipendenza[22].
|
|--- D. Giovanni
(Evangelista Claudio Anastasio) Bossi.
| n. Como 3.4.1796
| Il 17 febbraio 1812 acquista il mappale
n. 891 di Azzate.
| Sp. D. Giovanna Bianchi.
| |
| |
| |--- D. Giulio Cesare Filippo Felice
Bossi
| | n. 21.1.1818
| |
| |--- D. Luigi Antonio Bossi
| n. 10.4.1819
|
|--- D. Antonio
Bossi
| Granatiere nei Veliti italiani, morto in
battaglia in
| Catalogna.
| Catalogna.
|
|--- D. Maria
Bossi
Sp.
Ferdinando De Vecchi.
L'imperatore dei cuochi. Manuale completo di cucina casalinga e di alta cucina del conte Vitaliano Bossi. |
D. CLAUDIO BOSSI[23]
Nel 1848 allo scoppiare della rivoluzione, il Bossi si
trovava a Bergamo, commissario delegatizio. Fu dei primi che in quella rivolta
salutasse la nostra bandiera e che durante il governo provvisorio assumesse
compiti gelosi. Fu commissario per la promozione degli ospitali per i feriti in
guerra; e incaricato straordinario nella bassa bergamasca per la fusione della
Lombardia col Piemonte, vivamente
si adoperava per essa. Né meno provvida fu l'opera sua
allorché essendosi mandato per lo stesso motivo nel distretto di Romano
(Bergamo), vedendo tutto sollevato a rumor di popolo di Colico contro
l'arciprete del luogo, abate Lombardini, avversante la fusione intempestiva,
sventava in pericolo di una triste sciagura: perché il popolo furente
assembratosi a campana martello, accerchiata la Canonica, voleva passare ad una
di quelle sue giustizie che terminano col sangue. Ma persuadendolo il Bossi con
forti parole a desistere da un proposito
sconsigliato, procurò che una carrozza involasse intanto
il povero prete allo sdegno di quegli ammutinati.
Volta a male la rivoluzione italiana, alla sera del 6
agosto, nello sgomento dell'intera città di Bergamo, nella fuga dei cittadini,
dei funzionari compromessi e della forza armata, il conte Oldofredi avvertiva i
magistrati municipali del prossimo arrivo degli austriaci, e come già fossero
tolte l'armi agli accorrenti per le difese. Nel mattino del giorno 7, volgendo
al disordine e all'abbandono, uomini di sinistro aspetto raccogliendosi qua e
là, si gettavano al saccheggio ed al tumulto. Il Bossi, radunato subitamente
una mano d'autorevoli
personaggi, proponeva si armasse una guardia civica a
tutela dell'ordine pubblico, si richiamasse il popolo alla calma ed alla
fiducia, si chiudessero per il momento le porte della città.
Questi ed altri provvedimenti messi in atto, restituivano
per le piazze e per le vie, se non la quiete degli animi disperati, coraggio e
dignità.
Entrato il Duranto, generale italiano, con 3.000 uomini,
la posizione di Bergamo si faceva molto grave.
Il Bossi fu mandato dal principe di Schwarzenburg, allora
di guarnigione, e perorando la causa del popolo che, plaudente all'apparire
delle armi italiane, e a stento si tratteneva, perdonasse, diceva al principe,
quelle subite manifestazioni ed unendosi all'ordine municipale, si togliessero
i pretesti di collisioni fra popolo e soldati dolorosissime. Tutto fu accomodato.
Gli austriaci furono al momento consegnati a quartiere
nella bassa città, e vi rimasero il giorno 13 e la notte del 14. Gli italiani
di Durando nell'alta, posti a contribuzione i cittadini per 10.000 franchi,
uscivano al mattino dalla città. Nel 1849 fu il Bossi degli oratori mandati a
Vaprio incontro al Tazis maresciallo, per sostenere la causa del municipio
bergamasco, cui s'era inflitta la multa di 3.000.000
Il conte Bossi ebbe le croci Mauriziane e della italiana
corona, quando non era peraltro invalso fra noi lo spreco dell'una e
dell'altra.
Giureconsulto, già segretario della Luogotenenza Lombarda
(1858-59), fatte libere le terre nostre, lo fu del ministro Vigliani.
Consigliere di governo a Pavia, poi nel 1860 delegato di
prefettura a Lecce d'Otranto (a tacere d'altri onorevoli incarichi) nel 1864
crudelmente orbato degli amati suoi figli, coll'anima straziata toglievasi per
sempre dalle pubbliche cure.
Nel 1855, mentre il colera desolava la misera Brescia,
trovandosi ad un tratto abbandonata dal Delegato, ne assumeva la
direzione.
L'anno dopo, durando l'assenza dell'austriaco Delegato,
presiedeva una adunanza della Congregazione provinciale, in cui venne formulato
il reclamo contro le austriache esorbitanze, che fu poi pubblicato dal
Boggio, e dalla libera stampa piemontese.
Per scendere ad alcuni particolari di questo episodio, è a
sapersi che il deputato Porcelli confidava al Bossi, commissario allora di
delegazione, il proposito di una istanza ufficiale contro i tanti balzelli che
si aggravavano, ad esempio di quanto s'era fatto nel 48 dalla Centrale
Congregazione predisposta la supplica,
d'accordo con Passerini e Averoldi, il vicedelegato, che si era accorto dei
loro intenti, ne avvertiva per lettera il delegato. Questi rispondeva doversi
ad ogni costo impedire anche il solo trattarne in Consiglio.
Ma il 6 luglio trovandosi il Bossi presidente del
consiglio provvisorio, l'Averoldi fu primo che in proposito pigliasse la
parola, e il reclamo fu approvato.
LA FILANDA A VAPORE
DI AZZATE
Si era persa l'esistenza di una filanda in Azzate. C'è
voluto l'occhio attento del Signor Francesco Orsi che mi ha segnalato
l'inserzione apparsa nel 1848 e che di seguito trascriviamo:
D'AFFITTARSI
D'AFFITTARSI
Per una locazione di
uno o più anni
ed anche per anni 12. FILANDA A VAPORE DI N. 64 FORNELLI,
ed anche per anni 12. FILANDA A VAPORE DI N. 64 FORNELLI,
aumentabili fino a 72, ora
totalmente rinnovata
sul più moderno e migliore
sistema, posta in
AZZATE, distante miglia 4 da
Varese, e lungo lo
E' fornita di amplissimi
locali e di acqua pe-
renne. Vi è ottima maestranza in luogo, trattan-
renne. Vi è ottima maestranza in luogo, trattan-
dosi di Filanda che fu sempre in attività; ed alla
sola distanza di un miglio
esiste cavo abbondan-
tissimo di perfetta torba, con cui potere
a grande
risparmio di spesa alimentare
la stessa Filanda.
Ricapito in Milano al sig.
GIULIO BOSSI presso
la Compagnia di Assicurazione
in contrada del
Lauro n. 1804, e in Varese e
Azzate al sig. PIE-
TRO BOSSI.
(Da la "Gazzetta Privilegiata di Milano", N. 21
del 21 gennaio 1848, pag. 84).
I più, da me interpellati in proposito, proponevano la
Maino o la sua antenata, la Tessitura Introini, entrambe scomparse (sorgevano
sull'area attualmente occupata dal centro commerciale), ma l'inserzione era
stata fatta circa cinquant'anni prima e, dunque, questa ipotesi doveva essere
scartata.
Mi venne anche in mente una vecchia fotografia di Azzate,
non pubblicata sul volume edito dalla Pro Loco "Curiosando nel cassetto
della nonna", dove si vede una grossa ciminiera ergersi verso il cielo
sopra la Ca' Mera che, sempre attraverso le interviste, avevo scoperto far
parte della fabbrica dei parquettes di legno di certo cav. Giovanni Bossi.
Era una struttura piuttosto ampia e si poteva ipotizzare
che, in precedenza, avesse ospitato la filanda.
Certo che, chi conosce oggi la Ca' Mera, dopo i saggi
restauri operati dal Signor Alessandro Orsi e sua moglie Lidia, genitori del
predetto Francesco, fatica non poco ad immaginare che al posto delle sale
affrescate e graffite ci fosse una filanda. Ma se si pensa al degrado che aveva
subito la villa prima dell'intervento dei Signori Orsi e l'esistenza di un
corpo di fabbrica completamente estraneo alla villa, dagli stessi fatto
abbattere, l'ipotesi non era poi tanto inverosimile.
Un punto però dell'inserzione e cioè quando si fa
riferimento alla presenza di acqua perenne, che non sembrerebbe mai essere
stata presente in Ca' Mera, fa nascere il dubbio che essa abbia potuto essere
stata in passato la sede della filanda.
E non tragga in inganno anche un altro passo
dell'inserzione che dice: "... lungo lo stradate postale per Sesto
Calende" che è riferito al paese di Azzate e non alla filanda che, se male
interpretato, avrebbe già a priori escluso la Ca' Mera.
Anche la "mente storica" di Azzate, il Signor
Agostino Trotti, che pur ha abitato in Ca' Mera, da me interpellato
sull'argomento, ha affermato di non averne mai sentito parlare e, se mai, per
suscitare maggior "scandalo" la filanda andava collocata nientemeno
che al Castello di Azzate.
Il 17.2.1812 acquista il mappale n. 891.
Il 2.1.1833 vende a Lorenzo Obicini i mappali n. 361, 392,
394, 395 e 622, come da scrittura privata. (Vedi il n. 136 delle volture
catastali, già di proprietà di suo bisnonno conte D. Giulio Cesare.
|-----------------|------|------------|----------|--------|-------|--------|
| N. di Mappa |
Sub.| Pertiche | Tavole | Scudi | Lire
| Ottav.|
|-----------------|------|------------|----------|--------|-------|--------|
| 891 | | 1 |
11 | 19 | 4
| 1 |
|-----------------|------|------------|----------|--------|-------|--------|
|-----------------|------|------------|----------|--------|-------|--------|
| N. di Mappa |
Sub.| Pertiche | Tavole | Scudi | Lire
| Ottav.|
|-----------------|------|------------|----------|--------|-------|--------|
| 361 | | 5 |
17 | 5 | 4
| 2 |
| 392 | | 3 |
17 | 3 | 4
| 2 |
| 394 | | 49 |
- | 367 |
3 | - |
| 395 | | 27 |
12 | 110 |
- | - |
| 622 | | 2 |
3 | 5 | 1
| 7 |
|-----------------|------|------------|----------|--------|-------|--------|
|-----------|-------------------------|------------------------------------------------|--------|
| N. |
Proprietario | Descrizione | pert. |
|-----------|-------------------------|------------------------------------------------|--------|
| 361 |
Bossi Paolo 1^ | Zerbo in costa
con alberi di cast. da t. | 5.17 |
| 361.425 | Bossi Paolo | Zerbo con alb. di cast. da taglio in costa| 5.17 |
| 361 |
Bossi conte Giulio |
| |
|
| Cesare q. Paolo |
| 5.17 |
|-----------|-------------------------|-------------------------------------------------|-------|
| 392 |
Bossi Paolo 2^ | Zerbo con
castagne (cassato pascolo) | 3.17 |
| 392.426 | Bossi Paolo | Pascolo | 3.17 |
| 392 |
Bossi conte Giulio | | |
| |
Cesare q. Paolo |
| 3.17 |
|-----------|-------------------------|--------------------------------------------------|-------|
| 394 |
Bossi Paolo 3^ | Aratorio avitato
con salici e noci |
49.- |
| 394.435 | Bossi Paolo | Aratorio avitato con m., salici e noci | 49.- |
| 394 |
Bossi conte Giulio | | |
| |
Cesare q. Paolo |
| 49.- |
|-----------|-------------------------|---------------------------------------------------|-------|
| 395 |
Bossi Paolo 3^ | Prato con legna
dolce di cima | 27.12
|
| 395.436 | Bossi Paolo | Prato con salici d. e legna d. di cima | 27.12 |
| 395 |
Bossi conte G.C. | |
27.12 |
|-----------|-------------------------|---------------------------------------------------|--------|
| 622 |
Piccinelli G. C. 1^ | Bosco di legna
dolce di taglio |
2. 3 |
| 622.456 | Piccinelli G. C. | Bosco di legna dolce di taglio | 2. 3
|
| 622 |
Bossi conte G.C. |
| 2. 3 |
|-----------|--------------------------|--------------------------------------------------|-------|
| 891 |
Bossi conte G.C. | Casa da
massaro
| 1.11 |
|-----------|--------------------------|--------------------------------------------------|-------|
Al Signor Conte Luigi Bossi
Corso di Porta Orientale
Casa Castiglioni rimpetto al Seminario
Milano
(Nota di pugno del Conte Luigi Bossi: lettera di Giulio
che mi riferisce la risposta del Benigno Bossi nostro cugino intorno alle
vecchie memorie del Santo di famiglia Benigno arcivescovo).
Genova, 6 dicembre 1853
Mio caro Luigi,
Benigno ha risposto subito alla mia lettera ed è prova autenticissima di
avere la tua, lagnandosi che gli scrivi troppo di rado.
In quanto al tuo desiderio egli è impegnatissimo a soddisfarlo
e se ne occuperà appena arrivato a Genova, cioè alla metà del mese.
Dice che anche suo figlio Arturo è amantissimo dei
documenti di famiglia, che gli ha scritto in proposito, ma che è intenzione di
dare a te l'originale e una copia autentica a suo figlio.
La difficoltà sta nel trovare ancora quel documento in
mano della Carolina sua cognata e di levarglielo. Egli ti scriverà da qui.
Sul mio conto non ho nulla da aggiungere e quanto ti ho
detto nell'ultima mia.
Vorrei avere buone nuove dei tuoi ammalati perché sai che
la tua famiglia mi sta fermamente a cuore. Cecchino dovrebbe essere a quest'ora
alla sua residenza di Minoprio. Quando gli scrivi salutamelo veramente di
cuore, come anche sua moglie.
Qui abbiamo un tempo superbo ma eccezionalmente freddo per
questo paese e si sente tanto più che le case mancano quasi tutte di camini e
sono malissimo guardati come è difetto di tutti i paesi meridionali e di quelli
che per il mare godono ordinariamente di una temperatura mite; è strano ma è
pur vero che il freddo si sente meno nelle latitudini più fredde.
Dimmi se è vero che anche Raffaele con la moglie, figlia e
genero si propongono di trovarsi qui per la metà del mese: sarei ansiosissimo
di vederli. Se li vedi salutameli tanto per me.
Tanto Galeazzo quanto nostra sorella e le loro famiglie
stanno benissimo.
La Gambini è afflitta perché sua figlia Jenny si è
sgravata di una figlia morta. Sta però abbastanza bene e non è in alcun
pericolo.
Addio di cuore. Saluta Rosina e i suoi figli e voglimi
bene
tuo
aff.mo Giulio
Claudio Luigi Bossi
|
|
|
|------------------------|------------------|
| |
| |
Francesco Claudio
|
Sp. Anna
Visconti
| |
| |
| ?
| |
|-------|----------------| |-----|-------------|
|
| | |
|
| | |
Giulio
Luigi ........ Benigno
+
Milano 7.2.1880 Sp. Rosa
Camagni Sp. Carolina |
| |
| |
| |
Francesco
(Cecchino) Arturo
All' Eccelsa Imperial Regia Presidenza di Governo di
Lombardia in Milano.
Desiderando il sottoscritto conte Luigi Bossi Imperial
Regio Consigliere presso il Tribunale Criminale in Milano di essere ammesso
agli onori di Corte nel modo che ne godevano già li suoi Antenati prima
dell'anno 1796, avanza analoga rispettosa supplica a codesta Eccelsa Presidenza
di Governo corredata dei seguenti opportuni ricapiti originali:
A. Atto d'interinazione presso l'Eccellentissimo Senato di
Milano, e di registrazione nel libro dei Titoli, del
Cesareo Regio
Diploma 5 maggio 1731 col quale la Sacra Maestà di Carlo VI Imperatore e Re si
è
degnata
concedere a Paolo Bossi, già annoverato fra i Nobili di Milano, proavo del
ricorrente, il titolo di
Conte per sè e
suoi discendenti maschi primogeniti, colle altre prerogative speciali che si
leggono nel
Diploma
medesimo.
B. Sette fedi parrocchiali che dimostrano e provano la
discendenza diretta del ricorrente dal Conte Paolo
Bossi stato
insignito come sopra del titolo di Conte, cioè:
- La fede matrimoniale del Conte Giulio Cesare Bossi figlio del Conte Paolo colla Signora Elena Buzzi figlia dell'ill.mo Signor Cosimo Gerolamo della Parrocchia ora soppressa di S. Donnino della Città di Milano.
2. La fede di morte del suddetto Conte Giulio
Cesare Bossi de fu Conte Paolo.
3. La fede di nascita del Conte Luigi Claudio
Bossi figlio del suddetto Conte Giulio Cesare Bossi e di
Donna
Elena Buzzi.
4. La fede di morte del suddetto Conte Luigi
Bossi marito della Contessa Teresa Locatelli.
5. La fede di nascita del Conte Francesco
Bossi figlio delli suddetti Conte Luigi e Contessa Teresa
Locatelli.
6. La fede di matrimonio del suddetto Conte
Francesco Bossi colla Signora Donna Marianna Rossini
figlia
del Conte Carlo.
7. La fede di nascita del ricorrente Conte
Luigi figlio delli predetti Conte Francesco e Donna Marianna
Rossini.
C. Lo scritto nuziale fra il Conte Luigi Bossi avo paterno
del ricorrente e la Contessa Maria Teresa Locatelli
figlia del già
allora defunto Conte Antonio Locatelli, Tenente Maresciallo di S.M.
l'Imperatore Carlo VI e
Comandante di
Esseck in Slavonia; essendo la sposa sotto la tutela di S. Altezza il Signor
Giuseppe
Venceslao
Principe di Liechtenstein, e
dell'Ecc.mo Signor Giovanni Giuseppe Conte di Dreuner.
D. Il certificato rilasciato dalla I.R. Direzione Generale
degli Archivi in Milano colla autorizzazione dell'I.R.
Governo, da cui
risulta che anche all'epoca del 1750 il Conte Giulio Cesare Bossi Capitano
della Milizia
Urbana,
bisavolo del ricorrente era nel novero dei Cavalieri ammesso a godere delle
feste di Palazzo che
si davano dalla
I.R. Corte; e che di un tale favore godeva pure il Conte Luigi Bossi Avo del
ricorrente
stesso, giusta
il nuovo piano e Regolamento di questa Città dell'anno 1795.
E. Copia autentica del Cesareo Regio Diploma col quale la
Sacra Maestà dell'Imperatore e Re Leopoldo II
insignì del
titolo di Conte il Signor Don Carlo Rossini de Bodoni avo materno del
ricorrente.
F. Il rescritto dell'I.R. Governo di Lombardia portante la
graziosa Sovrana Risoluzione 27 novembre 1817
comunicatagli
dalla (I.R. Commissione Aulica Centrale di organizzazione colla quale S.M.I.R.
Francesco
Primo di
gloriosa memoria si è degnata di confermare al Conte Francesco Bossi padre del
ricorrente
l'antica sua Nobiltà col titolo di Conte
trasmissibile ai di lui discendenti in linea di primogenitura, e come
ne godeva la di
lui famiglia prima dell'anno 1797.
All'appoggio dei quali titoli il ricorrente chiede
rispettosamente a codesta Eccelsa I.R. Presidenza di Governo che voglia
degnarsi di impetrargli presso S.A. I.R. il Serenissimo Principe Vice Re l'alto
favore di essere ammesso agli onori di Corte come ne godevano i di lui Antenati
prima dell'anno 1796.
Si prega della retrocessione a suo tempo dei prodotti e
qui annessi ricapiti.
Milano, lì 19 febbraio 1836
Conte Luigi Bossi
Consigliere presso il Tribunale Criminale.
Milano, 15 marzo 1838
Non emergendo dai prodotti ricapiti che il postulante fosse
all'epoca del 1796 ammesso agli onori di Corte, né che anteriormente alla
stessa epoca godesse di questa distinzione il Conte Francesco suo padre, e non
venendo provata dai documenti annessi alla petizione la ducentenaria nobiltà
della famiglia Bossi, non può allo stato degli atti venir assecondata la
domanda.
Dalla Presidenza dell'I.R. Governo.
NOTE SUL CONTE D.
FRANCESCO BOSSI figlio del conte D. Claudio Luigi e di D. Maria Teresa dei
conti Locatelli.
Libertà. Eguaglianza.
In nome della Repubblica Cisalpina, una ed indivisibile.
Como, lì 17 Frimale anno VII Repubblicano.
La Municipalità di Como al cittadino Francesco Bossi.
Dovendo noi rimpiazzare la carica di Amministratore
dell’Ospedale per la rinunzia del cittadino Franci, ed avendo noi riconosciuto
in voi il concorso delle qualità che si esigono per disimpegnare con vantaggio
del Luogo Pio le relative incombenze, siamo passati a nominare la vostra
persona.
Nel parteciparvi la notizia di questa nomina, siamo ad
invitarvi perché vi presentiate a questa Municipalità a prestare il giuramento
voluto dalle Leggi, onde possiate assumere le vostre funzioni.
Salute e fratellanza.
F.to ….
Libertà. Eguaglianza.
In nome della Repubblica Cisalpina, una ed indivisibile.
Como, lì 26 Frimale anno VII repubblicano.
L’Amministrazione dell’Ospedale al cittadino Francesco Bossi amministratore di detto
Luogo Pio.
L’Amministrazione ha delegato e delega il cittadino
Amministratore Bossi a portarsi a Milano per procurare l’esigenza dei crediti
che tiene questo Luogo Pio per il mantenimento dei Soldati ammalati Francesi e
Cisalpini ed a far su di ciò qualunque necessaria transazione e confesso di
ricevuta nella più valida forma, approvando la prefata Amministrazione tutto
ciò che dal medesimo verrà fatto ed approvato, dandogli a tal effetto ogni
ampia e libera facoltà a legalmente il tutto spedire; come pure ad esigere e
valersi del denaro esistente presso il cittadino Procuratore Antonio Bollatti.
Salute a fratellanza.
F.to Bernardo Magatti Cancelliere.
Libertà. Eguaglianza.
Repubblica Cisalpina.
Como, lì 10 Nevoso Anno IX repubblicano.
L’Amministrazione Municipale di Como al cittadino Francesco Bossi Amministratore di
questo Spedale Maggiore.
Per ordine del Comitato di Governo comunicato a questa
Municipalità dal Commissario Governativo con lettera di data 4 and. N. 1159
sono chiamati in funzione i tre Amministratori stati destituiti dagli Austriaci
e contemporaneamente dimessi dal cessato Governo.
Ve ne passa pertanto la notizia perché immediatamente
possiate assumere la incombenza addossandovi unitamente agli altri vostri due
Colleghi ed avvertendovi che i tre ripristinati Amministratori devono tosto
proporre a questa Municipalità un soggetto idoneo per rimpiazzare il cittadino
dottor fisico Antonio Della Porta che resta dimesso dalla carica di Direttore
di detto Spedale.
Salute e Fratellanza.
F.to MainonoPresidente.
CLAUDIO BOSSI NELLA
NARRAZIONE DEL LITTA
Nel 1848 allo scoppiare della rivoluzione, il Bossi si
trovava a Bergamo, commissario delegatizio. Fu dei primi che in quella rivolta salutasse
la nostra bandiera e che durante il governo provvisorio assumesse compiti
gelosi. Fu commissario per la promozione degli ospitali per i feriti in guerra;
e incaricato straordinario nella bassa bergamasca per la fusione della
Lombardia col Piemonte, vivamente adoperavasi per essa. Né meno provvida fu
l'opera sua allorché essendosi mandato per lo stesso motivo nel distretto di
Romano, vedendo tutto sollevato a rumor di popolo di Colico contro l'arciprete
del luogo, abate Lombardini, avversante la fusione intempestiva, sventava
in pericolo di una triste sciagura: perché il popolo
furente assembratosi a campana martello, accerchiata la Canonica, voleva passare
ad una di quelle sue giustizie che terminano col sangue. Ma
persuadendolo il Bossi con forti parole a desistere da un
proposito sconsigliato, procurò che una carrozza involasse intanto il povero prete
allo sdegno di quegli ammutinati. Volta a male la rivoluzione italiana, alla
sera del 6 agosto, nello sgomento dell'intiera città di Bergamo, nella fuga dei
cittadini, dei funzionari compromessi e della forza armata, il conte Oldofredi avvertiva
i magistrati municipali del prossimo arrivo degli austriaci, e come già fossero
tolte l'armi agli accorrenti per le difese. Nel mattino del giorno 7, volgendo
al disordine e all'abbandono, uomini di
sinistro aspetto raccogliendosi qua e là, si gettavano al
saccheggio ed al tumulto. Il Bossi, radunato subitamente una mano d'autorevoli personaggi,
proponeva si armasse una guardia civica a tutela
dell'ordine pubblico, si richiamasse il popolo alla calma
ed alla fiducia, si chiudessero per il momento le porte della città.
Questi ed altri provvedimenti messi in atto, restituivano
per le piazze e per le vie, se non la quiete degli animi disperati, coraggio e
dignità.
Entrato il Duranto, generale italiano, con 3.000 uomini,
la posizione di Bergamo si faceva molto grave.
Il Bossi fu mandato dal principe di Schwarzenburg, allora
di guarnigione, e perorando la causa del popolo che, plaudente all'apparire
delle armi italiane, e a stento si tratteneva, perdonasse, diceva al principe,
quelle subite manifestazioni ed unendosi all'ordine municipale, si togliessero
i pretesti di
collisioni fra popolo e soldati dolorosissime. Tutto fu
accomodato.
Gli austriaci furono al momento consegnati a quartiere
nella bassa città, e vi rimasero il giorno 13 e la notte del 14. Gli italiani
di Durando nell'alta, posti a contribuzione i cittadini per 10.000 franchi,
uscivano al mattino dalla città. Nel 1849 fu il Bossi degli oratori mandati a
Vaprio incontro al Tazis maresciallo, per sostenere la causa del municipio
bergamasco, cui s'era inflitta la multa di
3.000.000
Il conte Bossi ebbe le croci Mauriziane e della italiana
corona, quando non era peraltro invalso fra noi lo spreco dell'una e dell'altra.
Giureconsulto, già segretario della Luogotenenza Lombarda
(1858-59), fatte libere le terre nostre, lo fu del ministro Vigliani.
Consigliere di governo a Pavia, poi nel 1860 delegato di
prefettura a Lecce d'Otranto (a tacere d'altri onorevoli incarichi) nel 1864 crudelmente
orbato degli amati suoi figli, coll'anima straziata toglievasi per sempre dalle
pubbliche cure.
Nel 1855, mentre il colera desolava la misera Brescia,
trovandosi ad un tratto abbandonata dal Delegato, ne assumeva la
direzione.
L'anno dopo, durando l'assenza dell'austriaco Delegato,
presiedeva una adunanza della Congregazione provinciale, in cui venne formulato
il reclamo contro le austriache esorbitanze, che fu poi pubblicato dal Boggio,
e dalla libera stampa piemontese.
Per scendere ad alcuni particolari di questo episodio, è a
sapersi che il deputato Porcelli confidava al Bossi, commissario allora di delegazione,
il proposito di una istanza ufficiale contro i tanti
balzelli che si aggravavano, ad esempio di quanto s'era
fatto nel 48 dalla Centrale Congregazione predisposta la supplica, d'accordo con Passerini e Averoldi, il vicedelegato,
che si era accorto dei loro intenti, ne avvertiva per lettera il delegato.
Questi rispondeva doversi ad ogni costo impedire anche il solo trattarne in
Consiglio.
Ma il 6 luglio trovandosi il Bossi presidente del
consiglio provvisorio, l'Averoldi fu primo che in proposito pigliasse la
parola, e il reclamo fu approvato.
All'epoca che stesi questa supplica non erano
ancora schiariti alcuni punti concernenti la genealogia di mia famiglia, il che
ottenni soltanto posteriormente all'appoggio di analoghi recapiti rinvenuti,
con che risultarono erronee diverse congetture anteriori, fra cui quella
derivata dall'allegato C che forniva una presunzione per ritenere discendenti
da stipite comune, cioè da Rabalio i due rami dei conti e dei marchesi Bossi.
Tale presunzione è tolta dai molti riflessi e
documenti rinvenuti nel materiale da me disposto ed ordinato per la formazione
del mio albero genealogico /dei conti Bossi) dal 1300 in avanti ai quali perciò
mi riporto.
Del pari erroneo è la conseguenza dedotta
dall'allegato E di detta supplica ad appoggiare la comunione dello stipite fra
li conti e li marchesi Bossi, non sussistendo che il magnifico Francesco Bossi
che con testamento del 1586 instituì erede il magnifico Gio. Battista Bossi
figlio del magnifico fu Bernardo zio del testatore appartenesse al ramo o
famiglia dei marchesi Bossi, poiché per lo contrario il testatore suddetto
apparteneva alla stessa linea dei Bossi che in seguito ebbe il distintivo di
“conti”, siccome quel Francesco che testò nel 1586 era figlio di Gio. Pietro
che testò nel 1524, fratello di Bernardo padre dell'erede istituito, figli poi ambedue di Francesco, i
cui ascendenti Baliolo, Francesco e Tomaso lo uniscono in retta linea al
capostipite Rabalio.
Ed è perciò che il testatore lo dice suo
consanguineo.
Circa poi all'allegato I (J, F ?) veggansi le
poche carte che in punto del feudo ho ricavate da un fascicoletto fra le carte
concernenti l'Araldica.
E' altresì opportuno a questo proposito
l'annotazione che si trova a piedi dell'Arbor Communis di cui si è parlato più
sopra.
Avvertesi per ultimo che i recapiti
comprovanti i predicati antichi d'onore accennati alle lettere E sino all'O si
sono ritornati per la massima parte nella raccolta che documenta l'albero
genealogico in due grossi volumi che sono con tale indicazione posti al di
fuori, conservati nel mio vestarile (?).
Anche un'altra osservazione si presenta
opportuna ad una rettifica intorno all'allegato P quando si è detto e rimarcato
sopra l'allegato C, esclude che quel Gerolamo Bossi figlio di Simone del ramo
dei marchesi, fosse di stipite comune dei conti Bossi; e quanto poi all'aversi
dal medesimo Gerolamo addotto fra le altre prove di antica nobiltà il possesso
in famiglia dell'antico castello di Azzate, nonché la fondazione antica del
Beneficio ecclesiastico di S. Lorenzo pure in Azzate, sono avvertenze queste
allegate in genere per dimostrare la nobiltà della stirpe Bossi, quantunque il
castello di Azzate ebbe sempre "ab antiquo" ad appartenere al solo
ramo da cui discendono i conti del detto cognome; e sia provato che a questo
ramo esclusivamente appartiene il fondatore del Beneficio stesso, il cui
giuspatronato si esercita del pure esclusivamente dai conti Bossi, mentre anche
i marchesi vi parteciperebbero se fossero nella discendenza dei chiamati dal
fondatore stesso.
E' necessario di correggere un errore incorso
laddove dissi essere notorio che le due sole antiche nobili e titolate
superstiti famiglie Bossi sono quelle dei marchesi e conti di tal cognome.
Invece esiste tutt'ora in Milano (1858) altra
nobile famiglia Bossi, li Bossi cioè detti di Porta Vercellina dove
anche hanno casa propria, e sono forse i Bossi di Biassono a cui apparteneva
l'arcivescovo di Milano S. Ansperto.
Questa famiglia tiene anche un canonicato nel
Duomo di Milano di suo giuspatronato.
Non so poi se alla stessa famiglia
appartenesse il Consigliere di Stato sotto il cessato Regno d'Italia e storico
Cavaliere, anzi conte Luigi Bossi di cui facevo cenno più avanti, e che credo
fosse anche canonico del Duomo.
Con la voltura n. 144,145,146,147, 148 e 149 zio e nipoti
Bossi si dividono i beni di famiglia.
144. Bossi Claudio, don Luigi e fratelli zio e nipote passa
per divisione tra loro fratelli a Bossi Giulio di Francesco, come da relazione
dell’ingegner Speroni registrata in Varese il 29 aprile 1809 al n. 603. Diversi
mappali di pertiche 250.5 scudi 834.4.-
145. Bossi Claudio, don Luigi e fratelli zio e nipoti passa
per divisione tra loro fratelli a Bossi Giovanni di Francesco, come da
relazione dell’ingegner Speroni registrata in Varese il 29 aprile 1809 al n.
603. Mappali n. 359, 360, 361, porzione del 362, porzione del 364, 392,394,
porzione del 395, 622, 641, 890 e 891 di pertiche 112.23 scudi 727.4.4
146. Bossi Claudio, don Luigi e fratelli zio e nipoti passa
per divisione tra loro fratelli a Bossi Giuseppe di Francesco, come da
relazione dell’ingegner Speroni registrata in Varese il 29 aprile 1809 al n.
603. Mappale n. 37/1, 44, porzione 45, 357, porzione 395, 621/1, 621/2, 653,
654, 884 e 885 di pertiche 112.19 scudi 549.4.7
147. Bossi Claudio , don Luigi e fratelli zio e nipoti passa
per divisione tra loro fratelli a Bossi Pietro di Francesco, come da relazione
dell’ingegner Speroni registrata in Varese il 29 aprile 1809 al n. 603. Mappali
n. 18, 19, porzione 45, 47, 111/1, 111/2, 323, 353, 521/1, 521/2, 645/1, 658,
658 ½, 878 e 879 di pertiche 181.10 scudi 1010.5.7
148. Bossi Claudio, don Luigi e fratelli zio e nipoti passa
per divisione tra loro fratelli ed il loro zio Claudio e ritenuto per ora
indiviso fra don Luigi e fratelli. Mappali parziale n. 79, 84 ¼, 142 ½,
parziale 241, parziale 321, parziale 530, 585, 14/1, 23/1, 568, 702, parziale
886 e 902 di pertiche 55.23 scudi 323.1.3
149. Bossi Claudio, don Luigi e fratelli zio e nipoti passa
per divisione tra loro fratelli a Bossi don Luigi di Francesco, come da
relazione dell’ingegner Speroni e registrata in Varese il 28 aprile 1809 al n.
603. Mappali n. parziale 362, 363, parziale 364, 391 e 877 di pertiche 68.8
scudi 688.4.-
Immediatamente dopo, con la voltura n. 150 uno di loro
inizia a vendere dei terreni, cui ne seguiranno altri.
150. Bossi Giuseppe di Francesco passa per vendita a Pedoja
Gaspare come da istrumento 4 gennaio 1812 rogato dal notaio Giuseppe Baroffio e
registrato in Varese il 14 gennaio al n. 74. Mappali n. 37/1, 44 e porzione 45
di pertiche 65.6 scudi 206.4.
152. Bossi Claudio q. conte Luigi passa per vendita a
Bianchi Giuseppe Amabile q. Gaspare, come da istrumento del 24 settembre 1812
rogato dal notaio Gio. Battista Perabò e registrato in Varese il 26 settembre
1812 al n. 592. Parziale mappale n. 505 di pertiche –.15 scudi 5.1.-
153. Bossi Claudio q. conte Luigi passa per vendita a
Bianchi Giuseppe Amabile q. Gaspare, come da istrumento 2 novembre 1812 rogato
dal notaio Gio. Battista Perabò e registrato a Varese il 3 novembre al n. 1766.
Mappale n. 596 di pertiche 3.14 scudi 16.-.6
159. Bossi Pietro di Francesco passa per vendita a Bardelli
prete Gerolamo q. Giovanni, come da istrumento 30 giugno 1813 rogato dal notaio
Cesare Savini e registrato in Varese al n. 1074. Parziale mappale n. 45, 47,
111/1 e 111/2 di pertiche 39.1 scudi 218.-.4
163. Bossi Giulio di Francesco per acquisto fatto all’asta
pubblica tenutasi avanti il Tribunale di prima Istanza in Varese il 30 dicembre
1813 registrato in Varese il 14 febbraio 1813 al n. 17 passa a Pigna Giuseppe
q. Bernardo. Mappali n. 137/1, 137/2, 143, 143 ½ e 906/1 di pertiche 29.7 scudi
189.5.4
165. Bossi don Luigi e fratelli di Francesco indivisi passa
per acquisto come da istrumento 24 marzo 1814 rogato dal notaio Giuseppe
Baroffio registrato il 29 marzo al n. 267 a Colli Giuseppe q. Carlo Antonio.
Parziale mappale n. 366 di pertiche 19.3 scudi 165.4.2
170. Bossi Giulio di Francesco per acquisto come da
istrumento 5 settembre 1814 rogato dal notaio Giuseppe Baroffio passa a
Lotterio don Giovanni q. Felice. Mappale n. 67 di pertiche 10.18 scudi 43.
172. Bossi Pietro di Francesco per acquisto come da
istrumento 29 novembre 1814 rogato dal notaio Giuseppe Baroffio di Varese passa
a Riva Pietro usufruttuario ed erede di Gio. Battista di lui figlio. Mappale n.
18 e 19 di pertiche 37.14 scudi 117.-.4
19. Bossi don
Luigi e fratelli di Francesco indivisi passa per acquisto come sopra a Calcagni ingegner Giuseppe q. Giovanni per
persona da dichiararsi. Mappali
parziale n. 79 e 142 ½ di pertiche 22.6 scudi 170.2.5
Bossi Giulio di Francesco passa a Calcagni ingegner Giuseppe
per persona da dichiararsi. Mappali n. 6 e 33 di pertiche 31.6 scudi 63.4.4
180. Bossi don Luigi[26]
e fratelli di Francesco indivisi per vendita fatta dai contro scritti passa a
Pellegrini Robbioni Giovanni q. Vittore. Parziale mappale n. 241 di pertiche
5.6 scudi 14.3.2
183. Bossi don Luigi e fratelli di Francesco indivisi per
correzione d’errore d’intestazione seguita nella petizione 17 febbraio 1812
riconosciuta sul luogo dalle parti passa a Bossi don Claudio q. conte Luigi.
Mappale n. 902 di pertiche –.16 scudi 9.
185. Bossi Claudio q. conte Luigi per acquisto come da
istrumento 6 settembre 1815 rogato dal notaio Giorgio Sauli di Milano passa a
Obicini Lorenzo q. Gio. Battista. Molti mappali di pertiche 1040.7 scudi
5970.2.3
Bossi Claudio q. conte Luigi livellario alla Chiesa di S.
Maria di Azzate. Mappali n. 103, 106, 107, 108 e 109 di pertiche 18.23 scudi
115.1.7
185/bis. Bossi Claudio q. conte Luigi per correzione si
ritorna il minor estimo calcolato su detto mappale con la petizione 17 febbraio
1812 n. 148. Scudi 1.1.2
186. Bossi Giulio di Francesco per acquisto come da
istrumento 2 agosto 1815 rogato dal notaio Giuseppe Baroffio passa a Ballerio
Giuseppe q. Giacomo. Parziali mappali n. 11, 27 e 28 di pertiche 28.22 scudi
82.2.4
189. Bossi Giuseppe di Francesco per acquisto come da
istrumento 10 novembre 1815 rogato dal notaio Giorgio Sauli di Milano passa a
Obicini Lorenzo q. Gio. Battista. Mappali n. 357, parziale 395, 621/1, 621/2,
653, 654, parziale 884 e parziale 885 di pertiche 47.13 scudi 343.-.3
191. Bossi Pietro di Francesco per acquisto come da
istrumento del 16 dicembre 1815 rogato dal notaio Giorgio Sacchi di Milano.
Mappali n. 521/1, 521/2, 658 e 6581/2 di pertiche 39.18 scudi 204.3.4
Non è estraneo a questa operazione di alienazione dei beni
nemmeno il marchese don Benigno Bossi fu marchese Galeazzo che il 25 aprile
1814 vende pertiche 317.10 a Gaetano Landriani q. Federico.
166. Bossi marchese don Benigno q. marchese Galeazzo per
acquisto fatto con istrumento del 25 aprile 1814 rogato dal notaio Giuseppe
Carozzi di Milano passa a Landriani Gaetano q. Federico. Diversi mappali di
pertiche 317.10 scudi 2076.1.4
[1] "Attesto io infrascritto come il cittadino
Francesco Bossi figlio di Claudio Luigi e di Maria Teresa Locatelli legittimi
consorti della Parrocchia soppressa di San Benedetto è nato e battezzato il 15
maggio 1759 come consta dai libri battesimali di detta Parrocchia, ora
aggregati a quelli di San Fedele e per fede. Como, 4 febbraio 1798 prete
Giovanni Mandelli Vice Prevosto di San Fedele".
[2] “La fede di
matrimonio del conte Francesco Bossi colla signora Donna Marianna Rossini
seguito in Como il 10 febbraio 1782 sotto la Parrocchia di S. Benedetto, in
seguito stata soppressa, mi fu rilasciata dalla Parrocchia di S. Fedele l’11
dicembre 1815, che ritirò i libri della suddetta Parrocchia di S. Benedetto, la
cui popolazione o circondario le fu aggregata. Questa fede si leva oggi 19
aprile 1852 per unirla ai recapiti che devono documentare una causa da
introdursi contro il marchese Medici per le rivendicazioni di un giuspatronato
di famiglia sopra una cappellania o legato di messe quotidiane in Induno
distretto di Arcisate provincia di Como”.
[3] Il titolo di
conte compete al solo primogenito. La famiglia è patrizia di Milano.
[4] “La fede di nascita di Luigi Bossi figlio del conte
Francesco e Marianna Rossini nato il 17 luglio 1783 in Como sotto la Parrocchia
di S. Donnino, e rilasciata l’8 gennaio 1837, con autenticazione del Podestà,
la levo oggi 19 aprile 1852 per unirla ai recapiti della causa da introdursi contro
il marchese Medici di Marignano per la rivendicazione di un giuspatronato di
famiglia istituito da un Buzzi per una messa quotidiana o cappellania in Induno
distretto di Varese”.
[5] Laureato a
Pavia nel 1807.
[6] Vedi
documento n. 131.
[7] Vedi il racconto che di lui fa Pompeo Litta.
[8] Vedi
documento n. 2.020.
[9] Dal registro
dei morti del Comune di Azzate:”22 Aprile 1884. Sono comparsi il nob. Conte
Luigi Bossi di anni 48 pensionato domiciliato ad Azzate e Bossi nob. Gaetano di
anni 67 pensionato domiciliato in Azzate i quali mi hanno dichiarato che a ore
pomeridiane 8 di ieri nella casa posta in Piazza Sant’Andrea al n. 1 è morto
Bossi nob. Giacomo di anni 54 (leggi 64) pensionato residente in Azzate nato a
Bergamo dal fu conte Luigi già pensionato domiciliato in vita ad Azzate e dalla
fu Rosa Camagni già agiata domiciliata in vita ad Azzate.
"Azzate 24 Aprile
1884. Confesso io sottoscritto di aver ricevuto L. 58 (diconsi cinquantotto)
pei funerali del nob. Bossi D. Giacomo defunto il 21 del corrente mese. F.to
prete Redaelli Luigi Parroco".
[10] Pompeo
Litta.
[11] Vedi
documento n. 5.036.
[12] Vedi
documento n. 1.082.
[13] Vedi in
fondo l’articolo apparso sulla Prealpina il 21 marzo 1912.
[14] Vedi il n.
1.082 di repertorio.
[15] Vedi il n.
1082 di repertorio.
[16] Nel 1926 fa
parte del Comitato d’Onore Pro Decorazione Chiesa e Giubileo del Parroco di
Azzate. Offre lire 100.
[17] Sabato 30 gennaio 1886.
Aratorio detto Colodra in mappa nuova al n. 967; aratorio detto Colodra in
mappa nuova al n. 1061. Ugo Scuri fu Gaetano di Busto Arsizio procuratore
generale delle nobili signore Brugstok Giuseppina fu Giuseppe vedova De
Valmagini possidente nata e domiciliata
in Vienna e la di lei figlia De Valmagini Antonietta fu cav. Giulio Cesare
possidente per mandato 25.7.1885 n. 1185/7917 di repertorio a rogito del notaio
di Varese nob. fu Antonio Bossi, procuratore generale dei nobili signori Giuseppe, Giulia ved. De Pfiffer e Marianna
fratello e sorelle De Valmagini fu cav. Giulio Cesare possidenti nati e
domiciliati in Vienna. (Note avute da Mario Broggi - Cantello).
[18] Vedi
documento n. 2.127.
[19] Vedi il n.
1095 di repertorio.
[20] Vedi il n.
2127 di repertorio.
[21] Cherubina
sacconaghi, varesina e moglie del dottor Antonio dei nobili Bossi di Azzate,
notaio in Varese e cittadino benemerito. Rimasta vedova, ad onorare la memoria
del perduto consorte, che fu anche presidente della Congregazione di Carità,
donava alla stessa lire 5.000 perché le rendite venissero erogate a scopo di
beneficenza e particolarmente per i bisogni dell’Ospedale. Offriva poi anche il
ritratto del compianto marito, opera del pittore Giuseppe Colombo, esprimendo
il desiderio che venisse sempre compreso nell’annuale esposizione dei quadri
dei benefattori del Nosocomio. (Estratto da G. BAGAINI, L’Ospedale di Varese
dalle origini alla costituzione in ospedale di Circolo, Officine Grafiche
Esperia, Milano, 1960 (?).
[22] Pompeo
Litta.
[23] Nel
racconto di Pompeo Litta.
[24] Leggi anni
64.
[25] Vedi
documento n. 199.
[26] Dalla sua
sottoscrizione sulla voltura si rileva la stessa calligrafia della “mano nota”
che si ritrova in molti appunti dell’Archivio Bossi.
ARCA DI GIACOMO BOSSI
ARCA DI GIACOMO BOSSI
Milano. Chiesa di S. Marco. Arca di Giacomo Bossi. |
Nel dettaglio della tomba del giureconsulto Giacomo Bossi (+
1355), con tre scomparti a rilievo, posta nel transetto destro della Chiesa di
S. Marco di Milano si vede in quello centrale Giacomo Bossi che dedica la
cappella di famiglia alla Vergine. Dietro di lui, Sant’Ambrogio e San Giovanni
Battista. Le sculture che l’adornano sono attribuite alla scuola del cosiddetto
“Maestro di Viboldone”.
Particolare destro.dell'arca. Dallo stemma è stato scalpellato lo stemma dei Bossi. |
E’ probabile che il senatore Egidio Bossi abbia visto l’arca
di Giacomo Bossi e abbia scatenato in lui, per spirito di emulazione, il
desiderio di rendere manifesta la sua devozione alla Madre di Dio.
La fama che Callisto Piazza si era procurato operando nella
Chiesa di S. Celso, quale esecutore dello spirito di riforma del dominio spagnolo
cui il senatore era intimamente legato, fece in modo che i due si conoscessero
e si giunse alla commissione della pala d’altare per la Chiesa di S. Maria di
Azzate. Sapeva bene il senatore che anche la sua fama era maggiormente
consolidata a Milano, dove svolgeva la sua attività di giudice, ma l’acquisto
nel 1538 del Feudo della Val Bodia, aveva sancito il suo legame con Azzate,
sede storica dei suoi antenati, ed è appunto in questo paese che doveva essere palese a tutti il suo dominio
e la sua potenza.
Particolare sinistro. |
ARCA DI ANTONIO BOSSI
Antonio Bossi genuflesso davanti alla Madonna. |
Nessun commento:
Posta un commento