QUEI GRAFFITI D’ARTE
E STORIA AL SACRO MONTE
Presentato lo studio
sugli affreschi “firmati” dai pellegrini in cinque secoli.
Graffitari di cinquecento anni fa. Desiderosi di lasciare
nel luogo sacro un messaggio, una firma, anche solo un segno di croce. Oggi
verrebbero multati o anche denunciati per danneggiamento al patrimonio
storico-artistico. A quel tempo, invece, incidere un muro, magari sopra un
affresco, faceva parte dei gesti più classici del pellegrino. Meno male,
vorremmo dire, perché proprio quei segni ci consentono di conoscere meglio chi,
quando e perché faceva visita al Sacro Monte. Se n’è parlato ieri pomeriggio al
Museo Baroffio durante l’incontro voluto dalla Fondazione Paolo VI e Parrocchia
su “I graffiti degli ambienti sottostanti il Santuario di Santa maria del
Monte”. Ottanta testimonianze dal Quattrocento agli inizi del Novecento, la
metà delle quali ancora ben leggibili e significative per cercare di far luce
su un passato di cui conosciamo, tutto sommato, ancora poco soprattutto dal punto
di vista sociale. “Studiare i graffiti – ha spiegato Riccardo Valente, giovane
storico con collaborazione al Politecnico e all’Università Cattolica – ha
significato stendere per la prima volta un vero e proprio censimento,
finanziato da regione Lombardia, di quanti per circa cinque secoli hanno
raggiunto la cripta e gli spazi adiacenti per motivi devozionali”. Come nel
caso di un certo Petrus de Bossis,
ovvero Pietro Bossi, probabilmente di Varese e zone limitrofe, che in pieno
XIV secolo ha voluto lasciare il ricordo di essere stato al Sacro Monte in
compagnia della moglie. Ma ci sono testimonianze che arrivano anche da più
lontano, per esempio dal Milanese, a significare la notorietà anche
extra-varesina di cui godeva la devozione mariana sacromontina.
“Dal momento che per secoli la chiesa è stata dedicata alla
Madonna della cintura, protettrice delle gestanti, è probabile che la coppia
avesse intrapreso il pellegrinaggio (non proprio semplice perché la Via sacra
non esisteva ancora e la salita avveniva lungo sentieri impervi, ndr) per
chiedere la grazia di avere un figlio o per la migliore conclusione di una
gravidanza”, deduce il professor Valente.
Restaurato di recente il complesso della cripta, questi
segni del passaggio umano sono stati lasciati perché fanno ormai parte della
storia stessa del Sacro Monte. Per la primavera prossima è attesa una ricca
pubblicazione sull’argomento.
Riccardo Prando
(Estratto dalla Prealpina di Domenica 19 novembre 2017).
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