martedì 26 dicembre 2017

BOSSI PIETRO - GRAFFITARO



QUEI GRAFFITI D’ARTE E STORIA AL SACRO MONTE
Presentato lo studio sugli affreschi “firmati” dai pellegrini in cinque secoli.

Graffitari di cinquecento anni fa. Desiderosi di lasciare nel luogo sacro un messaggio, una firma, anche solo un segno di croce. Oggi verrebbero multati o anche denunciati per danneggiamento al patrimonio storico-artistico. A quel tempo, invece, incidere un muro, magari sopra un affresco, faceva parte dei gesti più classici del pellegrino. Meno male, vorremmo dire, perché proprio quei segni ci consentono di conoscere meglio chi, quando e perché faceva visita al Sacro Monte. Se n’è parlato ieri pomeriggio al Museo Baroffio durante l’incontro voluto dalla Fondazione Paolo VI e Parrocchia su “I graffiti degli ambienti sottostanti il Santuario di Santa maria del Monte”. Ottanta testimonianze dal Quattrocento agli inizi del Novecento, la metà delle quali ancora ben leggibili e significative per cercare di far luce su un passato di cui conosciamo, tutto sommato, ancora poco soprattutto dal punto di vista sociale. “Studiare i graffiti – ha spiegato Riccardo Valente, giovane storico con collaborazione al Politecnico e all’Università Cattolica – ha significato stendere per la prima volta un vero e proprio censimento, finanziato da regione Lombardia, di quanti per circa cinque secoli hanno raggiunto la cripta e gli spazi adiacenti per motivi devozionali”. Come nel caso di un certo Petrus de Bossis, ovvero Pietro Bossi, probabilmente di Varese e zone limitrofe, che in pieno XIV secolo ha voluto lasciare il ricordo di essere stato al Sacro Monte in compagnia della moglie. Ma ci sono testimonianze che arrivano anche da più lontano, per esempio dal Milanese, a significare la notorietà anche extra-varesina di cui godeva la devozione mariana sacromontina.
“Dal momento che per secoli la chiesa è stata dedicata alla Madonna della cintura, protettrice delle gestanti, è probabile che la coppia avesse intrapreso il pellegrinaggio (non proprio semplice perché la Via sacra non esisteva ancora e la salita avveniva lungo sentieri impervi, ndr) per chiedere la grazia di avere un figlio o per la migliore conclusione di una gravidanza”, deduce il professor Valente.
Restaurato di recente il complesso della cripta, questi segni del passaggio umano sono stati lasciati perché fanno ormai parte della storia stessa del Sacro Monte. Per la primavera prossima è attesa una ricca pubblicazione sull’argomento.
                                                                                                        Riccardo Prando

(Estratto dalla Prealpina di Domenica 19 novembre 2017).

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