Ugo Marelli, corrispondente del quotidiano “La Prealpina ” ha adattato la
presentazione di Antonio Masetti Tannini al volume GLI ALBERI DEL RE di Antonio
Rinchetti, Il Cordusio, Niardo (Brescia), 1992 alle esigenze di Giancarlo
Vettore che da molti anni si prefigge lo scopo di “scrivere” la Storia di Azzate e della nobile
Famiglia Bossi.
La storia di un paese ricostruita attraverso gli alberi
genealogici delle famiglie abitanti: protagonista dell’avventura lo storico di
Azzate Giancarlo Vettore che, con un lavoro durato alcuni anni, ha ricostruito,
attraverso gli archivi parrocchiali e comunali, gli ascendenti degli ultimi
cinque secoli degli abitanti di Azzate, paese della Val Bossa in provincia di
Varese.
PRESENTAZIONE
Compilare genealogie significa prendere coscienza di
appartenere ad una Famiglia, di aver degli antenati dei quali si desidera
conoscere i nomi, stabilirne la successione e scoprire i legami di sangue
esistenti con altre famiglie che discendono da un comune avo. Questo risponde
al Comandamento: “onora il padre e la madre”, ed al grande precetto della
Carità, in ossequio al quale il cristiano si impegna ad amare il prossimo.
Voglio aggiungere che per amare bisogna conoscere, e la
genealogia ci fa conoscere tanti personaggi ai quali si estende il nostro amore
filiale e fraterno.
Nei secoli passati la struttura della società o
l’organizzazione economica mantenevano unite le famiglie in uno stesso
caseggiato o cascinale o in forma di “consorterie” o comunioni domestiche come
quelle che fiorirono nei territori Lombardo e Romano-Ravennate che prepararono
le condizioni al sorgere dei Comuni. Non è vero che le comunità gentilizie
medievali si limitassero alla sola classe nobiliare, anche se la torre od il
castello rimanevano il centro di aggregazione del gruppo e del consorzio
garantendo così l’unità del patrimonio che la potenza del casato non consentiva
di frazionare. Anche per tutte le classi sociali la vita si basò a lungo, sotto
i vari aspetti politico, economico, giuridico e sociale, più che
sull’individuo, sul gruppo domestico-familiare, del resto la vita isolata
presentava, soprattutto per i più poveri, non poche difficoltà. Oggi nuove
esigenze socio-economiche costringono molte persone a portarsi nelle città o in
terre lontane, abbandonando il paese natio, e nel volgere di alcune generazioni
rimane nei discendenti solo un vago ricordo nel cognome che le leggi moderne
non consentono di cambiare come avveniva nei secoli passati. Tuttavia la
lontananza geografica non impedisce d’indagare e riscoprire legami di parentela
con la famiglia d’origine e con altre famiglie ormai radicate in altri luoghi,
anzi, proprio questa dispersione, talvolta anche nelle più remote regioni della
terra, suscita nel cuore degli emigrati il desiderio di riscoprire le proprie
“radici” e riallacciare legami di parentela che parevano ormai sciolti.
Ho potuto constatare quanto sia ancora vivo questo
desiderio. Ho ricevuto molte lettere di italo-americani dagli U.S.A. e di
discendenti di emigrati in altri stati del nostro e di altri Continenti nelle
quali si chiedeva di inviare notizie su famiglie e singole persone d’origine
varesina. Talvolta queste richieste erano motivate da gravi situazioni di
lavoro od economiche la cui soluzione era possibile solo con il recupero della
nazionalità italiana già posseduta da un avo emigrato nella prima metà del
secolo scorso quando ancora non esisteva l’Anagrafe comunale, e l’unica
testimonianza storica era rappresentata dai registri parrocchiali.
Bastava dunque dimostrare con un semplice atto di Battesimo
che un antenato in linea diretta era nato in Italia.
Purtroppo le condizioni fornite per la ricerca erano vaghe
ed insufficienti e talvolta non consentivano di evadere la giusta richiesta. In
questi casi fare genealogia è un servizio sociale di primissimo ordine,
ma vi sono anche aspetti negativi dai quali è bene prendere le distanze così
come San Paolo si dimostrava diffidente verso “coloro che andavano dietro a
favole e genealogie interminabili” (I Tim., 4) mettendo così in guardia i
fedeli da quelle favole gnostiche che distoglievano l’attenzione dalla vera
dottrina Evangelica che estende la salvezza a tutte le genti attraverso Gesù
Cristo.
E’ pure da deprecare come nel passato: “molti genealogisti,
un numero eccessivo per la verità, hanno compiuto ricostruzioni familiari senza
autentici fondamenti di prova e, ancor peggio, inventandole di sana pianta”[1].
I veri genealogisti, studiosi seri di Storia e delle
Discipline ausiliarie della stessa, utilizzano il materiale gelosamente
conservato negli archivi, con profondo rispetto lo esaminano con metodo
scientifico consapevoli di portare un valido contributo alla storia generale,
alla storia dell’Arte, della Letteratura, della Vita religiosa, economica e
della società.
Tra i vari Archivi quelli parrocchiali sono luoghi
privilegiati per la ricerca genealogica, come lo studioso di Azzate ora ci
conferma. In ossequio alla disciplina canonica contengono i registri
anagrafici, cioè registri di Battesimo, Matrimonio, Morti, Cresima, Stato
d’anime, risalenti alla metà del secolo XVI allorché il Concilio di Trento ed i
Vescovi diocesani imposero ai Parroci la tenuta per garantire l’unità e la
indissolubilità del Matrimonio che nei secoli precedenti veniva celebrato in
forma privata alla presenza dei testimoni ma senza la registrazione che avrebbe
attestato ufficialmente la celebrazione sacramentale di cui gli stessi sposi
sono ministri. Infatti i primi due registri resi obbligatori, furono quello di
Battesimo e di Matrimonio, talvolta uniti nello stesso volume. Con queste
disposizioni si volevano evitare due pericoli derivanti dalla mancata
registrazione, quello della bigamia e dei matrimoni tra consanguinei.
Altra fonte per la ricerca genealogica e costituita dagli
Atti notarili che si riferiscono a testamenti, contratti di compra-vendita, o
di prestazione d’opera. In tali documenti privati che, per essere stati rogati
da un Notaio, hanno carattere ufficiale, si trovano nomi di contraenti, di
destinatari di eredità, di testimoni e degli stessi Notai, sempre accompagnati
dal nome del genitore e sovente anche da quello dell’avo.
Se la ricerca nei registri parrocchiali anagrafici può
risalire fino al secolo XVI, quella condotta sugli atti notarili consente di
ritrovare nomi di personaggi vissuti due o tre secoli prima.
Gli atti notarili si trovano in archivi privati, gentilizi,
comunali, parrocchiali, vescovili e di pubbliche istituzioni, ma soprattutto
negli Archivi di Stato dei capoluoghi di Provincia o delle antiche capitali di
Stati italiani.
Nell’Archivio Arcivescovile di Milano si trovano molti atti
di investitura di terre e decime in Val Bossa fatte a privati cittadini o a
Comuni tramite i loro legali rappresentanti o sindaci di cui vengono citati i
nomi, come si è visto per gli atti notarili. Sempre nell’Archivio
Arcivescovile, nelle pratiche relative a Matrimoni, si trova spesso la
ricostruzione di ascendenze genealogiche fatta per stabilire il grado di
consanguineità dei contraenti e verificare se esiste un impedimento al
Matrimonio.
Fonte privilegiata per la ricerca genealogica degli
ascendenti e dei collaterali rimane, dunque, l’archivio parrocchiale con i suoi
registri anagrafici, le altre fonti citate possono essere utilizzati come
afferma Lorenzo Caratti[2]: “sussidiariamente
solo con funzione di integrazione e di controllo”. Da ultimo voglio notare
come i primi registri anagrafici parrocchiali contengono solo i dati essenziali
(nome, cognome, soprannome, professione, età, paternità), mentre quelli
prestampati imposti dal regno Lombardo-Veneto, e controfirmati dall’I.R.
Delegato Provinciale, contengono un formulario molto dettagliati ed uniforme
che consente di usufruire di preziosi dati al fine della ricerca.
Amplia è la bibliografia in materia genealogica alla quale è
opportuno fare riferimento nella ricerca, nella rilevazione dei dati e nella
stesura definitiva del lavoro. Tralasciando di riportarla in questa sede,
rimane all’opera, citata, del Caratti ed alla più recente ed aggiornata di
Claudio De Dominicis[3].
Si tratta di un manuale impostato su criteri scientifici nel
quadro delle Discipline ausiliarie della Storia, che costituisce un
indispensabile sussidio per tutti coloro che si accingono con serietà a
compiere questo genere di ricerca.
A questi studi genealogici viene ora ad aggiungersi
l’iniziativa … (del Comune di Azzate?), piccolo centro della Val Bossa, ma
ricco di storia documentata sin dall’alto Medioevo, che merita di essere
conosciuta ed imitata anche da altri luoghi dove non mancano archivi ricchi di
dati e che attendono solo ricercatori competenti e meticolosi come chi, nel
silenzio e nascondimento ha atteso per lunghi anni a ricomporre il disegno di
un meraviglioso mosaico di migliaia di tessere i cui nomi pare rivivano in
questi alberi genealogici.
A tutti coloro che hanno cooperato alla ricerca ed alla
stesura di quest’opera giunga il nostro plauso e perenne riconoscenza.
Ugo Marelli
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