lunedì 26 maggio 2014

COLLI CARLO - PRETE

Don Carlo Colli fu un patriota di spicco durante le Guerre di Indipendenza, ed è un vanto per noi che egli sia stato Cappellano di Sant'Eugenio in Tornavento dal 1864 al 1882. "Patriota e scrittore" lo chiama anche il compianto Gian Domenico Oltrona Visconti, che lo ricorda nella sua Storia di Lonate del 1969, riassumendo notizie raccolte da Leopoldo Giampaolo e Mario Bertolone. Qui riprendo l'argomento avvalendomi anche di altre fonti, in particolare di alcune precisazioni recenti di Alberto Ambrosoli e Diego Dalla Gasperina.
Carlo Teodoro nato ad Azzate il 26 febbraio 1823 da Pasquale Colli e Marianna Limido, sposati ad Azzate il 4 aprile 1815, ordinato sacerdote nel 1846, don Carlo Colli ebbe come primo incarico quello di coadiuvare il parroco di Schianno, paesetto vicino a Morazzone, cittadina che due anni dopo fu teatro del noto combattimento tra Garibaldi e gli austriaci: nell'agosto del 1848 Garibaldi, che anche dopo l'armistizio Salasco combatteva con la sua legione di volontari lombardi, penetrò da Luino nel Varesotto e, tormentando il nemico in punti diversi del territorio con la tecnica sfibrante e disorientante della guerriglia con spostamenti continui, si fermò il giorno 26 nel paese di Morazzone, collocato su un'altura che presumibilmente riteneva più facilmente difendibile. Di sorpresa, all'ora di cena, il generale austriaco Simboschen attaccò il paese. Appena avvertito, Garibaldi ordinò una reazione furiosa dei suoi, che, sparando dagli androni, dalle finestre, dai tetti delle case, riuscirono a scacciare dal villaggio gli austriaci. Questi dall'esterno spararono cannonate sull'abitato, incendiando alcune case. Ad essi presto si unirono, richiamati dagli spari, altri reparti austriaci che erano dislocati nel circondario. Rinviarono il combattimento al mattino seguente. Nella notte i garibaldini ebbero il modo di disperdersi, sfuggendo in silenzio all'accerchiamento, guidati dal parroco di Morazzone, don Bernardino Sala, che essi pensarono bene di portare con sé perché li conducesse in salvo per sentieri che lui doveva conoscere bene. I garibaldini lo rilasceranno a Capolago, sul confine della Svizzera, ormai lontani dalla portata dei fucili austriaci.
Che cosa fece in quell'occasione don Colli, che risiedeva non a Morazzone ma, come già detto, nel vicino paese di Schianno? "Giovane vigoroso, prete di caldi sensi patriottici", sono parole dello storico varesino Bertolone, "accorse sul luogo della battaglia a rincuorare gli spaventati terrazzani, a dare opera di soccorso ai feriti, ai morenti." Poi, undici anni dopo, mise per iscritto i ricordi del '48, che dapprima tenne presso di sé e poi affidò al museo patrio di Varese. Ecco così giustificati gli attributi di patriota e di scrittore.
Don Colli lasciò Schianno nel 1864 e venne a Tornavento, perché gli era stata affidata la chiesa di Sant'Eugenio, che allora, come sappiamo, dipendeva dalla parrocchiale di Lonate Pozzolo. A Tornavento gli spettava il titolo di cappellano o, più propriamente, quello di vicecurato, titolo in vigore dall'anno 1797.
Tornavento, con i cascinali annessi, allora contava 250 abitanti (e Lonate 2550) contro i 550 di Schianno. Era ancora comune autonomo ed aveva per sindaco Ippolito Parravicino; ma pochi anni dopo, nel 1869, così come Sant'Antonino, sarà aggregato a Lonate come frazione. La chiesa di Sant'Eugenio era stata ricostruita intorno al 1845, fornita di sagrestia, di due altari laterali, del campanile.
Negli anni 1870-76, quando era presente e attivo il Colli, Tornavento ebbe il cimitero fuori dell'abitato e il battistero in chiesa. Prima i suoi morti venivano sepolti a Lonate, i suoi neonati venivano battezzati a Lonate. Nulla sappiamo della probabile collaborazione di don Colli con il suddetto Ippolito Parravicino, il quale, grande proprietario terriero e intelligente imprenditore, ha fatto molto per la frazione, essendo sindaco di Lonate dal 1875 al 1877, indi membro del consiglio provinciale di Milano, impegnato negli anni seguenti per la elevazione di Sant'Eugenio a chiesa parrocchiale autonoma (traguardo che sarà raggiunto soltanto nel 1902).
Don Colli rimase a Tornavento fino al 1882. Trasferito alla chiesa-santuario delta Madonna in Campagna a Gallarate, vi rimase fino al 1897: vi promosse importanti restauri, fabbricò la casa per il sagrestano, raccolse in un breve manoscritto le vicende storiche delta chiesa.
Celebrando nel 1896 il suo 50° di Messa, donò alla chiesa, che ancora lo conserva in sagrestia, uno splendido triangolo di seta per le esposizioni eucaristiche, triangolo ricamato in oro e argento, con al centro un "occhio" circondato da una corona di nubi chiare, con motivi geometrici e spirali tutt'intorno, con spighe di frumento e grappoli d'uva in ciascuno degli angoli.
Don Colli morì ottantenne a Milano nell'anno 1903 e, per suo volere, venne sepolto nel cimitero di Tornavento, in mezzo al suo "gregge" che più aveva amato, come scrisse Andrea Mastalli, suo biografo e successore nella chiesa alla periferia di Gallarate. I suoi resti mortali riposano oggi in uno dei loculi per il clero costruiti cinquant'anni fa in fondo al cimitero, a sinistra della cappella Parravicino; il loculo, munito di nome e di ritratto, è visibile nella foto qui sotto.


(Estratto da “La nona campana” Aprile 2010).

Sac. Carlo Colli
Originario di Azzate, dove nacque il 13.2.1823, dopo aver frequentato le scuole elementari a Varese, il Colli entrò in seminario e fu ordinato sacerdote nel 1846. Fu quindi inviato dalla Curia milanese a Schianno, per aiutare nella cura d'anime il vecchio parroco del paese, don Melchiorre Rossi, caduto malato.
Da questo osservatorio il Colli fu testimone oculare e partecipe al famoso combattimento che Garibaldi ingaggiò contro il tenente maresciallo D'Aspre. Animato "da caldi sensi patriottici", come scrisse del giovane prete Luigi Bossi, nella presentazione del manoscritto, nel momento più accanito del combattimento, rincuorò gli spaventati terrazzani fuggitivi, portò il suo soccorso ai feriti e ai morenti.
Il racconto della battaglia e delle vicende collaterali è stato minuziosamente descritto dal sac. Carlo Colli in un manoscritto di poche pagine, conservato presso l'Archivio di Stato di Varese nel Fondo Museo[1].

(EGIDIO GIANAZZA, Profilo storico di Gazzada Schianno, Comune di Gazzada Schianno, 1993, pag. 430).



[1] Diego Dalla Gasperina, che l’ha visionato, mi informa che attualmente è presso l’Archivio Storico del Comune di Varese (dott. Piero Mondini).




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