Questo ramo della nobile famiglia Bossi ha diverse
caratteristiche: da un capostipite comune si dipartono due rami collaterali,
che avranno una loro storia, per poi ricongiungersi dopo sette generazioni.
Dopo altre quattro generazioni rimane una sola femmina,
Bianca, che nel 1757 sposa Pietro Riva al quale perverranno tutti i beni che la
famiglia aveva accumulato durante i secoli.
La loro nobiltà non venne mai sancita con uno specifico
titolo nobiliare, a diversità dell’altro ramo dei cosiddetti conti Bossi del
Castello di Azzate e dei Bossi marchesi di Musso, ma nei documenti notarili
vengono appellati “magnifico”, “magnifico ed egregio”, “nobile e magnifico”,
“nobile e spettabile”, “magnifico e illustrissimo”, “degli antichi nobili Bossi
di Azzate”.
Del notevole patrimonio artistico di questa famiglia
rimangono poche reliquie in Villa Necchi Della Silva a Schianno.
Il paese di Azzate per secoli dimora della nobile famiglia
Bossi, pur avendo largamente beneficiato della sua presenza, conserva ai nostri
giorni testimonianze del loro divenire, che altri paesi ci invidiano, ma
rimangono pur sempre poca cosa: sette ville, cinque chiese, qualche affresco,
due quadri, un archivio di 4.000 documenti … che sarebbero l’orgoglio di ogni
casata, ma che, così come sono oggi dislocati, rischiano di confondersi e
disperdersi in mezzo all’anonimato della vita moderna.
Scopo di questa ricerca è quello di ricostruire, per non
perderla definitivamente, l’identità di una famiglia ed una comunità: i Bossi
ed Azzate.
Un'importante testimonianza ci viene fornita da un pittore
sconosciuto che il 24 giugno 1770 faceva
un sopraluogo ad Azzate "nella casa grande da stabile di abitazione degli
illustrissimi signori Antonio Francesco Bossi fisico collegiato di Milano e
Giovanni Battista Bossi dottore collegiato, giudice attuale al segno del
Gallo" per riprodurre lo stemma nobiliare che esisteva nel salone
inferiore.
Veniamo così a sapere che detto salone "dipinto con
soffitto antico circa l'anno 1607 tutto a figure all'intorno del fregio
rappresentanti le quattro stagioni dell'anno intrecciato da scudi d'ornamenti
militari".
Il pittore aggiunge poi un altro particolare: "...e
detto soffitto è fatto a stellette, pittura a mio giudizio del vecchio
Zaviati".
Ci informa ancora che lo stemma in questione è uguale ad
un altro "che vedo in detta casa nella galleria inferiore dei ritratti
posta sul quadro rappresentante Gio. Stefano Bossi seniore".
Dunque esisteva una galleria di ritratti al piano
inferiore oltre a quella del piano superiore e, mentre i personaggi di
quest'ultima erano stati eseguiti ad affresco, quelli del piano inferiore
dovevano essere presumibilmente dei quadri eseguiti ad olio.
Il secondo stemma era similare ad un terzo che, come
allora, possiamo ancora oggi vedere sopra il portale d'ingresso della villa.
"Attesto io infrascritto anche con mio particolare
giuramento di essermi portato così chiamato oggi giorno 24 giugno 1770 in Azzate pieve di Varese nella
casa grande da stabile di abitazione degli illustrissimi signori Antonio Francesco
Bossi fisico collegiato di Milano, Giovanni Battista Bossi dottore collegiato,
giudice attuale al segno del Gallo e quindi a loro richiesta d'aver copiato
l'arma nel salone inferiore della quale ne l'ho fatta la qui sopra dipinta
copia tale e quale resta espressa in detto salone dipinto con soffitto antico
circa l'anno 1607 tutto a figure all'intorno del fregio rappresentanti le
quattro stagioni dell'anno intrecciato da scudi d'ornamenti militari e detto
soffitto è fatto a stellette, pittura a mio giudizio del vecchio Zaviati.
Quest'arma è uguale all'altra che vedo in detta casa nella
galleria inferiore dei ritratti posta sul quadro rappresentante Gio. Stefano
Bossi seniore e di altra arma di pietra posta sulla porta di detta casa.
E per essere tale la pura verità ho formato la presente
avanti il signor notaio e causidico collegiato dottor Bartolomeo Isella e degli
infrascritti testimoni: Gio. Antonio Caimo, prete Ignazio Andreoli, Pietro
Cotta.
D.
Gio. Stefano Bossi f. altro D. Gio. Stefano f. Carlo Antonio f. Giuseppe
Francesco
f. Gio. Antonio f. Stefano f. Gio. Antonio f. Stefanino f. Stefanolo
f.
Beltramino f. Enrico f. Rinello f. Bossetto f. Tosabue.
n. Azzate 17.1.1679[1]
+ Azzate 17.12.1757
Sp. a) Caterina Vinadi f. cap. Luca + Azzate 20.6.1725; b)
Margherita Cattaneo.
"Nobilis ac illustrissimus dominus Johannes
Stephanus natus anno 1688
nupsit nobilis
domina Catharina Vinadia anno 1712. (Biblioteca Trivulziana).
1688. (Litta).
"Et Catarina
Vinadi f. cap. Lucae coniuges ac Margarita Cattaneo II uxor 1712,
1727".
(Albero Cottalorda).
Nel 1772 possiede i mappali n. 840, 841 e 842 casa di
propria abitazione (vedi
Catasto di Maria Teresa).
Il 4.1.1774 il mappale n. 840 passa con 841, 842 e 915 al
fisico collegiato Antonio
Francesco Bossi e fratello. (Vedi Catasto Teresiano).
Pro habitatione: 1712: a Milano in Porta Orientale nella
Parrocchia di San Babila
dall'istrumento di dote del 4 maggio rogato dal notaio
Gio. Battista Mina sotto il
n. 82.
1719: a Milano in Porta Orientale nella Parrocchia di
Santo Stefano fuori Milano
in un istrumento di ricognizione livellaria rogata dal
notaio Francesco Isella sotto
il n. 86.
1729: ad Azzate dall'istrumento di transazione del 21
gennaio rogato dal notaio
Gio. Battista Portabue sotto il n. 87.
1728:
di Azzate dall'istrumento di elezione del 23 sett. rogato da Vincenzo
Bossi
sotto il n. 89.
|
|
|--- prete D.
Antonio Bossi
| Sembra che questo prete Antonio Bossi di
Azzate sia l’estensore di alcuni
| alberi
di famiglia[2].
|
Quale procuratore di suo padre, prende parte alla trattativa per la
celebrazione
| delle
messe nell’Oratorio di S. Caterina d’Erbamolle[3].
|
|--- D. Isabella
Meatia Fedele Bossi +
| n. Azzate 1.7.1714
| + Azzate 11.6.1716
|
|--- D. Carlo
Antonio Maria Melchiorre Bossi +
| n. Azzate 3.9.1715
| + Azzate 23.9.1716
|
|--- D. Cristina
Benigna Bossi
| n. Azzate 19.8.1716
| Sp. 28.9.1737 nob. Giacomo Michele
Tornielli f. giureconsulto e fisico Michele
| di Cannero[4].
| La dote stabilita fu di lire 6.000[5].
|
|--- D. Antonio
Francesco Baldassarre Bossi
| n. Azzate 7.10.1717
| Fisico collegiato. Dei 6 conservatori
supremi del Magistrato di Sanità in tutto
| il dominio di Milano 1755 protettore
"colli" e carcerati 1757.
| Il 4 gennaio 1774 riceve con suo fratello
Gio. Battista da suo padre i mappali
| n. 840, 841, 842 e 915[6].
|
Al n. 30.000 e seguenti sono conservate diverse note scritte di suo
pugno,
| riguardanti livelli, affitti, note spese,
ecc.
| Nell'ottobre 1762 dà in affitto a
Francesco Ballerio la casa da massaro alle
| Collodre[8].
| Il 20 aprile 1768 paga al prete Gio.
Antonio Parietti la somma di lire 86.5 per
| la celebrazione di n. 35 messe festive
nell’Oratorio di S. Caterina d’Erbamolle
| più altre 34 Messe celebrate all’altare
della B.V. nella Parrocchiale di Azzate[9].
| Nel 1775 paga lire 82 ½ per la dozzina di
donna Bianca[10] Bossi, sua sorella,
| educanda nel Monastero del S. Sepolcro di
Tradate[11].
| Il 4 luglio 1778 nello studio del dottor
Giuseppe Antonio Grassini di Varese
| avviene l’asta per la vendita degli
immobili di Brunello che ha in comproprietà
| con il fratello d. Gio. Battista[12].
| Nel 1778 paga lire 40 per il livello
dovuto a d. Marianna Giuseppa[13]
Bossi,
| monaca nel Monastero di S. Sepolcro di
Tradate[14]. Idem
nel 1779.
| Nel 1778 paga lire 6 di livello alla
Biblioteca Ambrosiana di Milano[15].
| Il 13 aprile 1779 detta il suo testamento[16].
| Il 6 novembre 1790, anche a nome di suo
fratello Gio. Battista, converte in
| capitale pecuniario (cartelle del R.I.
Monte di S. Teresa) il valore dei siti in
| Castronno, Castegnate, Brunello e Azzate[17].
| Sp. Maria Maddalena Bossi.
| |
| |
| |--- D. Stefano +
| | n.
Azzate 25.5.1742
| |
| |--- D. Gerolamo Francesco
| n.
Azzate 8.4.1748
|
|--- D. Galeazzo Stefano
Giuseppe Gaspare Bossi
| n. Azzate 10.6.1719
|
|--- D. Giovanni
Battista Gaetano Gaspare Bossi
| n. Azzate 11.7.1720
| Dottore collegiato. Abitante Milano
P.T.P.S. Alessandro in Zebedia.
| "Jo. Baptista J.C.C. et Laura
marchionissa Brusati coniuges 1757” [18].
| Il 30.6.1797 acquista il mappale n. 840[19].
| Dalla sua comparizione del 1757 per
l'ammissione al Collegio di Milano si
| ricavano alcune notizie sui suoi
ascendenti[20].
| Succede in tutta la partita di pertiche
412 dopo la morte del fratello Antonio
| Francesco, come da fede di morte il
30.6.1796[21].
| Testa 9.10.1795. (Vedi).
| + 25.2.1797
| Sp. m.sa Laura Brusati f. Gian Pietro.
|
|
| |
| |--- D. Bianca Bossi
| Sp. 1757 Pietro Riva.
| Quale erede del consigliere D.
Gio. Battista suo padre subentra in tutta
| la partita di pertiche 461.9, come
da certificato di adizione all'eredità
| (adire un’eredità = accettarla nei modi stabiliti dalla legge) rilasciato
| dal Tribunale di Prima Istanza in
Milano sotto il giorno 8 Fiorile anno
| V della Repubblica Francese (17
aprile 1797).
| (Vedi il n. 39 delle volture
catastali).
| Per correzione d'errore seguito
alla suddivisione viene in possesso del
| mappale n. 646 brughiera boscata
di pertiche 7.11 erroneamente intestata
| alla Cappella dei Santi Quirico e
Giulita di Azzate[22].
| Il 9.12.1800 restituisce a
Idelfonso Bossi la somma di lire 10.000[23].
|
|--- Paola
Caterina Bossi
| n. Azzate 20.6.1725
| Monaca nel 1750
|
|--- capitano D.
Francesco Maria Bossi
| n. Azzate 3.12.1727
| (II letto)
| Sp. Maria Maddalena Bossi.
| Al servizio di S.M. Cattolica in Spagna.
Rientra in Italia dopo il 1757.
| "Azzate, 16 dicembre 1769. Sono lire
quarantacinque dico L. 45 che io
| infrascritto confesso d'aver ricevuto dai
miei fratelli don Antonio e don
| Gio. Battista Bossi, le quali con altre
lire 5, ritenute a tenore della mente
| del Senato Eccellentissimo pubblicata dal
fu ill.mo sig. senatore Santucci
| l'anno 1768 il 22 marzo formano la somma
di lire 50 per saldo della mesata
| anticipata maturata in questo giorno. E
per fede. (Vedi doc. n. 30.000).
| Nel 1766 i tre fratelli in causa fra di
loro, ottengono la Senato
una nuova
| perizia dei beni paterni. (Vedi
File:Documento n. 588).
| Nel 1767 accusa i suoi fratelli di aver
falsificato i conti del comune padre
| in suo pregiudizio. (Vedi File:Documento n.
589).
| |
| |
| |---
D. Stefano Bossi +
| | n.
25.5.1742
| |
| |--- D. Gerolamo Francesco Bossi
| n.
8.4.1748
|
|--- rev. D.
Claudio Eulogio Bossi
| n. Azzate 7.7.1729
| Al servizio nell'Armata della Sovrana.
| Olivetano nel 1754.
| + circa 1757
|
|--- D. Saulo
Benigno Bossi
| n. Azzate 21.1.1731
|
|--- D. Luigia
Giuseppa Bianca Bossi
| n. Azzate 25.12.1733
| Il padrino è stato il conte Luigi Bossi di
Azzate. (Prima memoria del titolo
| di conte).
|
|--- D. Fabrizio
Gaetano Luigi Bossi +
| n. Azzate 19.4.1735
| + 20.4.1735
|
|--- rev. D.
Teodoro Giovanni Battista Bossi
| n. Azzate 1.4.1736
| Olivetano nel 1754.
|
|--- D. Isabella
Eleonora Giustina Barbara Teresa Bossi +
| n. Azzate 20.10.1741 + 4.5.1743
|
|--- rev. D.
Giuseppe Bossi. (Forse è Galeazzo Stefano Giuseppe).
| Cappuccino nel 1746.
|
|--- D. Livia
Bossi
| Monaca nel 1747.
|
|--- D. Valeriano
Bossi
AL NOME DI DIO. AMEN.
Io Gio. Stefano Bosso figlio d'altro fu Sig. Gio. Stefano
d'anni 31 della Città di Milano notifico possedere gli infrascritti beni posti
nella terra di Azzate pieve di Varese in pezzi n. 20 confinanti con il Sig.
Marchese Bossi, strade, il Rev. Sig. Francesco Oggione, il Sig. D. Cesare e
fratelli Bossi, il Rev. Sig. Coadiutore di Azzate, il Sig. Nicola Mariano, la Valle che divide il Comune di detto
luogo con quello di Buguggiate, il Sig. Paolo Bosso, i Sigg. Fratelli Masnaghi,
i Sigg. Fratelli Tettoni, gli eredi del Sig. Gio. Antonio Vellati, i Sigg.
Fratelli Fossa, la Causa Pia
Frascona, il Signor Segretario Mozzone, i Signori Fratelli Grandi, il Sig.
Giovanni Bosso, il Sig. Dr. Alberto Alemagna e altri:
- Prati asciutti con alberi p.105.17.-
- Aratori asciutti p.
83.-
- Vigne
prative
p. 3.-
- Vitate e aratorie con moroni e altri alberi p.
72.-
- Pascoli semplici
p. 80.10
- Selve
p. 16.12
- Boschi da taglio per legna p.
17. 4
- Ortagli o giardini e siti di case p. 8.18
-----------
p. 386.20
Di più notifico:
Livelli n. 3 quali fanno in tutto lire 19.10
Affitti di case: da Antonio Bosso lire 5; dal Rev. Sig.
Francesco Oggiona lire 8.10; da Gio. Battista Baione lire 6.
Per torchio da oglio quale rende lire 18
In tutto le rendite sono lire 37.10
Per i quali beni ho pagato di carico alla terra di Azzate
nell'anno 1717 lire 224.3.3 e nell'anno 1718 lire 223.12.3 comprese lire
67.15.6 che pago ogni anno di perticato alla Città di Milano.
Sopra parte di detti beni pago ogni anno alla Chiesa
Parrocchiale d'Azzate di livello come da pubblici istrumenti lire 16.8
Di più pago ogni anno
di livello alla Cappella di S. Giovanni Evangelista di Azzate lire
1.12.6
In tutto sono lire 18.6
AL NOME DI DIO. AMEN.
N. 1 R
Io Gio. Stefano Bosso figlio d'altro fu Sig. Gio. Stefano
d'anni 31 della Città di Milano notifico di possedere gli infrascritti beni
nella terra di Dobbiate pieve di Varese in pezzi n. 1 confinanti con il Sig.
Stefano Bosso, la Chiesa
di detto Comune di Dobbiate e strada:
- Selve p.
5
per i quali ho pagato di carico alla Città di Milano
nell'anno 1717 lire -.7.6 e nell'anno 1718 lire -.7.6 di perticato civile.
“In libris Mortuorum huius Ecclesiae Parochialis S.
Alexandri sic legitur: Mille settecento novanta quattro giorno venticinque del
mese di settembre. Il nobile sacerdote Don Antonio Francesco Bossi dottore
fisico collegiato di questa città figlio del fu illustrissimo Signor D.
Giovanni abitante sotto questa Parrocchia, munito dei SS. Sacramenti di penitenza,
eucaristia ed estrema unzione, premessi gli atti di fede, speranza, carità e
penitenza, compartitagli la benedizione papale coll’applicazione
dell’indulgenza plenaria, e raccomandata la di lui anima a Dio colle preci
della Chiesa prescritte in età d’anni settantasette è passato a miglior vita
nella notte venendo il ventiquattro del suddetto.
Oggi, previo nobile apparato si in chiesa che alla facciata di essa, fu il
di lui cadavere coll’accompagnamento di me Curato sottoscritto e di altri
ventiquattro sacerdoti del clero secolare e della di lui servitù, portato a
questa chiesa parrocchiale di S. Alessandro, e dopo i funerali gli fu cantato
l’ufficio con messa, oltre molte messe private d’invito, terminato le quali fu
portato ad essere sepolto nel campo santo di P.T.
In quorum fide.
Datum die 30
septembris 1794
F.to D. Henricus Magnocavalli parochus S.
Alexandri.
COMPARIZIONE
DEL 1757 DI GIO. BATTISTA BOSSI FIGLIO GIO. STEFANO PER L'AMMISSIONE AL
COLLEGIO DI MILAMO[24].
Beltramino Bossi visse prima dell'anno 1383 come appare da
istrumento di Francescolo Bossi figlio del predetto Beltramino, anche a nome di
Antoniolo e Stefanolo altri suoi fratelli, riguardante un pezzo di terra nel
territorio di Gazzada detto in "Mazzolo", ricevuto da Ambrosolo Bossi
il 6.1.1383.
Francescolo f. Beltramino, decurione.
Antoniolo f. Beltramino, decurione, prefetto della città.
Cristoforo f. Antonio o Antoniolo, come da istrumento di
apprensione di beni e successiva investitura, ricevuto da Cristoforo Tanzi il
25.8.1439 e da istrumento di emptione 30.9.1444 ricevuto da Francescolo Medici;
decurione.
Stefano f. Cristoforo. Sapiente, egregio, dottore di leggi
come da istrumento di confessione del 15.2.1463 ricevuto da Protaso Sansoni e
da istrumento di obbligazione 25.4.1478 ricevuto da Antonio Andreaotti. J.C.C.
Nob. Gio. Luigi f. Stefano da istrumento di emptione
28.6.1520 ricevuto da Francesco Porro e da istrumento di acquisto del 20.3.1544
ricevuto da Alessandro Confalonieri. Decurione, eletto a prestare giuramento di
fedeltà al duca Massimiliano Sforza.
Gerolamo f. Gio. Luigi come da istrumento ad istanza dello
stesso Gerolamo e fratelli Bossi fq. Gio. Luigi ricevuto da Tiburzio Nava il
27.11.1581.
Da Gerolamo nacquero tre figli: a) Luigi canonico
ordinario nella chiesa metropolitano di Milano come da istrumento di permuta
30.9.1621 ricevuto da Francesco Canibus; b) Antonio, ascritto ai cavalieri di
S. Stefano nel 1594; c) Gio. Stefano, nobile cittadino di Milano come da
istrumento di vendita dell'1.3.1614 ricevuto da Gio. Battista Ottolina. Dei XII
di provvisione nel 1606.
Bianca f. Gio. Stefano sua erede. Sposò il nob. Carlo
Antonio Bossi.
Stefanolo f. Beltramino.
Stefanino f. Stefanolo, come da istrumento 21.12.1463 ricevuto
da Beltramino Bossi e altro istrumento 8.1.1465.
Gio. Antonio f. Stefanino, come da istrumento di
investitura livellaria del 2.12.1485 ricevuto da Stefano Bossi e altro
istrumento del 29.10.1504 ricevuto da Gaspare Bossi.
Stefano f. Gio. Antonio come da istrumento di confessione
in qualità di marito e legale procuratore di sua sorella Anna Cutica erede del
q. magnifico dottor Gio. Antonio Cuticis ricevuto da Marco Antonio Sommariva il
23.8.1553. Altro istrumento di mandato del 13.4.1560 ricevuto da Gio. Alberto Bossi.
Gio. Antonio f. Stefano da istrumento di confesso, come
procuratore di Stefano suo padre, per la causa della dote della nob. Bianca
Carnaghi moglie del predetto Gio. Antonio e figlia del q. Gaspare, ricevuto da
Gio. Battista Buzzi il 20.4.1560. Istrumento di confessione a favore di Gio. Antonio
Bossi fq. Stefano, ricevuto dal detto Buzzi il 22.6.1569.
Giuseppe f. Gio. Antonio appare dal testamento di suo
padre dell'1.5.1574, ricevuto da Gio. Alberto Bossi; istrumento di ricognizione
fatta dal nob. Gio. Battista Bossi del sopraddetto Gio. Antonio fratello del
18.12.1579, ricevuto da Gio. Alberto Bossi; istrumento di investitura fatta da
Gio. Battista quale tutore di Stefano e Giuseppe del 28.6.1589, ricevuto da
Pomponio Bossi.
Giuseppe sposa Francesca Bossi f. Alfonso q. J.C.C.
Egidio, come da testamento del 20.11.1632, ricevuto da Gaspare Bossi.
Da Giuseppe nacquero: a) Carlo Antonio, come da istrumento
di protestazione del 17.6.1642 ricevuto da Giuseppe Daverio; b) nob. Gio.
Battista come da obbligazione del 24.5.1652 ricevuto da Alessandro Dardani.
Da Carlo Antonio e donna Bianca nacquero: a) nob. Gio.
Stefano; b) nob. Alfonso come da istrumento di procura del 8.12.1678 ricevuto
da Gaspare Bossi. Istrumento di transazione di Gio. Stefano, come erede
universale di altro Gio. Stefano suo avo materno, ricevuto da Gio. Battista
Sovatta il 4.6.1661. Istrumento di investitura fatta da Gio. Stefano il
16.11.1702, ricevuto da Sebastiano Bossi e da istrumento di mandato del
20.10.1705, ricevuto dallo stesso notaio.
Come Gio. Stefano e suo zio Gio. Battista fossero
dell'antica nobile famiglia Bossi del luogo di Azzate e patroni e avvocati
della Cappella di S. Bernardo della Castellanza e perciò avessero diritto
all'elezione del cappellano di detta cappella appare dall'istrumento di
elezione del 11.6.1679, ricevuto da Gaspare Bossi. Appare altresì
dall'istrumento della fondazione di detta cappellania del 15.7.1434, ricevuto
da Gio. Donato Bossi ed edito da Pietro Antonio Rusca notaio della Curia
Arcivescovile di Milano ex cuius patronatus titulo ad aliam est post Cappellani
electionem deventi anzidetto perillustre Alfonso, uti ex nobilibus Bossiis loci
Aziati, come da istrumento 17.1.1691 ricevuto da presb. Gio. Battista Bossi
notaio della curia arcivescovile.
Gio. Stefano f. Stefano appare dal testamento di suo padre
del 17.7.1707, ricevuto da Sebastiano Bossi. Istrumento di transazione del
21.1.1729 ricevuto da Gio. Battista de Portabobus. Istrumento di elezione del
23.9.1738 ricevuto da Vincenzo Bossi notaio della curia arcivescovile.
Da Gio. Stefano nacquero: a) nob. Antonio fisico
collegiato di Milano come da istrumento del 1.7.1748 ricevuto da Pietro
Francesco Campagnani; b) Gio. Battista come da fede di battesimo e privilegio
della laurea dottorale nella regia Università di Pavia.
PRO SECULARE HABITATIONE.
Carlo Antonio abita in Milano Porta Vercellina nella
Parrocchia di S. Pietro sopra il Dorso, come da istrumento di obbligazione del
24.5.1652 ricevuto da Alessandro Dardandoni.
Porta Vercellina nella Parrocchia di S. Pietro in
Caminadella, come da istrumento di transazione del 14.6.1661 ricevuto da Gio.
Battista Sovatta.
In Azzate come da istrumento di dote del 11.5.1671 ricevuto
da Gaspare Bossi.
Gio. Stefano abita in Azzate come da istrumento di
elezione del 11.6.1679 ricevuto da Gaspare Bossi.
In Milano Porta Vercellina Parrocchia di S. Pietro in
Caminadella, come da istrumento di confessione del 4.6.1668 ricevuto da Michele
Salvatore Bianchini. In Azzate come da istrumento di mandato del 12.6.1699 ricevuto
da Sebastiano Bossi. In Milano Porta Orientale Parrocchia di S. Babila come da
istrumento di caducità del 2.5.1708 ricevuto da Andrea Mazzuconi.
Gio. Stefano f. Gio. Stefano abita in Milano Porta
Orientale Parrocchia di S. Babila, come da istrumento di dote 4.5.1712 ricevuto
da Gio. Battista Mina. In Milano Porta Orientale Parrocchia di S. Stefano fuori
Milano, come da istrumento di ricognizione 18.4.1719 ricevuto da Francesco
Isella. in Azzate come da istrumento di transazione 21.1.1729 ricevuto da Gio.
Battista Portabove. Istrumento di elezione del 23.9.1738 ricevuto da Vincenzo
Bossi. in Milano Porta Nuova Parrocchia di S. Andrea alla Pusterla Nuova, come
da istrumento di confessione 1.7.1748 ricevuto da Pietro Francesco Campagnani.
Gio. Battista f. Gio. Stefano. In Milano Porta Cumana Parrocchia
di S. Giovanni alle Quattro Facce come da istrumento di ratificazione 26.6.1753
ricevuto da Matteo Pescarenico.
Beltramino Bossi
|
|
|--------------------|-----------------|
| | |
| | |
Stefanolo
Francescolo Antonio o Antoniolo
| decurione prefetto e decurione
| |
|
|
Stefanino Cristoforo
decurione
|
|
| |
|
|
magn. Gio. Antonio magn. egr. Stefano J.C.C.
|
|
|
|
|
|
nob. e magn. Stefano nob. e spett. Gio. Luigi
|
|
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|
| |
nob. e magn. Gio. Antonio magn. e ill.mo Gerolamo
|
|
|
|
|
|
| |------------------------------|----------------|
|
|
| |
| | | |
nob. e magn. Giuseppe Antonio nob. Gio. Stefano ill.mo Luigi
|
cav. di S. Stefano dei XII di provv. can. ord. della
|
|
Metropolita.
|
|
| |
|----
----------|
|
| | |
| | |
Gio. Bat. Carlo Antonio sp. donna Bianca
| |
| |
|----------|------------|
|
|
|-------|------------|
| |
| |
perill. Alfonso nob. e ill. Gio.
Stefano
degli antichi nobili Bossi di Azzate.
|
|
|
nob. e ill.
Gio Stefano
|
|
|
|-----------------|---------------|
| |
| |
nob.
Antonio fisico coll. Gio.
Battista J.C.
|
|
|
Bianca
sp. 1757 Pietro Riva.
TESTAMENTO DEL
SIGNOR DON GIO. BATTISTA BOSSI, DOTTORE COLLEGIATO, REGIO CONSIGLIERE DEL
TRIBUNALE D'APPELLO IN MILANO.
Nelle abbreviature di me notaio ,infrascritto si legge
quanto segue: "Nel nome del Signore Iddio l'anno della di lui nascita 1797
correndo l'indizione decima quinta nel giorno di domenica ventisei del mese di
febbraio, verso le ore dieci antimeridiane, e giorno otto ventoso anno quinto
della Repubblica Francese, una ed indivisibile.
Essendo che nella prossima scorsa notte verso le ore
dieci, e mezza sia passato da questa a miglior vita il cittadino Giovanni
Battista Bossi, consigliere del Tribunale d'Appello in questa città di Milano,
figlio del fu Giovanni Stefano, che abitava in Porta Ticinese, sotto la Parrocchia di S. Alessandro in
Zebedia pure di questa città.
Ed essendo che lo stesso cittadino consigliere Gio.
Battista Bossi abbia fatto il suo testamento nuncupativo implicito per
relazione alle schedule, che ha consegnato a me notaro infrascritto, come
dall'istrumento di consegna del giorno 9 ottobre dello stesso anno 1795, stato
rogato da me notaro infrascritto.
Palesando perciò l'infrascritto cittadino consigliere
Cesare Scaccabarozzi, che deve essere nominato nel suddetto testamento come
esecutore testamentario, e desiderando egli, che si venga all'operazione, e
pubblicazione dello stesso testamento affine di poter dare le correlative
disposizioni per il funerale, ed esequie, ed anche per il pronto adempimento di
qualunque altra disposizione, ha fatta la sua istanza a me notaro infrascritto
per una tale aperizione e pubblicazione.
Ritenuto pertanto, che l'anzidetto testatore nel precitato
istrumento di consegna del di lui testamento fatta a me notaro infrascritto mi
ha concessa la facoltà di aperire e pubblicare dopo la sua morte il surriferito
di lui testamento a qualunque stragiudiziale richiesta senza verun decreto, od
intervento di Giudice, o Tribunale, e senza alcuna solennità, e formalità con
farne e rogarne soltanto l'opportuno istrumento di aperizione, e verificatasi, tanto da me notaro
infrascritto, quanto dalli sotto indicati pronotari, e testimoni la seguita
morte del detto consigliere Giovanni Battista Bossi.
A richiesta dell'anzidetto cittadino dottore collegiato
Cesare Scaccabarozzi, consigliere attuale del Tribunale di Prima Istanza di
questa città, figlio del fu Carlo Francesco di Porta Ticinese, Parrocchia di S.
Alessandro in Zebedia, qui presente, che rinnovando la suddetta istanza, e
giurando, come ha giurato, e giura nel modo, e secondo la formula prescritta
dal Regolamento Giudiziario, di credere, che egli possa essere nominato nel
predetto testamento in esecutore testamentario del detto defunto cittadino
Giovanni Battista Bossi, e che stipula, ed accetta anche a favore di qualunque
interessato.
E però io notaro infrascritto, seguendo in questa parte la
speciale volontà del suddetto testatore, ed usando della facoltà concessami dal
medesimo ho presentato, come presento al sunnominato cittadino Cesare
Scaccabarozzi il summenzionato istromento di consegna del detto testamento
nuncupativo implicito del giorno 9 ottobre 1795, il quale istromento alla
presenza dello stesso instante, e delle qui sotto indicati secondo notari, e
testimoni, ho letto, e pubblicato a chiara, ed intellegibile voce di parola in
parola, la copia autentica del quale s'inserisce, ed è del tenore seguente.
Nelle abbreviature di me notaro infrascritto leggesi
quanto segue: Nel nome del Signore Iddio l’anno della sua natività 1795
correndo l'indizione decima quarta nel giorno di venerdì nove del mese di
ottobre circa le ore dieci della mattina.
L'illustrissimo signor dottor collegiato di Milano don
Giovanni Battista Bossi regio consigliere del Tribunale d'Appello in questa
città, figlio del fu nobile signor don Giovanni Stefano abitante in Porta
Ticinese, Parrocchia di S. Alessandro in Zebedia di Milano, sano per la grazia
del Signore Iddio di corpo, mente, vista, loquela, ed udito, e desiderando di
disporre delle proprie sostanze in tempo opportuno ha risolto di fare il suo
testamento implicito per relazione alla qui annessa schedola alla presenza di
me notaro, e secondo notari, e testimoni infrascritti, revocando a tal uopo,
come revoca qualunque testamentaria disposizione potesse per l'addietro aver
fatta, ancorché contenesse parole, ed espressioni tali delle quali fosse
necessario di farne qui menzione, che farebbe, se si ricordasse, mentre vuole,
ed intende che debba essere il presente derogatorio a qualsiasi altro, ed abbia
il suo plenario effetto dopo sua morte; e perché così.
Ecc. ecc. (non si trascrive).
...
Credo che non sia in me pervenuta cosa che non mi possa
appartenere, ma se mai si ritrovasse qualche cosa, che non potessi ritenere,
quella voglio che sia subito restituita a chi sarà di ragione.
Voglio, che subito dopo la mia morte, ossia con la brevità
possibile dall'infrascritta mia erede si faccia celebrare un ufficio da requiem
tanto nella mia Chiesa Parrocchiale di città quanto nella Chiesa Parrocchiale
di Azzate con tutte quelle messe, che potranno essere celebrate in tal giorno,
e che entro tre giorni dalla mia morte ne faccia celebrare altre messe numero
trecento in quelle chiese di città, od anche di campagna, che essa stimerà
opportuno in suffragio dell'anima mia, e dei miei defunti.
Rapporto poi ai miei funerali, ed altri suffragi mi
riporto pienamente alla pietà ed amore dell'infrascritta mia erede, ed in sua
assenza dell'infrascritto mio esecutore testamentario, pregandola di farli
eseguire con decenza, ma senza alcuna pompa.
Tutto il mio spoglio d'abiti, e biancherie inservienti
alla mia persona voglio, ed ordino, che si debba distribuire come segue: un
terzo al mio staffiere Francesco Marini qualora si trovi al mio servizio al
tempo di mia morte, e gli altri due terzi per eguali porzioni a tutta la
servitù, che si troverà pure in casa mia al tempo come sopra.
Ai Luoghi Pii di Terra Santa lascio per una volta tanto
lire diciotto imperiali.
A donna Laura Brusati mia dilettissima moglie, avuto riguardo
al prodotto dei miei beni, ed al reddito primogeniale, lascio a titolo di
legato, e di particolare instituzione, e come meglio l'annua somma di lire
quattromila imperiali, e sempre al caso delle gride a titolo di alimenti, e
de3cente mantenimento da darsegli, e pagarsegli dall'infrascritta mia erede di
trimestre in trimestre, e sempre anticipatamente, e ciò vita sua natural
durante, e rimanendo in istato vedovile, e purché la medesima s'accontenti di
lasciare nella mia eredità, e presso l'infrascritta mia erede la sua dote e i
frutti della contro dote, nel qual caso potrà la detta mia moglie disporre a
causa di morte della somma di lire seimila, e non oltre, le quali in questo
caso dovranno essere pagate dall'infrascritta mia erede a tenore della disposizione
che venisse fatta dalla detta mia moglie.
Qualora poi la detta mia moglie non volesse accontentarsi
di lasciare presso la mia erede la sua dote, e frutti della controdote, aggravo
la mia erede di pagare, e corrispondere alla detta mia moglie la sua dote, e
l'usufrutto della di lei controdote e questo di trimestre in trimestre sempre
anticipatamente vita sua durante, e rimanendo in stato vedovile, ed inoltre a
corrispondergli pure annualmente la somma di lire mille imperiali a termini
come sopra, rimanendo però in stato vedovile.
Dovrà inoltre pagare la mia erede a carico della mia
eredità le spese del lutto, che dopo mia morte farà la detta mia moglie, e
qualora nascesse qualche questione sulla di loro importanza, dovrà questa
decidersi arbitrio boni viri dell'infrascrittomio esecutore testamentario senza
alcuna formalità, ed alla decisione del medesimo dovranno, tanto la detta mia
moglie, quanto la detta mia erede pienamente uniformarsi.
Sarà altresì la mia erede di fornire alla detta mia moglie
tutti quei mobili, suppellettili di casa, biancheria, ed altro che le potrà
abbisognare per fornire, ed addobbare decentemente la sua abitazione, e qualora
nascessero questioni sull'assegno dei suddetti mobili, suppellettili,
biancheria, dovranno queste parimenti decidersi dall'infrascritto mio esecutore
testamentario nel modo come sopra, e col comando come sopra; ben inteso però,
che tutti li suddetti mobili, suppellettili, biancherie che venissero
rilasciate alla detta mia moglie, dovrà farsi un inventario, ad oggetto che
dopo la di lei morte il tutto ritorni alla detta infrascritta mia erede, salva
la vetustà, e ben inteso altresì, che nel caso la detta mia moglie si
rimaritasse, non debba la medesima godere ulteriormente dell'uso dei detti
mobili, li quali potrà subito ripeterli la detta mia erede, salva la vetustà
come sopra.
Avrà altresì la detta mia moglie di fare un mese di
vacanza annualmente nella mia casa di Azzate ne tempi però, in cui si troverà
ivi pure la mia erede, la quale sarà obbligata a mantenerla decentemente, come
veniva fatto da me testatore, a riserva della carrozza.
Nel caso poi che la detta mia moglie non volesse usare di
questo diritto sarà tenuta la mia erede di corrispondergli lire centottanta
imperiali per ciascun anno.
Tale diritto però intendo, e voglio, che non abbia più a
competere a detta mia moglie, tanto nel caso che ripetesse la sua dote, quanto
nell'altro che si rimaritasse.
In tutti gli altri miei beni, mobili, immobili, ragioni,
crediti, azioni, e nomi de debitori, che ho, ed al tempo di mia morte lascerò,
ho instituito, ed instituisco, scrivendo come scrivo di mia propria mano, erede
universale donna Bianca Bossi mia unica figlia avuta dalla detta donna Laura
Brusati mia dilettissima moglie, ed in oggi maritata col nobile dottore
collegiato e decurione della città di Como don Pietro Riva mio genero, e
qualora detta mia figlia erede come sopra premorisse a me testatore, in tal
caso ho sostituito, e sostituisco volgarmente alla medesima, ed a me testatore
il di lei figlio Gio. Battista Riva, ed ogni qualunque altro maschio, nato
dalla mia stessa figlia erede.
Voglio pure che siano continuati i legati disposti da mio
fratello don Antonio nel suo testamento alle mie sorelle fin tanto che
sopravviveranno.
Voglio finalmente che sia condonato ai miei massari e
pigionanti qualunque debito che tenessero verso di me al tempo di mia morte, eccettuato però il livello sopra i beni
della Castellanza.
Mi riservo la facoltà di accrescere, variare, diminuire la
presente mia disposizione anche per semplici scritture da me firmate, le quali
ritrovandosi nella mia eredità ovvero presso l'infrascritto signor notaro, o
qualunque altra persona, voglio ed ordino che siano considerate, ed osservate
come parte del mio testamento.
In esecuzione di quanto ho come sopra disposto in questo
mio testamento deputo, e constituisco l'illustrissimo signor dottor collegiato
don Cesare Scaccabarozzi regio consigliere del Tribunale di Prima Istanza di
questa città, a cui lascio, e prego di aggradire per mia memoria, ed a titolo
di legato il mio orologio d'oro di saccoccia, persuaso che vorrò assumere il
presente incomodo, attesa la di lui bontà, ed amicizia, che mi ha sempre
dimostrata, confidando pienamente nel medesimo, che farà eseguire, come le
raccomando, la predetta mia disposizione.
E questa la mia buona, ed ultima volontà, che consegno al
notaro di Milano dottor Antonio Sesti mio conoscente, affinché dopo mia morte
apra, e pubblichi questo mio testamento nuncupativo implicito senza decreto, ed
intervento di qualunque giudice, o Tribunale, ed omessa qualsivoglia solennità
anche necessaria, perché voglio, così, e dispongo, dando, e concedendo fin
d'adesso io testatore al predetto dottor Sesti notaro, od a chi perverranno le
abbreviature, tutta la mia ampia, ed opportuna facoltà di aprire, e di
sigillare dopo mia morte a qualunque richiesta il presente mio testamento, e
quello pubblicare, e darne copia autentica a chiunque la richiederà anche per
capitoli separati.
E per fede mi sottoscrivo con l'apposizione del mio stemma
gentilizio.
Sottoscritto Gio. Battista Bossi regio consigliere
d'Appello e testatore.
Azzate, 2 novembre 1795
Prevalendomi io sottoscritto della facoltà riservatami
nell'ultimo mio testamento di accrescere o diminuire quanto mi fosse piaciuto,
e ricordevole d'aver assegnato nel detto mio testamento annue lire quattromila
a donna Laura mia moglie vita sua natural durante, e ciò avuto riguardo al
reddito della primogenitura, ed al prodotto de miei beni patrimoniali, ma
riflettendo che sopravvivendo a me sottoscritto il signor don Alfonso Bossi mio
carissimo cugino si devolverà al medesimo la surriferita primogenitura vita sua
durante, così che fin tanto ch'esso vivrà non sarà capace la mia eredità a
sostenere l'annuo carico di dette lire quattromila che però in tal caso, e non
altrimenti, voglio ed ordino che al mio erede si paghino soltanto alla detta
mia moglie annue lire tremila; qualora poi premorisse il suddetto don Alfonso,
vivente tutt'ora la predetta mia moglie e ritornando la detta primogenitura
alla mia casa allora sarà altresì tenuto il mio erede sborsare alla medesima le
dette annue lire quattromila nei termini prescritti e spiegati nel mio
testamento, e questa è la mia mia buona e ultima volontà.
Sottoscritto Gio. Battista Bossi regio consigliere
d'Appello.
Azzate, lì 11 novembre 1795.
La presente carta è stata oggi consegnata a me notaro
infrascritto dal prefato illustrissimo signor dottor collegiato don
Giambattista Bossi regio consigliere del Tribunale d'Appello in Milano per
unirla nelle mie abbreviature presso la schedola del di lui testamento
nuncupativo implicito, come dall'istromento di consegna da me rogato nel giorno
9 ottobre corrente 1795 ed in fede.
Sottoscritto dottore e causidico collegiato Antonio Sesti
notaro di Milano.
(Segue autentica e tabellionato del notaio Sesti).
D. Gio.
Stefano Bossi
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D. Gio. Stefano
....... (?)
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D. Gio. Battista Bossi D.
Alfonso
Testa 9.10.1795
legatario
+ 26.2.1797
Sp. marchesa Laura Brusati
legataria
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D. Bianca Bossi
erede universale
Sp. D. Pietro Riva decurione di Como.
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D. Gio. Battista Riva
erede sostituito.
Promemoria.
Non avrebbe creduto D. Gio. Battista Bossi giudice al segno
del Gallo che dovessero essere accolte fuori della via giudiziale le nuove
pretese del M.R. Sig. Curato Coadiutore di Azzate, massime che sono totalmente
estranee dal già da lui dedotto nelli atti, ciò nonostante per quella profonda
venerazione che professa all’ill.mo e rev.mo Vicario Manzoni a gloria della
pura verità risponde il detto Bossi.
Essere verissimo che le allegate asse furono comperate dal
prete D. Mario Cetti allora agente del suddetto Bossi nel prezzo di lire 7, ma
essere altresì vero e costante che furono dal medesimo Cetti al detto
Coadiutore pagate nell’allegato anno 1764 come risulta da annotazione fatta a
libro dal predetto Cetti, quale per maggior confusione di detto Sig. Coadiutore
occorrendo si produrrà detto libro per essere questi ad Azzate.
Tanto più poi si manifesta la mala fede di detto Sig.
Coadiutore da che finché visse detto D. Mario, né dopo la morte del medesimo ne
ha mai richiesto le asserite lire 7 fino al giorno d’oggi, sapendo benissimo
d’essere stato realmente soddisfatto.
Avvenne la morte di detto D. Mario al principio di marzo
dell’anno 1765 ed avendo fra le altre cose lasciato un credito di lire 94 circa
verso di detto Coadiutore, venne egli sopra di ciò interpellato ed accordò
d’essere debitore di detta somma, offerendosi a compensarla colle spese funerarie
di detto D. Mario, le quali essendo state convenute in lire 105 circa
compensate le suddette lire 94 fu del restante detto Coadiutore intieramente
soddisfatto; di tal fatto pure occorrendo, se ne proveranno le giustificazioni;
frattanto riescono al detto Bossi troppo scandolose simili pretese, massime
dopo un sì longo silenzio, e siccome sono state realmente soddisfatte; così fu
credere con ciò il detto Sig. Coadiutore d’aver obbligato il carattere di
parroco, non meno, che di cattolico.
Quanto poi all’altro preteso credito verso di detti fratelli
Bossi di segale, miglio e vino a titolo di primizia; il non averlo detto Sig.
Coadiutore dedotto giudizialmente come ha fatto delli altri suoi sognati
crediti, dà con ciò manifestamente a conoscere, che non aveva alcun fondamento,
a cui appoggiarlo.
Fin a tanto che visse il comun padre de soddetti fratelli
Bossi, siccome egli abitava per la maggior parte in Azzate, così fu da lui
pagata al Coadiutore per tempora la corrispondente primizia.
Da D. Antonio e fratelli Bossi però, che risiedono per la
maggior parte dell’anno in città, come mai si potrà pretendere una tale
primizia? Forse perché lasciano una persona alla custodia della loro casa di
Azzate, dovrà perciò dirsi che tengono casa aperta, e per conseguenza, che sono
obbligati alla primizia? Questa sarebbe una patente novità opponendosi
totalmente alla pratica di tutti gli altri compadroni, quali per caso simile
non hanno mai pagata veruna primizia.
Aggiunge detto Sig. Coadiutore che si faccia lavorar terreno
in casa, senza spiegarne il quantitativo; non ha però difficoltà di confessare
il detto Bossi, che questo si riduce a 6 o 7 pertiche quali ha fatto lavorare a
mano principiando dall’anno prossimo scorso 1767, di cui non si ritira di
pagare quella corrispondente primizia che verrà arbitrata dal suddetto ill.mo
Vicario Manzoni fin a tanto che detto terreno continui a lavorarsi in casa.
Non ha altresì difficoltà di confessare il medesimo Bossi ad
aver fatto lavorare per alcuni mesi in casa il terreno tenuto in affitto dal
massaro Giudice (del cui asserito debito ingiustamente pretese detto Sig.
Coadiutore nelli atti di caricarne il detto Bossi) detto terreno però poco dopo
fu affittato ad altro massaro, siccome però dal sin qui detto risulta
chiaramente l’ingenuità di detto Bossi, così fassi egualmente manifesta l’idea
torbida e litigiosa di detto Sig. Coadiutore, quale non può negare di essere
debitore al detto Bossi di lire 31.10 per causa di spese giudiziali nelle quali
è stato condannato dall’egregio Sig. Podestà di Varese, come consta dalli atti
fatti vanti l’ill.mo Vicario Manzoni, al quale non ostante le ragioni premesse
ù, ed il già dedotto nelli atti, tanto detto D. Antonio come il detto D. Gio.
Battista fratelli Bossi intieramente si subordinano per quell’onesto
temperamento, che l’istesso ill.mo Vicario stimerà conveniente.
Il sacerdote Giuseppe Limido curato coadiutore d’Azzate
rispetto alla di lui vertenza col nobile et ill.mo Sig. D. Antonio Bossi
consegna all’ill.mo e rev.mo mons. Vicario civile le seguenti memorie, cioè:
Oltre l’addimandato nelli atti della causa pendente, egli
è creditore verso detto ill. Sig. Bossi
per importo di tante asse vendute fin dall’anno 1764 o come in fatti d’accordo
con lo stesso nob. D. Antonio di lire 7.
Il detto Sig. D. Antonio rispetto all’obbligo che egli ha
come quelli che fa lavorare terreno in casa tenendo casa aperta con fattore e
di pagare ogni anno al parroco uno stara di segale, altro di miglio ed uno
stara di vino come dalla fondiaria e come dalla pratica delle chiese, e non
avendo detto Sig. D. Antonio dopo che in presso del beneficio il presentaneo
curato coadiutore pagato altro che il vino per li primi quattro anni, deve sei
stara segale, sei di miglio e due vino.
Inoltre si prega degli opportuni provvedimenti per il
tratto successivo.
Di più essendo morto in Azzate un prete agente del detto
Sig. D. Antonio Bossi, il quale mi ha promesso, che avrebbe pagato il funerale
del defunto agente, essendo presente il speciale d’Azzate per concordo del
funerale.
Che l’azione del M.R. Sig. Coadiutore di conseguire la
primizia de frutti da massari e pigionanti, secondo l’immemorabile antichissima
consuetudine, quale si deve unicamente attendere in questi casi è sempre stata
azione personale.
Che D. Antonio Bossi deve costantemente credere che detto
Sig. Coadiutore abbi esatto a suo tempo, cioè dal 1764 in avanti, da nominati
conduttori de beni quel tanto che a lui s’aspetta per detto titolo di primizia.
Che il padrone dei fondi non è mai stato secondo detta
consuetudine costituito nel passivo possesso di dover pagare la detta primizia
a scarico de detti conduttori.
Che in ogni caso detto D. Antonio non si deve mai dire
debitore di tal primizia avendo due fratelli laici, cioè il dottor collegiato
D. Gio. Battista e D. Francesco, quali possidenti pro indiviso.
Che fra loro tre fratelli pende giudizio della famiglia
..... davanti al Senato.
Che il Ministro
Delegato per le imminenti divisioni e l’ill.mo Sig. Senatore Santucci avanti
del quale domandano d’esser convenuti come loro giudice competente.
Che in caso diverso protestano d’aver ricorso al Principe,
trattandosi di una novità pregiudiziale ai sudditi di S.M.
N. 673
Milano, 9 agosto 1793
Gio. Battista Bossi, regio consigliere presso il Tribunale
d’Appello di Milano, fq. nob. Gio. Stefano presta a donna Luigia Vigorè
Bellinzaghi, vedova di don Gerolamo Bellinzaghi, abitante in P.T.P.S. Giorgio
al Palazzo di Milano, la somma di lire 5.000, da restituirsi entro 4 anni
coll’interesse del 5%.
A sua volta, donna Luigia presta queste lire 5.000 al
fittabile Francesco Casiraghi e figli acciò possano pagare la metà del fitto
anticipato sulla possessione di S. Donato di ragione del conte Carlo Durini.
Milano, 17 marzo 1796
Gio. Battista Bossi si rende garante di Natale e Innocenzo
fratelli Casiraghi fq. Francesco versi il conte Ercole Durini che ha concesso
in affitto ai predetti Casiraghi la possessione denominata la Grassa situata nella Corte di Monza
per il prezzo di lire 4.880 a
partire da S. Martino 1795.
N. 708
Milano, 9 agosto 1777
TRANSAZIONE
TRA I FRATELLI ANTONIO, GIO. BATTISTA E FRANCESCO BOSSI FQ. GIO. STEFANO
…
Alla data della morte del padre (1757) d. Francesco era
tenente nelle truppe di S.M. Cattolica; ora è capitano onorario.
D. Claudio è alfiere nelle truppe austriache.
Margherita Cattaneo è la seconda moglie di Gio. Stefano.
Alla data della transazione era ancora vivente d.
Giuseppa, mentre d. Claudio era già morto.
Il 16 maggio 1760 il Senato aveva provvisoriamente
assegnato a d. Francesco lire 25 al mese e a d. Giuseppa lire 3.500 come dote
temporale o spirituale.
Signor Zio carissimo.
Como, lì 18 gennaio 1789.
Essendo molti giorni che non ho sue nuove, l’incomodo con
questa mia, perché mi favorisca di ragguagliarni circa la sua salute, e quella
dei miei signori genitori, essendo un affare che molto m’interessa; e a mio
marito preme di poterlo servire se sarà fattibile anche riguardo al fattore,
avendogli significato li suoi sentimenti espressi nell’ultima sua carissima,
dice dunque il medesimo che conosce un uomo, di professione massaro, e
muratore, dell’età d’anni 35 circa, d’ottima fedeltà e che sa leggere e
scrivere e far conti, ma il tutto discretamente e non ha perfezione, questo ci
sembra sia fatto apposta per fare il fattore a V.S. carissima, ma io avendo
rilevato una difficoltà, mio marito tarda a parlare a quest’uomo finché ha
sentito da lei cosa le dice, la difficoltà consiste nell’aver moglie e tre
figlioli; basta ci penserà, e ci saprà dire la sua risoluzione, ed una idea del
salario tanto per intendersi meglio; i due massari speditegli ad Azzate con
l’indirizzo diretto a V.S. (per non aver tempo di scrivere lettera) bisogna
dire che si siano pentiti per cagione del tempo cattivo che in seguito
sopravvenne, ma non dubiti che a primavera ne capiteranno in abbondanza e si
manderanno da lei; qui il tempo continua ad essere cattivo ma nonostante sorto
alla sera per andare al teatro giacché la contessina Bossi mi favorisce sempre
colla carrozza, e sono obbligatissima alla casa Bossi in complesso per le
attenzioni che mi fanno.
In questo punto ricevo il suo foglio, il quale invece di
consolarmi, m’enpie di confusione sentendo lo scompiglio nato in casa sua per
cagione di quella lettera, che ancora no so che mi dica, né a chi dare la colpa,
se non che procurare di aggiustarla come faremo; dunque la cosa è così, in
verità che essendosi meco stupita la signora madre, perché non avessi
accompagnato il pacchetto con mie righe, io incombenzai mio marito che si
facesse render conto del dottor Clerici dove era smarrita la lettera, ed il
medesimo rispose che aveva consegnato la medesima unita al pacchetto al signor
padre, e che in sua presenza lo ha slegato, e disse questa è roba che va a mia
moglie; io sentendo questa dichiarazione del Clerici restai sorpresa, ma
facendo un poco di riflesso, lontanissima dal credere che il signor padre
volesse far questa cosa a bella posta, ma piuttosto in astrazione, feci sapere
alla signora madre l’occorrente, e le dissi nei precisi termini, che forse
inavvertitamente aveva slegata la lettera dal pacchetto, ma che ce l’avrebbe
consegnata in seguito, come tenevo sicuro.
Ora sentendo con nostro rammarico questo pasticcio, abbiamo
indotto il dottor Clerici a scrivere la lettera da loro desiderata per
giustificazione del signor padre e per il desiderio della loro pace: ed il
Clerici lo fa anche a riguardo del rispetto che professa al signor padre ed a
mio marito, onde speriamo che le cose andranno bene, anche appoggiate alla
prudenza e buona grazia di V.S. mio dilettissimo, che saprà rappacificare l’una
e l’altra parte in maniera lodevole, così che mi possa consolare allorché ne
saprò il buon esito; ed anzi lo prego giacché non ci costa fatica lo scrivere a
dirmi come è aggiustata questa differenza, per nostra quiete.
Intanto lo prego volermi bene, e ricordarsi d’una nipote che
l’ama teneramente, ed al signor padre le faccia li miei più affettuosi
rispetti, e le dica che io non le scrivo per non accrescere il lavorerio,
giacché ho altre strade per saper sue buone nuove, e pregandoli aggradire gli
rispettosi complimenti di mio marito, con piena stima mi protesto.
Di V.S. mio carissimo
aff.ma ed obbl.ma serva e nipote
Bianchina Riva
Carissimo Signor Zio
Como 29 luglio 1790
Ieri mi fu trasmessa la graditissima sua col cestino, questa
mi colmò di consolazione vedendo il buon cuore che ha per me godendo come dice
di trattenersi con me, ma lo posso assicurare che non è inferiore la mia premura
verso di lei mio gentilissimo signor zio. Lo ringrazio poi infinitamente, come
fa mio marito, degli incomodi che si prende per favorirci, anzi scuserà la
nostra sollecitudine, ma i motivi gli saprà, cioè essere il capitale morto in
mano a Pioltini, l’altro che tardando potrebbe venire una diversa disposizione
del nuovo Re.
Qui siamo in grande costernazione per la sollevazione dei
nostri tessitori di seta, essendoli mancato il lavorerio a motivo del
fallimento Mainoni, ed anche per la scarsità delle commissioni a motivo della
guerra, hanno dunque cominciato lunedì andare per le case attruppati in numero
di trecento circa, a farsi fare la carità per forza, obbligando gli stessi a
darle una fede che questo soccorso lo avevano dato di sua propria volontà; a certi
mercanti sono entrati nelle cantine e hanno lasciato andare il vino fuori de
vascelli, ed altri simili dispregi; andavano costoro per le botteghe dove v’era
qualche tessitore buono che voleva lavorare, a levarlo per forza e strascinarlo
in compagnia loro, insomma all’ora di pranzo avevano raccolto per circa mille
lire e sono andati alle osterie ad ubriacarsi come porci; bisogna notare che la
settimana scorsa si sapeva che questi baroni volevano cominciare lunedì a
saccheggiare le case, ed avendo ricorso al governo di Milano, venne la
risposta, che erano timori pannici, al martedì è arrivato il consigliere D.
Marsiglio Landriani per dirigere quest’affare; si sono armati molti cittadini e
cavalieri per far fronte ai tessitori, che tutti armati volevano sforzar le
porte della città che si tenevan chiuse anche di giorno appunto perché non
entrassero, e mercoledì si son radunati nei nostri borghi per assaltare i
passeggeri, cosicché sul mezzogiorno si è sonato campane a martello per più
d’un’ora, questi birbi impauriti sono
scappati, chi di qui e chi di là, intanti si siamo rinforzati cogli uomini
delle Comunità vicine, che si sono fatti venire in città, e anche di questi
strada facendo furono disarmati dai medesimi tessitori, finalmente ieri sera
sono arrivati da Milano il maresciallo Stain con cinquanta soldati, sette
dragoni e quindici campagnoli; ma che? Scapati i bovi chiusa la stalla, adesso
questi disgraziati andranno per le strade e per le terre a far bricconate,
finché vedranno li cittadini quietati, e
poi ritorneranno a far peggio di prima, perché sono anime disperate e viziose,
che in quest’occasione non è stato il maggior motivo la miseria, perché fino
sabato sera hanno avuto da lavorare, e poi gli hanno promesso di darle
provvidenza; adesso sento che si mandano le requisitoriali perché dove capitano
siano subito arrestati, e in numero di venti sono già arrestati qui che si
tradurranno a Milano; mi rincresce di quelli che hanno preso il cammino verso
Varese, perché è facile che si uniscano coi malcontenti di quel Borgo; mi scusi
se mi sono mal spiegata in questo racconto, ma tra l’agitazione continova di
questo tumulto; tra il travaglio dpaver mio marito ammalato con febbre, fino da
domenica sera, per cui non ho potuto essere al caso di dare provvidenza alcuna,
né suggerimento in Pretorio, né in città dove si sono radunati tutti gli
decurioni, che forse se era sano, sarebbe andato diversamente le cose, colla
sua direzione; adesso per grazia di Dio si trova senza febbre ma si sente molto
debole; m’inpone fargli li suoi affettuosi rispetti, che uniti ai miei prego
passarli alla signora madre, e potendolo servire sono continuamente ai suoi
comandi; dichiarandomi piena d’interessamento di V.S. carissima.
Obbl.ma ed aff.ma serva
Bianchina Riva
N. 717
Carissimo fratello.
Milano, 5 settembre 1770.
Poco dopo la vostra partenza mi portai per curiosità in
scuderia, dove vi trovai ancor appese le cavezze, quali ritirai, ma non so se
ve le debba mandare o no; ritrovai pure piena la rastellera di fieno,
empiendone un sacco ben calcato, ed un gerlo fatto portar in tinello, vedo
altresì la bussola piena, che nel decorso di tre mesi può partire la muffa.
Ieri si è fatta la gran caccia de tori quale non sarebbe
stata disgradevole se avessero lasciato operare, ma appena i cani vennero alla
presa, che li fecero ritirare, e l’asino della prima volta fu quello, che
riportò il comune applauso, caddero due palchi, dame, e signore col mappamondo
all’aria, e più di cinquanta persone a terra, ma grazie a Dio nessuna si fece
male.
Ho mandato Bassano di buon ora incontro a Cavallanti, ma il
Medea non è venuto, come pure intendo non essere vero, ch’egli abbia carettino
di sorte alcuna, tenendo appena una bestiola che stenta a reggersi sulle gambe,
onde prevedo che il riso dovrà restare fino alla venuta di qualche carro di
vino.
Finora dal Signor Capitano di Giustizia non si è fatta
ordinazione per la casa.
Vi prego dei miei più affettuosi saluti alla consorte e
figlia, mentre di tutto cuore mi dico di Voi carissimo
Aff.mo
obbl.mo fratello
Gio.
Battista Bossi
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Carissimo fratello.
Milano, 6 novembre 1770.
Se in Signor D. Giovanni Cittadini mi avesse mantenuta la
parola di trovarsi a Milano nel giorno di S. Carlo, certamente non ero ieri
sera in città all’arivo del Piemontese con sua moglie, che non ho ancor veduti
perché mi trovavo fuori di casa; stupisco che abbino continuato fin ora il
servizio; per usare una ragione maligna e sospettosa, le farò portare a livrea,
e le consegnerò le lire (?) 7.
Dubitavo altresì del cocchiere perché quella brutta e
sgarbata di sua moglie tutte le domeniche in cui veniva a prendere il mezzo
filippo sempre tontonava dolendosi, che
non fosse in città; sull’idea però che nodrivo di partir ieri da Milano per
essere di ritorno il giorno 18 o 19 del corrente avvertite che ho consegnato
alla detta Donna lire 7 per comprendere anche la successiva settimana, in cui
fossi assente, onde ne avrete riguardo per farvele abbuonare.
Pietro Antonio è a padrone, ma io avrei trovato altro
carozziere da mandarvi, se fortunatamente non si fosse trovato in libertà Carlo
lo zio di Bassano, quale è ancora disposto e capace di fare il suo dovere, ed a
cui ho inculcato di far del tutto; consegno al medesimo soldi trenta per
vivere; e lo mando ai cavallanti, acciò possa venire un po’ a cavallo, un po’ a
piedi e voi le pagherete la spesa, che averà accordata con detti cavallanti.
Se dentro d’oggi verrà Cittadini forse partirò domani con
Trecate giunto da Nizza la vigilia di S. Carlo, ed il carrozziere, che parte da
Azzate, quando dovesse partire colla livrea, può in tal caso consegnarla ala
portinara di vostra casa.
Parimenti alla mutazione dei tempi passati ho avuto fran
dolore di testa in seguito nella scorsa settimana mi tormentò fortemente il
braccio destro principiando nel giorno 4 crescendo più forte in tutta la notte;
ieri pure mi prese, e ne spasimai in tutta questa notte nell’istesso braccio a
segno che mi cavava le lacrime non potendo soffrire ne caldo ne freddo, talché
mi dimenai tutta notte senza chiudere occhio, e questa mattina mi sento molto
abbattuto continuandomi in parte il risentimento nell’istesso braccio; non so
donde provenga tal cosa, ne io le ho dato verun motivo, e scrivo con molta
pena.
Si discorre molto della rinunzia del nostro Arcivescovo a
monsignor Archinti.
Ieri è partito per Cesano monsignor Erba per sposare la
figlia Borromea, mediante procura fatta dal principe Cesarini nel di lei
fratello; la principessa sua suocera la viene ad incontrare con gran treno fino
a Bologna, conducendole fra gli altri sei gentiluomini in abito scarlatto
gallonato d’oro ed il principe suo marito si porta a Loreto, dove seguirà la
consegna.
Salutatemi caramente la consorte e figlia mentre di tutto
cuore mi dico.
Di voi carissimo
Aff.mo obbl.mo fratello Gio. Battista Bossi
P.S. – Mi viene l’avviso che Cittadini ritarda la sua venuta
fino al giorno S. Martino, ed il Podestà già non viene, che dopo, onde con ciò
mi vedo privato di qualunque sollievo, e sacrificata la vacanza con mia gran
pena avendone tutto il bisogno; pazienza.
All’ill.mo Sig. Sig. Padrone Colendissimo
Il Signor Don Antonio Bossi
Fisicio Collegiato
Azzate
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Carissimo fratello.
Milano, 11 giugno 1771
Sabato mattina si sono reciprocamente sottoscritte le due
scritture per l contratto della Casa Beolchi, e quella di livello con tre
testimoni, di cui ve ne accludo copia semplice avendo dato l’ordine al dottor
Luvini per le copie autentiche.
Don Paolo Beolchi ha bensì decampato dell’accrescimento di
fitto, ma mi ha fatto dire dall’istesso Luvini che voleva almeno un mezzo rubbo
di cioccolata. Io me ne scusai sulla Vostra assenza dandogli buona parola,
invero però io non ci darei un quattrino, e merita piuttosto una tale attenzione
il dottor Luvini per molti motivi, che discorrerò dopo il vostro ritorno.
Mi portai bensì tosto a disimpegnarmi dall’abate Migliavacca
ed avvocato Longhi quali mi soggiunsero avrebbero tosto avvisato il Signor
Busti per l’esposizione delle cedole.
P.S. – Ricevo la carissima vostra, da cui scorgo con mio
rincrescimento che siete poco contento del contratto della Casa Beolchi; Vi
prego di ritenere che della Casa dell’Avignone non avevamo altra scurezza che
per due anni; che era incerto se il padrone avesse aderito per un novennio, e
molto più incerto di poter concludere un livello, sì per i molti pesi caricati
alla detta Casa, per cui conveniva far molti passi presso il Senato; sì perché
detto Avignone è un miserabile, che come sentii ultimamente dall’abate
Migliavacca intendeva piuttosto di accrescere il fitto che di sminuirlo;
inoltre bisognava cominciare sottoporsi a lire 700 d’affitto per i due anni che
restano al Longhi, e dopo i due anni, o crescere d’affitto o spazzare un’altra
volta, ora misurate le nostre forze, se erano capaci per le sole lire 700,
inoltre quanto sia discosta dal centro della città. Naviglio il più sporco e
fetente di tutta Milano, gran fango all’inverno, gran polvere all’estate per
cui si sarebbero dovuti tenere sempre chiusi i vetri, e che sole avreste
sofferto il tutto il Corso di S. Eufemia; chiese lontane per cui sarebbe stato
di molto incomodo sì a voi che a donna Laura portarsi fino a S. Celso sì
d’estate che d’inverso, oltre d’essere una chiesa di molta soggezione.
La situazione della casa Beolchi non è infelice come voi
dite, mentre vi sono molte altre case nobili di contro e davanti alla casa
Beolchi, vi è il cambio della carrozza, inoltre la corte è più grande di quella
di casa di S. Agnese e capacissima per voltar la carrozza, vi è il comodo
di altre chiese vicine e tutti li comodi
in casa per lire 550 al più. Ringrazio il Signore Iddio di non aver lasciato
sfuggire tale occasione posto che Don Paolo voleva subito risolvere prima di
andare in campagna con la famiglia e di fatti è partito fino da lunedì mattina
altrimenti non essendo noi al caso di spender molto si saressimo ridotti a S.
Michele ad un qualche cattivo tugurio, mentre oltre le disposizioni della Corte
di Vienna, che già sapete, sono venuti nuovi ordini per provvedere altre
abitazioni; così che a mia notizia il Gemelli e Galera è costretto partire
dalla propria casa, restandovi Don Felice per essere nell’interno della casa, e
ne Mazzari e la povera Donna Livia Majma è costretta portarsi fino alla
Cavalchina; mi scordavo altresì di suggerirvi quanto avreste speso nel rilievo
di tanti mobili, ed altri commodi fatti dall’avvocato Longhi, e finalmente che
trovandomi io senza lucro personale, non sono più al caso di aiutarvi come ho
fatto per il passato, accontentandomi di andare pezzente in questa estate per
non essere al caso di farmi un abito.
Non posso più scrivere. Ho visto la lettera Vostra e la
consegnerò a Don Cesare. Riflettete benissimo che non avete a che fidarvi de
parenti di Gaetano; massime che mi viene detto di certo da Bassano che il prete
e suo protettore.
Farò consegnare la tela al scagnaro.
Godo siete giunto con buona salute, similmente abbiate
ritrovato Donna Laura e la Paola
alle quali vi prego dei miei più affettuosi saluti, come anche a nome di tutti
li parenti ed amici, mentre mi raffermo.
Di voi carissimo
Aff.mo e
obbl.mo fratello
Gio. Battista
Bossi
All’illmo Sig. Sig. Padrone Collendissimo
Il Signor Don Antonio Bossi
Fisico collegiato
Con un pachhetto di Ramolazzi
Azzate
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15 giugno 1771
Ho fatto interpellare il Sig. D. Francesco mio fratello se
voleva ricevere la consueta mesata colla deduzione della terza parte in ragione
del sequestro giudiziale intimatoni ad istanza del Signor Dottor Del Frate, ma
mi fece rispondere che voleva tutto o niente. Prima però di passare a
giudiziale deposito del denaro presso del Cancelliere del Collegio dei Signori
Notari, stimereiu che V.S. Rev.ma usasse con attenzione al Signor Dottor
Crivelli mio buon padrone ed amico, portandosi domani mattina dal medesimo a
nome mio a partecipargli l’occorrenza lusingandomi che con buna maniera sappia
indurre il detto Signor Don Francesco a non caricarsi di maggiori spese al caso
di dover passare a detto deposito.
Non mi porto io in persona dal detto Signor Dottor Crivelli,
acciò il medesimo D. Francesco non abbia a dire che io le sovverto tutti i suoi
patrocinatori. E con tutta la stima mi raffermo
Dev.mo servitore Gio. Battista Bossi
Unisco a buon conto il sequestro e confesso.
Carissimo Fratello.
Milano 18 giugno 1771
Dopo d’essermi portato dal Ministro a partecipargli le
occorrenze intorno al sequestro e successiva renitenza del Signor Don Francesco
riceverete le lire 30 e che sentii dal detto Ministro ch’eli non voleva
prendersi veruna ingerenza sopra tal proposito col Signor D. Francesco; lasciai
la retroscritta memoria al Dottor Millefanti, in vigor della quale mi disse
successivamente che il Signor Dottor Crivelli, le aveva comunicato un memoriale
diretto al Presidente del Senato, in cui addimandava che si lasciasse in
libertà la consueta mensualità a D. Francesco, e che il dottor Del Frate
dovesse differire l’esigenza del suo credito sino a che Don Francesco avrà
conseguita la sua tangente, ed a tal fine la delegazione dell’istesso Andreani,
avanti di cui sarò citato Del Frate in contraddittorio, ed io me ne starò alla
finestra spettatore dell’esito.
Ricevo la carissima vostra a cui rispondo, che Don
Paolo è andato in campagna per i suoi
affari e non ritorna che verso la metà di luglio; che niente è sperabile da lui
in genere di livello; che non abbi a far poco a ritenere la condizione
esistente nel Riguardo; quale voleva assolutamente depennata, ed intanto la
lasciò passare, in quanto fu lusingato dal dottor Luvini, che il Ministro non
avrebbe mai all’acquisto fatto dal fratello; che se io non avessi aperti li
occhi con la voluta rinuncia durante il novennio, scopersi che dopo d’un anno,
aveva esso fissato di venirla ad abitare. Il dottor Luvini mi lusinga dopo il
ritorno del fratello da Vienna di portare col tempo ottenere: Ne esso Luvini ha
veruna confidenza con la Casa
Carcani. Quando io visitai la detta Casa la trovai tutta
imbarazzata e toccai con buona grazia alla Signora il desiderio l’aver luogo
prima di S. Michele, ma mi rispose che non era possibile non facendosi ad essa
pure il luogo nella Casa Lavezzari da una vedova ivi esistente, quale andava ad
abitare nella Casa Bongiovanni. Insomma non pensate a questo per ora mentre la
mia maggior premura si è di poter affittare i Mezzani.
Dentro la corrente settimana spero d’aver la copia delle
eccezioni di D. Francesco ai documenti da noi messi agli atti, e questo esige
tutta la mia occupazione.
Mi dispiace la mancanza della foglia, in un anno da me
creduto abbondante secondo l’universale; e che necessita la filanda delle
gallette per molte conseguenze.
Siate persuaso che non vi sono novità di sorte alcuna; se
non che si dice, che il Monastero di S. Pietro in Gessate debba servire per
ricovero degli Ofani, e che i religiosi debbano ritirarsi tutti a S.
Simpliciano; ma io non ho mai veduto il priore D. Gerolamo per assicurarmi.
Spero avrete ricevuto da Varese un’altra mia annessa ad un
cesto d’articiochi consegnati al Blasio, che fu l’unico venuto a Milano sabato
scorso, non essendo comparso verun al venerdì in venerazione di S. Antonio, e
salutando tutti caramente con D. Laura e la figlia mi dico.
Di voi carissimo
Aff.mo obbl.mo fratello
Gio. Battista Bossi
Sento dalla Marta che tempo fa la donzella di casa abbi
scritto a suoi parenti che stava volentierissimo al servizio. Ma che alla sera
le scarseggiava la pietanza.
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Fratello Carissimo.
Milano, 25 giugno 1771
Don Francesco ha fatto soscrivere dal Ministro delegato la
citazione diretta sì a noi che al dottor Del Frate per comparire in
contraddittorio il giorno 3 di luglio per togliere di mezzo il sequestro. Io
non credo di andarvi, mentre a me non spetta ne difendere ne oppormi a detto
sequestro, e se Del Frate non sarà per tal tempo rimesso farà la scusa;
l’istesso D. Francesco mi ha fatto chiedere le lire 40 interesse dell’aumento
dotale maturato nel corrente mese: Io ho sospeso a pagarle sul dubbio non
l’abbi di già esatte da noi col mezzo dell’Isella o di altra persona, e però
datemi pronto riscontro sopra di questo.
Si ripiglia comunemente la voce circa la soppressione di
molti monasteri di frati e monache; come pure che sia tolta ogni speranza di
pace e che siansi estratti dall’Arsenale di Vienna 400 cannoni da spedirsi
verso l’Ungheria facendosi a tal effetto molte devozioni in detta città; ma
sono voci di piazza.
Si vuole bensì di sicuro che la Corte abbi ordinato che tutte le
religioni di Beretta debbano intervenire alle processioni, siccome pure il
Capitolo della Scala e li Abbati de rispettivi Monaci con mitra.
Dicesi pure seguita una grande rivoluzione in Praga per la
carestia de grani, per cui l’imperatore fosse di parere di far saltare molte
teste non già de soldati ma bensì de capi delle città, che ne hanno
l’amministrazione; la sovrana però sia stata di contrario sentimento, e
clemente secondo il solito.
Sento con piacere dalla carissima vostra l’esito felice
almeno delle gallette di casa; guardatevi però dalle unghie della Cecca ed
altri suoi figli, mentre li ho tutti in sinistro concetto. Ho trovato ieri il
dottor Del Frate levato da letto e se la passa bene; vi salutano tutti.
Al Signor Giovanni Diotti, che sta di contro, sabato è
sopraggiunto altro accidente per cui è rimasto senza moto per la metà del corpo
e torta la bocca, ha bensì recuperati i sensi; fu sacramentato ed ha fatto
testamento.
Giovedì prossimo mi porterò colla Bellinzaghi dalla marchesa
Bossi per essere di ritorno la sera. Ho ricevuto altra lettera dal Signor Don
Ignazio; diteci che lo servirò e per l’arcivescovato e per mandare in seguito
la sua lettera a Cremona.
Con la venuta del dottor Ludovico e sua famiglia vi mando la
presente e voi potrete riscontrarmi col ritorno dei vetturini.
Ho speso soldi 14 in
arcivescovato per Don Ignazio ed ho di già spedita la sua lettera a Cremona.
Si verifica l’intervento di tutti i regolari alle processioni;
eccettone li Teresiani considerati come Eremiti.
Gaetano nuovamente esaminato nega tutte le somministrazioni
fatte alla madre ed al fratello e confessa unicamente un paio di scarpe; stimo
però che non facciate altro discorso di questo ai suoi parenti.
Il dottor Carcani mi dice che Don Giovanni Tosi le rispose
pochi giorni sono, che non era ancor in tempo per l’Aula e che li affari col
dottor Cicognini difficilmente si potevano ripiegare, e che a suo tempo vi
avrebbe mandati alcuni capitoli, acciò li sottoscriviate.
Avanzo i saluti sì a voi che a Donna Laura di tutti li
parenti ed amici senza specificarli giacché sapete con quanto stento io scrivo
ed abbracciandovi caramente con la consorte e figlia mi raffermo.
Di voi carissimo.
Il dottor Del frate manderà il dottor Ricci al
contraddittorio col signor D. Francesco.
Aff.mo obbl.mo fratello
Gio. Battista Bossi
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Fratello carissimo.
Milano, 5 luglio 1771
Oggi incomincia a retrocedere l’infiammazione delle gengive,
per cui sto meglio, se non che mi sento indebolito da un contemporaneo
sconcerto di corpo, onde sì per un motivo che per l’altro da alcuni giorni non
bevo vino.
Dalla Casa Zeni ad Induno si sono fatte 56 soldi delle
gallette, e soldi 58 dal signor Curato di Morazzone.
Martedì scorso venne dopo il pranzo il Colli o sia Perà col
vostro mandato di esigere le lire 1.150 da voi lasciatemi a tal effetto:me ne
feci fare il confesso sotto l’istesso mandato avendo desiderato ritenere presso
di se la nota da voi fatta della spesa del denaro, quale le fu da me fatto
riconoscere, eccettone li scartocci de 5 soldi e tre parpaiole mi soggiunse d’avergli voi detto che qualora l’oro fosse
stato calante, lo riportasse a me per cambiarlo, al che mi misi a ridere,
dicendogli non essere possibile , che voi le abbiate suggerito tal cosa, mentre
sapevate benissimo che le mie forse non erano da tanto, replicò ch’egli non
poteva far a meno qualora l’oro non fosse stato di giusto peso, o i scartocci
fossero calanti; onde quasi mi fece venire caldo, e le risposi per fine che
quelli li avevo da voi ricevuti tali glieli consegnavo secondo la descrizione
della nota e che non volevo altre brighe. Se ne andò e non l’ho più veduto.
Fui curioso d’intendere dal dottor De Frate l’esito del
contraddittorio; mi disse che il dottor Ricci dipinse al vivo la condotta
tenuta da Don Francesco col detto Del Frate, così che fece arrossire lui non
meno che il dottor Crivelli suo causidico avanti al Ministro; onde l’istesso
Crivelli da banda le friche forensi addimandò per finezza che Del Frate volesse
indugiare l’esazione del suo credito dopo l’esito delle divisioni; rispose Ricci
ch’egli non aveva arbitrio, non potendo che riferire; concluse il Ministro che
qualora le parti non s’aggiustassero egli non voleva dare provvidenza veruna da
Casa, ma che ne avrebbe fatta parola in Senato e che ognuna delle parti desse
la loro supplica.
Sento dall’istesso Del Frate che assolutamente non vuole
accordare dilazione onde il Senato deciderà; mi disse di più, che dopo di ciò
intendeva di sequestrarle le annue lire 80 interesse dell’aumento dotale, e
tutto il prodotto, che Don Francesco ricava dalle esenzioni per essere più
presto soddisfatto: Vi prego però a non motivare a veruno tali occorrenze. Egli
vi saluta tutti come fanno altresì il Cappuccino, l’Oltrona, il Priore Don
Girolamo, che finalmente si è lasciato riverire questa mattina; siccome però
egli non ha fatto molto del suo debito,
né io pure volli per ora parlargliene.
Vi salutano pure la
Casa Brusati ed il Vicario di Gallarate, che dopo una
sfuggita a Zibido con Donna Rosa ripartì solo alla sua Pretura dimani avendo sa
Zibido lasciata la moglie per alcuni giorni ancora.
Faccio li miei più cordiali saluti a voi alla consorte e
Popola mentre con tutto l’affetto mi dico.
Di voi carissimo.
Il Signor Carlo Bossi ed il Santagostino ragionatto di casa
Litta hanno comperate le tre case del Pinotini che principiano dopo Crescentini
fino a S. Ambrogio avendo mandata la denuncia a tutti li fittabili per cui si
ritrovano disperati.
Aff.mo
obbl.mo fratello
Gio.
Battista Bossi
All’ill.mo Sig. Sg. Padrone collendissimo
Il Signor Don Antonio Bossi
Fisico collegiato
Azzate
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Carissimo fratello.
Milano, 1 agosto 1788
Da Don Giulio Cesare Bossi mi furono in tutti li ordinari
significate vostre nuove, e di mia moglie siccome pure li incomodi di vostra
salute scritti dal Signor Curato di Azzate in un con temporali e tempeste, e
contemporaneamente rescrisse allo stesso Signor Curato mie nuove da
significarvi.
Ho ricevuto li 12 polli, ed ho riscosso dalla Casa Corio li
denari, che conservo alla vostra venuta.
Non potreste credere quanto mi si accrescano di giorno in
giorno li affari d’ufficio, a cui non posso corrispondere non ostante il
levarmi di buon mattino, e le molte
lettere scritte a Como per compiacere or li amici, or il genero, e la figliola
per una lite terminata con buon esito nel mio Tribunale che molto li
interessava e per cui mi astenni dal votare.
Non posso più scrivere; salutatemi caramente la moglie aggiungendovi
buone nuove de suoi fratelli, e di cuore abbracciandovi coi saluti di tutti li
amici mi dico.
Di voi carissimo
Aff.mo obbl.mo fratello
Gio. Battista Bossi
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Fratello carissimo.
E’ pronto il Foglia di mandarvi le due cobbie l’una col
legno, e l’altra con finimenti a lire 16 cadauna, ma desidera di essere
prevenuto due giorni prima, e che la mancia a vetturali non sia minore di lire
4.10 per ciascuno oltre la nottata, fate i vostri conti, e riscontratemi.
Martedì sera mi pervenne lettera da Don Pietro Riva, in cui
mi annunciò il parto felice di un maschio fatto dalla Bianchina senza grave
incomodo; l’ho riscontrato, che dopo il vostro ritorno alla città l’avrei
prevenuto del giorno in cui mi fosse stato possibile di portarmi a Como a
tenerlo al sacro fonte.
Qui non è arrivata che qualche piccola rugiada tosto
essicata dal continuo vento per cui i melgoni sono quasi inariditi, e tutti i
grani ammontano a grave prezzo.
A tutti li parenti ed amici ho annonziato il parto felice
della Bianchina e voi lo farete con vostro comodo a Cameri e Canobbio, mentre
sono affollatissimo di affari.
Vi porgo sì a voi che a mia moglie i miei più distinti
saluti congiunti a quelli di tutti li amici, mentre in fretta mi raffermo.
Di voi carissimo.
Milano, 7 agosto 1789
Finalmente ho riscossi li denari dell’esenzione.
Scarseggia il vino per la tavola, e manca del tutto per la
servitù.
Ho ricevuti li 16 pollastri e vi rimetto la gabbia.
Aff.mo obbl.mo fratello
Gio. Battista Bossi
---------------
Promemoria.
Per il Signor D. Antonio Bossi rapporto al fattore.
Del nome l’avvocato Pioltini non se ne ricorda. Ha però
moglie e tre figli ed è dell’età d’anni 30 circa. Sa leggere, scrivere e far conti.
Ha molta abilità per la campagna ed è allievo del Signor Bonazzi agente di S.
Corona nella provincia di Vanzaghello, uomo di molta reputazione
nell’agricoltura.
Carissimo fratello.
Milano, 15 dicembre 1789
In seguito all’antecedente promemoria vi soggiungo che nel
mio passaggio da Lonate me ne ha discorso molto favorevolmente di tale soggetto
il prete agente dello stesso Pioltini intorno alla sua abilità, attività e
fedeltà. Egli è pronto a venire al servizio quando voi volete, ma che soltanto
desiderava sapere in che consiste la sua mercede; io risposi all’avvocato, che
meglio sarebbe stato, che si portasse in persona ad Azzate, mentre se la
sarebbe intesa più fondatamente con voi; onde se così vi piace attenderò vostro
riscontro per renderne tosto consapevole l’avvocato. Quand’anche doveste
accrescere qualche cosa al di più della solita mercede, conviene, mentre
allorché si sarà fatto pratico sarà di molto sollievo a voi tanto in campagna
quanto in città, e così poter vivere noi tutti quieti il resto de nostri
giorni. Sono stato diversi giorni incomodato da un forte tenesmo, ma in oggi
sto meglio Mi lusingo che non lascerete oziosi i miei cavalli e salutandovi
caramente con mia moglie anche a nome delli amici, cordialmente di dico.
Di voi carissimo.
Unisco l’acclusa, a cui risposi d’averla tosto servita col
maggior piacere.
Aff.mo obbl.mo fratello
Gio. Battista Bossi
P.S. – Il Brabante è andato attesa la cooperazione delli
Olandesi, Prussiani ed Inglesi di cui però non ne farà cenno la Gazzetta di Lugano per la
proibizione avuta di essere più moderata nello scrivere le nuove sotto la pena;
ed a noi è stata bassata l’imposta di un
milione e mezzo di fiorini.
A Jovino pure è seguita una specie di tumulto, mentre
sortito in carrozza il Re fu contornato dal popolo domandandosi tre grazie la
prima che niente si rinnovasse in punto di religione; la seconda che non fosse
ricevuto per Ministro certa persona estera e d’indole torbida ed austera; la
terza che fosse accresciuto l peso del pane, perché reso troppo piccolo. A
tutto rispose graziosamente S.M. accordandogli ogni cosa, per cui gridarono
universalmente: Viva il Re, e finì ogni cosa.
Si portò a Castelnuovo di Scrivia il vescovo di Tortona per
sopprimere 4 confraternite; accorse tutto armato i popolo, anche le donne con
bastoni per impedire; il Vescovo spedì al Governatore per l’aiuto del militare,
ma le fu risposto che non poteva senz’ordine della Corte, partì il Vescovo, ma
dopo fu inseguito e perquisito minutamente sulla strada dubitando il popolo che
seco avesse trasferito argenti o arredi di loro ragione, ma non aveva cosa
alcuna; in tale tumulto al Parroco di Castelnuovo perché connivente al vescovo
fu lanciato un colpo di sciabola che lo divideva per mezzo se non si fosse
schermito da persona mascherata.
--------------
Fratello carissimo.
Milano, 12 agosto 1791.
Approvo moltissimo la condotta da voi tenuta intorno ai
consaputi cavalli; ne a me è riuscito di poter esitare li vecchi, ma a buon
conto servono come per lo passato.
Quanto a motivati spechi, e rispettivi
tavoli oltre le molte spese da me fatte, mi restano a pagare nel prossimo
settembre 100 scudi nella provvista del fieno, 4 zecchini per la biada, ed il
fitto di casa: dovendo poi riflettere alla provvista di nuovi cavalli, mi
conviene procacciarmi la scorta di quanto mi possa a tal uopo abbisognare; onde
allorché si farà la tromba consulterò le miei finanze.
Si dice che debbano sloggiare da S. Antonio li Teatini e
portarsi a S. Anna per collocarvi li tre tribunali; che lo loro Maestà
Illustrissime si porteranno a Milano in ottobre per soggiornarvi tutto
l’inverno, e che saranno distribuiti in questo stato 25 mille uomini, anche per
certi rumori di sollevazione avvenuto in Torino.
Mons. Daverio già da
qualche tempo tiene sotto di lui 5 scrittori, dicesi per un nuovo sistema
relativo a frati e monache, di cui non si vuole che un solo Monastero per ogni
Istituto di Francescani, Domenicani, come si è praticato in Toscana.
Sentirò volentieri il giorno della vostra venuta, mentre
salutandovi caramente con donna Laura e tutti gli amici mi confermo.
Di voi carissimo.
E’ morta la marchesa Redanaschi ed il consigliere Anelli e
partito per Vienna.
E’ terminato il vino bianco e non avanzano che due brente
circa di rosso.
Aff.mo obbl.mo fratello
Gio. Battista Bossi
(Un’annotazione dice: da tenersi sebbene inutili).
N. 718
Reverendissimo Signor Mio Padrone Osservantissimo
Non ho ricevuto alcuna lista dal Signor Pietro Bariola,
riguardante la di lei persona o pretensione come mi accenna oggi la
stimatissima sua del 31 scorso.
Egli me ne ha bensì discorso anzi scritto verso il marzo
dell’anno scaduto,ed io le ho risposto adeguatamente come già risposi sotto ai
portici di Varese nell’anno precedente a V.S., cioè che inoltrato il processo
contro del massaro Giudice per il furto e fuga notturna, e rottura risultante
dalle fedi del ferraro Ballerio, console, e falegname Andrea Machio oltre alla
mia esposizione fatta con lettera all’egregio Signor Podestà di Varese, V.S. mi
disse essere necessario per la cattura del suddetto Francesco Giudice, che si
facesse la visita formale, ond’io l’accordai col patto che seguisse la
detenzione del ladro ad effetto d’essere reintegrato del mio credito, e robe
rubate promettendogli se ciò conseguisse di soddisfarlo a norma della nuova
tassa del Senato ecce.mo.
Seguita detta visita in cui ella si compiacque star meco a
pranzo, e depositate in mia scuderia il cavallo, io feci fare col mezzo del
Signor Bariola suddetto varie istanze a lei ed al Signor Podestà, acciò si
effettuasse la detenzione del reo; ma dopo ritornato io in città, mi fece V.S.
scrivere essere necessario ottenere da S.A.S. il permesso di farlo catturare
stante che il reo stava travagliando nel palazzo di S.A. a condur terra.
Ottenni di fatto dall’A.S. per mezzo del
Signor Segretario Odorici tale permesso quale glielo feci dal suddetto Bariola
presentare, ma non perciò seguì la cattura: dopo molte altre istanze e
lamentazioni fattele passare dallo stesso canale, V.S. mi fece scrivere che in
Ufficio avevano smarrito il decreto col permesso dato da S.A., ed essere
necessario attenere un altro consimile, assicurandomi dopo di questo de
l’immediata detenzione.
Ottenni e trasmisi anche il secondo decreto, m l’effetto fu
il medesimo, mai si passò alla cattura nonostante i miei replicati reclami, e
dopo un anno di circonduzione fui avvisato dal Signor Bariola che per essere il
ladro ricoverato sotto i tetti del Signor Mozzoni, il Signor Podestà per
contemplazione non voleva passare alla cattura; e questo istesso me lo confermò
anche V.S. alli portici quando mi ricercò l’importo della visita, aggiungendomi
che in questa parte V.S. non ne aveva colpa, ed io le disse allora tutto quanto
ho ripetuto adesso.
Conservo a detta buona memoria, conservo le lettere del
Signor Bariola al caso e faccio tenere copèia anche della presente per produrla
avanti a qualunque onest’uomo intendente della ragione, o ad un giudice
competente se occorresse.
In mezzo a tutto questo però lei sa d’avere nelle mani una
causa di mia ragione di maggiore entità per la quale anche ieri le scrissi
altra mia partecipandole la detenzione seguita in Baggio del carico del Rossi,
tradotto alle Pretorie Carceri di Milano acciò V.S. procedi senza riguardi
contro li compratori, e facci in modo che io venghi reintegrato de furti
seguitimi, e dei danni, e poi non dubiti come le ho già scritto in altera mia,
che saprò riconoscerlo e per gli ulteriori incomodi di questa, e della causa, o
sia visita precedente, già che dell’ultima visita V.S. è stato abbondantemente
compito, Passo con ogni considerazione a protestarmi.
Di V.S. rev.ma
Azzate, adì 2 giugno 1772
Dev.mo servitore Antonio Francesco Bossi
A tergo
Al Rev.mo Sig. Mio Padrone oss.mo
Il Sig. Gio. Battista Biandronni Attuario (?) Criminale di
Varese
Consegnata al Signor Biandronni il giorno 3 mattina.
N. 719
Ill.mo Sig. Sig. Padrone coll.mo
La particolare parzialità colla quale si è V.S. ill.ma
compiaciuta riguardarci in tante passate occasioni m’incoragisce a replicarla
d’una grazia della maggiore conseguenza.
Sino dal mese di luglio venne mia moglie sorpresa da alcuni
dolori in un braccio che per essere giudicati nei nervi la obbligarono a
prevalersi di bagni caldi, e specialmente fatti con acqua levata dalla caldaia
delle filande della seta mediante il quale rimedio veniva sollevata. Sendosi
poi essa portata a Milano, quindi in campagna ed anche a Pavia, ebbe bensì
allora qualche sentore, ma non di gran rimarco, ma restituitasi nel settembre a
Gallarate fu assalita da stessi dolori in ambe le braccia e nelle gambe
riducendosi ben spesso allo spasmedico massime nella notte onde cagiona un
continuo sconcerto in famiglia. Si tentarono diversi rimedi anche mediante
salasso, ma poco giovamento ne è derivato cosicché altro sollievo in oggi non
trova che col fomento fattole con asse di filo inzuppate in acqua bollita con
malva ed altri ingredienti o cole
interiora di bestie appena levate, essendosi il maggior dolore fissato nel
collo del piede destro.
Siccome mia moglie ha provato quanto benefica siale stata
altre volte la persona di V.S. ill.ma così col mio mezzo si fa animosa a
supplicarla se potesse degnarsi essere a farle una visita che le sarebbe di
grande contento. Quando possa V.S. ill.ma consolare l’inferma si compiaccia e
accennarmi col ritorno del messo quando debba mandarle il comodo: oppure si
compiaccia prevalersi di qualcuno di Varese che sarà da me compito.
Mi lusingo di ottenere dal bel cuore di V.S. ill.ma il
favore, e supplicarla porgere alla dama cognata e nipoti rispettosi complimenti
pieno di rispetto.
Rimango
Della V.S. ill.ma
Gallarate, 14 novembre 1770
Dev.mo obbl.mo servitore
Francesco Zanezzani (?)
Ill.mo Sig. Sig.Padrone coll.mo
Il Sig. Don Antonio Bossi
Fisico Collegiato di Milano
Azzate
f.1r
Nelle abbreviature di
me notaio infrascritto leggesi quanto segue:
Nel nome del Signore Iddio, l’anno della di lui nascita
millesettecentonovantasette, correndo l’indizione decima quinta, nel giorno di
Domenica ventisei del mese di Febbraio, verso le ore dieci antimeridiane, e
giorno otto ventoso anno V della Repubblica Francese, una ed indivisibile.
Essendo che nella prossima scorsa notte verso le ore dieci e
mezza sia passato da questa a miglior vita il cittadino Giovanni Battista
Bossi, consigliere del Tribunale d’Appello in questa città di Milano, figlio
del fu Gio. Stefano, che abitava in Porta
f.1v
Ticinese, sotto la
Parrocchia di Sant’Alessandro in Zebedia parte di questa
città.
Essendo che lo stesso cittadino consigliere Gio. Battista
Bossi abbia fatto il suo testamento nuncupativo implicito per relazione alla schedola,
che ha consegnata a me notaio infrascritto, come da istrumento di consegna del
giorno nove ottobre dello scorso anno 1795, stato rogato da me notaio
infrascritto.
Palesando perciò l’infrascritto cittadino consigliere Cesare
Scaccabarozzi, che deve essere nominato nel suddetto testamento
f.2r
come esecutore testamentario, e desiderando egli, che si
venga all’aperizione e pubblicazione dello stesso testamento affine di poter
dare le correlative disposizioni per il funerale, ed esequie, ed anche per il
pronto adempimento di qualunque altra disposizione in esso contenuta, ha fatto
la sua istanza a me notaio infrascritto per una tale aperizione e
pubblicazione.
Ritenuto pertanto che l’anzidetto testatore nel precitato
istrumento di consegna del di lui testamento fatta a me notaio infrascritto mi
ha
f.2v
concessa la facoltà di aprire e pubblicare dopo la sua morte
il surriferito testamento a qualunque stragiudiziale richiesta senza verun
decreto, od intervendi di Giudice, o Tribunale, e senza alcuna solennità, e
formalità con farne e rogarne soltanto l’opportuno istrumento di aperizione e
verificarsi tanto dalli sotto indicati pronotai e testimoni la seguita morte de
detto consigliere Giovanni Battista Bossi.
A richiesta dell’anzidetto cittadino dottore collegiato
Cesare Scaccabarozzi consigliere
f.3r
attuale del Tribunale di prima Istanza di questa città,
figlio del fu Carlo Francesco di Porta Ticinese Parrocchia di Sant’Alesandro in
Zebedia, qui presente, che rinnovando la suddetta istanza, e giurando, come ha
giurato, e giura nel modo e secondo la formula prescritta dal regolamento
Giudiziario, di credere, che egli possa essere nominato nel predetto testamento
in esecutore testamentario del detto defunto cittadino Giovanni Battista Bossi,
e che stipula, ed accetta anche a favore di qualunque interessato.
E però io notaio infrascritto
f.3v
seguendo in questa parte la speciale volontà del suddetto
testatore, ed usando della facoltà concessami dal medesimo ho presentato, come
presento al sunnominato cittadino Cesare Scaccabarozzi il summenzionato
istrumento di consegna del detto testamento nuncupativo implicito del giorno 9
ottobre 1795 il qual istrumento alla presenza dello stesso instante,e dei qui
sotto indicati secondi notai e testimoni, ho letto e pubblicato a chiara ed
intellegibile voce di parola in parola, la copia autentica del quale
s’inserisce, ed è del
f.4r
tenore seguente.
Nelle abbreviature di me notaio infrascritto leggesi quanto
segue.
Nel nome del Signore Iddio l’anno dalla sua nascita mille
settecento novantacinque correndo l’indizione decima quarta, nel giorno di
Venerdì nove del mese di ottobre circa le ore dieci della mattina.
L’illustrissimo signor dottor collegiato di Milano Don
Giovanni Battista Bossi, regio consigliere del Tribunale d’Appello in questa
città, figlio del fu nobile signore Don Giovanni Stefano, abitante in Porta
Ticinese
f.4v
Parrocchia di Sant’Alessandro in Zebedia di Milano, sano per la grazia del Signore Iddio di
corpo, mente, vista, loquela ed udito, e desiderando di disporre delle proprie
sostanze in tempo opportuno ha risolto di fare il suo testamento implicito per
relazione alla qui annessa schedola alla presenza di me notaio, secondi notari,
e testimoni infrascritti, invocando a tal uopo, come revoca qualunque testamentaria
disposizione potesse per l’addietro aver fatta, ancorché contenesse parole, od
espressioni tali, delle quali fosse necessario il farne qui
f.5r
menzione, che farebbe, se si ricordasse, mentre vuole ed
intende che debba essere il presente derogatorioa qualsiasi altro, ed abbia il
suo plenario effetto dopo sua morte, e perché così.
Perciò ha consegnato a me notaio infrascritto qui alla
presenza dei sottonotati pronotai e testimoni a questo preciso effetto dal
prefato nobile signor testatore chiamati, e pregati, una carta, ossia schedola
chiusa e cucita all’intorno con bindellino di filo color rosso, e sigillata con
cera dura rossa di Spagna
f.5v
nelle quattro estremità con l’impronta del di lui stemma
gentilizio, la quale ha detto essere scritta da altrui carattere, ma esso
riconosciuta, e sottoscritta, nella quali il detto nobile signor testatore ha
detto, e dichiarato come dice e dichiara a chiara e intellegibile voce non che
alla presenza di me notaio, pronotai e testimoni infrascritti, contenersi il
suo testamento ed ultime di lui volontà, sopra la quale leggesi la seguente
menzione scritta da me notaio infrascritto e sottoscritta dallo stesso signor
testatore nel
f.6r
modo seguente cioè.
1795 il giorno di venerdì nove del mese di ottobre alle ore
dieci antimeridiane.
Testamento nuncupativo implicito di me infrascritto, che ho
fatto scrivere alla mia presenza da persona mia conoscente, ed indi da me
letto, appostilato e sottoscritto di mia propria mano con l’imposizione del
solito mio stemma gentilizio, e consistente in tre fogli di carta piccola
tagliata, scritta in colonna stati da me pure firmati, il qual testamento
consegno al signor dottore e causidico collegiato Antonio Sesti
f.6v
notaio di Milano, perché lo riponga e conservi nelle sue
abbreviature, e dopo mia morte lo apra e pubblichi a qualunque stragiudiziale
richiesta mediante pubblico istrumento senza verun decreto di Giudice o
Tribunale, e senza alcuna solennità, e per fede sottoscritto Giovanni Battista
Bossi testatore.
Al di sotto poi della suddetta firma vi è la dichiarazione
di me notaio infrascritto fatta nel seguente modo.
La presente carta così come sopra cucita e sugellata e
firmata di proprio pugno dal
f.7r
prefato illustrissimo signor consigliere d’appello Don
Giovanni Battista Bossi mi è stata dal medesimo consegnata alla presenza dei
secondi notai e testimoni infrascritti, cioè dai signori Mauro Panizza e
Giovanni Battista Bazzi secondi notai, e dei signori Don Giulio Pellegrini, Don
Antonio Perez d’Occampo, ragionatto collegiato Carlo Spreafico, Gaetano
Spelazzi e Carlo Basiglio testimoni tutti noti ed idonei e conoscenti del
prefato nobile signore testatore, ed a questo preciso effetto richiesto sotto
f.7v
questo giorno nove ottobre corrente anno 1795 e in fede.
Sottoscritto dottore e causidico collegiato Antonio Sesti
notaio di Milano.
Ed il prefato nobile signore testatore ha dichiarato e
dichiara qui alla presenza, che nella carta consegnatami come sopra vi si
contiene il suo testamento e che istituisce erede od eredi quelle persone in
essa nominate come nuovamente nomina colla di lui propria bocca in suo erede od
eredi le dette persone da lui scritte nella
f.8r
surriferita carta, volendo ed ordinando, come vuole ed
espressamente ordina, che tanto rispetto all’istituzione dell’erede od eredi,
quanto rispetto ai legati, e tutto il rimanente in essa disposto debba valere
per ragione di testamento nuncupativo implicito per relazione alla detta
schedola, od anche di codicilli, e se per tale non potesse valere, vuole che valga
come donazione in causa di morte, che ha fatto e fa a me notaio infrascritto
accettante e stipulante, qual persona constituita in ufficio
f.8v
pubblico a nome e ad utilità di tutti i suoi eredi e
legatari scritti e nominati come sopra, come pure di ogni altra persona che
possa avervi interesse, o per qualunque altro titolo di sua buona ultima e
determinata volontà.
Ingiunge altresì ed ordina il prefato nobile signor
Testatore a me notaio infrascritto che la schedola come sopra consegnatami
debba riporre e custodire in questa mia abbreviatura, e seguita che sarà la di
lui morte mi conferisce fin d’ora ogni più
f.9r
ampia e libera facoltà e mandato di aprire e pubblicare
detto suo testamento senza decreto od intervento di Giudice o Tribunale ed
omessa qualunque solennità e formalità, dandone copia autentica anche per
capitoli a chiunque la possa richiedere per la totale esecuzione di questa mia
ultima volontà.
Inoltre dichiara e protesta detto signor Testatore, che
l’accennato suo Testamento contenuto nella carta a me come sopra consegnata è
la sua ultima e determinata
f.9v
volontà, la quale come tale ordina e comanda dopo sua morte
debba essere tenuta ed eseguita in tutte le sue parti, perché così.
Alla fine detto signor Testatore si è riservato, e si riserva
la facoltà di potere con altre private carte scritte e sottoscritte di suo
proprio pugno, e che si ritroveranno dopo sua morte, aggiungere, variare e
diminuire la presente sua disposizione, volendo ed ordinando che le medesime si
abbiano a ritenere ed eseguire come
f.10r
parte integrante di detto suo testamento, e come meglio.
E delle predette cose ha richiesto e richiede me notaio
infrascritto suo conoscente a farne pubblico istrumento.
Fatto, letto e celebrato nella sala superiore
dell’abitazione di me notaio infrascritto situata in Porta Nuova Parrocchia San
Babila di Milano, essendo presenti il Signor Mauro Panizza figlio del fu
Agostino abitante nell’anzidetta Porta e Parrocchia, il signor Giovanni
Battista Bazzi figlio del fu Federico di
Porta
f.10v
Nuova Parrocchia di S. Maria dei Servi di Milano, ambedue
secondi notai e conoscente del prefato illustrissimo signor testatore ed a
quest’effettto specialmente chiamati e pregati.
Sono stati presenti per testimoni il signor D. Giulio
Pellegrini figlio del fu egregio signor avvocato don Lorenzo di Porta Ticinese
Parrocchia di S. Giorgio al Palazzo di Milano, il nobile signor don Antonio
Perez d’Occampo figlio del fu nobile signor Giuseppe abitante nel luogo
f.11r
di Legnano pieve di Olgiate Olona, ed ora per alcuni di lui
affari in questa città cioè in Porta Ticinese Parrocchia S. Lorenzo Maggiore,
il signor ragionatto collegiato di Milano Carlo Spreafico figlio del vivente
signor Giovanni abitante in Porta Nuova Parrocchia di S. Babila di Milano, Gaetano
Speluzzi figlio del fu Carlo di Porta Ticinese Parrocchia di S. Giorgio al
Palazzo di Milano e Carlo Basilio figlio del fu Maurizio di Porta Orientale
Parrocchia di S. Pietro in Gessate
f.11v
di Milano tutti noti ed idonei e conoscenti del prefato
illustrissimo signor don Giovanni Battista Bossi testatore, ed a quest’effetto
specialmente chiamato e pregati.
Sottoscritto con segno del tabellionato anteposto Io dottore
e causidico collegiato Antonio Sesti notaio di Milano, figlio del fu dottor
Stefano, parimenti notaio e causidico di Milano abitante in Porta Nuova
Parrocchia di S. Babila, sono stato rogato del premesso istrumento di consegna
di testamento nuncupativo
f.12r
implicito fatto dal detto ora fu consigliere Giovanni
Battista Bossi mio conoscente, lo ho dato fuori e mi sono sottoscritto sotto
questo giorno 9 ventoso anno V della Repubblica Francese una ed indivisibile (e
giorno 27 febbraio 1797) e attesto inoltre contenersi nell’originale tutte le
solennità e sottoscrizioni prescritte dalle Nuove Costituzioni e leggi
Municipali di Milano, e di aver presso di me l’opportuno certificato della mia
residenza in questa città datato 19 frigifero anno V suddetto, e in fede.
In seguito a che ho presentata
f.12v
come presento a presentaneo cittadino Cesare Scaccabarozzi
alla presenza pure come sopra la schedola del surriferito testamento
nuncupativo implicito, che era unita al sopra registrato istrumento di
consegna, indi ho letto primieramente quanto sta scritto nell’esteriore della
sopra carta, in cui resta rinvolto il suddetto testamento, firmata dallo stesso
cittadino Giovanni Battista Bossi in data del suddetto giorno 9 ottobre 1795, e
con l’attestazione fatta da me notaio infrascritto, la quale contiene, come
segue, cioè.
f.13r
1795 il giorno di venerdì 9 del mese di ottobre alle ore
dieci circa antimeridiane.
Testamento nuncupativo implicito di me infrascritto, che ho
fatto scrivere alla mia presenza da persona di mia conoscenza, ed indi da me
letto, appostillato, e sottoscritto di mia propria mano con l’apposozione del
solito mio stemma gentilizio, e consistente in tre fogli di carta piccola
tagliata, scritto in colonna, e stati da me pure firmati, il qual testamento
consegno al dottor e causidico collegiato Antonio Sesti notaio di Milano
f.13v
perché lo riponga e conservi nelle sue abbreviature, e dopo
mia morte lo apra e pubblichi a qualunque stragiudiziale richiesta, mediante
pubblico istrumento senza verun decreto di Giudice, o Tribunale, e senza alcuna
solennità, e per fede.
Sottoscritto Giambattista Bossi testatore.
La presente carta così come sopra cucita, suggellata e
firmata di proprio pugno dal prefato illustrissimo signor consigliere d’Appello
Don Giovanni Battista Bossi testatore, mi è stata dal medesimo consegnata alla
presenza dei secondi
f.14r
notai e testimoni infrascritti.
Sottoscritto dottore e causidico collegiato Antonio Sesti
notaio di Milano.
f.14v
…
f.15r
…
Nel nome del Signore Iddio l’anno dalla sua nascita mille
settecento novantacinque, correndo l’indizione decima quarta, nel giorno di
venerdì nove del mese di ottobre circa le ore 9 antimeridiane.
Considerando che il più saggio consiglio fu sempre di
f.15v
disporre sollecitamente delle cose umane per essere incerta
l’ora della morte, e desiderando ad un tempo io Giovanni Battista Bossi dottore
collegiato di Milano, e consigliere del Regio Tribunale d’Appello nella stessa
città, figlio del fu nobile don Giovanni Stefano abitante in Porta Ticinese
Parrocchia di S. Alessandro in Zebedia di Milano, che dopo la mia morte non abbia ad insorgere
alcuna questione fra quelli, che possono avere ragione sulla mia eredità,
trovandomi per la Dio
grazia sano di corpo, mente
f.16r
vista, loquela ed udito, mi sono determinato di fare, come
faccio il presente mio testamento nuncupativo implicito per relazione a questa
schedola, quale voglio, che debba valere come tale, e se per tal ragione non
valesse, voglio ed intendo che valga per ragione di codicilli o per donazione
di qualsivoglia altra mia buoba ed ultima volontà, ed in ogni altro miglior
modo, che possa valere e sostenersi.
Primieramente come buon cattolico ho raccomandato e
raccomando l’anima mia
f.16v
all’Onnipotente Signore Iddio, Padre, figliolo e Spirito
Santo, alla Beata Vergine Maria sempre Immacolata, a San Giuseppe, all’Angelo
mio Custode, ed a tutti i Santi miei Avvocati e Protettori, acciò si degnino
assistermi nel punto estremo di mia morte per un felice passaggio da questa
temporale all’eterna e beata vita.
Dichiaro di non aver fatto verun altro testamento, ma se mai
se ne ritrovasse qualcuno di data anteriore al presente, questo ho revocato e
revoco, cassato e casso con ogni cosa
f.17r
in esso contenuta, ancorché fossero cose tali, che
richiedessero farne qui special menzione, quale farei, se me ne ricordassi,
volendo che il presente mio testamento sia derogatorio e prevalga a qualunque
altro.
Credo che non sia in me pervenuta cosa che non mi possa
appartenere, ma se mai si trovasse
qualche cosa che non potessi ritenere, quella voglio che sia subito restituita
a chi sarà di ragione.
Voglio che subito dopo la mia morte, ossia con la brevità
possibile dall’infrascritta mia
f.17v
erede si faccia celebrare un ufficio di requiem tanto nella
mia chiesa parrocchiale di città, quanto nella chiesa parrocchiale di Azzate
con tutte quelle messe che potranno essere celebrate in tal giorno e che entro
tre giorni dalla mia morte faccia celebrare altre messe numero trecento in
quelle chiese di città od anche di campagna, che essa stimerà opportuno in
suffragio dell’anima mia e dei miei defunti.
Rapporto poi ai miei funerali ed altri suffragi mi riporto
pienamente alla pietà ed amore dell’infrascritta
f.18r
mia erede, ed in sua assenza dell’infrascritto mio esecutore
testamentario pregandola di farli eseguire con decenza, ma senza alcuna pompa.
Tutto il mio spoglio d’abiti e biancheria inservienti alla
mia persona voglio ed ordino che si debba distribuire come segue: un terzo al
mio staffiere Francesco Marini qualora si trovi al mio servizio al tempo di mia
morte e gli altri due terzi per egual porzioni a tutta la servitù che si
troverà pure in Casa mia al tempo come sopra.
f.18v
Ai Luoghi Pii di Terra Santa lascio per una sola volta lire
18 imperiali.
A donna Laura Brusati mia dilettissima moglie, avuto
riguardo al prodotto dei miei beni, ed al reddito primogeniale lascio a titolo
di legato e di particolare istituzione e come meglio l’annua somma di lire
4.000 imperiali e sempre al corso delle gride a titolo di alimenti e decente
mantenimento da darsegli e pagarsegli dall’infrascritta mia erede di trimestre
in trimestre e sempre anticipatamente, e ciò
f..19r
vita sua natural durante, e rimanendo in istato vedovile, e
purché la medesima s’accontenti di lasciare nella mia eredità e presso
l’infrascritta mia erede la sua dote e i
frutti della controdote, nel qual caso potrà la detta mia moglie disporre a
causa di morte della somma di lire 6.000 e non oltre, le quali in questo caso
dovranno essere pagata dall’infrascritta mia erede a tenore della disposizione,
che veniva fatta dalla detta mia moglie.
Qualora poi la detta mia moglie non volesse accontentarsi
f.19v
di lasciare presso la mia erede la sua dote e frutti della
controdote, aggravo la mia erede di pagare e corrispondere alla detta mia
moglie la sua dote e l’usufrutto della di lei controdote, e questo di trimestre
in trimestre e sempre anticipatamente vita sua durante, e rimanendo in istato
vedovile, ed inoltre a corrispondergli pure annualmente la somma di lire 1.000
imperiali a termini come sopra, rimanendo però in istato vedovile.
Dovrà inoltre la mia erede pagare a carico della mia
f.20r
eredità le spese del lutto, che dopo mia morte farà la detta
mia moglie, e qualora nascesse qualche questione sulla di loro importanza,
dovrà questa decidersi arbitrio boni viri dall’infrascritto mio esecutore
testamentario senza alcuna formalità, ed alla decisione del medesimo dovranno
tanto a detta mia moglie, quanto la detta mia erede pienamente uniformarsi.
Sarà altresì tenuta la mia erede di fornire alla detta mia
moglie tutti quei mobili, suppellettili di casa, biancherie ed altro che le
potrà abbisognare
f.20v
per fornire ed addobbare decentemente la sua abitazione, e
qualora nascessero questioni sull’assegno dei detti mobili, suppellettili e
biancherie dovranno queste parimenti decidersi dall’infrascritto mio esecutore
testamentario nel modo come sopra, ben inteso però che di tutti i suddetti
mobili, suppellettili e biancherie che venissero rilasciate alla detta mia
moglie dovrà farsi un inventario ad oggetto, che dopo la di lei morte, il tutto
ritorni alla detta infrascritta mia erede, salva la vetustà
f.21r
e ben inteso altresì che nel caso la detta mia moglie si
maritasse, non debba la medesima godere ulteriormente dell’uso dei detti
mobili, i quali potrà subito ripeterli la detta mia erede, salva la vetustà
come sopra.
Avrà altresì il diritto la detta mia moglie di fare un mese
di vacanza annualmente nella mia casa in Azzate nei tempi però in cui si
troverà ivi pure la mia erede, la quale sarà obbligata a mantenerla
decentemente, come veniva fatto da me testatore a riserva della carrozza; nel
caso poi che la
f.21v
detta mia moglie non volesse usare di questo diritto, sarà
tenuta la mia erede di corrispondergli lire 180 imperiali per ciascun anno.
Tale diritto però intendo e voglio che non abbia più a
competere a detta mia moglie tanto nel caso che ripetesse la sua dote, quanto
nell’altra che si rimaritasse.
In tutti gli altri miei beni, mobili, immobili, ragioni,
crediti, azioni e nomi dei debitori che ho, ed al tempo della mia morte lascerò,
ho istituito ed istituisco, scrivendo come scrivo di mia propria mano, erede
f.22r
universale donna Bianca Bossi mia unica figlia avuta dalla
detta Donna Laura Brusati mia dilettissima moglie ed in oggi maritata col
nobile dottore collegiato e decurione della città di Como signor don Pietro
Riva mio genero, e qualora detta mia figlia erede come sopra premorisse a me
testatore, in tal caso ho sostituito e sostituisco volgarmente alla medesima,
ed a me testatore il di lei figlio maschio Giovanni Battista Riva ed ogni
qualunque altro maschio nascituro dalla stessa mia figlia erede.
f.22v
Voglio pure che siano continuati i legati disposti da mio
fratello Don Antonio nel suo testamento alle mie sorelle fin a tanto che
sopravviveranno.
Voglio finalmente che sia condonato ai miei massari e
pigionanti qualunque debito che tenessero verso di me al tempo di mia morte,
eccettuato però il livello sopra i beni della Castellanza.
Mi riservo la facoltà di accrescere, variare, diminuire la
presente mia disposizione anche per semplici scritture da me firmate, le quali
ritrovandosi nella mia eredità
f.23r
ovvero presso l’infrascritto signor notaio, o qualunque
altra persona, voglio ed ordino che siano
considerate ed osservate, come parte del mio testamento.
In esecutore di quanto ho come sopra disposto in questi mio
testamento deputo e costituisco l’illustrissimo signor dottor collegiato don
Cesare Scaccabarozzi Regio Consigliere nel Tribunale di prima Istanza di questa
città, a cui lascio e prego di aggradire per mia memoria ed a titolo di legato
il mio orologio d’oro di saccoccia, persuaso che vorrà assumere il presente
incomodo, attesa la di lui bontà
f.23v
ed amicizia che mi ha sempre dimostrata, confidando
pienamente nel medesimo che farà eseguire, come le raccomando la predetta mia
disposizione.
E questa è la mia buona ed ultima volontà, che consegno al
notaio di Milano dottor Antonio Sesti mio conoscente, affinché dopo mia morte
apra e pubblichi questo mio testamento nuncupativo implicito senza decreto od
intervento di qualunque Giudice o Tribunale e dimessa qualsivoglia solennità
anche necessaria, perché voglio così e dispongo, dando e concedendo fin
f.24r
da adesso io testatore al predetto dottor Sesti notaio od a
chi perverranno le sue abbreviature tutta la più ampia ed opportuna facoltà di
aprire e disigillare dopo mia morte a qualunque richiesta il presente mio
testamento, e quello pubblicare e darne copia autentica a chiunque la
richiederà anche per capitoli separati.
Ed in fede mi sottoscrivo con l’apposizione del mio stemma
gentilizio.
Sottoscritto con la contrapposizione del di lui sigillo in
cera di Spagna rossa Giambattista Bossi Regio Consigliere d’Appello e
testatore.
f.24v
ecc. ecc.
Milano, 31 gennaio 1779
Tutta la sostanza lasciata dal comun padre don Gio. Stefano
Bossi divisibile fra i tre figli Don Antonio, Don Gio. Battista e Don Francesco
secondo la stima fatta d’ordine del Senato Eccellentissimo da fu signor
ingegnere collegiato Antonio Berlucchi sotto l giorno 27 agosto 1767 e corrispondente alla liquidazione dei
frutti dal suddetto fatta e presentata negli atti del Senato Eccellentissimo il
giorno 26 giugno 1769 ascende a lire 56.679.16.6 di puro capitale, quale
regolato come in detta stima e liquidazione in ragione del 3.4mezzo per cento
dà di annuo frutto lire 1.983.15.10
Si avverte che dal suddetto capitale di lire 56.679.16.6 si
devono dedurre per reintegrazione della primogenitura così ordinata con
sentenza dell’istesso Senato lire 10.000 restano lire 46.679.16.6
Si riducono pertanto i frutti a lire 1.633.15.10
Frutti di ragione privativa della primogenitura delle lire
10.000 lire 350
Imbottato del Cremonese di ragione di detta primogenitura
soggetto però ad evizione e spese ed alterazione o diminuzione di fitto lire
2.300; sommano lire 2.850
In tutto lire 4.283.15.10
Con la detta cavata di lire 4.283.15.10 si paga per fitto di
casa in Milano lire 550
Si mantengono di cibaria Don Antonio, Don Gio. Battista,
Donna Laura e Donna Bianca quali persone regolate a soldi 30 al giorno per
ciascuna importano annualmente lire 2.160
Si pagano annualmente al Signor Don Francesco lire 650
Livello alle due sorelle monache lire 80
Si mantengono tre servitori, un cocchiere, una donzella, un
fattore in campagna, un camparo, in tutto 7 persone in ragione di soldi 20 per
ciascuna moltiplicati per 7 senza contar la livrea fanno lire 2.520
Interessi di lire 4.200
in due capitali uno al Signor Piantino di lire 2.000 ed
altro al Signor Oltrona di lire 2.000 al 4% come da istrumento fanno ire 168
Livelli al Signor Curato di Azzate, al signor D. Alfonso, al
sig. Coadiutore ed al Sig. Isella circa lire 39.12
Spesa di lavanderia lire 100
Viaggi e ritorni dalla campagna lire 450
Sommano in tutto lire 6.717.12
Si omette la spesa grave di biancheria, mobili che si
consumano, manutenzione, legna, carbone ed il vestiario per tutti per non
esservi luogo della cavata, eccedendo già la spesa di lire 2.450 circa che con
le 112 interesse della messa d’Erbamolle faranno lire 2.562 circa.
Alle retroscritte spese di lire 6.717.12 vi si deve
aggiungere il peso della messa festiva di Erbamolle per il capitale di lire
4.000 da Casa Beolchi sigurtà del comun padre come l’interesse del 3 ½% dal
quale dedotto il capitale d’un fondo detto le Vidette del valore di lire 840
circa resterà il capitale suddetto a lire 3.200 le quali al 3 1/2% accrescono alla spesa di lire 112
Sommano in tutto lire 6.829.12
Fa bisogno ad Antonio
Francesco Bossi servitore di Vostra Signoria illustrissima e reverendissima la
fede di suo battesimo seguita nell’anno 1717, come pure quella di Gio. Stefano
Bossi seniore seguita nel 21 maggio 1643, così pure quella di Carlo Antonio
pure Bossi seguita circa l’anno 1613, e parimenti quella di Giuseppe Bossi
seguita nel 1570.
Desidererebbe estrarre altresì
la fede di morte e sepoltura del sovracennato Giuseppe seguita nel 1639 adì 2
marzo, né potendo avere senza particolare licenza di Vostra Signoria
illustrissima e reverendissima alla medesima perciò ricorre supplicandola dar
ordine a che s’aspetta per l’estrazione delle medesime che della grazia &.
In libris Parochiualis huius Ecclesiae S. Mariae loci
Azzati habetur paragraphos tenoris seguenti:
L’anno 1617 allì 7 di
ottobre Antonio Francesco Baldassarre figlio del nobile signor dottore Gio.
Stefano Bosso e della nobile signora donna Catarina Vinadi jugali nato allì 30
di settembre alle tre ore di notte è stato battezzato da me prete Luigi Buzzo
curato di Azzate. Padrino è stato il signor Tiburtio Besozzo di Besozzo senza
madrina.
Adì 23 maggio 1643. Gio.
Stefano figlio del nobile signor Carlo Antonio Bosso e della nobile signora
Bianca sua moglie è stato battezzato da me prete Carlo Fumagallo curato di
Azzate. Il padrino è stato il signor Ottavio Bosso figlio del signor Fabrizio,
madrina la signora Bianca moglie del signor Jeronimo Tettoni tutti di questa
cura.
1613 adì 19 marzo. Carlo
Antonio figlio del nobile signor Gioseffo e della nobile signora Francesca sua
moglie è stato battezzato da me prete Giacomo Antonio Rosnati rettore di
Azzate. Compadre fu il signor Francesco Bosso q. Egidio e commadre la signora
Margherita Bossa.
1571 die 29 augusti. Ego presbiter Aloisius Daverius curatus
Acciati baptizavi Franciscum Joseph iam 4 dies natum ex nob. DD. Antonio et Blanca de
Bossiis jugalibus. Levatus fuit per D. Johannem Petrum Bossium habitantem in
Acciate.
1630 allì 4 marzo. Passò a
miglior vita il nobile signor Gioseffo Bosso avendo ricevuti li SS. Sacramenti
come sopra.
Ita est ut iacent. Et pro fide hac die 2 may 1742 presbiter Johannes
Petrus Giambonus curatus Azzati.
6. Nobilis Dominus Antonius
Bossius et Nobilis Domina Bianca Carnaga coniuges
anno 1570 die 29 augusti.
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7. Nobilis Dominus Joseph
Bossius baptizatus die 29 augusti anno 1570 et obiit die
4 marty anno 1630.
Et Nobilis Domina Francisca item Bossia
coniuges die 19 marty anno 1613.
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8. Nobilis Dominus Carolus
Antonius Bossius baptizatus die 19 marty anno 1613.
dein obyt die 14 marty anno 1673.
Et Nobilis Domina Blanca item Bossia
coniuges die 23 may anno 1643.
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9. Nobilis Dominus Johannes Stephanus Bossius baptizatus die 23 may anno
1643
dein obyt anno 1707. Et nobilis Domina Livia
item Bossia coniuges despondata
die 28 aprilis anno 1671.
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10. Nobilis Dominus
Johannes Stephanus Bossius junior J.C. baptizatus die 11
aprilis anno 1688. Et Nobilis Domina
Catharina de Vinady coniuges desponsata
die 10 may anno 1712.
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11. Nobilis Don Antnonius
Franciscus Bossius doctor physicus baptizatus die 7
octobris anno 1717.
Illustrissimo e
reverendissimo Signore,
fa bisogno a Don Antonio Francesco Bossi servitore devotissimo di Vostra
Signoria illustrissima e reverendissima la fede di morte della fu Signora
Francesca Bossa seguita il 6 arile 1641, come pure la fede di morte del fu
Signor Carlo Antonio Bossi seguita il 14 maggio 1673, ambi seppelliti nella
Chiesa Parrocchiale di Robecchetto di questa Diocesi.
Che perciò umilmente
supplica per l’opportuna licenza in forma & Il che &
In libro Parochiali Mortuorum loci Robecheti reperitur
ut infra:
Adì 6 aprile 1641. La Signora Francesca Bossa vedova d’anni 48 morse e fu sepolta nella
Chiesa di S. Maria di Robechetto.
Adì 14 marzo 1673. Il Molto
Illustre fu Signor Carlo Antonio Bossi havendo prima ricevuto i SS. Sacramenti
della Chiesa, morto d’età di 60 anni, è stato sepolto, fattoli prima il
funerale nella Chiesa di S. Maria della Purificazione in Robechetto.
Antonius Grandatius Parochus Robecheti.
Grad. 7 . Nobils et
Magnificus Dominus Joseph Bossius Abavus natus 1570 et
Obiit anno 1630 eius uxor Nobilis
Domina Francisca item Bossia eidem
nupta anno 1612 et obiit anno
1641 aetatis suae anni 48, ac tumulata in
Ecclesia Parochiali S. Maria loci
Robecheti plebis Dayraghi Ducatus
Mediolani.
Grad. 8. Nobilis ac perillustris Dominus Carolus Antonius Bossious proavus
natus
anno 1613 et obiit anno 1673
aetatis suae anno sexagesino, ac tumulatus
in praefata Ecclesdia Parochialis
S. Mariare loci Robecheti, apud eius
Dominam Franciscam matrem. Eius
uxor Nobils Domina Blanca item
Bossia filia q. Nobilis Domini
Johannis Stephani, desponsata anno 1640.
ACCETTAZIONE D’EREDITA’
(Vedi doc. n. 823)
Al Regio Tribunale di Prima Istanza.
Libello di don Gio. Battista Bossi consigliere del Regio
Tribunale d’Appello in Milano in cui presenta la fede di morte e la copia
autentica del testamento fatto dal fu dottore fisico collegiato Antonio
Francesco Bossi di lui fratello, e si dichiara di accettare ed adire
liberamente la sua eredità, e perciò domanda che gli sia ratificato il
corrispondente certificato autentico.
Dottor e causidico collegiato Antonio Sesti.
Regio Tribunale di prima Istanza,
in vigore e per esecuzione del prescritto nelle istruzioni in materia di
volontaria giurisdizione il Consigliere del Regio Tribunale d’Appello don Gio. Battista Bossi notifica a
questo Regio Tribunale di essere passato da questa all’altra vita nella notte
del giorno 23 spirante Settembre il dottor fisico collegiato don Antonio Francesco Bossi suo
fratello, previo il di lui testamento nuncupativo[25]
implicito del giorno 14 aprile 1789, consegnato al dottor Antonio Sesti notaio
e causidico collegiato di Milano, e d’indi aperto e pubblicato il 24 stesso
mese di settembre per istrumento rogato dal suddetto notaio, nel quale
testamento, dopo aver disposto per il di lui funerale e suffragi, e fatti
alcuni legati a favore dei suoi congiunti, ha istituito erede universale lo
stesso Regio Consigliere don Gio. Battista, ed in prova di tutto ciò si
rassegna la fede di morte e la copia autentica del predetto testamento segnatura
A e B.
Ciò premesso, il suddetto Regio Consigliere Bossi si
dichiara di voler accettare ed adire puramente e liberamente l’eredità del
sunnominato defunto di lui fratello per tutti gli effetti di ragione e di
adempiere, come ha già in parte adempita, la volontà dello stesso testatore.
Laonde domanda l’esponente che siano fatte le consuete
annotazioni al protocollo delle eredità e che sia anche rilasciato il
corrispondente autentico certificato.
Si unisce il mandato di procura C.
dottor e causidico collegiato
Antonio Sesti
Ricordiamo che con questo testamento Gio. Battista Bossi
viene in possesso anche dell’altra metà dell’attuale Villa Ghiringhelli che poi
passerà alla figlia Bianca e da questa a suo figlio Gio. Battista Riva che, non
a caso, ha lo stesso nome del nonno materno.
Don Gio. Stefano
Bossi
n. Azzate 17.1.1679
|
|
|--- dottore fisico
colleggiato di Milano don Antonio
Francesco Bossi +
| n. Azzate 7.10.1717
| Testa 17.4.1789
| + 23 settembre ….
|
|--- consigliere
del Regio Tribunale di Milano don Gio.
Battista Bossi
n. Azzate
17.7.1720
Erede
universale di suo fratello don Antonio Francesco.
|
|
|--- Bianca Bossi sposa 1757 Pietro Riva.
La lapide funebre fatta
porre nel 1758 nel tumulo della Chiesa Parrocchiale di Azzate dai fratelli
Antonio Francesco e Gio. Battista Bossi ricorda il loro padre Gio. Stefano e il
loro quadrisavolo Gio. Antonio, come testimoniato dalla dichiarazione fatta dal
notaio Giuseppe Antonio Grassi, figlio di Paolo, abitante in Varese il 2 luglio
1774 che riporta la dedica in latino e lo stemma scolpito[26].
Si ritiene che questa
circostanza sia di per sé importante e vada presa in considerazione per individuare
i personaggi raffigurati nella Galleria dei ritratti Bossi.
Si tratta di personaggi che
“hanno fatto la storia” di famiglia e quindi erano degni di essere ricordati
nella predetta galleria.
D.O.M.
SP. ET M.D. JOA. ANT.
TRIT. PATRI CONDIT.
JO. STEPH. GENIT. O. REST.
JO. BAPT. BOSSIUS J.C.C.
FIL. MAER. P.
ANNO MDCCLVIII
[1]"Adì 17 genaro 1679. Gioseffo Stefano Nanno
Ottavio figlio del sig. Stefano Bosso e della sig.ra Livia Bossa sua moglie,
nato adì 15, è stato battezzato da me prete Carlo Fumagallo curato di Azzate.
Padrino è stato il sig. Gio. Battista Bianchi di Charon, madrina la sig.ra
Teresa moglie del sig. Pomponio Bosso". (A.P.A.).
[2] Vedi file: Monica.
[3] Vedi: Oratorio di S.
Caterina.
[4]"Adì 28 settembre 1737 il nob. Giacomo Michele Tornielli della
cura di Cannero diocesi di Novara fq. nob. Michele ha contratto il matrimonio per
parole di presente con la nob. Christina Bossa f. nob. Gian Stefano di Azzate
alla presenza ed interrogazione di me prete Antonio Maria Cattaneo milanese
della cura di Santa Michelino Chiuso di Milano con espressa licenza in scritto
del M.R. sig. curato di Azzate, essendo presenti per testimoni l'ill.mo conte
Luigi Bosso di Milano, l'ill.mo Ignazio Cattaneo di Novara
e Antonio Buolamberti di Magnago". (A.P.A.).
[5] Vedi documento n. 767.
[6] Vedi Catasto Teresiano.
[7] Biblioteca Trivulziana.
[8] Vedi documento n. 598.
[9] Vedi documento n. 711.
[10] Non si capisce se è il
nome da monaca o al secolo.
[11] Vedi documento n. 690.
[12] Vedi documento n. 749.
[13] Non si capisce se è il
nome da monaca o al secolo.
[14] Vedi documento n. 690.
[15] Vedi documento n. 692.
[16] Vedi documento n. 824.
[17] Vedi documento n. 793.
[18] Albero Cottalorda.
[19] Vedi Catasto Teresiano.
[20] Vedi documento n. 2.032.
[21] Vedi il n. 33 delle
volture catastali.
[22] Vedi il n. 43 delle
volture catastali.
[23] Vedi documento n. 570.
[24] Vedi documento n. 2032.
[25] Dicesi del testamento in
cui il testatore di sua propria bocca nomina il suo erede in presenza di
testimoni e del notaio.
[26] Vedi documento n. 79.
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