venerdì 17 luglio 2015

L'ALBERO DEI BOSSI AFFONDA LE SUE RADICI NEL LAGO DELLA VAL BOGIA


Questo è l’albero genealogico della nobile famiglia Bossi che ha per capostipite Tosabue, rappresentato in un quadro ad olio un tempo in Villa Bossi-Riva-Cottalorda ad Azzate e oggi presso la nobile famiglia Necchi Della Silva di Schianno, senza data, ma posteriore al 1788.
L’albero affonda le sue radici dal Lago della Val Bogia e innalza i suoi rami verso la sommità di Azzate.




Sulla destra notiamo una scena pastorale che si celebra all’interno delle possenti fortificazione del feudo.





Il ratto di Europa da parte del toro rappresenta un motivo encomiastico per la famiglia Bossi, il cui capostipite è mitologicamente paragonato a Giove, re degli dei, trasformatosi appunto in toro in una delle sue numerose conquiste amorose.




Si narra infatti che nel 1160 i Milanesi distrussero l’antico castello fortificato sopra il monte Maggiore sopra Lomnago, che era cinto da una doppia cerchia di mura ed aveva otto torri e sembra che fosse la maggiore fortificazione della Val Bogia. Era praticamente il corridoio di ingresso alla valle, in un’epoca in cui la viabilità seguiva percorsi alti, lontani da paludi e inondazioni (la strada della Val Bodia fu ideata molti secoli più tardi).
Le fortificazioni della Bogia che nell’alto Medioevo servivano come difesa della valle, si trasformarono in seguito nei baluardi che ospitavano i nemici del Comune di Milano. Non furono i barbari, ma i Milanesi a distruggere la maggior parte dei castelli e delle fortificazioni della nostra zona.
Ufficialmente si fa risalire la nascita del Feudo della Val Bodia al 1538 ma questa è soltanto una coincidenza poiché da quella data l’Archivio di Stato di Milano conserva un voluminoso plico di carte che continua fino al Settecento inoltrato, ma questo solo perché lo Stato di Milano volle archiviare con scrupolo tutti gli atti relativi ai cosiddetti feudi camerali, tra cui anche la Val Bodia, anticamente detenuta dai nobili Bossi di Azzate.
Lo Stato moderno milanese prende possesso, cioè fa l’apprensione di una giurisdizione, fino ad allora esercitata a livello periferico, per riscuotere in primo luogo la tassa sul sale. Le pressanti necessità di risanare il bilancio del governo spagnolo, spingeranno quest’ultimo a mettere all’asta tali giurisdizioni al miglior offerente.
E’ logico perciò che si facciano avanti i soliti Bossi che conducono la trattativa con un prestanome Agostino D’Adda, ma lo fanno con un profondo risentimento nell’animo nei confronti di un potere in cui non possono più identificarsi. Un po’ come se lo Stato ci costringesse a ricomprare terreni di nostra proprietà, per il fatto, formalmente ineccepibile, che anticamente erano stati assegnati alla nostra famiglia solo a titolo beneficiario e quindi senza l’ereditarietà.
Un tempo i Bossi guerrieri difendevano la Bogia dalle incursioni degli stranieri, mentre ora dovevano forzatamente contribuire al pareggio di un bilancio che era deciso in Spagna o in Francia.

(Estratto dal n. 200 de “Il gAzzatino della Valbossa” di Amerigo Giorgetti).

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