Bel personaggio il nostro don Gio. Battista Bossi detto
Passerino del quale abbiamo la fortuna di avere una rappresentazione pittorica
ad olio ora conservata presso una collezione privata.
La cornice che contiene la tela è di poco pregio ma
probabilmente rispecchia il gusto e la moda del Seicento. Quello che invece
colpisce è il personaggio, ripreso a mezzo busto, che manifesta allo stesso
tempo austerità, imponenza, corposità, eleganza fin’anco ma, comunque,
serenità.
Non ci risulta che don Gio. Battista abbia ricoperto qualche
carica pubblica, come invece avevano fatto i suoi antenati che si erano
caratterizzati per essere stati giureconsulti o notai.
La didascalia posta sull’angolo di destra in alto del
dipinto dice: “Dominus Joannes Baptista Bossius dictus Passerinus nupsit
dominam Hieronimam Bossiam” che, a quanto sin qui detto, aggiunge soltanto la
notizia che sposò donna Gerolama Bossi, appartenente ad un altro ramo della
nobile famiglia azzatese, come era usanza del tempo.
Matrimoni tra Bossi e Bossi erano comunissimi e rispondevano
all’esigenza di mantenere in famiglia il patrimonio che, diversamente, sarebbe
confluito in altre famiglie.
Questa eventualità si verificava raramente, ma avvenne, come
vedremo, nel caso in cui fosse rimasta una figlia che sposava un personaggio al
di fuori della famiglia Bossi.
Poteva succedere anche che due figli maschi dessero origine
a due distinti rami i cui discendenti alla fine si sarebbero sposati tra di
loro, riunendo in questo modo in un solo tronco l’albero che si era
precedentemente biforcato e come è visibilmente ben documentato nell’albero
genealogico della specifica famiglia dei Bossi di Milano cui appartenne il
Passerino che stiamo trattando e la cui rappresentazione pittorica è pure
conservata presso la stessa collezione.
E proprio in questo albero genealogico la didascalia
contenuta nel medaglione che riguarda il Passerino dice: “Ex nobilibus
antiquoiri loci Azzati 1679 et Hieronima Bossia coniuges 1671” dove le due date
vanno presumibilmente interpretate come quelle del loro ultimo atto pubblico,
ossia il testamento, essendo il 1679 molto vicino alla data a noi conosciuta
della morte del Passerino che avvenne ad Azzate il 17 Settembre dell’anno
successivo.
Anche la data del 1671 riferita a sua moglie Gerolama sembra
quella verosimile del suo testamento poiché da altre fonti e precisamente dagli
atti di battesimo conservati presso l’Archivio Parrocchiale di Azzate sappiamo
che ella intervenne ripetutamente come madrina al sacro rito dal 1647 al 1663.
Cerchiamo ora di descrivere l’abbigliamento del nostro
Passerino che è qui rappresentato come il nobile degli antichi Bossi del luogo
di Azzate (ricordiamo che è una convenzione nostra quella di aver definito
questo ramo come Bossi di Milano per non confonderli con i loro omonimi
abitanti nel Castello di Azzate).
Dalla giubba sopraveste color marrone spunta sotto la gola
un fazzoletto a pizzo circolare mentre dalle maniche rimboccate a tre quarti e
fermate da un vistoso fiocco spuntano le maniche della camicia bianca
arricchita da eleganti pences.
Una fascia finemente ricamata e messa a tracolla sorregge la
spada mentre una fila fittissima di bottoni guarnisce i fianchi e l’incrocio
del doppio petto.
La mano destra impugna una borsa ed anche la sinistra
afferra qualcosa appoggiata sull’angolo di un tavolo od un ripiano.
Nella metafora, la spada, come la borsa, viene trattata come
un oggetto comune che ogni individuo dovrebbe portare con sé e che, a maggior
ragione, dovrebbe essere il simbolo della difesa dei deboli e la prodigalità
verso i poveri che ogni appartenente alla classe nobile come il Passerino
dovrebbe avere in sé.
Il viso sereno e maestoso è incorniciato da pochi capelli e
danno risalto espressivo gli zigomi rubizzi, baffetti sottili e lunghi
accompagnati da pizzetto.
Per dare profondità pittorica, il ritrattista ha inserito
sull’angolo di sinistra un panneggio a mo’ di tenda rialzata.
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