mercoledì 22 luglio 2015

IL LAGO DI VARESE di G. G. Nessi



Volgeva il sole all’occaso[1] in uno de’ più bei giorni di estate, lorché indirizzatici a percorrere il lago, che da Varese ha il nome, ponemmo piede in un picciol schifo, che siasi soffermato nel pescareccio porto della Schirana[2].
Spettacolo più giocondo non potevasi presentarci. Ai tiepidi raggi del sol cadente l’orizzonte sembrava più splendidamente animarsi. La superficie del lago, lievemente increspata brillava, di punti luminosi, ed offriva di tratto in tratto i più grati contrasti di lume, d’ombra e di tinte svariate; assumevano i colori dell’Iride picciole nuvolette in vario senso cacciate dal zefiro vespertino; i frequenti paesetti sparsi alcuni sul dorso delle circostanti colline, ed altri sorgenti quasi a fior d’acqua, prendevano certe quali indefinite temperanze di vapori e di ombre da potersi solo esprimere col pennello; i giganti delle Alpi scintillavano da lungi, quasi sorridessero all’ultimo saluto del sole; una lieve auretta, foriera al tramonto, sussidiante gli sforzi di due robusti rematori, spingeva velocemente il navilio…
Il lago di Varese, chiamato ne’ vieti tempi anche glareato dal borgo di Gavirate che bagna alla occidentale estremità, è lungo miglia sette, e largo miglia quattro nella maggior sua ampiezza fra Gravirate e Cazzago. Lo circondano colline pel giro di trenta miglia. Ha origine dalle acque che scorronsi in piccole fiumane, ma principale influente ne è la Brabbia, che esce dal prossimo laghetto di Ternate. Suo emissario è un fiumicello, che piglia nome dalla terriciuola di Bardello, e mette foce nel Verbano. Si agita caloroso il progetto di abbassarlo per braccia quattro, approfondendo detto emissario, con che verrebbero ad esser tolte alla melma, e donate all’agricoltura pertiche trecento trenta di buon terreno. Già negli anni 1816 e 1817 si ottenne l’abbassamento di braccia due, ma dappoi l’alveo dell’emissario si è di nuovo insensibilmente rialzato in modo che al dì d’oggi poco è il vantaggio che da tale operazione ne risulta. Ora ingente somma richiedesi per indennizzo ai proprietari degli opifici lungo il Bardello, che coll’abbassarne novellamente l’alveo, verrebbero ad esser posti fuor d’uso; talché l’opera della natura e quella dell’uomo par che cospirino nel ritardare l’operazione dell’utilissimo divisamento.
Abbonda il lago di ottima pescagione che viene ogn’anno per grossa somma data in appalto. Primeggian le tinche, indi hanno pregio le anguille, i lucci ed i persici, e varie altre specie di pesci, che noi lasceremo denominare e distinguere agli ittiologici[3]. E l’ornitologia vi può fare essa pure ben ricca messe fra le alghe ed i canneti, che ne mascherano in alcune parti le rive, contandovisi in gran copia le folaghe, i germani reali (vulg. anedòn), le alzavole (vulg. garganell), i fischioni (vulg. anada salvadega), i croccoloni (vulg. sgneppon), i beccaccini (vulg. sgneppa) ed i frullini delicatissimi (vulg. sgneppin).[4]
Vi si raccoglie infine copiosamente il tribolo, detto castagna di lago, frutto non comune ad altri molti.
Ed alla Schirana volgemmo la prora a ponente,e lasciando da tergo la Villa Perabò, ora Cagnola[5], sedente al sommo di un poggio, d’onde d’un colpo d’occhio tutto prospettasi il lago[6], co’ sottostanti villaggi di Capolago e Buguggiate, gli aprichi colli di San Pedrino, Montalbano e Mirabello, ove le ville De Cristoforis, Poggi, Besta e Taccioli fanno di sé bella mostra alternando le pompe della natura con le eleganze dell’arte; Bobbiate e Casbeno col grandioso palazzo Recalcati, or Morosini, e più in alto verso manca[7] Masnago gremito di belle case, fra cui torreggia la Castiglioni, già albergo un dì dell’invasore d’Italia Ludovico XII, fummo in pochi istanti innanzi a Lissago. E qui spingendo lo sguardo su per lo monte, cui serve quasi di base la gradazion successiva de’ colli inferiori, ci si affacciò in tutta la sua maestà il Santuario della Madonna, che osservando da banda in un co’ molti edifici che gli fanno corona, e colle biancicanti cappelle che in graduata serie di balza in balza salienti gli aprono sontuosa la via, assumeva l’aspetto di un grosso villaggio pittorescamente posto sull’orlo estremo di quell’alta pendice. Più in là vedovasi il Monte delle tre Croci, poi l’amenissimo Campo de’ fiori, da cui tutta si domina l’immensa pianura di Lombardia colla imponente catena delle circostanti alpi, e prealpi, punto di vista il più deliziante, ed il più esteso che fra noi si conosca, e che non teme il confronto del Riggiberg[8], e di altri punti di grandissima rinomanza.
Proseguendo la corsa dalla parte destra del lago ci si dispiega di contro vaghissime colline con dolce pendio specchiatisi nel cristallo delle acquee, allegrate da vignette con graziosa e varia industria disposte; estese campagne ricche di bionda messe, e di lunghi filari di peschi[9] e di gelsi; fitte boscaglie di querce e castani; verdeggianti prati fiancheggiati da gruppi d’alberi in rigogliosa vegetazione, ai quali fanno di quando in quando contrasto, quasi ombra nel quadro, alcune lingue di terra insinuantisi fra le acque, coperte d’erbe palustri, e frammezzate da pioppi e saliceti. Non una rupe, e non uno scoglio rende aspre le rive, e vi fanno disagevole l’approdo. Molteplici casolari circondati da ameni verzieri e pomieri d’ogni ragione, spuntano a brevi distanze fra le vigne e fra gli alberi, e ne interrompono le monotone tinte; e dove quelli si costituiscono in gruppi, graziosi paeselli ne emergono, alcuni distendentisi lungo le sponde, altri dominanti piacevolmente le alture. Dal lato opposto del lago egual lusso di vegetazione, egual coltura di campi e di vigne (meno le melme della Brabbia) egual frequenza di villaggi l’uno più ameno dell’altro, sedenti a mo’ di gradini sul facile pendio de’ colli. Quest’insieme forma il più gradito spettacolo che possa l’uom vagheggiare, rotto alle estremità dalla vista del magnifico Monte Rosa coverto in sul vertice da perenne ghiaccio, e de’ vicini argentei corni del Sempione coi succedentisi colossi delle Alpi, che si addossano gli uni agli altri, rizzanti lor guglie nevose e superbe sullo sfondo azzurro del cielo.
Seguitavano i remi a tuffarsi con regolari cadenze nell’onda, quando passammo dinnanzi a Moroslo, a’ cui d’intorni dà rinomanza il Ponte di Antò dalla natura fra il tufo bizzarramente scavato, ed adorno di curiosissimi stalattiti, le di cui vicinanze pur tornano interessanti alle geologiche indagini per le riscontratevi marne e puddinghe; poi scorgemmo Oltrona la cui chiesuola disgiunta dall’abitato, e sorgente sopra un dosso vagamente presentasi; ed alquanto più in là ci fu visto Voltorre, fertile priorato un dì de’ Canonici Lateranensi coll’antico e stranio suo chiostro di cui più non resta che poco avanzo solitario e muto[10]. Per poco che superiormente alziam lo sguardo ci si para innanzi Casciago colla superba Villa Ballabio[11] da cui godesi sorprendentemente bella la vista di cinque laghi, indi Luvinate, Barasso e Comerio, tutti in festevole aspetto. – Che se di nuovo l’occhio spaziar vorrà dalla manca[12] del lago, vedremo fra frequenti risvolte con molta varietà di punte e di curve dilatarsi la spiaggia, vedrem Cazzago per metà nascosto da sporgenti vigne, Bodio con superiore Lomnago, già temuto un dì per forte Castello, e per molteplici torri, di cui stanno tuttora gli avanzi[13], Galliate già ben più esteso villaggio[14], Casale già ben fortificato esso pure[15], Caidate, il cui palazzo ritiene ancora le forme di munito Castello, Daverio già sacro a Mercurio[16] e per ultimo Azzate, capitale della Val Bossa, colla propinqua regal villa di Maria Cristina Sabauda, eretta sulle rovine d’altro antico castello, di cui serba il nome tuttora[17].
Dalla punta di Voltorre drizzammo lo schifo verso la Brabbia, e là approssimatici, uno stormo di anitre selvatiche s’en volò via. Un silenzio solenne, rotto soltanto dalle loro stridule voci, regna in que’ luoghi. Ratti ce ne scostammo, e per poco approdammo alla ridente non lontana isoletta, che la pietà figliale intitolandola, ora non sono molti anni, ad illustre donna[18], isola Camilla fu detta.
All’avvicinarvici pareaci quasi esser presso alla graziosa isoletta, chiamata de’ cipressi, soverchiante di poco i trenta passi, che è di singolare ornamento a Pusiano ed a quel bel laghetto[19]. Tanti sono i punti d’analogia fra le due isolette. La Camilla non è più vasta, e la rallegrano belle piante di pioppi, frassini, abeti, pini, cipressi ed altri molti alberi coniferi sempre-verdi che vivonsi in buona famiglia fra loro, e vi prosperano egregiamente. Nei giocondi giorni d’autunno qui frequente è il convegno di liete brigate, che vi si traggono ad obliare le noie cittadinesche, fra saporose vivande, ed i cristalli colmi di liquor generoso.
Di contro all’isoletta stanno Biandronno, già anch’essa temuta fortezza[20] e Bardello; e nell’estremo del lago vedesi in bel prospetto il borgo di Gavirate già feudo di casa Litta, sede d’autorità distrettuali e di curia, frequentato per ebdomadale (=settimanale) mercato concessogli nel 1559 da Carlo V. Negli antichi tempi era ben più popoloso ed esteso, ma la rabbia francese nel 1500 fe’ anche a lui dono di saccheggio e d’incendio.
Quando fummo per isbarcare a Gavirate s’avvicinava la sera; le Api fascianti in giro l’orizzonte tingansi d’un colo rosso che di momento in momento si faceva più intenso; le tenebre si alzavano lentamente dal basso; si dilungavano le ombre; nereggianti divenivano le foreste … Il sole s’è ascoso dietro i gioghi nevosi; il cielo comincia a farsi ricco di stelle precedute dall’espero scintillante; sorge la piena luna rinforzantesi collo svenir dei crepuscoli; angoli trasparenti scherzano ora in forma di nastri, or di fiocchi intorno al luminoso disco d’argento; è fatta notte… La quiete quasi ala silenziosa su tutto distendesi, non s’ode che l’aleggiar fra le fronde della seròtina (=serale) brezza, ed il molle sussurrar delle acque. L’anima ci è assorta in profonda contemplazione; ogni cosa contribuisce a creare certa quale voluttuosa astrazione di godimento e di pace che per l’intime fibre ci serpe quasi alito di vita novella; né sapremmo immaginare, diremo con T. Dandolo parodiando l’autor dell’Emilio[21], omaggio più degno reso alla divinità della muta ammirazione che provasi nel contemplar le stupende sue opere.
                                                                                  G.G. Nessi




[1] Tramonto.
[2] Schiranna.
[3] Cyprinus Tianc, Murena anguilla, Esox Lucius,  Vedi Ittiliogia della Provincia e Diocesi di Como del prof. Maurizio Monti 1846.
[4] Non è raro il vedere alle sponde di questo lago anche de’ pellicani. Narra il chiarissimo professor Balsamo Crivelli nel suo catalogo dato alle stampe, che al 21 luglio del 1831 vi comparvero otto pellicani e che uno ne fu ucciso.
[5] A Gazzada.
[6] Reputasi questo il miglior tratto di vista che rinvenir si possa su queste sponde. La villa Perabò nel secolo scorso già accolse più principi e più porporati, ed è di duratura memoria tuttora la quasi regal mossa che da là fece per Varese nel detto secolo il Cardinal Arcivescovo Pozzobonelli, accolto dai Varesini con straordinarie magnificenze, che loro importaron lo spendio di 60 e più mille lire!
[7] Sinistra.
[8] In Svizzera nel Canton Berna. E’ alto metri 1227 e da là si scorgono Milano, Monza, Pavia, Vigevano, Novara, Vercelli.
[9] Quasi del tutto scomparsi.
[10] Merita speciale osservazione questo chiostro, fondato nel 1296, per le moltissime smilze colonnette, che ne sostengono il porticato, tutte l’una differente dall’altra, in un ai sovrapposti capitelli. Soppresso già da molt’anni ora non serve che ad uso di coloniche abitazioni.
[11] Fu edificata con molta spesa in sullo scorcio dello scorso secolo dal conte Andreani, cui gravando di passeggiar sulla terra, volle tentare le vie dell’aria, non sempre però ne’ suoi voli da sorte prospera secondato.
[12] Sinistra.
[13] Il castello era cinto da doppio muro, e munito da otto piccole torri. Era la principale fortezza della Val Bossa, che qui comincia. Fu probabilmente rovinato dai Milanesi, quando  nel 1160 si recarono in questi dintorni ad atterrare le rocche del Contado sepriese, alleato del Barbarossa. Bombognini, Antiquario della Diocesi di Milano – 1790.
[14] Galliate era tre secoli fa assai più popolato, e si scorgono ancora nelle annesse vigne gli avanzi di antiche contrade. Si vedono pure le fondamenta d’una torre di smisurata grandezza. Fu rovinato dai Francesi, che atterrarono anche la Chiesa di S. Stefano, posta fuori dell’abitato in luogo che tuttora si chiama Chiesuolo.
[15] Vi sussistono anche al dì d’oggi gli avanzi di vasto castello, che secondo Bonaventura Castiglioni era detto turris aerea, d’onde per corruzione Tordera, sito che domina tutta la spiaggia verso il Verbano.
[16] Parini ne cantò i vanti nella bellissima sua Ode II.
[17] Maria Cristina vedova di Carlo Felice re di Sardegna ne fece acquisto dalla famiglia Ubicini ed in morte legolla all’attuale proprietario Conte Avogadro di Collobiano. Azzate fu culla di illustri famiglie, fra cui quella dei Bossi, che rese illustre per mitre e per toghe, e dalla quale uscì S. Benigno arcivescovo di Milano nel 465. La sua parrocchiale va superba d’un prezioso dipinto di Callisto Piazza da Lodi poco anzi restaurato.
[18] La duchessa Camilla Litta-Lomellini che, non è molto decessa in estranea terra, lasciò di sé gran desiderio.
[19] Parini ne cantò i vanti nella bellissima sua Ode II.
[20] Biandronno tien luogo anch’esso fra le terre più antiche. Eravi un castello posseduto dagli Arcivescovi di Milano, del quale ponno vedersi gli avanzi sul colle detto di Castelvedro (Castelvetre, vecchio). Fu nel 1160 occupato il paese dalle milizie arcivescovili, e nel 1161 rovinato da Gozelino, fatto conte del Seprio dal Barbarossa.
[21] Lettere sulla Svizzera, considerata nelle sue vaghezze pittoresche, nella storia, nelle leggi e nei costumi. Milano 1853.

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