Dopo la morte di
Filippo Maria i Milanesi, essendosi costituiti in repubblica, elessero
Francesco Sforza a loro capitano per battere i Veneti; ma egli patteggiò con
loro ed usurpò il ducato. La città di Milano era circondata dai soldati dello
Sforza, e con tanta diligenza custodita, ch'era impossibile agli abitanti di
ricevere alimento veruno. Un moggio di grano si vendeva 20 zecchini; si erano
vendute e mangiate pubblicamente le carni dei cavalli, degli asini, dei cani,
dei gatti e persino dei sorci; alcuni cittadini morirono di fame sulle
pubbliche strade. I Milanesi difesero la loro libertà fino agli estremi e
diedero esempio di tale amor patrio, da paragonarlo a quello degli antichi.
Ecco come era
costituita la Repubblica Ambrosiana (1447-1450).
L'autorità
sovrana e legislatrice era nel popolo, rappresentato dal consiglio dei
novecento; vi erano inoltre i consigli speciali di ciascuna porta, ma non
sappiamo se fossero le frazioni di 150 per porta, che unite formavano il
consiglio generale, o se fosse composto con un'altra elezione. E però è
notabile che la rappresentanza nazionale non fosse stata eletta dal popolo
direttamente, ma dai suoi delegati; vale a dire ogni parrocchia sceglieva i
suoi deputati che si riunivano porta per porta, e par che costoro nominassero
quelli che si chiamavano i sindaci di porta, che poi eleggevano i compromissari
o sapienti. Ad ogni modo sappiamo che ciascuna porta si elesse quattro
sapienti, i quali congiunti col vicario e coi dodici delle provvisioni e probabilmente
con alcuni del collegio dei giureconsulti, nominarono i 900 del consiglio; di
maniera che il corpo elettorale si riduceva a 40, o tutt’al più 50 persone.
Quello che noi chiamiamo il potere esecutivo e governativo fu affidato ai 24 capitani e difensori della libertà del comune, e i primi ad occupare questa carica furono i seguenti:
Quello che noi chiamiamo il potere esecutivo e governativo fu affidato ai 24 capitani e difensori della libertà del comune, e i primi ad occupare questa carica furono i seguenti:
PORTA
ORIENTALE.
Giovanni Marliani.
Giovanni Moresini.
Rolando od Oldrado Lampugnani, quel
medesimo che nel 1425 fece prigione a tradimento Cabrino Fondulo di Cremona.
Giovanni Olgiati.
PORTA
ROMANA.
Bartolomeo Visconti, forse il
vescovo di Novara.
Giovanni Omodei, giureconsulto, e
probabile suocero di Giorgio Lampugnano che aveva sposta una Giovannina Omodei.
Giacomelli Trivulzio.
Antonio Visconti, forse Antonio
Trivulzi.
PORTA
TICINESE.
Giovanni Crotti.
Ambrogio Lomazzo.
Giovanni Caimi.
Giorgio Piatti, giureconsulto di
molta fama, e che conservò la franchezza repubblicana anche sotto il dominio di
Francesco Sforza, essendo stato il solo che si opponesse alla riedificazione
del castello.
PORTA
VERCELLINA.
Giacomo Corio.
Simone Meraviglia.
Conte Vitaliano Borromeo, già
tesoriere o camerlengo del duca Filippo Maria.
Guarnerio Castiglione, conte e cavaliere aureato, primo professore di ritto canonico a Pavia, consigliere e senatore sotto Filippo Maria; fu poi ribelle alla repubblica e largamente premiato dallo Sforza.
Guarnerio Castiglione, conte e cavaliere aureato, primo professore di ritto canonico a Pavia, consigliere e senatore sotto Filippo Maria; fu poi ribelle alla repubblica e largamente premiato dallo Sforza.
PORTA
COMASINA.
Giacomo Dugnani, giureconsulto.
Giorgio Lampugnani, giureconsulto e
professore di diritto pubblico a Pavia.
Luisino o Luigi Bossi, che deve aver ceduto il posto a suo fratello
Teodoro, per esser egli eletto fra i conservatori e sindaci della libertà.
Francesco Casati, castellano della
cittadella di Pavia.
PORTA
NUOVA.
Bartolomeo Morone, giureconsulto.
Pietro Cotta.Dionigi Biglia.
Galeotto Toscani.
Questi capitani
nei successivi bimestri da 24 furono ridotti a 12, e così si mantennero finché
durò la Repubblica; si sceglievano un priore ed un vice priore, i quali, da
quel che sembra, giravano per turno, e duravano in carica una settimana o poco
più. I capitani e difensori della libertà erano stati sostituiti al consiglio
secreto del duca. Non conosco l'atto in cui si contenevano le loro
attribuzioni: e quelle accennate nel giuramento che prestavano, sono assai
vaghe. Si obbligavano a difendere il Comune e la libertà; a non proporre ne'
consigli, se non cose utili alla libertà medesima; ad adempire il loro incarico
con fedeltà e zelo; ad essere imparziali con chicchessia; a proteggere le
vedove. i pupilli ed i poveri; a non abbandonare il loro ufficio prima del
termine, ed a rassegnarlo a' successori senza contrasto. In massima però era
posto nelle loro mani tutto l'indirizzo del governo, ma dipendevano dal
consiglio generale a cui nelle cose appena di qualche importanza dovevano
riferire e farsi autorizzare da esso.
Come ad ogni
porta vi era un consiglio che rappresentava in piccolo quello che era in grande
il consiglio dei 900, così vi erano pure 24 fra governatori e consiglieri,
ossia un governatore con tre consiglieri per ciascuna porta che rappresentavano
il governo nel rispettivo loro quartiere. Dapprima s'intitolarono governatori e
consiglieri della libertà del comune, poi conservatori e sindaci della libertà,
e pare che fossero bimestrali come i capitani; in ultimo in luogo di 24 furono 36,
e si chiamarono i sei aggiunti per porta, e prorogarono la loro carica ad un
anno. Oltre all'ingerenza speciale nella loro porta, essi avevano parte anche
nel governo insieme coi capitani e difensori, e deliberavano in comune.
Furono istituiti anche i dodici della Balìa di pace e di guerra, che duravano in carica un anno, e che sopraintendevano alla direzione della guerra. Ve n'erano due per porta, e conviene credere che fosse un ministero molto importante perché vediamo che persone ragguardevoli lo preferivano a quello di capitani e difensori. Vi erano pure 6 censori, 6 consiglieri di giustizia, 6 sapienti e governatori, 6 sindaci, uno per porta; i primi restavano in ufficio un anno, li altri sei mesi. I consiglieri di giustizia erano senza dubbio quei medesimi che sotto i duchi rappresentavano il supremo potere giudiziario: forse i censori esercitavano una specie di tribunato su tutti i corpi dello stato, e sulla esecuzione delle leggi; e i sapienti e governatori erano forse giudici od altro magistrato civile di ciascuna porta.
Furono conservati quei che erano prima, il vicario e dodici delle provvisioni, il podestà, il capitano di giustizia, i maestri delle entrate ordinarie e straordinarie, ed altri uffici. Ai consoli dei mercanti, come anche agli abati o capi delle arti, fu restituita la facoltà che avevano anticamente di giudicare sopra le materie spettanti alla rispettiva loro corporazione. Pare altresì che i due distinti magistrati sulle entrate ordinarie e sulle straordinarie sul finir dell'ottobre 1419, siano stati, per economia di salari, dal consiglio generale ridotti in un solo. Tale era l'ordinamento della nuova repubblica, desunto in gran parte dalle vecchie consuetudini: nel consiglio generale vi erano senza dubbio persone di ogni ceto; ma i nobili si erano pressoché esclusivamente appropriati i ministeri speciali, e l'azione del governo, del che non sembra che il popolo si dolesse, sia che fosse avvezzo da lungo tempo a veder primeggiare le classi aristocratiche, o sia che mancasse ne' ceti popolari quella intelligenza e quella capacità e dicasi eziandio quell'ozio che sono necessari per vacare ai pubblici offici, e che si dovevano cercare altrove. Ad ogni modo, si era riservata al popolo un'ingerenza, che non è per certo la migliore e più sana, quella cioè di tumultuare per le piazze e di strepitare e di far paura colle grida e le dimostrazioni minacciose alle pubbliche autorità, e violentarle nelle deliberazioni; nelle quali faccende il popolo si crede di essere una gran cosa, e non è che un istrumento nelle mani degli agitatori. Del rimanente, prima cura dei capitani e dei magistrati fu di ristabilire l'ordine interno, di reprimere le fazioni e le violenze, di vietare le delazioni delle armi che ciascuno si faceva lecito, e le unioni armate che davano luogo a tumulti; di riabilitare le leggi sui dazi violate impunemente in que' primi licenziosi giorni, di provvedere al ricovero e all’assistenza di molti infelici contadini, che la guerra aveva discacciati dalle loro sedi, e che mendicando o consumando d'inedia, vagavano per le vie, e di assicurare insomma la quiete e l'ordine interno. Queste considerazioni sullo stato di Milano dopo Filippo Maria, come eziandio sull'ordinamento della repubblica Ambrosiana le ho estratte da un'opera di celebre autore, pubblicata pochi anni fa.
Furono istituiti anche i dodici della Balìa di pace e di guerra, che duravano in carica un anno, e che sopraintendevano alla direzione della guerra. Ve n'erano due per porta, e conviene credere che fosse un ministero molto importante perché vediamo che persone ragguardevoli lo preferivano a quello di capitani e difensori. Vi erano pure 6 censori, 6 consiglieri di giustizia, 6 sapienti e governatori, 6 sindaci, uno per porta; i primi restavano in ufficio un anno, li altri sei mesi. I consiglieri di giustizia erano senza dubbio quei medesimi che sotto i duchi rappresentavano il supremo potere giudiziario: forse i censori esercitavano una specie di tribunato su tutti i corpi dello stato, e sulla esecuzione delle leggi; e i sapienti e governatori erano forse giudici od altro magistrato civile di ciascuna porta.
Furono conservati quei che erano prima, il vicario e dodici delle provvisioni, il podestà, il capitano di giustizia, i maestri delle entrate ordinarie e straordinarie, ed altri uffici. Ai consoli dei mercanti, come anche agli abati o capi delle arti, fu restituita la facoltà che avevano anticamente di giudicare sopra le materie spettanti alla rispettiva loro corporazione. Pare altresì che i due distinti magistrati sulle entrate ordinarie e sulle straordinarie sul finir dell'ottobre 1419, siano stati, per economia di salari, dal consiglio generale ridotti in un solo. Tale era l'ordinamento della nuova repubblica, desunto in gran parte dalle vecchie consuetudini: nel consiglio generale vi erano senza dubbio persone di ogni ceto; ma i nobili si erano pressoché esclusivamente appropriati i ministeri speciali, e l'azione del governo, del che non sembra che il popolo si dolesse, sia che fosse avvezzo da lungo tempo a veder primeggiare le classi aristocratiche, o sia che mancasse ne' ceti popolari quella intelligenza e quella capacità e dicasi eziandio quell'ozio che sono necessari per vacare ai pubblici offici, e che si dovevano cercare altrove. Ad ogni modo, si era riservata al popolo un'ingerenza, che non è per certo la migliore e più sana, quella cioè di tumultuare per le piazze e di strepitare e di far paura colle grida e le dimostrazioni minacciose alle pubbliche autorità, e violentarle nelle deliberazioni; nelle quali faccende il popolo si crede di essere una gran cosa, e non è che un istrumento nelle mani degli agitatori. Del rimanente, prima cura dei capitani e dei magistrati fu di ristabilire l'ordine interno, di reprimere le fazioni e le violenze, di vietare le delazioni delle armi che ciascuno si faceva lecito, e le unioni armate che davano luogo a tumulti; di riabilitare le leggi sui dazi violate impunemente in que' primi licenziosi giorni, di provvedere al ricovero e all’assistenza di molti infelici contadini, che la guerra aveva discacciati dalle loro sedi, e che mendicando o consumando d'inedia, vagavano per le vie, e di assicurare insomma la quiete e l'ordine interno. Queste considerazioni sullo stato di Milano dopo Filippo Maria, come eziandio sull'ordinamento della repubblica Ambrosiana le ho estratte da un'opera di celebre autore, pubblicata pochi anni fa.
(Estratto da: Cenni sulla costituzione della Repubblica
Ambrosiana).
Milano - Chiesa di S. Maria Incoronata - Lapide di di Aloisino Bossi. |
Particolare della lapide di Aloisino Bossi. |
Nessun commento:
Posta un commento