martedì 19 luglio 2016

SANTUARIO DELLA MADONNINA DEL LAGO OVVERO ORATORIO DELLA BEATA VERGINE DELLE CASE VECCHIE


L'edificazione della chiesa della Madonnina del Lago ad Azzate è oggetto di una bella leggenda.

Si racconta infatti di Niero delle Rose, un cavaliere di ritorno dalle crociate, che percorreva queste lande in una notte buia. Faceva molto freddo, tutt’intorno solo ghiaccio e desolazione, e, lontano, sulle colline, gli ululati dei lupi alla ricerca di cibo. Ma il nobile cavaliere andava per la sua strada, condotto dai sentimenti del suo cuore e dall’amore per la sua bella sposa dai capelli d’oro. Durante la lontananza il suo ricordo gli aveva alleviato la solitudine e ora non vedeva l’ora di riabbracciare la fiorentina Fazia degli Oberti, al sicuro in un castello della Valtravaglia.
Nulla e nessuno poteva fermare il crociato che, con il suo fido cavallo, attraversavano di gran carriera le terre che lo dividevano dal tanto atteso abbraccio.
Ad un tratto davanti a lui apparve un vastissimo campo ricoperto di neve e partì al galoppo per attraversare quella grande prateria.
Alla fine intravvide alcune case e si avvicinò confidando in qualche buon’anima che offrisse una calda vivanda per rifocillarlo prima di riprendere la strada.
E’ un contadino di Azzate a dare aiuto al cavaliere che, ascoltato il racconto del viaggio, gli dice del terribile rischio che ha corso. Il vasto campo ricoperto di neve non è una prateria, ma il lago ghiacciato che avrebbe potuto in qualsiasi istante sgretolarsi sotto il peso del nobile e del suo cavallo. Niero delle Rose impallidisce, si rende conto di aver scampato per miracolo la morte. Grato alla sua buona stella, ma soprattutto alla Madonna che lo ha protetto, Niero lascia al contadino una borsa di denari perché venga eretta una cappella, in voto, proprio nel punto che egli aveva raggiunto incolume al termine della sua forsennata corsa.
Oggi in questo luogo si trova il Santuario della Madonnina del Lago.
La stessa leggenda che viene legata alla fondazione della chiesetta della SS. Trinità a Gavirate, con l’unica differenza di un percorso opposto compiuto da un altro glorioso cavaliere.
La popolazione ha però sommato queste due storie per crearne una terza, la quale altro non è che la somma delle precedenti. Il racconto parte da una notte fredda e buia che vede due cavalieri, provenienti dalle sponde opposte, che s’incrociano al centro del lago. L’uno insegue l’amore, l’altro sta compiendo una missione per il suo popolo. I due sbattono l’uno contro l’altro e subito ne nasce una contesa per sapere chi abbia il diritto di precedenza. Entrambi hanno un valido motivo, viste le leggi della cavalleria, per pretendere di passare per primi e, dato che la questione non si risolve, passano subito alle armi per arrivare a una soluzione. I due non sanno di lottare sopra un lago ghiacciato e la contesa prosegue per tutta la notte senza che ne emerga un vincitore. Alle prime luci dell’alba uno dei due cavalieri sferra un colpo che si conficca nel ghiaccio e d’un tratto sotto i loro piedi si apre una voragine che li inghiotte. I due cavalieri, ricoperti dalla loro pesante armatura, non hanno possibilità di salvezza ed anzi un contadino di passaggio raccontò di aver visto i due combattenti procedere nella contesa anche mentre stavano per sprofondare nelle acque ghiacciate del lago.

La Festa della Madonnina del Lago

Il 10 ottobre del  1897 terminarono i lavori di ristrutturazione del piccolo santuario di Azzate ed il Parroco organizzò una grandiosa sagra popolare. Fu così che da allora ogni anno nella seconda domenica di ottobre si tiene la festa della "Madonnina del lago".

E’ ormai tradizione portare in offerta doni da mettere all’incanto dopo la solenne funzione religiosa: doni accuratamente preparati dagli abitanti dei vari rioni del paese, in competizione fra loro per allestire la "barella" o il cesto più ricco e sorprendente.
E le offerte, sotto la spinta di un banditore che ha appreso la sua arte in famiglia, salgono fino a cifre altissime, a volte anche a sei zeri.

Gli azzatesi del XXI secolo non vogliono assolutamente perdere la loro Madonnina, ereditata da un lontano cavaliere errante.

Domenica 14 ottobre 2007 si è tenuta la Festa del Santuario. 

(Estratto da: Varesotto.net)

LA LEGGENDA DELLA CHIESA DELLA MADONNINA DEL LAGO

Diamo per scontato che la leggenda del Santuario della Madonnina del Lago è pura fantasia e, quindi, ognuno può raccontarla a suo piacimento ma che il leggendario cavaliere – cui si farebbe risalire la costruzione dell’edificio sacro in territorio di Azzate – abbia nome e cognome è una novità per tutti.
Ugo Marelli in un suo articolo apparso sul quotidiano “La Prealpina” di Giovedì 18 settembre 2008 riferisce, forse, le parole di un ignoto autore apparso sul sito Internet Varesotto.net
Il misterioso cavaliere non sarebbe poi tanto misterioso poiché si afferma trattarsi di Niero delle Rose, un cavaliere di ritorno dalle crociate, che percorreva le nostre lande in una notte buia.
Faceva molto freddo; tutt’intorno solo ghiaccio e desolazione, e, lontano, sulle colline, gli ululati dei lupi alla ricerca di cibo.
Così recita il testo e subito si capisce che, come epoca, siamo nel vago più assoluto poiché le crociate sono state veramente tante e vanno dall’XI al XIII secolo e nemmeno ci aiutano i lupi ululanti forse sulle colline di Dobbiate o Galliate a precisare il tempo dell’avvenimento.
Comunque sia il nobile cavaliere e non uno qualsiasi andava per la sua strada, condotto dai sentimenti del suo cuore e dall’amore per la sua bella sposa dai capelli d’oro che altri autori definiscono come la bella amata o la promessa sposa.
Durante la lontananza il suo ricordo gli aveva alleviato la solitudine e ora non vedeva l’ora di riabbracciarla. Ad un tratto l’autore, che indugia un poco, ci rivela il suo nome e scopriamo trattarsi nientemeno della fiorentina Fazia degli Oberti, al sicuro in un castello della Valtravaglia.
La fantasia corre ed ha le gambe lunghe e, come le bugie, che hanno invece le gambe corte, hanno a questo punto lo stesso odore. Chi mai saprebbe dire che cosa ci faceva una fiorentina in un castello della Valtravaglia sola, senza sposo o innamorato?
E l’autore incalza: nulla e nessuno poteva fermare il crociato che, con il suo fido cavallo – quello stesso che lo aveva condotto alle crociate? – attraversano di gran carriera le terre che lo dividevano dal tanto atteso abbraccio.
Ad un tratto davanti a lui apparve un vastissimo campo ricoperto di neve e partì al galoppo per attraversare quella grande prateria.
Alla fine intravide alcune case (la Cascina Galgino?) e si avvicinò confidando in qualche buon’anima che offrisse una calda vivanda per rifocillarlo prima di riprendere la strada.
E’ un contadino di Azzate a dare aiuto al cavaliere che, ascoltato il racconto del viaggio, gli dice del terribile rischio che ha corso. Il vasto campo di neve non è una prateria, ma il lago ghiacciato che avrebbe potuto in qualsiasi istante sgretolarsi sotto il peso del nobile e del suo cavallo. Niero delle Rose – viene ribadito il suo nome! – impallidisce, si rende conto di aver scampato per miracolo la morte. Grato alla sua buona stella, ma soprattutto alla Madonna che lo ha protetto, Niero lascia al contadino una borsa di denari perché venga eretta una cappella, in voto, proprio nel punto che egli aveva raggiunto incolume al termine della sua forsennata corsa.
Oggi, in questo luogo, si trova Il Santuario della Madonnina del Lago di Azzate e tutti sarebbero felici e contenti se non fosse che la stessa leggenda è legata alla fondazione di un’altra chiesetta e precisamente a quella della Santissima Trinità a Gavirate, con l’unica differenza di un percorso opposto compiuto da un altro glorioso cavaliere che, a ben guardare, supponendo che provenisse da Sud era sulla giusta direttrice per la Valtravaglia e rispettava anche la successione geografica dei luoghi.
Ma la voce popolare, che non sta certo a porsi problemi di coerenza, ha fatto di più della già marcata fantasia del nostro autore ed ha sommato queste due storie per crearne una terza, la quale altro non è che la somma delle precedenti. Il racconto parte da una notte fredda e buia che vede due cavalieri, provenienti dalle sponde opposte, che s’incrociano al centro del lago. L’uno insegue l’amore, l’altro sta compiendo una missione per il suo popolo. I due sbattono l’uno contro l’altro e subito ne nasce una contesa per sapere chi abbia il diritto di precedenza. Entrambi hanno un valido motivo, viste le leggi della cavalleria, per pretendere di passare per primi e, dato che la questione non si risolve, passano subito alle armi per arrivare ad una soluzione. I due non sanno di lottare sopra un lago ghiacciato e la contesa prosegue per tutta la notte senza che ne emerga un vincitore. Alle prime luci dell’alba uno dei due cavalieri sferra un colpo che si conficca nel ghiaccio e d’un tratto sotto i loro piedi si apre una voragine che li inghiotte.
I due cavalieri, ricoperti dalla loro pesante armatura, non hanno la possibilità di salvezza ed anzi un contadino di passaggio racconta di aver visto i due combattenti procedere nella contesa anche mentre stavano per sprofondare nelle acque ghiacciate del lago.
Amara conclusione di una vicenda già di per sé sciocca e stolta che non vede il lieto fine delle prime due e che ha in sé una circostanza poco credibile. Sfidiamo chiunque a dimostrare come due cavalieri in una notte fredda e buia hanno l’ardire di cavalcare con le pesanti armature, ingiustificate sia per chi rincorre la sua bella e per chi dovesse compiere anche la più grande impresa per il bene del suo popolo!

“SALUS POPULI ACIATENSIS” è stata voluta da don Achille Triacca il quale affermava che l’immagine del Crocifisso posta sul confessionale si fosse salvata “per miracolo” dall’incendio che fu appiccato da ignoti e che distrusse anche tutte le sedie che erano state accatastate lungo il muro.

Quando venne rifatto l’altare, sotto il pavimento venne ritrovato un “fontanino” circolare con cupola che serviva per abbeverare il bestiame.

I lavori di pulitura dell’affresco vennero eseguiti nel mese di febbraio 2009 con il contributo dell’Associazione S. Caterina di Erbamolle Onlus.

In origine la Madonnina era semplicemente costituita da quattro massicci pilastri che reggevano un tetto sotto il quale venivano ricoverati gli attrezzi agricoli.

Il viale che porta alla Madonnina venne rialzato con il pietrisco ricavato dagli scavi della Collina di S. Quirico per realizzare la costruzione della Ferramenta Guido Vanoni.

Quando le talpe “foravano” gli argini delle riserie volute dall’ing. Re l’acqua invadeva la Madonnina.

Dall’interno si vede chiaramente la mancanza della finestra sul presbiterio che invece è evidenziata all’esterno.



                                          LA MADONNINA DEL LAGO


"Sulla riva del lago di Varese, ai piedi di Azzate, da quattrocento anni sorgeva una piccola cappella ...".
Con queste parole, nel 1897, un cronista iniziava la cronaca dell'inaugurazione tenutasi dopo i primi restauri e ampliamenti. Con quale fondatezza l'articolista potesse fare una simile affermazione non ci è dato sapere. L'attribuzione dell'edificio a epoca quattrocentesca appare tuttavia legittima. La nostra Madonnina avrebbe quindi, oggi, circa 500 anni.
L'originaria chiesetta naturalmente era più piccola e ben diversa da come ci appare adesso. Si riduceva ad una rozza cappelletta in mattoni e pietrame, quale si vede ancora nella parte posteriore, comprendente l'abside.
La più antica documentazione attualmente in nostro possesso sull'esistenza della Madonnina del lago è del 1722. Nell'antico catasto milanese, ordinato dall'imperatore Carlo VI d'Absburgo nel 1714, entrato in attivazione nel 1760, regnando Maria Teresa, col nome appunto di "Mappa di Maria Teresa", è segnata in rosso l'antica cappella, mentre il fondo su cui sorge è denominato "Prato della Madonna" e "Roggia del Pateco" il fiumicello che vi scorre vicino. Sulla stessa mappa l'odierno lago di Varese vi è contrassegnato come "Lago di Bosio" o "Lago di Bodio".
Nei registri delle proprietà del 1732 si legge: "N. 477 di mappa: Chiesa della B.V. delle Case vecchie, membro di Azzate". E ancora: "N. 907 sub. 2 di mappa: Oratorio delle Case Vecchie".
L'originaria denominazione della Madonnina era dunque "Chiesa della Beata Vergine delle Case Vecchie".
Sorge qui una legittima curiosità. Dov'erano queste "case vecchie"? Erano forse le cascine ancor oggi esistenti? Sulla citata mappa di Maria Teresa compaiono già la Cascina Novaglia, il Galgino, la Prada, la Cascina Cassina. E se "vecchie" erano già dette nel '700, a che epoca risalgono questi rustici casolari? Oppure si tratta di qualche altra costruzione andata distrutta e di cui si sono perse le tracce? In seguito ad una visita pastorale fatta nel 1755, il cardinale Pozzobonelli lasciò scritta un'interessante nota sullo stato della chiesetta. Vi si legge: "Oratorio della Beata Vergine al lago. Questa cappelletta è quasi distrutta. Per tale motivo vi si celebra solo raramente, essendo l'altare giustamente proscritto. E' tuttavia oggetto di somma venerazione da parte del popolo. Scarsa è la suppellettile, ma non disdice alla dignità delle cose sacre. Continui pure ad essere oggetto di venerazione".
I nobili ed i benestanti di allora avevano l'abitudine, facendo testamento, di lasciare somme di denaro o beni a favore di chiese e conventi. In cambio pattuivano la celebrazione di un certo numero di Messe a suffragio della propria anima. In tal modo credevano di pagarsi il viaggio per il paradiso! Lasciti del genere si chiamano "legati".
Proprio per questo scopo una tale Teresa Giamboni, il 23 agosto 1759, dispose il legato a favore della chiesetta della Beata Vergine "ad domus veteres prope lacum", che è appunto la Madonnina delle Case Vecchie. In cambio il parroco si obbligava a celebrare per la testatrice, nella stessa chiesetta, una messa settimanale per 77 settimane.
A salvare dalla totale rovina questa chiesetta così cara agli Azzatesi di ogni tempo, fu il parroco don Luigi Redaelli. Sembra però che qualche lavoro di riparazione vi avesse già fatto don Angelo Cazzaniga. Uomo di larghe vedute e di notevole iniziativa, a lui si devono la costruzione dell'Asilo Infantile e la raccolta delle memorie della Parrocchia, dando l'avvio al "Liber Chronicus". Nel 1894 iniziò con zelo e coraggio i lavori di restauro e di ampliamento della Madonnina. Dopo secoli d'incuria e di abbandono il piccolo oratorio della Beata Vergine delle Case Vecchie rinasceva così a nuova vita. Al nucleo originario fu aggiunta una navata a parte su pilastri, sopra la quale fu eretta la cupola. I lavori terminarono nel 1896 e fu fatta la solenne inaugurazione il 10 ottobre 1897, seconda domenica del mese, designata anche per il futuro come festa del luogo.
Nel 1904, a ricordo del cinquantenario della proclamazione del dogma dell'Immacolata definito da Pio IX nel 1854, si volle costruire alla Madonnina la grotta di Lourdes. Fu eretta a ridosso dell'abside a incorniciare l'altare. Le statue della Vergine e della Bernardetta, esposte in Parrocchia e benedette il mattino della festa dell'Immacolata, furono portate in processione dalle Figlie di Maria fino al santuario.
Nel 1926 don Vanetti, celebrando il 25° della sua ordinazione sacerdotale, diede inizio ai lavori di decorazione della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria, affidandoli al valente Egidio Nicora, e portò a termine l'opera di ampliamento della Madonnina. La chiesetta fu chiusa sui tre lati rimasti aperti; vi fu esposto il cancello d'ingresso e aggiunto il portichetto anteriore. Il piccolo santuario si poteva dire a quel punto completo, nella forma che oggi vediamo.
E, quasi a concludere il centenario del dogma dell'Immacolata, nel 1958 si pensò alla posa di un nuovo altare. Quello vecchio in muratura venne sostituito da uno in pietra antigorio e fu benedetto il giorno della festa, 12 ottobre, durante la Messa.
Sopra l'altare, incastonato dalla grotta di Lourdes, si trova l'affresco raffigurante la Natività, copia piuttosto debole, ma non priva di grazia, di quella di Bernardino Luini (1480-1522) esistente nel chiostro del Santuario di Saronno.

(Estratto da "La Madonnina del lago", Quaderni Azzatesi, 1, Edizione Pro Loco 1972).

LA MADONNINA DEL LAGO

La smania dell'edificazione non ha risparmiato le rive dei laghi, che pure un tempo erano oggetto della massima attenzione non solo da parte dei pescatori, ma anche di tutti coloro che consideravano quegli ambienti come zone intangibili. La ricerca spasmodica di terreni non ha esitato a ignorare le leggi dello Stato e del buon senso, ricoprendo i canneti con colate di cemento e infrangendo antiche convinzioni che vedevano nei laghi addirittura le dimore degli dei: gli antichi Celti, in segno di deferenza, lanciavano nelle loro acque ricche offerte di oro e d'argento. Nei tempi passati i bacini lacustri erano visti anche come la sede privilegiata di draghi, streghe, fate, ninfe e, in genere, di poteri magici, credenza che è sopravvissuta fino a oggi - almeno a livello di giornalismo deteriore - con le vicende tragicomiche del mostro di Loch Ness.
L'atmosfera un po' rarefatta che circonda i laghi, intessuta di miti e racconti leggendari, ha permeato certamente anche il territorio del Varesotto dal momento che ciascuno dei suoi famosi 'sette laghi' potrebbe sciorinare una propria epopea fatta anche di storie meravigliose, con città sprofondate negli abissi e mirabolanti balene d'acqua dolce. Il caso e la natura dei terreni hanno voluto che la sponda azzatese del lago di Varese sia rimasta quasi completamente vergine, con l'alternanza di canneti, pioppeti e boschi ripari, in cui frassini e ontani non hanno ancora ceduto il passo a  squallidi giardinetti condominiali. Tra le poche costruzioni presenti, del resto ben inserite nell'ambiente, troviamo alcune villette, vecchie cascine e qualche traccia devozionale, come ad esempio la piccola edicola eretta sul limitare delle acque a Bodio Lomnago. Immersa nel verde dei campi e dei boschi, si può scorgere anche una chiesetta di non grandi pretese architettoniche, ma che, quanto a popolarità, supera di gran lunga il nobile monastero cluniacense della sponda opposta, quello di Voltorre: è la Madonnina del lago di Azzate. Gli studi portati a termine durante recenti lavori di consolidamento inducono a ritenere che in origine - come spesso accade nel caso di edifici sorti per soddisfare esigenze strettamente locali - si trattava solo di una piccola cappella eretta con pietre e mattoni che gli esperti daterebbero intorno al XV secolo.
Notizie più sicure si hanno nel Settecento, quando il cosiddetto Catasto Teresiano, nella mappa della zona di Azzate, registra la presenza dell'edificio sacro, annesso al 'Prato della Madonna', chiamandolo 'Chiesa della Beata Vergine delle Case vecchie'. Queste ultime erano, probabilmente, le cascine che tuttora costellano l'ampio declivio che da Azzate scende verso il lago, cioè le cascine denominate 'Novaglia', 'Prada', 'Galgino' e 'Cassina'. Verso la metà del secolo scorso un cronista locale descrisse la chiesetta come poco più di un rudere abbandonato, senza proprietario, anche se dotata di un affresco raffigurante la Natività, per il quale la devozione degli azzatesi non si era mai spenta. Infatti, in tempi di carestia o nelle stagioni particolarmente inclementi, essi erano soliti recarsi alla chiesetta, portandovi lampade e altri ex voto.
La fama del luogo sacro e soprattutto di quell'affresco era tale che molti miracoli venivano ritenuti opera loro, specialmente in occasione di malattie e nubifragi. Il microclima del lago e la sua stessa posizione nei confronti dei venti avevano spesso favorito in passato tremende sciagure naturali, come tempeste, gelate eccezionali ed esondazioni, contro le quali i poveri contadini e pescatori non potevano fare altro che pregare.
I primi restauri tardarono un po' ad arrivare, ma verso la fine dell'Ottocento l'edificio fu salvato dal crollo ormai imminente: nell'occasione il vecchio corpo della chiesa fu ampliato e venne innalzata la grande cupola. Il portico aperto sul davanti, sproporzionato rispetto all'intero complesso, doveva servire anche come rifugio provvisorio, per uomini e animali sorpresi da improvvisi acquazzoni. In buone o cattive condizioni che fosse, la Madonnina del lago ha sempre attirato ogni sorta di viandanti, devoti o anche solo curiosi, come scrive un azzatese nel 1857: "La vecchierella fatta grave sotto il peso degli anni, e lo sventurato contadino (...) e lo storpiato (...) e l'innocente vergine rapita da' misteri celesti, vi accorrono in folla nei dì festivi (...) né il miscredente tralascia di visitarla attrattovi dal concorso e dalla brama di vedervi le ninfe boscherecce".
Un luogo così delizioso, sia per l'atmosfera mistica che per la bellezza dell'ambiente naturale, accese la fantasia di un ignoto novellatore a cui non parve vero di poter adattare ai luoghi della Madonnina del lago un'antica leggenda, che pure già si trovava alle origini di altri santuari sorti in prossimità di laghi. La tradizione, già ben conosciuta in Azzate, vuole che un nobile cavaliere durante un inverno rigidissimo fosse giunto sulla sponda di Gavirate. Essendo calate le tenebre non si accorse che quello che riteneva un vasto campo ricoperto di neve, davanti a lui, altro non era che la superficie gelata del lago. Poiché il suo obiettivo era quello di raggiungere la cara sposa dai capelli d'oro, il cavaliere continuò a far galoppare il destriero e, solo arrivato ad Azzate, seppe da un contadino del pericolo che aveva appena corso. Impallidito, il nobile sconosciuto lasciò a quell'uomo una borsa di denari perché fosse eretta una cappella, in voto, proprio nel punto che egli aveva raggiunto incolume.
I motivi che costituiscono la trama di questa semplice storia sono facilmente rintracciabili nel ricco patrimonio favolistico di tutta Europa: l'eroe che corre verso una meta lontana,  il percorso irto di ostacoli, la fede ingenua ma salda, il traguardo ormai alle porte, il ringraziamento per il pericolo scampato. Tuttavia in un territorio che non sempre ha lasciato via libera alla poesia e alle favole, questa leggenda ha saputo meritarsi un proprio spazio nel sentimento popolare, tanto che ancora oggi qualche anziano ama ripeterla senza timore di essere smentito.
Una delle occasioni migliori per riascoltare la leggenda del lago gelato viene offerta dalla festa della 'Madonnina del lago' che, a partire dal 10 ottobre 1897, si tiene ogni anno nella seconda domenica di ottobre. Infatti in quella data terminarono i lavori di ristrutturazione dell'edificio e il volitivo parroco di allora, don Luigi Redaelli, organizzò una grandiosa sagra popolare.
Subito dopo la solenne funzione religiosa gli azzatesi portarono in offerta oggetti e animali di ogni qualità: agnelli, polli, anatre, bottiglie di vino, mele, pere, nespole, noci, tele, lane. Tutto accuratamente registrato dal parroco nel suo Liber Chronicus e poi messo all'incanto per destinare il ricavato al completamento e alla manutenzione del tempio. In quel giorno furono così fissate per sempre le fasi in cui si articola la festa, che richiama gente da tutto il circondario, ma in realtà è destinata a rafforzare i vincoli di solidarietà e amicizia fra gli azzatesi stessi.
Quello dell'incanto è rimasto il momento cruciale che mette a tacere le mille voci e blocca i movimenti di tutti. I doni sono accuratamente preparati dagli abitanti dei vari rioni del paese, in competizione fra loro per allestire la 'barella' o il cesto più ricco e sorprendente. E le offerte, sotto la spinta di un banditore che ha appreso la sua arte in famiglia, salgono fino a cifre altissime, a volte anche sei zeri: gli azzatesi del XX secolo non vogliono assolutamente perdere la loro Madonnina, ereditata da un lontano cavaliere errante.

(Estratto da: PAOLO COTTINI, Di festa in festa, Sagre e tradizioni popolari nel Varesotto, Edizioni Lativa, Varese 1991.

MADONNINA DEL LAGO (XV SEC.) – AZZATE (VA)
TRA STORIA E LEGGENDA

Appena qualche giorno dietro, in una delle mie solite escursioni, ho visitato un gioiello di cui avevo sentito parlare. Si tratta di un piccolo santuario, dedicato alla “Madonnina del lago”, in località Azzate a pochi chilometri da Varese, venerato da lunghissimo tempo e oggetto di una bella leggenda paesana.
“Madonnina del lago”, dove sorge un piccolo tempio più volte restaurato, la tradizione vuole che un nobile cavaliere, durante un inverno rigidissimo, fosse giunto sulla sponda di Gavirate.
Essendo calate le tenebre, non si accorse che quello che riteneva un vasto campo ricoperto di neve, davanti a lui, altro non era che la superficie gelata del lago. Poiché il suo obiettivo era quello di raggiungere la cara sposa dai capelli d’oro, il cavaliere continuò a far galoppare il destriero e, arrivato ad Azzate, seppe da un contadino del pericolo che aveva appena corso. Impallidito, il nobile lasciò a quell’uomo una borsa di denari affinché fosse eretta una cappella, in voto, proprio nel punto che egli aveva raggiunto incolume.
Il contadino mantenne la consegna per cui, ancor oggi, immersa nel verde dei campi e dei boschi, sulla sponda azzatese si scorge questa piccola cappella eretta con pietre e mattoni che gli esperti daterebbero intorno al XV secolo.
Notizie più sicure si hanno nel Settecento quando, secondo il catasto Teresiano, è presente un edificio sacro chiamato “Chiesa della Beata Vergine delle Case Vecchie”. Queste ultime erano, probabilmente, le cascine che tuttora costellano l’ampio declivio che da Azzate scende verso il lago, cioè le cascine denominate “Novaglia”, “Prada”, “Galgino” e “Cassina”. Verso la metà del secolo scorso un cronista locale descrisse la chiesetta come poco più di un rudere abbandonato, ma dotato di un affresco raffigurante la Natività, per il quale la devozione degli Azzatesi non si era mai spenta.
Verso la fine dell’Ottocento sono iniziati i restauri della chiesetta.
Un’occasione per vivere la devozione tradizionale al piccolo santuario viene offerta dalla festa della “Madonnina del lago” che, a partire dal 10 ottobre 1897, si tiene ogni anno nella seconda domenica di ottobre. Infatti in quella data terminarono i lavori di ristrutturazione dell’edificio ed il parroco di allora organizzò una grandiosa sagra.
E’ ormai tradizione portare in offerta doni da mettere all’incanto dopo la solenne funzione religiosa: doni accuratamente preparati dagli abitanti dei vari rioni del paese, in competizione tra di loro per allestire la “barella” o il cesto più ricco e sorprendente.
E le offerte, sotto la spinta di un banditore che ha appena appreso la sua arte in famiglia, salgono fino a cifre altissime, a volte anche a sei[1] zeri.
Gli azzatesi del XXI secolo non vogliono assolutamente perdere la loro Madonnina, ereditata da un lontano cavaliere errante.

(Estratto da Nonsolopiante – Sito di Antonio Curcio).


… “La tradizione ha conservato il ricordo di questa rinnovata religiosità popolare attraverso racconti leggendari riconducibili ad un unico schema: un nobile cavaliere milanese, proveniente dalla città, o in fuga dai suoi nemici o in partenza per una crociata, approda alla riva dopo aver attraversato ignaro il lago completamente gelato come se fosse una prateria. A sue spese quindi farebbe costruire una cappella in ringraziamento per il pericolo scampato.
Tutto ci fa credere che questa leggenda sia stata inventata a posteriori, e certamente non dal popolo della riva, per legittimare in qualche modo una pratica religiosa un po’ sospetta e insubordinata. Il misterioso cavaliere dimostra infatti una completa ignoranza dell’ambiente locale, poiché se non altro non sa che il lago gelato d’inverno sopporta il peso anche di un carro oltre che il cavallo e che la sua attraversata non è per niente miracolosa. Egli non fa che proiettare su dei cinici rivieraschi la paura di chi ha scambiato un lago gelato con un vasto fondo agricolo, assai più conforme ai suoi gusti. Forse era in cerca di qualche feudo di cui appropriarsi, oppure, analogamente, diretto a qualche crociata di conquista in parti bus infidelium, e a Cazzago gli “infedeli” erano rappresentati dalle famiglie di pescatori che si erano da sempre sottratte all’autorità dei vassalli del monastero milanese”.

(Estratto da: AMERIGO GIORGETTI, Viaggio al centro del paese, 1996, pag. 121).




                                 SANTUARIO DELLA MADONNINA DEL LAGO


Il signor Guido Vanoni è un sicuro riferimento per cercare di spiegare l’evoluzione subita dalla Madonnina del Lago. Egli riferisce che i vecchi raccontavano che la Madonnina, prima di essere la costruzione che tutti conosciamo, era un semplice portico dove i contadini ricoveravano i carri e gli attrezzi agricoli, senza però fare riferimento all’epoca.
Soltanto nel 1755 abbiamo la prima notizia dell’Oratorio della Madonnina presso il lago negli atti della visita pastorale del card. Giuseppe Pozzobonelli[2] in cui si afferma: “Vi si celebra raramente anche se è in grande venerazione del popolo. Si trova in condizioni di rovina”.
Per ridare lustro alla chiesetta della Madonnina del lago, Teresa Giamboni vi istituì nel 1759 un legato di 77 messe settimanali da celebrarsi dal parroco, don Giovanni Lotterio, subentrato nel 1756 al prete Pietro Antonio Biondi.

Uno scritto anonimo delinea un profilo architettonico della struttura ma non chiarisce la sua origine ed, anzi, la complica poiché la fa risalire ad “un’apparizione salvifica della Vergine” che contrasta con quella del cavaliere errante più suggestiva anche se meno probabile.

 

“Fuori dal paese, invece, in una posizione isolata molto vicina al lago, è il piccolo Santuario detto della Madonnina del Lago, eretto sul luogo di un’apparizione salvifica della Vergine. Il tempietto, rifatto alla fine del XIX secolo, è costituito da un corpo centrale con un’altra cappella dotata anche di lanterna, da un prolungamento dell’abside, e da un pronao a due colonne (più due semicolonne in corrispondenza, nel corpo principale) con timpano triangolare, mentre a destra, verso il fondo c’è una piccola torre campanaria.

Si potrebbe dire che la Madonnina del Lago ha forme neoclassiche, se una certa sproporzione in altezza della cupola non facesse riferimento – ancora una volta – al gusto eclettico della fine dell’Ottocento.

Assai singolare risulta invece l’ampiezza della porta d’ingresso, che corrisponde in pratica alla larghezza del pronao, quasi che vi si fosse voluto riproporre in forme nobilitate l’aspetto di una vera e propria cappelletta, atta ad accogliere quanti vi si volessero rifugiare: anche per questo, forse, l’interno è spoglio e ridotto all’essenziale.

Tuttavia, la collocazione del tempietto in un luogo così solitario, più adatto a un rustico che a una costruzione dagli evidenti richiami neoclassicheggianti, induce un curioso contrasto con il paesaggio e l’architettura, accentuato dal ricordo devoto di un’apparizione che, come spesso avviene, sceglie luoghi agresti, puri e ingenui, per manifestarsi”.


"Sulla riva del lago di Varese, ai piedi di Azzate, da quattrocento anni sorgeva una piccola cappella ...".
Con queste parole, nel 1897, un cronista iniziava la cronaca dell'inaugurazione tenutasi dopo i primi restauri e ampliamenti. Con quale fondatezza l'articolista potesse fare una simile affermazione non ci è dato sapere. L'attribuzione dell'edificio a epoca quattrocentesca appare tuttavia legittima. La nostra Madonnina avrebbe quindi, oggi, circa 500 anni.
L'originaria chiesetta naturalmente era più piccola e ben diversa da come ci appare adesso. Si riduceva ad una rozza cappelletta in mattoni e pietrame, quale si vede ancora nella parte posteriore, comprendente l'abside.
La più antica documentazione attualmente in nostro possesso sull'esistenza della Madonnina del lago è del 1722. Nell'antico catasto milanese, ordinato dall'imperatore Carlo VI d'Absburgo nel 1714, entrato in attivazione nel 1760, regnando Maria Teresa, col nome appunto di "Mappa di Maria Teresa", è segnata in rosso l'antica cappella, mentre il fondo su cui sorge è denominato "Prato della Madonna" e "Roggia del Pateco" il fiumicello che vi scorre vicino. Sulla stessa mappa l'odierno lago di Varese vi è contrassegnato come "Lago di Bosio" o "Lago di Bodio".
Nei registri delle proprietà del 1732 si legge: "N. 477 di mappa: Chiesa della B.V. delle Case vecchie, membro di Azzate"[3]. E ancora: "N. 907 sub. 2 di mappa: Oratorio delle Case Vecchie"[4].
L'originaria denominazione della Madonnina era dunque "Chiesa della Beata Vergine delle Case Vecchie".
Sorge qui una legittima curiosità. Dov'erano queste "case vecchie"? Erano forse le cascine ancor oggi esistenti? Sulla citata mappa di Maria Teresa compaiono già la Cascina Novaglia, il Galgino, la Prada, la Cascina Cassina. E se "vecchie" erano già dette nel '700, a che epoca risalgono questi rustici casolari? Oppure si tratta di qualche altra costruzione andata distrutta e di cui si sono perse le tracce? In seguito ad una visita pastorale fatta nel 1755, il cardinale Pozzobonelli lasciò scritta un'interessante nota sullo stato della chiesetta. Vi si legge: "Oratorio della Beata Vergine al lago. Questa cappelletta è quasi distrutta. Per tale motivo vi si celebra solo raramente, essendo l'altare giustamente proscritto. E' tuttavia oggetto di somma venerazione da parte del popolo. Scarsa è la suppellettile, ma non disdice alla dignità delle cose sacre. Continui pure ad essere oggetto di venerazione".
I nobili ed i benestanti di allora avevano l'abitudine, facendo testamento, di lasciare somme di denaro o beni a favore di chiese e conventi. In cambio pattuivano la celebrazione di un certo numero di Messe a suffragio della propria anima. In tal modo credevano di pagarsi il viaggio per il paradiso! Lasciti del genere si chiamano "legati".
Proprio per questo scopo una tale Teresa Giamboni, il 23 agosto 1759, dispose il legato a favore della chiesetta della Beata Vergine "ad domus veteres prope lacum", che è appunto la Madonnina delle Case Vecchie. In cambio il parroco si obbligava a celebrare per la testatrice, nella stessa chiesetta, una messa settimanale per 77 settimane.
A salvare dalla totale rovina questa chiesetta così cara agli Azzatesi di ogni tempo, fu il parroco don Luigi Redaelli. Sembra però che qualche lavoro di riparazione vi avesse già fatto don Angelo Cazzaniga. Uomo di larghe vedute e di notevole iniziativa, a lui si devono la costruzione dell'Asilo Infantile e la raccolta delle memorie della Parrocchia, dando l'avvio al "Liber Chronicus". Nel 1894 iniziò con zelo e coraggio i lavori di restauro e di ampliamento della Madonnina. Dopo secoli d'incuria e di abbandono il piccolo oratorio della Beata Vergine delle Case Vecchie rinasceva così a nuova vita. Al nucleo originario fu aggiunta una navata a parte su pilastri, sopra la quale fu eretta la cupola. I lavori terminarono nel 1896 e fu fatta la solenne inaugurazione il 10 ottobre 1897, seconda domenica del mese, designata anche per il futuro come festa del luogo.
Nel 1904, a ricordo del cinquantenario della proclamazione del dogma dell'Immacolata definito da Pio IX nel 1854, si volle costruire alla Madonnina la grotta di Lourdes. Fu eretta a ridosso dell'abside a incorniciare l'altare. Le statue della Vergine e della Bernardetta, esposte in Parrocchia e benedette il mattino della festa dell'Immacolata, furono portate in processione dalle Figlie di Maria fino al santuario.
Nel 1926 don Vanetti, celebrando il 25° della sua ordinazione sacerdotale, diede inizio ai lavori di decorazione della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria, affidandoli al valente Egidio Nicora, e portò a termine l'opera di ampliamento della Madonnina. La chiesetta fu chiusa sui tre lati rimasti aperti; vi fu esposto il cancello d'ingresso e aggiunto il portichetto anteriore. Il piccolo santuario si poteva dire a quel punto completo, nella forma che oggi vediamo.
E, quasi a concludere il centenario del dogma dell'Immacolata, nel 1958 si pensò alla posa di un nuovo altare. Quello vecchio in muratura venne sostituito da uno in pietra antigorio e fu benedetto il giorno della festa, 12 ottobre, durante la Messa.
Sopra l'altare, incastonato dalla grotta di Lourdes, si trova l'affresco raffigurante la Natività, copia piuttosto debole, ma non priva di grazia, di quella di Bernardino Luini (1480-1522) esistente nel chiostro del Santuario di Saronno.

(Estratto da "La Madonnina del lago", Quaderni Azzatesi, 1, Edizione Pro Loco 1972).


Paolo Cottini nella sua opera Di festa in festa, Sagre e tradizioni popolari nel Varesotto, Edizioni Lativa, Varese 1991 così racconta: “La smania dell'edificazione non ha risparmiato le rive dei laghi, che pure un tempo erano oggetto della massima attenzione non solo da parte dei pescatori, ma anche di tutti coloro che consideravano quegli ambienti come zone intangibili. La ricerca spasmodica di terreni non ha esitato a ignorare le leggi dello Stato e del buon senso, ricoprendo i canneti con colate di cemento e infrangendo antiche convinzioni che vedevano nei laghi addirittura le dimore degli dei: gli antichi Celti, in segno di deferenza, lanciavano nelle loro acque ricche offerte di oro e d'argento. Nei tempi passati i bacini lacustri erano visti anche come la sede privilegiata di draghi, streghe, fate, ninfe e, in genere, di poteri magici, credenza che è sopravvissuta fino a oggi - almeno a livello di giornalismo deteriore - con le vicende tragicomiche del mostro di Loch Ness.
L'atmosfera un po' rarefatta che circonda i laghi, intessuta di miti e racconti leggendari, ha permeato certamente anche il territorio del Varesotto dal momento che ciascuno dei suoi famosi sette laghi potrebbe sciorinare una propria epopea fatta anche di storie meravigliose, con città sprofondate negli abissi e mirabolanti balene d'acqua dolce. Il caso e la natura dei terreni hanno voluto che la sponda azzatese del lago di Varese sia rimasta quasi completamente vergine, con l'alternanza di canneti, pioppeti e boschi ripàrii, in cui frassini e ontani non hanno ancora ceduto il passo a  squallidi giardinetti condominiali. Tra le poche costruzioni presenti, del resto ben inserite nell'ambiente, troviamo alcune villette, vecchie cascine e qualche traccia devozionale, come ad esempio la piccola edicola eretta sul limitare delle acque a Bodio Lomnago. Immersa nel verde dei campi e dei boschi, si può scorgere anche una chiesetta di non grandi pretese architettoniche, ma che, quanto a popolarità, supera di gran lunga il nobile monastero cluniacense della sponda opposta, quello di Voltorre: è la Madonnina del lago di Azzate. Gli studi portati a termine durante recenti lavori di consolidamento inducono a ritenere che in origine - come spesso accade nel caso di edifici sorti per soddisfare esigenze strettamente locali - si trattava solo di una piccola cappella eretta con pietre e mattoni che gli esperti daterebbero intorno al XV secolo.
Notizie più sicure si hanno nel Settecento, quando il cosiddetto Catasto Teresiano, nella mappa della zona di Azzate, registra la presenza dell'edificio sacro, annesso al Prato della Madonna, chiamandolo Chiesa della Beata Vergine delle Case vecchie. Queste ultime erano, probabilmente, le cascine che tuttora costellano l'ampio declivio che da Azzate scende verso il lago, cioè le cascine denominate Novaglia, Prada, Galgino e Cassina. Verso la metà del secolo scorso un cronista locale descrisse la chiesetta come poco più di un rudere abbandonato, senza proprietario, anche se dotata di un affresco raffigurante la Natività, per il quale la devozione degli azzatesi non si era mai spenta. Infatti, in tempi di carestia o nelle stagioni particolarmente inclementi, essi erano soliti recarsi alla chiesetta, portandovi lampade e altri ex voto.
La fama del luogo sacro e soprattutto di quell'affresco era tale che molti miracoli venivano ritenuti opera loro, specialmente in occasione di malattie e nubifragi. Il microclima del lago e la sua stessa posizione nei confronti dei venti avevano spesso favorito in passato tremende sciagure naturali, come tempeste, gelate eccezionali ed esondazioni, contro le quali i poveri contadini e pescatori non potevano fare altro che pregare.
I primi restauri tardarono un po' ad arrivare, ma verso la fine dell'Ottocento l'edificio fu salvato dal crollo ormai imminente: nell'occasione il vecchio corpo della chiesa fu ampliato e venne innalzata la grande cupola. Il portico aperto sul davanti, sproporzionato rispetto all'intero complesso, doveva servire anche come rifugio provvisorio, per uomini e animali sorpresi da improvvisi acquazzoni. In buone o cattive condizioni che fosse, la Madonnina del lago ha sempre attirato ogni sorta di viandanti, devoti o anche solo curiosi, come scrive un azzatese nel 1857: "La vecchierella fatta grave sotto il peso degli anni, e lo sventurato contadino (...) e lo storpiato (...) e l'innocente vergine rapita da' misteri celesti, vi accorrono in folla nei dì festivi (...) né il miscredente tralascia di visitarla attrattovi dal concorso e dalla brama di vedervi le ninfe boscherecce".
Un luogo così delizioso, sia per l'atmosfera mistica che per la bellezza dell'ambiente naturale, accese la fantasia di un ignoto novellatore a cui non parve vero di poter adattare ai luoghi della Madonnina del lago un'antica leggenda, che pure già si trovava alle origini di altri santuari sorti in prossimità di laghi. La tradizione, già ben conosciuta in Azzate, vuole che un nobile cavaliere durante un inverno rigidissimo fosse giunto sulla sponda di Gavirate. Essendo calate le tenebre non si accorse che quello che riteneva un vasto campo ricoperto di neve, davanti a lui, altro non era che la superficie gelata del lago. Poiché il suo obiettivo era quello di raggiungere la cara sposa dai capelli d'oro, il cavaliere continuò a far galoppare il destriero e, solo arrivato ad Azzate, seppe da un contadino del pericolo che aveva appena corso. Impallidito, il nobile sconosciuto lasciò a quell'uomo una borsa di denari perché fosse eretta una cappella, in voto, proprio nel punto che egli aveva raggiunto incolume.
I motivi che costituiscono la trama di questa semplice storia sono facilmente rintracciabili nel ricco patrimonio favolistico di tutta Europa: l'eroe che corre verso una meta lontana,  il percorso irto di ostacoli, la fede ingenua ma salda, il traguardo ormai alle porte, il ringraziamento per il pericolo scampato. Tuttavia in un territorio che non sempre ha lasciato via libera alla poesia e alle favole, questa leggenda ha saputo meritarsi un proprio spazio nel sentimento popolare, tanto che ancora oggi qualche anziano ama ripeterla senza timore di essere smentito.
Una delle occasioni migliori per riascoltare la leggenda del lago gelato viene offerta dalla festa della Madonnina del lago che, a partire dal 10 ottobre 1897, si tiene ogni anno nella seconda domenica di ottobre. Infatti in quella data terminarono i lavori di ristrutturazione dell'edificio e il volitivo parroco di allora, don Luigi Redaelli, organizzò una grandiosa sagra popolare.
Subito dopo la solenne funzione religiosa gli azzatesi portarono in offerta oggetti e animali di ogni qualità: agnelli, polli, anatre, bottiglie di vino, mele, pere, nespole, noci, tele, lane. Tutto accuratamente registrato dal parroco nel suo Liber Chronicus e poi messo all'incanto per destinare il ricavato al completamento e alla manutenzione del tempio. In quel giorno furono così fissate per sempre le fasi in cui si articola la festa, che richiama gente da tutto il circondario, ma in realtà è destinata a rafforzare i vincoli di solidarietà e amicizia fra gli azzatesi stessi.
Quello dell'incanto è rimasto il momento cruciale che mette a tacere le mille voci e blocca i movimenti di tutti. I doni sono accuratamente preparati dagli abitanti dei vari rioni del paese, in competizione fra loro per allestire la barella o il cesto più ricco e sorprendente. E le offerte, sotto la spinta di un banditore che ha appreso la sua arte in famiglia, salgono fino a cifre altissime, a volte anche sei zeri: gli azzatesi del XX secolo non vogliono assolutamente perdere la loro Madonnina, ereditata da un lontano cavaliere errante”.
Amerigo Giorgetti nella sua opera Viaggio al centro del paese, 1996, pag. 121 aggiunge alla bella trattazione di Paolo Cottini queste sue considerazioni: “La tradizione ha conservato il ricordo di questa rinnovata religiosità popolare attraverso racconti leggendari riconducibili ad un unico schema: un nobile cavaliere milanese, proveniente dalla città, o in fuga dai suoi nemici o in partenza per una crociata, approda alla riva dopo aver attraversato ignaro il lago completamente gelato come se fosse una prateria. A sue spese quindi farebbe costruire una cappella in ringraziamento per il pericolo scampato.
Tutto ci fa credere che questa leggenda sia stata inventata a posteriori, e certamente non dal popolo della riva, per legittimare in qualche modo una pratica religiosa un po’ sospetta e insubordinata. Il misterioso cavaliere dimostra infatti una completa ignoranza dell’ambiente locale, poiché se non altro non sa che il lago gelato d’inverno sopporta il peso anche di un carro oltre che di un cavallo e che la sua attraversata non è per niente miracolosa. Egli non fa che proiettare su dei cinici rivieraschi la paura di chi ha scambiato un lago gelato con un vasto fondo agricolo, assai più conforme ai suoi gusti. Forse era in cerca di qualche feudo di cui appropriarsi, oppure, analogamente, diretto a qualche crociata di conquista in partibus infidelium, e a Cazzago gli “infedeli” erano rappresentati dalle famiglie di pescatori che si erano da sempre sottratte all’autorità dei vassalli del monastero milanese”.


LE RISAIE DELLA MADONNINA DEL LAGO


Risalgono agli anni dal 1943 al 1949 circa ed erano situate sul lato Ovest del viale che conduce alla Madonnina (mappale n. 446) mentre il prato alla destra del viale stesso (mappale n. 448) veniva sfruttato a “marcita”.
Il terreno era di proprietà dell’ingegner Francesco Re, direttore delle “Ceramiche di Laveno”, proprietario anche della casa colonica in Azzate detta “Cascina Fiori” dove oggi il nipote ha istituito “L’Università della birra”.
L’acqua di irrigazione veniva derivata dalla Roggia dei Molini Novaia tramite una chiusa situata appena a Nord della strada provinciale; detta roggia, a sua volta, è derivata, in località Galgino, dalla Roggia dei Mulini di Azzate (attuale Ristorante Fylli’s) e, dopo aver messo in funzione il Molino di Novaia, si rimette ancora, in prossimità della Madonnina, nella roggia di provenienza (Roggia del Pateco).
L’ingegner Re effettuava la pilatura del riso presso la ditta Curti Riso.

(Per maggiori e più precise notizie rivolgersi al Signor Augusto Magni - Via Maccana – Azzate).



Da “Cronaca parrocchiale” del 7 novembre 1926 . Cenni sul nostro Santuario ricaviamo:

“Ora che il voto degli Azzatesi è compiuto ed il poetico santuario della nostra "Madonnina al lago" si profila verso il cielo tra il verde dei prati e l'azzurro del lago tanto bello nelle linee architettoniche, nella sua cupola e nell'artistico pronao, torna opportuno richiamare qualche notizia.
Prima dell'anno 1896 non era che una modesta cappelletta coll'affresco della scena della Nascita di Gesù e si chiamava "La Madonna delle case vecchie" perché in quel luogo anticamente esistevano fabbricati poi col tempo diroccati.
Il defunto parroco don Luigi Redaelli ebbe la felice e geniale idea di trasformare la modestissima cappella in un grandioso santuario.
Avuto in dono il terreno circostante dalla generosità della benefattrice Cherubina Sacconaghi, vedova del dott. nob. Antonio Bossi, pregò il parroco di Vergiate don Locatelli (morto fulmineamente nel territorio di Azzate)  di preparare un disegno con bella cupola. Nell'anno 1896 col gratuito lavoro degli operai e concorso spontaneo ed entustiastico della popolazione, la cupola fu felicemente innalzata col sacrificio però della vita del povero muratore Luigi Vanoni che disgraziatamente caduto dal ponte del cornicione, essendosi rotta la spina dorsale, soccombeva dopo un mese di atroci patimenti.
Nel 1897, ultimati i lavori della cappella interna, se ne fece la solenne inaugurazione il giorno 10 ottobre 1897 seconda domenica di Ottobre, designata anche in futuro per la festa annuale. Favorita da una giornata splendida, alle ore 10 la Processione solenne discese, il parroco don Redaelli, fornito di facoltà speciale arcivescovile, benedisse la chiesa e dopo 100 e più anni di interruzione fu cantata la Messa con discorso dell'illustre pubblicista don Davide Albertario. La Chiesa in quella circostanza fu dedicata alla Sacra Famiglia.
Nell'anno 1904 a ricordo del 15° dalla proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione si costruì, colle offerte dei fedeli, nella cappella interna un fac-simile della grotta di Lourdes con una spesa totale di circa lire 700.
Il giorno 8 Dicembre, festa dell'Immacolata, la statua della Madonna, benedetta al mattino ed esposta nella Chiesa Parrocchiale, venne solennemente trasportata in processione e collocata nella grotta che fu pure benedetta.
Da quell'anno fino a pochi mesi fa il Santuario appena iniziato rimase stazionario e aperto pur divenendo meta di largo concorso di devoti, non appena nella festa tradizionale, ma più o meno durante l'anno intero.
Il Parroco, felice di aver dato l'impulso per il compimento, si ripromette dalla Vergine venerata nel Santuario le più elette benedizioni sulla Parrocchia tutta nella dolce lusinga di poter fra pochi anni provvedere una semplice ma indovinata decorazione."




… “Sul finire del secolo decimo settimo, la parrocchia di Azzate si arricchiva di un nuovo tempo mariano, segno di una devozione in continua crescita.
Il località case vecchie, in prossimità del lago, sul luogo dove esisteva da tempo immemorabile una modesta edicola mariana appoggiata al muro di una casa e affrescata con l’immagine della Natività di Gesù, il conte Paolo Bossi volle far edificare un oratorio che valorizzasse in modo più adeguato il culto alla Madonna.
Il completamente dell’edificio fu realizzato solo alcuni anni dopo a cura dei figli del conte Paolo.
Nel corso del Settecento l’edificio fu dotato di due nicchie laterali “al mezzo di detta chiesa, per stabilirvi due cappelle, una alla beata Margarita di Cortona, ed altra alle sante Lucia, Polonia ed Agata”.[5]
Fu poi costruita la sacrestia “decentemente dotata di sagra suppellettile per celebrarvi. Anzi fu benedetta (1742) con le debite premissioni del Superiore da monsignor Carlo Forerio ordinario presentaneo della Metropolitana per il fine sacrosanto di dilattare la divozione verso la Beata Vergine e facilitare ancora al Paroco l’amministrazione del Santissimo alli ammalati delle molte cassine in quel vicinato esistenti specialmente nell’inverno, che le strade in quel contorno sono impraticabili”.[6]

(Estratto da: G. MORENO VAZZOLER, Azzate, vicende storico-ecclesiali, Parrocchia della Natività di Maria Vergine, Azzate 1996, pag. 70)





[1] Quando era ancora in uso la lira.
[2] ASDMi, Visite pastorali, volume 40 pp. 510-530.
[3] Il mappale n. 477 non è l’Oratorio delle Case Vecchie ma un prato di sua proprietà nei pressi dell’attuale zona artigianale sotto la
  collina di Dobbiate.
[4] Questo mappale che proviene dal n. 32-2 è un’altra porzione di casa da massaro di proprietà dell’Oratorio delle Case Vecchie
   che, non sappiamo come, ingloba successivamente anche il mappale n. 32-1 di proprietà del conte Giulio Cesare Bossi e diventa
   l’attuale Oratorio della Madonnina.
[5] Archivio Parrocchiale Azzate, Chiese sussidiarie, c. 1, f. 3.
[6] Archivio Parrocchiale Azzate. Chiese sussidiarie, c. 1, f. 3.

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