DOCUMENTO N. 832
L’anno 1622 adì 20 luglio fu costituito un censo sopra a due
pezze di terra una chiamata la Fontanella e l’altra il Prato Grasso dai signori
Gio. Stefano e Giuseppe fratelli Bossi per un capitale di lire 3.000 pagando di
fitto ogni anno lire 210 al signor Francesco Bossi fu Egidio, come appare da
istrumento rogato da Francesco Bossi.
L’anno 1625 adì 29 settembre il suddetto signor Francesco
Bossi fu Egidio fece vendita al signor Gerolamo Bossi detto Zamporino di parte
del suddetto censo cioè di capitale lire 600 e per fitto lire 42 e in detta
vendita i suddetti signori fratelli Bossi si sono obbligati pagare le dette
lire 42 ogni anno sino durerà detto censo in detto signor Gerolamo, come per
istrumento rogato da Pietro Gerolamo Bossi.
L’anno 1626 adì 3 marzo il suddetto signor Francesco Bossi
fu Egidio fece retrovendita ai suddetti signori Gio. Stefano e Giuseppe
fratelli Bossi di parte del suddetto censo in somma di lire 800 di capitale e
di fitto lire 56 sicché il capitale resta in lire 1.600, come da istrumento
rogato dal suddetto Pietro Gerolamo Bossi.
L’anno 1626 adì 8 giugno il suddetto signor Francesco Bossi
fu Egidio confessa di aver ricevuto dai suddetti fratelli Bossi lire 400 di
capitale e conto di detto censo di modo il capitale resta in somma di lire
1.200 e di fitto lire 84 ogni anno, come ne consta da istrumento rogato dal
suddetto Pietro Gerolamo Bossi.
L’anno 1633 adì 19 dicembre il fu signor Pietro Gerolamo
Bossi ha rogato un istrumento di vendita fatta dal signor Gio. Stefano Bossi ad
Angelo Maria de Squarcitis detto d’Albino e nel libro degli istrumenti si fa
menzione che parte di detti denari sia andata al signor Gerolamo Perabò che
però si potrà vedere se in detto istrumento si fa menzione di detto pagamento.
L’anno 1670 adì 2 settembre il signor Carlo Antonio e
figlioli Bossi hanno fatto vendita al signor Ambrogio Fiasconi di pertiche 100
della pezza di terra detta il Bosco Rotondo con patto di grazia per il prezzo
di lire 5.000 con sicurtà di me Gio. Battista, come consta da istrumento rogato
da Antonio Castiglioni causidico collegiato in Milano.
L’anno 1670 adì 22 settembre io Gio. Battista Bossi ho
protestato che i denari di sopra nominati cioè le lire 5.000 e le altre lire 59
sono i medesimi denari ricevuti come che ho pagato al signor Carlo Imbonati. Il
medesimo signor Carlo Antonio ha confessato in detto istrumento di aver
ricevuto dal medesimo signor Francesco altre lire 105.17 con la sicurtà di me
in solidum.
Di più ancora si è in testa in detto istrumento un biglietto
di lire 482 che detto signor Francesco ha promesso di pagare al signor
ricettore Tenaglia per i frutti di Robecchetto appresi dal Magistrato per
l’anno 1669 e questo ancora con la sicurtà di me supplito in tutto per detto
istrumento rogato dal suddetto Castiglioni.
DOCUMENTO N. 835
Libellus DD. Bossiorum.
Ill.mo Magistrato,
sin sotto il 10
settembre 1655 furono subastati e
venduti all’asta ad istanza del fu fisico Antonio Masnago e Carlo Alberto
Perabò, a pregiudizio del fu Carlo Antonio e Gio. Battista fratelli Bossi, al
qual Carlo Antonio sono successi Gio. Stefano e Alfonso fratelli suoi figlioli
alcuni beni posti nel territorio di Azzate consistenti in una pezza di terra
vigna e prato insieme chiamati la Vigna della Fontanella e Prato Grasso , sopra quali fu
costituito un censo di lire 200 annue, e di quello ne fu fatta vendita da
precessori de detti fratelli Bossi al fu signor Francesco Bosso l’anno 1622, e
detto censo fu estinto in gran parte l’anno 1626, in modo che per causa de’ censi decorsi dall’anno 1655
retro furono subastati, come sopra, e venduti detti beni sì per il rimanente
capitale censo ridotto a lire 1.300 come anche per i censi allora decorsi, e
così il tutto per il prezzo di lire 2.176 imperiali al fu Marco Antonio Masnago
che promise pagare al detto fisico Masnago e Carlo Alberto Perabò, e ciò per
pubblico istrumento rogato da Gio. Battista Sovata pubblico notaio di Milano;
che dicesi denunciato a detto fu Carlo
Antonio e Gio. Battista sin l’anno 1655, in modo che possedendosi detti beni non già da detto
Gio. Battista; né da detti Gio. Stefano e Alfonso, ma bensì dagli eredi, nel
detto fu fisico Masnago e di detto Perabò, sin da detto anno 1655 in qua, non v’è dubbio alcuno non si debba indirizzare
l’azione per il pagamento della mezza per cento contro detti eredi ai quali
tocca come possessori di detti beni, e come quelli hanno fatto subastare e
vendere i medesimi beni per pagarsi di tutti i censi allora decorsi, e del
capitale restante, far aggiustare i libri per detta mezza per cento, che però
per esimersi detti zio e nipoti Bossi, fedeli servitori di V.S. illustrissima
dall’indebita molestia di detta mezza per cento sono forzati fare a quella
ricorso.
Umilmente supplicandola
degnarsi ordinare e chiunque delegato alla scossa della mezza per cento che
indirizzano la molestia contro detti eredi e non contro i supplicanti, mentre
per la mezza per cento e per tutti i censi dal detto dì 10 settembre 16555
retro e anche per il restante capitale senso hanno ottenuta la soddisfazione
come sopra, con la subastazione e vendita dei medesimi beni al censo sottoposti
come sopra, avendogli anche fatti subastare tutti per il residuo capitale censo
che era solo di lire 1.300 come in fatti, attesa l’estinzione seguita prima
dell’anno 1642, che come giusto sperano.
19 agosto 1676
Sine prejudicio dirigatur
molestia contra possessores bonorum censui suppositorum, sub poena Magistrati
arbitraria.
Firmato Pompeo Manzolio.
DOCUMENTO N. 836
D’ordine dell’illustrissimo Magistrato ordinario dello Stato
di Milano, così instando il Regio Fisco, ecc.
S’avvisano gli infrascritti debitori che nel termine di
giorni tre dopo l’intimazione del presente ecc. debbano aver pagato nelle mani
dell’infrascritto Delegato, dal medesimo Tribunale, qual abita in Milano nella
Contrada di Santo Vincenzo delle Monache vicino al Segno del Tamburino in Porta
Vercellina la somma abbasso annotata assegnata all’Eccellentissimo signor conte
di Melgar in conto del suo soldo di generale della Cavalleria in questo Stato,
altrimenti passato detto termine, e non pagata detta somma, ovvero non
presentato recapito legittimo firmato ecc. dal Ragioniere di detta mezza per
cento di non essere debitore, gli si farà fare ogni opportuna esecuzione reale,
e personale in forma di Camera senza altro avviso, in virtù del Comandamento
generale concesso a detto istante & delegazione Magistrale &
Dato in Milano il 10 luglio 1676.
Quali debitori & somma del debito sono i seguenti cioè:
Gio. Stefano e Carlo
Antonio Bossi per censo di capitale di lire 700 costituito con suoi beni a
favore di Gerolamo Perabò per istrumento rogato da Pietro Gerolamo Bossi il 30
marzo 1639 a lire 3.10 deve per la mezza per cento dal 1642 a tutto il 1675
fanno la somma di lire 119.
Ai signori Stefano e Alfonso fratelli Bossi et eredi di Gio.
Stefano e Carlo Antonio Bossi come nel foglio – Azzate.
DOCUMENTO N. 839
Illustrissimo Magistrato,
venendo
molestati Gio. Battista, Gio. Stefano e Alfonso zio e nipoti Bossi fedeli
servitori di questo illustrissimo Tribunale per il pagamento della mezza per
cento per residuo dei due capitali, censi, furono estinti sin l’anno 1659, nel
quale il fu fisico Antonio Masnago e Carlo Alberto Perabò sensualisti, activi
di detto censi imposti sopra beni posti nel territorio di Azzate dal fu Carlo
Antonio padre di detti Gio. Stefano e Alfonso, e da detto Gio. Battista fecero
subastare e vendere detti beni giudizialmente si per il rimanente capitale dei
detti censi restava da estinguersi come anche per i censi allora decorsi, per
il che essi supplicanti attesa tal estinzione mediante detta subastazione e
vendita ebbero ricorso al medesimo Tribunale domandando si accomodasse la
molestia contro gli eredi di detto Masnago e Perabò per la mezza per cento, e
ottennero decreto sotto il 19 agosto 1676 che sgue: “Sine pregiudicio dirigat
molestia contra posessores bonorum censui supositorum sub poena Magistrati
arbitraria”.
Il che fu venuto all’orecchio di felice Masnago successo a
detto fisico, ebbe anche egli ricorso al medesimo Tribunale sotto il 9 marzo
prossimo passato ed ottenne decreto che segue: “Sine pregiudicio dirigat
molestia contra veros debitores census sun peona Magistratur arbitraria”.
E benché pretendano i supplicanti che tal mezza per cento si
dovesse pagare dagli eredi di detti Masnaghi e di detto Perabò, mentre che
detta subastazione è seguita ancora per tutti i censi decorsi da detto anno
1655 retro, nulla di meno per esimersi da ogni molestia e da superflue spese
hanno detti Gio. Stefano e Alfonso pagata detta mezza per cento dei residui
capitali censi suddetti di lire in tutto 700 da detto anno 1655 retro scorsa
con animo però sempre di recuperare tal pagamento contro chi sarà di ragione
come dal confesso che accluso si esibisce appare che però atteso tal pagamento
non devono più i supplicanti essere molestati per detta mezza per cento al qual
fine ricorrono al medesimo Tribunale.
Umilmente supplicarlo degnarsi ordinare, che atteso il
pagamento suddetto di detta mezza per cento, non siano essi supplicanti più
oltre molestati. Che come giusto sperano.
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