DOCUMENTO N. 825
Diposizione
testamentaria di d. Gio. Stefano Bossi.
Ha istituito una messa quotidiana in perpetuo da celebrarsi
per l’elemosina di lire 360.
Per la celebrazione della messa suddetta fu dallo stesso
Gio. Stefano Bossi destinata
la Chiesa
di S. Stefano del luogo di Bruzzano
pieve
di Bruzzano a norma del breve apostolico, come dal suo testamento rogato da
Agostino Fanti (non Tuani) 26 marzo 1630, riservando a sé, suoi eredi e
successori la nomina del cappellano.
In virtù d’un breve apostolico, nominato il sacerdote d.
Antonio Francesco Bossi poteva adempire all’obbligo della suddetta messa non
già nella chiesa di S. Stefano di Bruzzano, ma in qualunque chiesa a lui bene
visa.
Cessato il sacerdote d. Antonio Francesco Bossi non ha più
luogo il breve apostolico a lui concesso, e la messa come sopra deve essere
celebrata nella già detta chiesa di Bruzzano, soddisfacendo ogni anno il Luogo Pio della Carità
l’elemosina nella somma di lire 360, come dall’istrumento di convenzione
dell’anno 1682 in
rogito del notaio di Milano Carlo Antonio Crivelli.
Al reverendo signor d. Antonio Francesco Bossi per elemosina
d’una messa quotidiana disposta dal q. Gio. Stefano Bossi che si celebra nella
Parrocchiale di Brusuglio, come da istrumento di transazione rogato il 26
maggio 1681 dal notaio Carlo Antonio Crivelli lire 360.
18 marzo 1785
La detta messa quotidiana è stata ridotta dalla
Congregazione delle Riduzioni con decreto presso di me e presso la cancelleria
arcivescovile il 18 marzo 1785 alle leggi canoniche di n. 25 oltre la
manutenzione, talmente che, sopra scudi 60 che deve pagare il venerando Luogo
Pio, come da documenti esibiti di donazione, di transazione e la bolla di Papa
Gregorio XV sarà obbligato il cappellano alla celebrazione annua di messe n.
265, ove le piacerà celebrarla, essendo ed il cappellano e la chiesa di
juspatronato nostro.
Nella seconda metà dell'ottocento Brusuglio (600
abitanti circa) consisteva in una serie di case coloniche che si affacciavano
sull'unica via: la via della Chiesa (ora Via Manzoni). In queste case abitavano
i contadini che lavoravano i campi delle famiglie Manzoni e Trotti. I cortili
avevano una planimetria resa complessa dalla presenza di stalle e fienili, dei
depositi per gli attrezzi, delle vasche per la raccolta dello strame, inoltre
vi erano piante di gelso che offrivano ombra nella stagione estiva e mangime
per i bachi da seta in primavera. Ogni cortile aveva una sua denominazione che
derivava o dalla famiglia più numerosa che vi abitava (Cort di Giusan, Cort di
Radis, Cort di Barucan) o da qualche antico mestiere che era praticato dai suoi
abitanti [Cort di Murnée (mugnaio), Cort del ferée (fabbro)], oppure per una
particolare conformazione (La Palazeta, Cort Granda, Cort di Stalett, Cort di
Stachetée). Naturalmente questi nomi erano dialettizzati. L'illuminazione della
via della Chiesa (dedicata a Manzoni dopo la morte dello scrittore) era fornita
da lumi a petrolio, sporgenti dai muri delle case, che un addetto provvedeva ad
accendere ed a spegnere. Per quello che riguarda i negozi, alla fine
dell'ottocento c'erano solo due osterie, una posteria (emporio che vendeva
tabacco, francobolli e generi alimentari) e un negozio di zoccoli (calzature
usuali per gli abitanti della zona) e articoli di merceria e ferramenta. Più
tardi, nei primi anni del novecento, venne aperta una rivendita di pane (il
forno era invece a Cormano). Vi era inoltre la presenza di due artigiani
importanti per la vita del paese: il fabbro (ferée) indispensabile per ferrare
i cavalli e cerchiare le ruote dei carri, e il falegname (legnamée) per la
costruzione dei carretti, degli attrezzi da lavoro e delle poche suppellettili
di casa. Brusuglio anticamente fu per molti anni comune a sè. Solo nel 1868,
essendo molto piccolo, fu aggregato al Comune di Cormano, con grande scontento
dei brusugliesi. Intorno al 1930 Brusuglio era ancora un paesino di circa 900
abitanti e si presentava così. Visibile nella fotografia il negozio di
panetteria che è ancor oggi nella stessa posizione, affacciato a quella che è
adesso la Piazza Giussani. Vicino, la costruzione più alta, è la
Chiesetta di S. Stefano (che per anni
fu occupata da un'officina). Più a sinistra si scorge il portone che tuttora si
apre di fianco all'edicola. Davanti a queste case la piazza non esisteva, ma
solo il passaggio di una strada in terra battuta che nella foto è nascosta dai
cespugli. C'erano solo campi coltivati in prevalenza a granoturco e frumento e
con filari di gelsi. Da notare che questo piccolo nucleo di case, che era la
Brusuglio di allora, era ancora immerso nel verde. Sullo sfondo gli alberi
oltre le case sono della Villa Manzoni. Nel 1940 l'aspetto del paese era già
cambiato (vedi foto). Si era co-struita la casa Bianchi che delimitava lo
spazio della Piazza S. Stefano (ora Piazza Giussani). Erano stati tracciati
quelli che poi saranno i giardinetti della piazza. Mancano gli alberi di pino.
Di fronte alla Via Manzoni è già segnata la Via Beccaria (all'incrocio sosta un
carretto trainato da cavalli). Non ci sono ancora le case della Cooperativa, ma
si vede confuso il verde di quello che era il "gioco delle bocce". Al
centro della foto, sulla sinistra della strada che va a Bruzzano si vede ancora
uno dei portoni d'entrata della "Cort Granda" (l'altra entrata era
sulla Via Manzoni e vi è tuttora). La Chiesa di San Vincenzo, allora chiesa
parrocchiale e la piazzetta delimitata dalla casa parrocchiale e dal muro del
parco Manzoni sono rimaste pressoché invariate. Il fondo stradale era ancora
acciottolato. Il paese è stato colpito più volte da incendi: il più grave fu
quello dell'inverno 1847-48 che distrusse completamente il villaggio. Un altro
grave incendio, scoppiato nella notte del 25-26 marzo 1926, distrusse la
sacrestia con tutti i paramenti sacri. A causa dei numerosi incendi che
avvenivano a Brusuglio, gli abitanti dei paesi vicini cantavano una
filastrocca: "Brusù brusaa l'è mai piantaa, han faa una fèsta bèla, l'è
brusada anca quèla." I collegamenti con la città erano assicurati dalle
"Ferrovie Nord Milano", già in funzione sin dalla fine dell'ottocento.
Infatti, all'inizio del novecento, alcuni brusugliesi avevano trovato lavoro a
Milano e vi si recavano giornalmente in treno la cui fermata era, anche allora,
dove esiste la stazione oggi.
(Estratto da Internet).
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