Foglio n. 3
... neppur da pensarci: Portar l'acqua? Impossibile. Serviva
... per eccezione si sà. Tanto affetto ai padroni un'amicizia più che altro...
Per questo si sacrificava, stava in campagna. I contadini che gente orribile
nevvero? Fortuna che in casa c'erano dei ricami da fare, dei libri da leggere.
Fin da piccola l'era piaciuto a leggere e il suo papà e la sua mamma ch'erano
tanto di buona famiglia volevano farla studiare. Poi delle disgrazie ... Mah!
... il destino.
Lui, le ascoltava tutte queste storie. Veniva a portare il
pane. Poi si mise a portar la verdura. Poi le ova ... poi il carbone, poi la
legna. Prese a considerare malinconicamente la bassezza della sua condizione
sociale. In famiglia cominciò a dire che era ben duro il vivere con della gente
zotica. Venne fuori con dei termini: taliani. Finalmente palesò la sua fiamma:
non fu una mozione fortunata. Tutti protestarono. La madre corse a piangere nel
pollaio, le sorelle si misero a strillare. Col fratello si picchiarono sodo in
buon dialetto famigliare. Ma l'Abbondio proclamò che, contento o no, sposerebbe
la Carolina.
Foglio n. 4
musica dunque? Una sera sono in corte. Lei cantava
sottovoce il Vorrei morir di Tosti, un antico: trionfo della sua ex padrona.
Lui tutto infarinato, colle mani in tasca, una pipuzza in
bocca, enorme grasso, schiattante, in una giacchetta troppo stretta e troppo
vecchia contemplava e ascoltava la sua Dea.
Bisogna essere giusti non cantava poi troppo male. Egli
dimenava il capo in cadenza beato coll'aria assonnata d'un cane da pagliaio a
cui si grattano lievemente le orecchie. Il giovane era visibilmente attratto
nell'orbite della seduzione sentimentale.
Ma se ella ha pescato lui, non ha pescato i suoi, che la
chiamano irriverentemente quella vecchia stria e quella stracciona.
Sulle prime facevano un martire anche di quel povero
Abbondio, ma adesso hanno mutato tattica. Lo compatiscono e lo chiamano merlo.
Davvero? Vuol sposare quella senza denti che potrebbe essere la sua mamma.
Padrone, la sposi pure. Ma coi suoi denari. Ora i denari dell'Abbondio sono un
mito seducente, ma nulla più. E la
Carolina , se si abbassa come dice lei a sposarlo, gli porterà
in dote un po' di corredo di biancheria, dei fazzoletti ricamati più una
giacchetta ricamata e una sorte de bal che le
Foglio n. 5
ha regalato la sua padrona elegante.
Non ha pretese ... oh Dio ... no . Si sa bene... Ma a
letto... quello ci vuole eh?
Ebbene la gran questione è lì. Se la famiglia non da i
denari, essi, i due innamorati, non hanno modo di farsi il letto.
Ieri ella mi ha aperto l'animo suo. E' stata franca, si è
palesata per un buon onesto ragno che ha fatto diligentemente la sua tela ma
che è più ben sicura del suo moscherino. Santo Dio pensa all'avvenire lei, per
questo sacrifica i pregiudizi, i sogni. Si abbassa. Il ragazzo? Oh si, è un
buon giovane che lavorerà sodo mentre lei per sua disgrazia ha bisogno di
tenersi da conto. In casa? Neppure per idea. Giacché si sacrifica, la sua
libertà almeno. Se la spunterà bene, se no pazienza, ne prenderà un altro. Già,
o lui o un altro se capiterà. E se non niente e creperà ragazza.
Alza le spalle con un gesto che non manca ne di una certa
grazia ne di una certa filosofia: Dopo tutto non ha mica torto quell'altra! Un
po' freddi i benis della Carolina.
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Ieri è successo questo. C'erano sul lago
Foglio n. 6
due cacciatori con una spingardina che è quanto dire una
delle imbarcazioni più piccole, basse, leggere che ci siano.
Due pezzi di giovanotti, uno sui trenta, un certo
Schiannino, l'altro di vent'otto anni, figlio di un certo Dottor De Bernardi
che morì anni sono annegato in quel lago.
Andavano a caccia d'anatre, allegri. A un tratto viene una
gran folata di vento, passa sul lago, capovolge la barca. Quei due sapevano
nuotare e non erano distanti dalla riva più di una cinquantina di metri,
cercano di raggiungerla.
Ma il vento contrario e li ci sono delle correnti cattive.
Lottano a lungo per ore. Finalmente il Schiannino afferra la sponda. Si volta,
chiama l'altro che gli era dietro di tre o quattro metri, lo incita, lo
scongiura di resistere. Ma l'altro gli sorride, gli dice: "Addio
Schiannino, non posso proprio più. E sommerge.
Venne tratto a riva poco dopo, annegato. Ne gonfio nella
persona, ne alterato in viso. Non aveva avuto che il tempo di morire nel lago
come il padre suo.
(sul foglio un timbro: Contessa Ines Benaglio Castellani
Fantoni)
ALBA
Si trattava d'una scommessa: due sere prima della serata
in casa De Mattis, la marchesina Alba Viscardi era stata proclamata regina di
bellezza.
Le mamme la guardavano in cagnesco, bisbigliando sotto il
fido sipario dei ventagli che quelle spalle slave erano un po' tozze, troppo
larghe per la sua statura.
Le signore giovani, maritate da poco, la squadrarono con
diffidenza; le ragazze l'esaminavano attentamente e avevano voglia d'essere
scortesi; ma Alba possedeva una grazia, un modo così carino di parlare! Lodava
ad una l'acconciatura, all'altra il lampeggiar degli occhi, a una terza la
squisita eleganza della figura; era così semplice, così gentile, che, a metà
della serata, s'era conquistata tutte le simpatie del formidabile battaglione
delle signorine presenti, tanto che qualcuna fra esse, aveva abbozzato con lei
il capitolo delle confidenze... prova questa di fiducia alla quale la
marchesina era gratissima.
Agli uomini era piaciuta subito: al suo primo apparire,
tutti gli occhi si fermarono con compiacenza su quella bionda tesina: mille
sguardi di spontanea ammirazione incontrarono dolci gli sguardi e in uno
imperiosi della marchesina.
Alba non era alta, ma snella, flessuosa, bianca.
Il semplicissimo abbigliamento di garza bianca, col
trasparente in raso color di rosa che ella indossava, era un vero capolavoro.
Certo la marchesina doveva essere artista: nulla infatti
che era per lei il suo universo! Ma non la trovò. Si rabbuiò in volto, e fu quasi mestamente che ella col presentimento d'una sventura ch'ella si mise in figura pei Lanciers.
che era per lei il suo universo! Ma non la trovò. Si rabbuiò in volto, e fu quasi mestamente che ella col presentimento d'una sventura ch'ella si mise in figura pei Lanciers.
Finita questa, un nugolo di abiti neri circondò
Margherita, implorando, Polhe Walter e Ma..., il microscopico carnet di madreperla,
era addirittura strappato dalle mani guantate in bigio perla, tanto tutti
volevano avere presto l'onore d'iscrivere il loro nome sulle brevi sue pagine.
D'un tratto il barone Bernardi disse forte, ecco il Duca.
Margherita sussultò di gioia. Per lei Bernardi serbò il
cotillon!
Questi s'inchinò pronunziando un grazie marcatissimo.
Margherita rideva adesso, scherzava, folleggiava, non
guardando mai da quella parte. Qui lo sentiva venire, egli era di presso a lei.
Come per un'intesa segreta, tutti se ne andarono e il vuoto, un vuoto relativo,
si fece intorno a quei due.
Ella per un moto inconsulto gli stese anche le mani, egli
ne strinse debolmente una sola. Margherita allibì, lo guardò, trasfondendo in
quello sguardo un'immensità d'affetto. Finalmente, disse adagino. Mario Chini
il capo, non voleva vedere quei suoi occhi divini. "Perché non m'avete
avvisato del vostro arrivo" chiese freddamente. "Ero tanto lieta di
sorprendervi" rispose Margherita, "che proprio non merito i vostri
rimproveri". D'altronde Rimée sapeva. "Non pronunziate quel
nome" sibilò Mario. "Scusate, non so quel che mi dico
(foglio staccato. Probabilmente continua).
Noi altre Romane siamo famose per l'esattezza! Soggiunse
Alba ridendo. Se per caso mi facessi aspettare al Meeting della caccia alla
volpe, ne nascerebbe uno scandalo e le discendenti di Cornelia non possono dare
che dei buoni esempi. Non è vero conte?
"Si certo marchesina, ed anzi..." Ma Alba non
ascoltava la risposta di quell'interrogazione diretta a Giulio, intenta com'era
a discorrere, con chi aveva pronunziato quel finalmente! che senza una ragione
al mondo, aveva si violentemente urtato i nervi timpanici del conte.
"Marino! sei tanto occupato, che ti scordi perfino di
darmi la buona sera!" disse Giulio con un tono un po' irritato.
"E' vero! Scusami caro mio" rispose
l'interpellato con voce sonora e simpaticissima, e si voltò per stendere la
mano al padrone di casa. Quest'atto mise in piena luce la splendida figura di
Marino Sant'Ilario.
Era tanto bello che pareva una statua greco-romana scesa
dal suo piedistallo e frammischiata alla folla. La forma in lui era piena,
completa, vigorosa, la linea grande e sorretta. Qualcosa d'intensamente buono
gli aleggiava sul volto, i suoi grandi occhi buoni erano sempre umidi, e quel
lieve vapore che attutiva forse il bagliore dello sguardo, dava alla sua nobile
fisionomia un'espressione malinconica, che lo rendeva attraentissimo.
Punto nervoso, parlava bene, ma non brillantemente, non
s'adirava mai, si sentiva troppo forte per farlo.
Ho un'emicrania da farmi impazzire. Addio Margherita,e le
stringeva la mano come in una morsa, cioè no, a più tardi, e s'allontanò.
Rimasta sola, Margherita barcollò, sentì un dolore
acutissimo traversarle il cuore, vi appoggiò la mano, una sua amica le corse
incontro festevolmente.
Chiamò cogli occhi il suo cavaliere, baciò in fronte
l'amica e via. Si divertiva tanto, aveva una voglia pazza di ballare. E tutti
che la vedevano passare, dicevano ammirati: "Anche più bella del solito,
la contessina".
Quando questa ebbe raggiunto la sorella, le chiese subito
se avesse visto Rimée. Bianca le rispose affermativamente, ed anzi ecco venire
... alla lor volta: Mabel era splendida, bianca come la neve, e bella come una
tentazione, vestiva in rosso cupo, e da quello sfondo vellutato ...
(foglio staccato, forse continua)
Castellani Fantoni Benaglio Ines (Pavia, 1849 – Azzate, 1897) è stata una scrittrice italiana, meglio nota con lo pseudonimo di Memini.
Nata a Pavia da una famiglia nobile, discendente del poeta Giovanni Fantoni, visse a Firenze e a Milano. Esordì come scrittrice nel 1880, con Estella e Nemorino. Scrisse numerosi romanzi, che attirarono l'attenzione di Neera, con la quale ebbe un rapporto di amicizia.
Tra le sue opere ricordiamo Fra quadri e statue (1882), Mia (1884), La marchesa d'Arcello (1886), Mario (1887), Un tramonto ed altri racconti e Le Perichole (1888), Anime liete (1889), Vita mondana (1891), Ultima primavera (1894), Milla d'Astianello (1895), Maria d'Ardeano e Carina d'Orno (1896).
Contessa Ines Castellani-Fantoni-Benaglio. |
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