Parliamo di questa abbazia poiché ci sono pervenuti alcuni
riferimenti dai documenti che abbiamo esaminato. Da un elenco[1] dei
beni della cappellania di S. Lorenzo al castello di Azzate nel 1581 al punto 3
si nomina un pezzo di terra vigna situata nel territorio del luogo di
Buguggiate in pive di Varese dove si dice alla Rompadella a cui fa coerenza da
una parte l’Abbazia di Capolago, dall’altra gli eredi del fu don Battista Bossi
detto Santino, dall’altra gli eredi di Stefano Perucconi e dall’altra la
cappella di S. Lorenzo di pertiche 6 circa.
Al punto 8 si nominata un pezzo di terra campo situata come
sopra dove si dice al campo Acerbo cui fanno coerenza da una parte i signori
Battista e Giovanni Antonio fratelli Bossi, dall’altra Bernardo Perucconi,
dall’altra la predetta Abbazia di Capolago e dall’altra strada di pertiche 3
circa.
Al punto 10 si nomina un pezzo di terra campo situata come
sopra dove si dice al Cesello cui fa coerenza da una parte strada, dall’altra i
predetti signori battista e Giovanni Antonio fratelli Bossi, dall’altra strada
e dall’altra l’Abbazia di Capolago di pertiche 2 circa.
Al punto 12 un pezzo di terra campo situata come sopra dove
di dice al Pioto cui fa coerenza da una parte l’Abbazia di Capolago in parte e
in parte la strada, dall’altra gli eredi del fu signor Donato Bossi, dall’altra
gli eredi del detto Stefano Perucconi e dall’altra la predetta Cappella di S.
Lorenzo di pertiche 3 circa.
E’ uno dei più antichi cenobi della provincia di Varese, a
poca distanza da Azzate.
Secondo quanto riferisce la pergamena n. 443 pubblicata dal
Manaresi nel suo Regesto di Santa Maria del Monte Vellate, esso fu
fondato dal conte Rodolfo del Seprio coi suoi figli in un periodo compreso tra
il 1045 ed il 1071.
La chiesa annessa al convento fu eretta in onore della
Santissima Trinità in una località detta Capolago che dipendeva dalla Chiesa di
Buguggiate[2], come
viene chiaramente indicato dalla pergamena n. 1126 pubblicata dallo stesso
Manaresi in cui si legge che l’atto fu steso sulla terrazza del Monastero della
Santissima Trinità che è costruito nel territorio di Buguggiate[3] e fu
consacrata dall’arcivescovo Guido, che tenne la cattedra milanese dal 1046 al
1071.
26.
Concessione.
1564 settembre 28, Roma "apud Sanctum Marcum"
Concessione fatta da papa Pio IV a Melchiorre Biglia della commenda del monastero della Santa Trinità di Capolago con dispensa dalle norme canoniche sul cumulo dei benefici con eccezione del beneficio di una delle due parrocchie da lui rette del quale è richiesta la rinuncia.
Sigillo plumbeo pendente.
Originale.
Atto singolo membr.; mm 450x760; c. 1
segnatura: Carte Biglia, 30
27.
Lettera patente.
1565 gennaio 22, Roma
Baldo Ferratino, vescovo di Amelia, comunica, in esecuzione di una bolla di papa Pio V del 28 settembre 1564, la nomina di Melchiorre Biglia a commendatario del monastero della Santa Trinità di Capolago dell'ordine dei Cistercensi, diocesi di Milano, e la concessione della dispensa per il cumulo dei benefici, ad eccezione di una della parrocchie di cui il Biglia è titolare, alla quale, a sua scelta, dovrà rinunciare.
S.N. Giovanni Francesco Bocca, "archivii romanae romanae scriptor".
Tracce di sigillo pendente in cera in teca lignea (frammento).
Originale.
Atto singolo membr.; mm 478x357; c. 1
segnatura: Carte Biglia, 31
Concessione.
1564 settembre 28, Roma "apud Sanctum Marcum"
Concessione fatta da papa Pio IV a Melchiorre Biglia della commenda del monastero della Santa Trinità di Capolago con dispensa dalle norme canoniche sul cumulo dei benefici con eccezione del beneficio di una delle due parrocchie da lui rette del quale è richiesta la rinuncia.
Sigillo plumbeo pendente.
Originale.
Atto singolo membr.; mm 450x760; c. 1
segnatura: Carte Biglia, 30
27.
Lettera patente.
1565 gennaio 22, Roma
Baldo Ferratino, vescovo di Amelia, comunica, in esecuzione di una bolla di papa Pio V del 28 settembre 1564, la nomina di Melchiorre Biglia a commendatario del monastero della Santa Trinità di Capolago dell'ordine dei Cistercensi, diocesi di Milano, e la concessione della dispensa per il cumulo dei benefici, ad eccezione di una della parrocchie di cui il Biglia è titolare, alla quale, a sua scelta, dovrà rinunciare.
S.N. Giovanni Francesco Bocca, "archivii romanae romanae scriptor".
Tracce di sigillo pendente in cera in teca lignea (frammento).
Originale.
Atto singolo membr.; mm 478x357; c. 1
segnatura: Carte Biglia, 31
33.
Bolla minore.
1572 maggio 25, Roma "apud Sanctum Petrum"
Concessione fatta da Gregorio XIII a Giovanni Battista Biglia della commenda della monastero della Santissima Trinità in Capolago, dopo la morte di Melchiorre Biglia già commendatario dello stesso monastero.
Sigillo plumbeo pendente.
Originale.
Atto singolo membr.; mm 480x690; c. 1
segnatura: Carte Biglia, 36
Bolla minore.
1572 maggio 25, Roma "apud Sanctum Petrum"
Concessione fatta da Gregorio XIII a Giovanni Battista Biglia della commenda della monastero della Santissima Trinità in Capolago, dopo la morte di Melchiorre Biglia già commendatario dello stesso monastero.
Sigillo plumbeo pendente.
Originale.
Atto singolo membr.; mm 480x690; c. 1
segnatura: Carte Biglia, 36
Il luogo di Capolago era già noto
prima del 926, da un documento relativo ai beni di Santa Maria del Monte.
La chiesa intitolata fin da allora
alla Santissima Trinità, fece parte del più antico monastero conosciuto nel
territorio del comune di Varese quasi contemporaneo a quelli di Ganna, di
Voltorre (al quale solo fu secondo per importanza) e di ternate. Fu fondato dal
conte Rodolfo del Seprio a “Summolaco” presso “Bugugiate” tra il 1045 e il
1071, con una consistente dotazione di terreni e la garanzia dell’autonomia
dall’arcivescovo di Milano, concordata con Guido da Velate, allora in carica.
L monastero fece riferimento
direttamente al papa almeno fino al secolo XIII, con l’eccezione di alcuni
sporadici interventi da esso delegati al vescovo di Milano, che implicarono
anche un temporaneo passaggio dal prestigioso titolo di abate a quello più
comune di priore.
Un documento del 1132 elenca i
monaci allora presenti: l’Abate, un prete, tre suddiaconi e due monaci e cita
rapporti stabili con l’arciprete di Santa Maria del Monte. Per quanto riguarda
l’ordine dei monaci, non è noto quello iniziale, mentre nel 1245 un documento
parla di benedettini, e nel 1534 in poi sono ripetutamente citati i
cistercensi, giunti in zona probabilmente nel secolo XIII.
Verso la fine del secolo XV il
numero dei monaci si assottigliò portando alla chiusura del convento, i
sostanziosi bni del monastero furono affidati (dal 1509 o prima) a un
Commendatario, incaricato di mantenere a Capolago un cappellano che garantisse
le celebrazioni; quando poi (sempre entro il secolo XVI) fu istituita la
parrocchia, che si estendeva dai nuclei rurali circostanti fino a Cartabbia,
subentrò un regolare parroco. La parrocchia comprendeva anche le chiese di San
Silvestro, Sant’Albino, Santa Maria di Loreto, Santa Caterina (chiusa da San
Carlo e scomparsa), l’oratorio di San Carlo alla Novellina e l’altra chiesa
scomparsa di Santa Maria a Cartabbia.
L’abbazia fu venduta ad alcuni
privati, tra i quali i Carnevali, i Fè e i Foscarini, questi ultimi originari
di Venezia e a quel tempo fra i maggiori proprietari di immobili in Varese.
La visita di San Carlo e quelle
successive dei suoi incaricati, oltre a dettagliate prescrizioni per
l’efficienza e la regolarità delle attività pastorali del cappellano titolare e
di due ausiliari, diedero impulso ad una serie risistemazioni, in parte già
avviate, comprendenti la modifica degli altari, la costruzione della volta,
l’apertura di nuove finestre, lo spostamento del campanile, la sistemazione del
cimitero antistante la chiesa. A quel tempo (1581) la chiesa era a tre navate
con pilastri, coperta da capriate, campanile costruito sopra l’accesso all’altar
maggiore, altari dedicati alla Trinità, a sant’Antonio da Padova ea San
Giovanni Battista; erano anche presenti nel pavimento della chiesa lapidi e
tombe di diversi abati, e alcuni sepolcri addirittura ingombravano l’altare
maggiore.
Si ignorò a lungo che la chiesa
ebbe origini romaniche, perché sotto la copertura originale a capriate fu
creata una volta a botte, furono sostituiti i pilastri con colonne, intonacate
le pareti e rifatta la facciata. Sono rimasti intatti, o quantomeno
riconoscibili nel sottotetto creato sopra alla volta, solo pochi, ma caratteristici
elementi originali della parte superiore della navata centrale. Il loro
ritrovamento e la loro analisi, negli ultimi due decenni, hanno permesso di
identificare la costruzione come una delle più significative del romanico
medievale dell’alto milanese.
L’edificio romanico, sempre con il
corpo a tre navate, era più corto dell’attuale dal lato del presbiterio. La
facciata in blocchi di granito con monofore sopra il portale fu rifatta nel
secolo XVII. I reperti originali più significativi che sono visibili nel
sottotetto sono delle finestre monofore e bifore degli archetti esterni in
pietra e mattoni, dei dipinti di figure di animali e di volti umani e
soprattutto l’arco trionfale, che si trova arretrato sopra la fine dell’attuale
navata centrale.
Tra i rimaneggiamenti eseguiti a
più riprese, e non sempre ben documentati, i primi furono probabilmente a
cavallo tra i secoli XII e XIII, (1189-1236). Nel secolo XVII fu abbattuto il
campanile, furono rifatte le cappelle absidali e aperte le attuali finestre
rettangolari; nel XIX secolo si costruirono la volta ed il nuovo campanile, che
porta la data del 1859. Nel 1912 si completò la facciata nella forma attuale,
alterata nell’aspetto anche dalle finestrelle aperte lateralmente per inserire
la cantoria e l’organo.
Oggi la chiesa ospita nell’abside
principale un gruppo statuario che rappresenta la Trinità, nella forma del
Padre che sorregge il Figlio morto sotto le ali dello Spirito. L’altare
maggiore in marmo del secolo XVIII, è sormontato da una statua dell’Assunta e,
come negli altri due in fondo alle navate laterali, è ornato da un paliotto,
sempre del secolo XVIII, in scagliola che imita il marmo
intarsiato, e raffigura la
Trinità. Le navate laterali terminano con due cappelle, con la statua di
Sant’Antonio da Padova a sinistra dell’Immacolata alla destra, mentre il
transetto termina a sinistra con la cappella di Maria Regina degli Angeli e a
destra col passaggio al corpo del vecchio monastero. All’esterno, ai due lati
dell’ingresso, si trovano un sarcofago in piera completo e un coperchio, mentre
un altro sarcofago è stato sistemato come vasca della fontana nella piazza
sottostante.
La chiesa è tuttora la
parrocchiale di Capolago.
(Estratto da Costruire insieme
2012, Parrocchia S. Massimiliano Kolbe – Viale Aguggiari 140 – Varese).
[1] A.S.M., Fondo Religione,
Parte antica, n. 3649.
[2] Leopoldo Giampaolo è
incorso probabilmente in un errore citando Melchiorre Villa anziché Melchiorre
Biglia come viene specificato nella bolla data a Roma presso San Pietro il 25
maggio 1572 da papa Gregorio XIII a Giovanni Battista Biglia della commenda del
Monastero della Santissima Trinità di Capolago, dopo la morte di Melchiorre
Biglia già commendatario dello stesso monastero.
[3] Da Roma presso S. Marco il
28 settembre 1564 il papa Pio IV concede a Melchiorre Biglia la commenda del
monastero della Santa Trinità di Capolago con dispensa dalle norme canoniche
sul cumulo dei benefici con eccezione del beneficio di una delle due parrocchie
da lui rette del quale è richiesta la rinuncia.
Il 22 gennaio 1565 da Roma, Baldo ferratino, vescovo
di Amelia, comunica, in esecuzione della bolla di papa Pio Iv del 28 settembre
1564, la nomina di Melchiorre Biglia a commendatario del monastero della Santa
Trinità di Capolago dell’ordine dei Cistercensi, diocesi di Milano, e la
concessione della dispensa per il cumulo dei benefici, ad eccezione di una
delle parrocchie di cui il Biglia è titolare, alla quale, a sua scelta, dovrà
rinunciare.
[4] Essi verranno sistemati
sotto la facciata esterna della chiesa ed uno finirà al Museo di Varese.
[1] “Descrizione de’ beni,
giurisdizioni, fitti e rendite di ragione della Cappellania di S. Lorenzo di
Azzate pive di Varese”.
[2] “Honore sancta et individue
trinitatis, quod est cenobium situm in Summolaco prope castrum quod dicitur
Buguggiate”.
[3] “In solario monasterii S.
Trinitatis quod est constructum in territorio de loco Buguzate”.
[4] “Quam fratres cum sua
laborare debent familia”
[5] Rivista della Società
Storica Varesina. Fascicolo XV. Aprile 1981.
[6] Manaresi, pergamena n. 95.
[7] Piccolo agglomerato di
case che successivamente fece parte delle cosiddette castellane di Varese, ma
che, evidentemente, aveva un’importanza significativa nella zona per essere
presa ad esempio come unità di misura del vino.
[8] Curiosa, per esempio,
quella che riferisce essere stato costruito un cunicolo che metteva in
comunicazione la chiesa di S. Vittore di Buguggiate e il Monastero della
Santissima Trinità di Capolago.
[9] Re. Berger ann. III, V, 68, fol, 223.
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