Pochi paesi possono vantarsi
di essere stati scelti da una regina per porvi la sua dimora. Azzate in virtù
dell’importanza che aveva ricevuto dalla nobile famiglia Bossi, che qui aveva
edificato diverse ville monumentali, fu scelto come luogo di residenza e anche
di vacanza da altre nobili famiglie e facoltosi personaggi.
Nel 1833 Maria Cristina di
Borbone Napoli acquistò da Lorenzo Obicini la settecentesca villa che
comunemente veniva detta il Casello di Azzate e che possiamo ritenere la
manifestazione più rappresentativa e sontuosa della nobile famiglia Bossi.
Questo avvenimento non è tanto conosciuto e bisogna addentarsi nella storia del
castello per metterlo in evidenza. Si scoprono così tanti piccoli tasselli che
caratterizzano la sovrana e partiamo da un fatto di cronaca.
Il 9 maggio 1902 la stampa
riporta il fatto che alcuni contadini di Mornago di ritorno dall’acquisto di
bachi da seta, dopo diverse soste in osteria, litigarono fra loro in prossimità
del Fontanone, lavatoio pubblico dono di Maria Cristina di Sardegna, e se le
diedero di santa ragione anche con l’ausilio di una zappa.
GIACOMO BERGER, Maria Critina
di Borbone Napoli (1779-1849), figlia di Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli
e di Sicilia e di Maria Carolina d’Asburgo Lorena.
Maria Cristina di Borbone
Napoli nasce nella reggia di Caserta il 17 gennaio 1779.
La sua educazione è affidata alle cure della marchesa Vincenza d’Ambrogio.
La sua educazione è affidata alle cure della marchesa Vincenza d’Ambrogio.
Nel 1798 con la famiglia
reale di Borbone abbandona Napoli, minacciata dall’invasione francese, per
trasferirsi a Palermo.
Nel 1802, ritornata la
famiglia a Napoli, Maria Cristina accompagna la madre Maria Carolina a Vienna
dove, quest’ultima, si reca a chiedere aiuto al nipote, l’imperatore Francesco
II, in un momento in cui il Regno di Napoli è minacciato dalla Francia.
Nel 1805 Maria Cristina è
chiesta in moglie dal cugino Carlo Felice di Savoia, che sposerà.
Ritratto della famiglia di
Ferdinando IV di Angelika Kauffmann. Da sinistra a destra. La principessa Maria
Teresa, il futuro re principe Francesco; re Ferdinando, la regina Maria
Carolina che tiene la principessa Maria
Cristina; il principe Gennaro (morto nel 1789); la principessa Maria Amalia
fra le braccia della principessa Luisa; il settimo figlio della coppia reale
nacque morto durante la fase di preparazione del ritratto.
Sua nonna era la grande Maria
Teresa d’Austria.
Maria Cristina di Borbone Napoli.
CASETLLO DI GOVONE
Nell'aprile del 1987 la presentazione del volume del
Professor Edoardo Borra, dal titolo "Govone e il Castello - nel solco
della storia del Piemonte", diede l'avvio e nome al "Centro di
Promozione Culturale Govone e il Castello", sorto proprio nell'intento di
conoscere e di far conoscere, dentro e fuori lo stretto ambito del paese,
quello che già un secolo fa veniva considerato un monumento pregevole di arte e
storia. Da allora si sono susseguite diverse iniziative, sia dal punto di vista
culturale che da quello promozionale; tra le altre il convegno del 1989,
"Un castello tra passato e futuro", nel quale gli esperti si sono
espressi sulla destinazione d'uso del Castello, concordando sulla sua
peculiarità museale quale "museo di se stesso", emblematica
testimonianza della vita di corte di Carlo Felice. Nel 1992, dopo il convegno
"Castello di Govone - residenza sabauda: storia, tutela, riuso",
dedicato alla presentazione del progetto di restauro affidato all'architetto
Ippolito Calvi di Bergolo, il Centro Culturale ha promosso un'attività di
volontariato per le visite guidate al piano nobile del Castello. Nel 2000 il
complesso architettonico ed il parco sono rientrati sotto l'egida dell'Unesco
in quanto patrimonio dell'umanità. Govone nasce come residenza nobile di
Maria Cristina di Borbone Napoli.
Abbazia di Altacomba,
Giovanni Albertoni[1], statua
di Maria Cristina di Borbone Napoli.
[1] ALBERTONI, Giovanni. - Scultore, nato a Varallo Sesia il 28
nov. 1806. Iniziò gli studi a Varallo con il pittore G. Avondo, ed in seguito
fu a Milano, fino al 1829, frequentando i corsi di Brera, poi all'Albertina a
Torino ; infine, vinto il pensionato del Collegio Caccia, andò a Roma, ove fu
scolaro del Thorvaldsen. Anche dopo la partenza del maestro, l'A. rimase a
Roma, sino al 1848, partecipando ai moti rivoluzionari come sottotenente nella
Guardia civica. Tornato a Torino, ebbe la protezione della regina Maria
Adelaide, che gli commise la tomba della regina Maria Cristina per l'abbazia di
Altacomba in Savoia. Fattosi una buona fama, ottenne molte commissioni di
opere, anche dall'estero. Nel 1858 fece un viaggio a Parigi. Morì nel 1887 a
Varallo.
A Torino, e nel Piemonte in genere, sono i suoi lavori più
importanti, tra cui i monumenti al generale Bava (1857), a V. Gioberti (1859),
a G. L. Lagrange (1867), al prof. Riberi, e la grande statua dell'Agricoltura
sulla facciata del palazzo Carignano; vari monumenti funebri nel cimitero.
Altre sue opere notevoli sono il monumento a L. Cerise ad Aosta; la fontana
monumentale al Sacro Monte di Varallo; alcune statue nel palazzo della Società
d'incoraggiamento alle Belle Arti a Varallo e numerosi ritratti di personaggi
di casa Savoia. La sua opera ha carattere di sobria compostezza, di misurato
gusto accademico.
Maria Cristina regnò dieci anni. Dopo la morte del re suo
consorte trascorse un lungo periodo presso la sua famiglia a Napoli, poi
rientrò a Torino alternando soggiorni tra Agliè, Frascati, Napoli e Altacomba,
dove seguì i lavori di restauro dell’Abbazia affidando i lavori di scultura e
di ornato a Benedetto Cacciatori.
Morì a Savona nel 1849.
E’ sepolta (monumento scolpito da Giovanni Albertoni) con
suo marito Carlo Felice (monumento scolpito di Bendetto Cacciatori)
nell’Abbazia di Altacomba in Savoia.
Carlo Felice di Savoia, l’ultimo de tre fratelli, non aveva
nessuna propensione a regnare e di fronte ai venti liberali che agitavano il
paese, lasciò il governo al giovane Carlo Alberto di Savoia Carignano,
lontanissimo parente.Meno male che non fecero figli, brutti com’erano!
Durante gli anni dell’esilio, il conte d’Artois aveva preso
in considerazione un’alleanza matrimoniale con i Borboni di Napoli, in
particolare aveva messo gli occhi sulla principessa Maria Cristina di Borbone
(1779-1849); non era dello stesso avviso Ferdinando IV, al quale proprio non
piaceva l’idea di condannare la figlia ad una vita di esilio e il progetto
venne meno. Maria Cristina avrebbe poi sposato nel 1807 Carlo Felice di Savoia.
Ritratto di Carlo Felice di Savoia.
Abbazia di Altacomba, Benedetto
Cacciatori, tomba di Carlo Felice di Savoia.
Notevole, accanto all’entrata, la statua di Carlo Felice, eseguita
da Benedetto Cacciatori, e il gruppo rappresentante Maria Cristina che protegge
le arti, di Giovanni Albertoni (1857).
Le tombe si trovano nella cripta posta al di sotto della
cappella “dei principi” (1340).
CASETLLO DI GOVONE
Antichi
documenti datati 1849 e 1852, redatti dai giardinieri di corte Giovanni
Battista e Giuseppe Delorenzi, ci permettono oggi di identificare le varie
specie arboree e floreali allora coltivate. Il catalogo del Delorenzi, tra le
specie di fiori presenti, decanta in particolare una notevole collezione di
rose, che ha suggerito l’idea di realizzare un roseto, voluto
dall’Amministrazione comunale, dalla Scuola locale e dal Centro Culturale
“Govone e il Castello”, finanziato dalla Regione Piemonte e inaugurato nel
2003. Collocato nel parco, nell’area retrostante la Chiesa barocca dello
Spirito Santo su un terreno già adibito a giardino all’epoca dei Savoia, su una
superficie rettangolare di circa 450 mq, il roseto presenta una grande varietà
di rose antiche.
Ovunque, lungo il percorso, si respira una magica atmosfera, che richiama gli antichi fasti di inizio Ottocento, quando il castello era la residenza prediletta del Re Carlo Felice di Savoia e della Regina Maria Cristina, alla cui corte, negli sfarzosi appartamenti reali, si susseguirono solenni ricevimenti di illustri personaggi del tempo. Il Castello è stato inserito dalla Regione Piemonte nel circuito delle “Residenze Reali” e riconosciuto dall’UNESCO, nel 1997, quale ‘patrimonio artistico e culturale dell’umanità’. Nella storica e affascinante cornice, si rivivono dunque sensazioni d’altri tempi, ispirate da gradevoli musiche d’epoca, da raffinate mostre d’arte e da suggestivi spettacoli all’aperto e sfilate di figuranti in costume, dalle visite guidate al castello. Ai visitatori sarà offerta la possibilità di pranzare nel parco, per goderne la serena bellezza, mentre degustazioni di vini e di prodotti tipici allieteranno la giornata.
Ovunque, lungo il percorso, si respira una magica atmosfera, che richiama gli antichi fasti di inizio Ottocento, quando il castello era la residenza prediletta del Re Carlo Felice di Savoia e della Regina Maria Cristina, alla cui corte, negli sfarzosi appartamenti reali, si susseguirono solenni ricevimenti di illustri personaggi del tempo. Il Castello è stato inserito dalla Regione Piemonte nel circuito delle “Residenze Reali” e riconosciuto dall’UNESCO, nel 1997, quale ‘patrimonio artistico e culturale dell’umanità’. Nella storica e affascinante cornice, si rivivono dunque sensazioni d’altri tempi, ispirate da gradevoli musiche d’epoca, da raffinate mostre d’arte e da suggestivi spettacoli all’aperto e sfilate di figuranti in costume, dalle visite guidate al castello. Ai visitatori sarà offerta la possibilità di pranzare nel parco, per goderne la serena bellezza, mentre degustazioni di vini e di prodotti tipici allieteranno la giornata.
Nel Parco storico del Real
Castello di Govone si svolgerà il 29 maggio 2011 RegalmenteRosa, l’affascinante manifestazione creata per far
riscoprire il fascino dei giardini storici e delle reali villeggiature,
connotate dalla fioritura delle rose antiche care a Re Carlo Felice. Nel 2003
l’Amministrazione Comunale, con la Scuola Locale e il Centro di Promozione
Culturale, ha allestito un magnifico roseto, su indicazione del Catalogo,
redatto dai giardinieri di corte Giovanni Battista e Giuseppe Delorenzi, e
datato 1849 e 1852 che, tra le specie di fiori e alberi elencati, annovera una
pregevole collezione di rose.
Terminati i lavori, Carlo Felice stabilì per circa 15 anni
la sua residenza estiva a Govone svolgendovi le funzioni regali con il
ricevimento di Sovrani, Capi di Stato e personaggi illustri. Nel 1831 con la
morte di Carlo Felice, avvenuta senza discendenti, i diritti di successione
passarono a Carlo Alberto del ramo collaterale di Savoia-Carignano mentre i
beni di Govone, alla morte della vedova Maria Cristina nel 1849, a Ferdinando duca di
Genova, che fece costruire la torretta belvedere sul tetto. Nel 1870 il castello e i
terreni furono venduti a privati e nel 1897 l’Amministrazione Comunale di
Govone acquistò il castello mettendo all’asta parte dell’arredo in esso
contenuto. L'edificio, al quale vengono fatti continui lavori di restauro, sta
così riacquistando il suo decoro, nella splendida cornice del vasto parco.
Di notevole pregio artistico è la Chiesa dello Spirito Santo (1767) che con l'arrivo dei Savoia a Govone, divenne cappella reale e fu collegata al Castello con una galleria. La volta fu decorata da Giuseppe Morgari con la collaborazione di Carlo Pagani e di Andrea Piazza. Percorrendo la stretta viuzza intorno alle mura del castello si può vedere la casa in cui abitò Jan Jacques Russeau durante la sua permanenza a Govone.
Fu nel 1822 che la regina Maria Cristina di Borbone, avendo espresso il voto di innalzare un edificio religioso in seguito ai moti rivoluzionari del 1821, indusse suo marito Carlo Felice ad erigere un convento che sorse proprio a Traviano (vicino al castello di Govone), adiacente alla chiesetta che nel contempo venne ampliata. L’edificio venne eretto secondo lo stile architettonico dello Juvarra e le imposizioni regolamentari dell’Ordine francescano dei Cappuccini. L’impegno per la costruzione del massiccio edificio fu notevole e comportò anche la realizzazione in loco di fornaci per la cottura dei mattoni.
Di notevole pregio artistico è la Chiesa dello Spirito Santo (1767) che con l'arrivo dei Savoia a Govone, divenne cappella reale e fu collegata al Castello con una galleria. La volta fu decorata da Giuseppe Morgari con la collaborazione di Carlo Pagani e di Andrea Piazza. Percorrendo la stretta viuzza intorno alle mura del castello si può vedere la casa in cui abitò Jan Jacques Russeau durante la sua permanenza a Govone.
Fu nel 1822 che la regina Maria Cristina di Borbone, avendo espresso il voto di innalzare un edificio religioso in seguito ai moti rivoluzionari del 1821, indusse suo marito Carlo Felice ad erigere un convento che sorse proprio a Traviano (vicino al castello di Govone), adiacente alla chiesetta che nel contempo venne ampliata. L’edificio venne eretto secondo lo stile architettonico dello Juvarra e le imposizioni regolamentari dell’Ordine francescano dei Cappuccini. L’impegno per la costruzione del massiccio edificio fu notevole e comportò anche la realizzazione in loco di fornaci per la cottura dei mattoni.
DUPUY, Alfonso.
- Nacque a Milano il 17 nov. 1811, da Carlo Filippo e Teresa Ostinelli. Fu
architetto e segretario di Maria Cristina di Borbone Napoli, regina vedova del
re di Sardegna Carlo Felice, come attesta una patente del 10 marzo 1836 (Arch.
di Stato di Torino, Sezioni riunite,
Fondo Duca di Genova, reg. 632/
1), da cui risulta che l'anno prima era stato chiamato "dalla Lombardia
sua patria a prestar servizio presso la Real Casa". L'attività del D., al servizio
di Maria Cristina prima e di Ferdinando di Savoia duca di Genova poi, durò sino
al 1855 (l'anno dopo veniva pensionato), come attesta una documentazione per lo
più indiretta scambiata con gli incaricati delle amministrazioni delle regie
proprietà: villa reale di Govone, castello di Agliè, tenute di Ozegna, Apertole
di Crescentino, Oviglio, Azzate e Mezzana (ibid., cat. 626: Lettere ricevute e spedite, anni 1835,
1836, 1837, 1838, 1839, 1840; ibid.,
Corrispondenza ordinaria, mz.
5, anno 1835).
In particolare si trovano riferimenti alla
collocazione dei marmi sulla scala nuova, alla costruzione del nuovo salone,
all'architettura del parco del castello di Govone e ad interventi di varia
entità nelle cascine di quella tenuta; al disegno della custodia interna in
argento per il corpo della beata Margherita di Savoia, manufatto realizzato in
collaborazione con un orefice di nome Borani (conservato presso la chiesa di S.
Maria Maddalena ad Alba; cfr. ibid.,
Lettere…, cat. 626, lettera del
9 nov. 1836); alla cappella del castello di Agliè (1838) e a quella della
vicina chiesa della Natività della Madonna di Ozegna (ibid., lettera n. 355, 4 dic. 1838).
Al D. era affidata poi la gestione della
manutenzione e lo sviluppo delle vaste tenute reali, attività itinerante e
molto faticosa. Un suo importante intervento fu nel 1837, alle Apertole (in
collaborazione con gli ingegneri di Strade e ponti) per il taglio con
canalizzazione della tenuta, opera portata avanti dalle Regie Finanze (cfr.
ibid., n. 419, 3 ott. 1837).
Nel dicembre 1836 il D. intervenne anche per
l'inventario e la sistemazione in Torino di una biblioteca per la collezione di
libri e stampe della stessa regina, con scelta di alcune stampe che essa voleva
donare alla Società di incoraggiamento per lo studio del disegno nella
provincia della Valsesia (cfr. Ibid., Patenti,
biglietti e chirografi di S. M. la
Regina Maria
Cristina, 6. ott. 1836); per questa società, sempre nel 1836,
progettò a Varallo Sesia la sede, poi realizzata da A. Antonelli.
Nel 1836 il D. scrisse una relazione sulle
condizioni dei contadini della tenuta delle Apertole di proprietà della regina
Maria Cristina (G. Caligaris, in Le
Apertole: una tenuta agricola
sabauda alla fine del '700. La
chiusura di un pascolo comune, in Studi
piemontesi, IX [1980], I, p. 107).
Infine, il D. firmò quale procuratore il testamento
redatto da Maria Cristina (cfr. Arch. di Stato di Torino, Corte, Carte
Savoia-Carignano, Fondo ex Quirinale, Testamento di Maria Cristina), per la
quale esegui anche l'allestimento dell'apparato funerario (1849), come risulta
dal disegno con Pianta della chiesa di S.
Giovanni disposta per il funerale della fu
M. la Regina M. Cristina (cfr. Ibid., Sezioni riunite Fondo Duca di Genova,
art. 606).
Nel 1839 progettò la facciata, con frontone
neoclassico, dell'ospedale degli Infermi in Biella, realizzata solo nel 1870.
Nello stesso anno venne incaricato da Ferdinando Avogadro di Collobiano,
gran maestro della casa di Maria Cristina, di intervenire sulla antica rocca di
Montecavallo, presso Vigliano Biellese, di cui restavano una torre e poche
rovine: ne derivò un edificio quadrato in stile neogotico, con torri merlate ed
una galleria che lo unisce alla cappella. Anche il parco che circonda il
castello è opera del D., che coordinò l'arredo interno del castello e in
particolare della splendida biblioteca.
Nel 1840 il D. ebbe rapporti con il celebre
ingegnere idraulico G. Magistrini, per opere di contenimento del fiume Tanaro,
nelle vicinanze di Govone. Nel 1843 progettò il suo capolavoro, la chiesa di S.
Francesco di Sales o delle sacramentine (L. Cibrario, Storia di Torino, II, Torino 1846, pp. 646 s.), sita in
Torino nell'odierna via dei Mille, di cui disegnò anche l'arredo e la cui
facciata venne terminata da C. Ceppi nel 1873.
Nel 1845 ricevette l'incarico di restaurare la prima
cappella a sinistra della chiesa torinese di S. Lorenzo dalla Società degli
architetti e scultori milanesi; per la stessa chiesa nel 1846 ridusse nelle
forme attuali l'antica aula di S. Maria del Presepe ora oratorio
dell'Addolorata. Intorno al 1850 era occupato nella ristrutturazione degli
appartamenti di palazzo Chiablese a Torino per incarico del duca di Genova.
Nell'ambito di questi lavori fece decorare una galleria al pittore A. Colla,
con il quale fu in rapporto anche in occasione dei restauri della cappella del
S. Sepolcro alla basilica di Oropa (1851). Con il 1856, anno del suo
pensionamento, cessano le notizie sulla sua attività professionale, fatto che,
unito alla scarsa conoscenza della sua produzione, ha condotto prima il Boggio
(1917) e quindi altri storici a considerare il D. un architetto scomparso in
giovane età: in realtà mori a Torino il 17 giugno 1895.
Dopo il 1856 si sa solo che si dedicò alla gestione
della tenuta di Uggiate Trevano (Como), che nel 1850 aveva acquistato da Ferdinando
Avogadro di Collobiano, divenendo il più ricco possidente del paese (cfr.
L. Pierangelo, L'asilo infantile Dupuy-Moris, Uggiate 1981).
B. Signorelli
IL CASTELLO DI GOVONE
Quando
si sale a Govone per visitare il castello che fu sede estiva del re di Sardegna
Carlo Felice si resta ammirati del maestoso maniero, del parco che lo circonda
e del giardino. La lapide, apposta all'entrata del castello, avverte i
visitatori che si tratta di uno dei siti di eccellenza che l'UNESCO ha
riconosciuto come Patrimonio dell'Umanità.
Non altrettanto soddisfacente è la visita all'interno del Castello perché è stato privato di tutto l'arredo che possedeva quella che fu splendida residenza regale al principio dell'Ottocento.
Si sono salvate soltanto le decorazioni pittoriche del Salone da ballo, gli affreschi delle camere del Re e della Regina, le tappezzerie cinesi delle stanze delle principesse: invano troveremo tracce dei raffinati mobili, porte, sovrapporte e capolavori vari di falegnameria e di ebanisteria.
Nel corso dei secoli tutto è scomparso e la dimora sabauda frequentata e prediletta dal Re Carlo Felice è caduta in degrado.
Il Re Carlo Felice
scelse Govone come residenza estiva per sé e la consorte Maria Cristina di Borbone negli anni 1821-31. Il Castello sorgeva in zona salubre e tranquilla lontana dalle preoccupazioni politiche della corte di Torino e concedeva al sovrano, che aveva sofferto la dura esperienza napoleonica dell'esilio in Sardegna, un luogo di riposo. Personaggio di gusto e di cultura, Carlo Felice trasformò il Castello di Govone in residenza regale, chiamando al suo servizio artisti di grandissima fama ed esperienza che già avevano operato nelle Regge di Torino e Racconigi.
Alla sua morte il Castello passò in diverse mani e finì con il diventare proprietà del Comune di Govone che fu costretto, per ragioni economiche, a metterlo all'asta.
La Villa Massena
Tra il 1898 e il 1900 il Principe Victor Massena, nipote del generale napoleonico Andrea Massena, fece costruire a Nizza una dimora principesca ispirata alle grandi ville italiane in stile Impero con ispirazioni neoclassiche . Proprio nel 1898 gli arredi del Castello di Govone vennero messi in vendita in un'asta pubblica di risonanza internazionale in cui l'antiquario romano Sangiorgi proponeva l'acquisto di tutto l'arredo del Castello di Govone, già dimora di Carlo Felice.
L'asta del Sangiorgi fu vinta dal principe Massena e tutto l'arredo proveniente da Govone fu trasferito a Nizza.
L'architetto Hans Geirge Terssling si impegnò per adattare gli arredi di Govone alle sale che stava costruendo a piano terreno. Egli infatti si propose di realizzare il progetto di una vera ricostruzione, allo scopo di ricreare l'ambiente originario.
Tre sono le sale della Villa Massena che costituiscono l'appartamento Impero del piano terreno in cui si raccolgono le splendide suppellettili govonesi: il Gran Salon, le Petit Salon e la Salle à manger. Vi si trovano otto magnifiche porte in legno dagli ornati ricchissimi, rivestite d'oro su fondo verde scuro con foglie di acanto e spighe di grano. Esse sono opere di esecuzione perfetta realizzate dall'equipe di artisti avente per capo Francesco Tonadei, discepolo e collaboratore del famoso Giuseppe Maria Bonzanigo. Le sovrapporte riportano delicati dipinti su tela del pittore Pagani; otto grandi specchiere e il doppio cornicione intagliato e dorato rivelano l'eccezionale bravura degli ebanisti e scultori piemontesi operanti nella villa.
Meritano attenzione particolare i soffitti della Villa su cui vennero riprodotti alla perfezione gli affreschi -tuttora esistenti in Govone- della Sala d'Udienza del Re e della camera da letto della Regina.
La Municipalità di Nizza e il Ministero della Cultura e Comunicazioni hanno effettuato un accuratissimo restauro della Villa Massena restituendola alla fruizione del pubblico a partire dal 1 maggio 2008. Sono stati sistemati altresì i giardini antistanti la Promenade des Anglais e, al 3° piano, è stata collocata la Biblioteca dell'alpinista nizzardo De Cessole.
Oggi la Villa Massena è diventata un importante Museo multimediale di Storia e Tradizioni che documenta la vita della città di Nizza dal 1792 al 1939 e in cui rivive il Castello di Govone con le sue superstiti bellezze: preziosa testimonianza di un'epoca significativa, occasione da non perdere per noi Piemontesi che amiamo Nizza e frequentiamo la Costa Azzurra..
Il destino del Castello si è giocato alla fine del sec. XIX e un filo sottile lo legherà alla città di Nizza.
Non altrettanto soddisfacente è la visita all'interno del Castello perché è stato privato di tutto l'arredo che possedeva quella che fu splendida residenza regale al principio dell'Ottocento.
Si sono salvate soltanto le decorazioni pittoriche del Salone da ballo, gli affreschi delle camere del Re e della Regina, le tappezzerie cinesi delle stanze delle principesse: invano troveremo tracce dei raffinati mobili, porte, sovrapporte e capolavori vari di falegnameria e di ebanisteria.
Nel corso dei secoli tutto è scomparso e la dimora sabauda frequentata e prediletta dal Re Carlo Felice è caduta in degrado.
Il Re Carlo Felice
scelse Govone come residenza estiva per sé e la consorte Maria Cristina di Borbone negli anni 1821-31. Il Castello sorgeva in zona salubre e tranquilla lontana dalle preoccupazioni politiche della corte di Torino e concedeva al sovrano, che aveva sofferto la dura esperienza napoleonica dell'esilio in Sardegna, un luogo di riposo. Personaggio di gusto e di cultura, Carlo Felice trasformò il Castello di Govone in residenza regale, chiamando al suo servizio artisti di grandissima fama ed esperienza che già avevano operato nelle Regge di Torino e Racconigi.
Alla sua morte il Castello passò in diverse mani e finì con il diventare proprietà del Comune di Govone che fu costretto, per ragioni economiche, a metterlo all'asta.
La Villa Massena
Tra il 1898 e il 1900 il Principe Victor Massena, nipote del generale napoleonico Andrea Massena, fece costruire a Nizza una dimora principesca ispirata alle grandi ville italiane in stile Impero con ispirazioni neoclassiche . Proprio nel 1898 gli arredi del Castello di Govone vennero messi in vendita in un'asta pubblica di risonanza internazionale in cui l'antiquario romano Sangiorgi proponeva l'acquisto di tutto l'arredo del Castello di Govone, già dimora di Carlo Felice.
L'asta del Sangiorgi fu vinta dal principe Massena e tutto l'arredo proveniente da Govone fu trasferito a Nizza.
L'architetto Hans Geirge Terssling si impegnò per adattare gli arredi di Govone alle sale che stava costruendo a piano terreno. Egli infatti si propose di realizzare il progetto di una vera ricostruzione, allo scopo di ricreare l'ambiente originario.
Tre sono le sale della Villa Massena che costituiscono l'appartamento Impero del piano terreno in cui si raccolgono le splendide suppellettili govonesi: il Gran Salon, le Petit Salon e la Salle à manger. Vi si trovano otto magnifiche porte in legno dagli ornati ricchissimi, rivestite d'oro su fondo verde scuro con foglie di acanto e spighe di grano. Esse sono opere di esecuzione perfetta realizzate dall'equipe di artisti avente per capo Francesco Tonadei, discepolo e collaboratore del famoso Giuseppe Maria Bonzanigo. Le sovrapporte riportano delicati dipinti su tela del pittore Pagani; otto grandi specchiere e il doppio cornicione intagliato e dorato rivelano l'eccezionale bravura degli ebanisti e scultori piemontesi operanti nella villa.
Meritano attenzione particolare i soffitti della Villa su cui vennero riprodotti alla perfezione gli affreschi -tuttora esistenti in Govone- della Sala d'Udienza del Re e della camera da letto della Regina.
La Municipalità di Nizza e il Ministero della Cultura e Comunicazioni hanno effettuato un accuratissimo restauro della Villa Massena restituendola alla fruizione del pubblico a partire dal 1 maggio 2008. Sono stati sistemati altresì i giardini antistanti la Promenade des Anglais e, al 3° piano, è stata collocata la Biblioteca dell'alpinista nizzardo De Cessole.
Oggi la Villa Massena è diventata un importante Museo multimediale di Storia e Tradizioni che documenta la vita della città di Nizza dal 1792 al 1939 e in cui rivive il Castello di Govone con le sue superstiti bellezze: preziosa testimonianza di un'epoca significativa, occasione da non perdere per noi Piemontesi che amiamo Nizza e frequentiamo la Costa Azzurra..
Il destino del Castello si è giocato alla fine del sec. XIX e un filo sottile lo legherà alla città di Nizza.
Maria Boella Cerrato
San
Valentino è la festa degli innamorati e, per celebrare l’appuntamento, il Ministero per i Beni e le Attività
Culturali regala a tutti gli innamorati due giorni di arte e di cultura.
Il 13 e 14 febbraio in tutti i musei, monumenti e siti archeologici
statali presentandosi in due si entrerà pagando un solo biglietto.
Quest’anno, quindi, per la prima volta, un intero fine settimana sarà dedicato
all’evento.
Il Castello di Agliè in
occasione della festa di San Valentino propone un: "Approfondimento sulle
figure di Carlo Felice di Savoia e Maria Cristina di Borbone Napoli”
L’infanzia di Carlo Felice
Figlio
di Vittorio Amedeo III di Savoia e di Maria Antonia Ferdinanda di Borbone,
figlia del re di Spagna, nasce a Torino il 6 aprile 1765. Penultimo di dodici
figli, trascorre l’infanzia sotto la guida della contessa Radicati. Nel 1798, a seguito
dell’occupazione francese, Carlo Felice lascia Torino con la famiglia reale per
trasferirsi in Sardegna.
L’infanzia di Maria
Cristina
Maria
Cristina di Borbone Napoli, figlia di Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli e
di Sicilia e di Maria Carolina d’Asburgo Lorena, nasce nella reggia di Caserta
il 17 gennaio 1779.
La sua educazione è affidata alle cure della marchesa Vincenza d’Ambrogio.
Nel 1798 con la famiglia reale di Borbone abbandona Napoli, minacciata dall’invasione francese, per trasferirsi a Palermo. Nel 1802, ritornata la famiglia a Napoli, Maria Cristina accompagna la madre Maria Carolina a Vienna dove, quest’ultima, si reca a chiedere aiuto al nipote, l’imperatore Francesco II, in un momento in cui il Regno di Napoli è minacciato dalla Francia.
La sua educazione è affidata alle cure della marchesa Vincenza d’Ambrogio.
Nel 1798 con la famiglia reale di Borbone abbandona Napoli, minacciata dall’invasione francese, per trasferirsi a Palermo. Nel 1802, ritornata la famiglia a Napoli, Maria Cristina accompagna la madre Maria Carolina a Vienna dove, quest’ultima, si reca a chiedere aiuto al nipote, l’imperatore Francesco II, in un momento in cui il Regno di Napoli è minacciato dalla Francia.
Il
matrimonio
Nel
1805 Maria Cristina è chiesta in moglie dal cugino Carlo Felice di Savoia, che
sposerà nella Cappella Palatina del Palazzo Reale di Palermo nel 1807. In quell’anno la
coppia, che non avrà figli, si
trasferisce in Sardegna dove la famiglia reale sabauda è in esilio e, dove
assumerà funzioni ufficiali di governo dal 1815.
La
vita pubblica
Nel
1821 con l’abdicazione di Vittorio Emanuele I, Carlo Felice sale al trono e
Maria Cristina diventa regina di Sardegna.
Frequenti sono i soggiorni del re fuori della capitale: in Savoia, Nizzardo, Liguria e periodi di residenza nei castelli di Govone e di Agliè del quale era entrato in possesso nel 1825. Negli stessi anni la coppia acquista l’abbazia di Hautecombe e segue i lavori di restauro progettati dall’architetto Ernesto Melano.
Frequenti sono i soggiorni del re fuori della capitale: in Savoia, Nizzardo, Liguria e periodi di residenza nei castelli di Govone e di Agliè del quale era entrato in possesso nel 1825. Negli stessi anni la coppia acquista l’abbazia di Hautecombe e segue i lavori di restauro progettati dall’architetto Ernesto Melano.
L’amore
per l’arte della coppia
Nel
1825 il re acquista la collezione di antichità egizie dal console di Francia,
di origine piemontese, Bernardino Drovetti, nativo di Barbania, in Canavese,
collezioni che andranno ad arricchire la sezione egizia del Museo
dell’Università.
Nello stesso anno si avvia la campagna di scavi archeologici nell’area della Ruffinella, la villa che Carlo Felice eredita dalla sorella Maria Anna duchessa vedova di Chiablese, a Frascati (Tuscolo) e che la regina eleggerà a sua residenza abituale sino al 1843.
La concessione di scavo sarà rinnovata sino al 1839 e i materiali provenienti dagli scavi sono conservati nel Castello Ducale di Agliè dove è allestita la collezione "Monumenta Tuscolana". Il re si dedica alla composizione di testi teatrali, attività che coinvolge in modo esclusivo i suoi interessi culturali ed istituisce la "Reale compagnia drammatica".
Nello stesso anno si avvia la campagna di scavi archeologici nell’area della Ruffinella, la villa che Carlo Felice eredita dalla sorella Maria Anna duchessa vedova di Chiablese, a Frascati (Tuscolo) e che la regina eleggerà a sua residenza abituale sino al 1843.
La concessione di scavo sarà rinnovata sino al 1839 e i materiali provenienti dagli scavi sono conservati nel Castello Ducale di Agliè dove è allestita la collezione "Monumenta Tuscolana". Il re si dedica alla composizione di testi teatrali, attività che coinvolge in modo esclusivo i suoi interessi culturali ed istituisce la "Reale compagnia drammatica".
La
morte del re Carlo Felice
Il
re muore a Torino il 27 aprile 1831,
in Palazzo Chiablese, lascia il Castello di Agliè in
eredità a Ferdinando di Savoia 1° duca di Genova con usufrutto alla regina
vedova Maria Cristina. Il suo monumento
funebre, opera di Benedetto Cacciatori, è nell’abbazia di Hautecombe.
Gli
anni di vedovanza di Maria Cristina
Dopo
la morte di Carlo Felice, nel 1831, la regina vedova trascorre un lungo periodo
presso la sua famiglia a Napoli. Rientrata a Torino trascorre il suo tempo
dedita ad opere di pietà, alternando soggiorni ad Agliè, Govone, Napoli, Nizza
e Hautecombe.
Tra il 1841 e il 1843 vive nel monastero romano delle Visitandine, successivamente su consiglio di Papa Gregorio XVI, ritorna in Piemonte alternando soggiorni invernali in Liguria. Muore a Savona il 12 marzo 1849.
Tra il 1841 e il 1843 vive nel monastero romano delle Visitandine, successivamente su consiglio di Papa Gregorio XVI, ritorna in Piemonte alternando soggiorni invernali in Liguria. Muore a Savona il 12 marzo 1849.
Maria Cristina è una delle
figure femminili di maggior rilievo nella storia del Castello: a lei si deve la
riorganizzazione degli spazi e il riarredo dell'appartamento reale e in
particolare la sala Tuscolana con i reperti archeologici provenienti dalla
Ruffinella. Una particolare impronta degli interessi artistici e culturali della
sovrana si ritrova nella raccolta di quadri di soggetto storico commissionata
ad autori contemporanei che denota un gusto sicuro singolarmente
"moderno" e aggiornato.
Il suo monumento funebre nell’abbazia di Hautecombe è opera di Giovanni Albertoni.
Il suo monumento funebre nell’abbazia di Hautecombe è opera di Giovanni Albertoni.
CASTELLO REALE DI GOVONE
campagna,
frutto delle scelte di un committente molto vicino alla corte sabauda, il
marchese Giuseppe Roberto Solaro, che vi imprime un carattere di maison de
plaisance nel senso tipicamente settecentesco, luogo dove la ricerca di quiete
e di distensione, la natura e l'isolamento, non escludono le più elevate
raffinatezze, come ci testimonia la scelta del marchese di acquistare un ricco
corredo di carte cinesi, con cui rivestire gli appartamenti del primo piano.
L'antica dimora dei Solaro, in seguito all'estinzione del casato alla fine del
settecento, entrò a far parte con tutte le sue numerose dipendenze agricole,
del patrimonio dei Savoia, ma, malgrado la diversità di epoca e di sensibilità
artistica, l'ideale di residenza non aulica permane nelle trasformazioni
interne operate nell'ottocento, quando il castello diventa il soggiorno estivo
prediletto di Carlo Felice e di Maria Cristina.
1. ALA DI LEVANTE: Appartamenti della Regina: Galleria di levante, Camera da parata, Sala delle udienze, Camera da letto, Salottino. Presentano ricchi pavimenti lignei a grandi riquadri e volte le cui decorazioni affondano le loro radici nella mitologia classica, congiunte con gli attributi delle Arti e delle Scienze che sempre accompagnano la celebrazione della figura di Maria Teresa, dipinte da Pagani, Piazza e Luigi Vacca (autore del centro-volta della sala delle udienze).
1. ALA DI LEVANTE: Appartamenti della Regina: Galleria di levante, Camera da parata, Sala delle udienze, Camera da letto, Salottino. Presentano ricchi pavimenti lignei a grandi riquadri e volte le cui decorazioni affondano le loro radici nella mitologia classica, congiunte con gli attributi delle Arti e delle Scienze che sempre accompagnano la celebrazione della figura di Maria Teresa, dipinte da Pagani, Piazza e Luigi Vacca (autore del centro-volta della sala delle udienze).
2. Appartamenti del Re:
presentano la stessa sequenza di stanze dei precedenti, con preziosi pavimenti
in legno e decorazioni opera degli stessi pittori. SALONE: completamente
affrescato da Luigi Vacca e da Fabrizio Sevesi per quel che riguarda la parte
architettonica, illustra la vicenda mitologica dei figli di Niobe. Il
pavimento, fatto realizzare dalla Regina Maria Cristina, è a disegni geometrici
in marmi
bianchi, grigi e neri.
3. ALA DI PONENTE:
Appartamenti delle principesse: le sale indicate anche come destinate ai
principi di passaggio, probabilmente erano destinate alle principesse figlie di
Vittorio Emanuele I e di Maria Teresa, presentano ricche tappezzerie cinesi
databili alla prima metà del settecento.
(Estratto da: Rete Museale Roero
Monferrato – 2008).
S. DAMIANO D’ASTI
Si giunge
così al secolo XIX e troviamo molti giovani sandamianesi tra le file dei liberali
durante i moti rivoluzionari scoppiati in Piemonte per ottenere dal Re la Costituzione.
Un avvenimento di un certo rilievo "mondano" fu la visita nel paese della Regina Maria Cristina, vedova del Re Carlo Felice, nel 1834 durante la sua villeggiatura presso il Castello di Govone. Essa fu ospite per un giorno del Conte Carlevaris e le furono attribuite grandi feste.
Un avvenimento di un certo rilievo "mondano" fu la visita nel paese della Regina Maria Cristina, vedova del Re Carlo Felice, nel 1834 durante la sua villeggiatura presso il Castello di Govone. Essa fu ospite per un giorno del Conte Carlevaris e le furono attribuite grandi feste.
OVIGLIO
Dopo alterne vicende di dominazioni feudali, nella seconda
metà del XVIII secolo Oviglio divenne signoria della marchesa Solaro Marianna
di Govone nata Perboni, deceduta nel 1823 e sepolta nella chiesa dei SS. Felice
e Agata come indica una lapide sepolcrale sistemata all’esterno della chiesa
stessa.
Del feudo fu poi investita la Regina Maria Cristina
di Borbone , vedova del Re Carlo Felice, ragione per cui la residenza
divenne “CASTELLO REALE”.
Successivamente passò alla nobile famiglia dei Calcamuggi:
di quest’ultima è lo stemma che ancora oggi campeggia sui due ingressi del
maniero.
CASTELLO DI GOVONE
Dalla sommità della
collina, il Castello domina l’intero paese e l’ampia valle del Tanaro. La
grandiosa costruzione in muratura è decorata con raffinata eleganza. l’edificio
è costruito su due piani principali e su un terzo di minor altezza, tra loro
collegati da eleganti scaloni e da scale di servizio. La facciata è ricca di
decorazioni e sculture ed è affiancata da due avancorpi in mattoni rossi,
rivolti a mezzogiorno. Lo scalone d’onore è formato da quattro rampe marmoree,
fiancheggiate da parapetti a balaustra e decorate da possenti telamoni e
bassorilievi provenienti da Venaria. L’intera costruzione è delimitata a nord e
ad ovest da un vasto parco all’inglese e ad est da un giardino pensile, ricco
di aiuole, fontane ed alberi. Il Castello è citato in un atto di vendita del 989.
Era certamente, a quel tempo, un castello medioevale con bastioni e torri
angolari, tipiche delle fortezze del Monferrato. La costruzione attuale è opera
dei Conti Solaro, Signori di Govone fin dal XIII secolo. Il castello, infatti,
fu ricostruito per interessamento del Conte Roberto Solaro, Gran Priore del
Gran Priorato dei Cavalieri di Malta e del nipote Ottavio Francesco Solaro, al
quale l’Architetto Guarino Guarini (1624-1683) dedicò il progetto di
ricostruzione al Castello stesso. L’esecuzione dell’opera fu proseguita dagli
eredi, fra i quali il Conte Giuseppe Roberto Solaro, cui si deve la preziosa
testimonianza circa l’intervento dell’Architetto Benedetto Alfieri (1700-1767),
discepolo di Filippo Juvarra (1678-1736) nell’esecuzione della facciata del
Castello, ricavata dall’elegante progetto barocco del Guarini, ma nella quale,
secondo N. Carboneri ...i tratti guarignani risultano in parte svigoriti da
nuovi interessi decorativi. Nel 1792, con la morte del Conte Vittorio
Amedeo Lodovico Solaro che non contava diretti discendenti, il Castello ed i
beni passarono allo Stato. Successivamente venne acquistato da Vittorio Amedeo
III Re di Sardegna, a favore dei figli Carlo Felice, Duca del Genovese,
Giuseppe Benedetto Placido, Conte di Moriana. In seguito, dopo la sconfitta dei
Piemontesi da parte delle truppe francesi, il Castello venne incamerato dalla
Nazione Francese, subendo le conseguenze di un inevitabile abbandono. Nel 1810,
per decreto napoleonico, fu messo all’asta e quindi acquistato, al fine di impedirne
la completa demolizione, dal Conte Teobaldo Alfieri di Sostegno, che lo cedette
nel 1816 al Principe Carlo Felice, il quale riprese possesso del maniero. Nel
1819 Carlo Felice si occupò attivamente del restauro e del riammodernamento del
castello, i cui lavori furono diretti dagli architetti Giuseppe Cardone e
Michele Borda. Particolare attenzione venne dedicata alla decorazione del
salone centrale, alla quale fu chiamato il pittore Luigi Vacca, che si avvalse
della collaborazione di Fabrizio Sevesi, per dipingere le parti architettoniche
e gli ornati sulle pareti e sulla volta. Gli affreschi ripropongono la vicenda
mitologica di Niobe, riproduzione pittorica delle famose statue delle Niobidi,
trasportate fra il 1770/1780 da Roma a Firenze e collocate nella Galleria degli
Uffizi. Sempre al Vacca furono affidate le decorazioni delle sale di udienza
degli appartamenti reali. Gli affreschi del piano terreno e del primo piano
furono eseguiti da Carlo Pagani e Andrea Piazza. L’arredo ligneo del castello fu
eseguito, a partire dal 1820, da una famosa equipe di intagliatori e scultori
in legno operante per la corte, composta da Giovanni Battista Ferrero, Giuseppe
Gianotti Francesco Novaro, Francesco Tanadei, con a capo Giuseppe Maria
Bonzanigo. È di quell’epoca l’elegantissima porta di comunicazione tra la
camera da letto della Regina ed il salottino, finemente decorata di ornamenti
scolpiti e dorati da Francesco Novaro. Quattro sale conservano le pareti
rivestite di raffinate tappezzerie cinesi. Terminati i lavori di
ammodernamento, Carlo Felice stabilì, per circa 15 anni la sua residenza estiva
a Govone, svolgendovi le funzioni regali, con il ricevimento di Sovrani, Capi
di Stato, personaggi illustri. Alla sua morte, avvenuta nel 1831, il Castello
passò alla vedova Maria Cristina, che, a sua volta, lo lasciò in eredità a
Ferdinando di Savoia, Duca di Genova. Col testamento del 1855 il Duca
Ferdinando di Savoia lasciava il Castello ai figli: il Principe Tomaso e la Principessa Margherita,
che conservarono la proprietà del Castello fino al 1870, anno in cui fu venduto
alla casa Bancaria Tedeschi di Torino. Nel 1895 fu acquistato dai signori
Ovazza e Segre, che vendettero i terreni a piccoli proprietari. Nel 1897
l’Amministrazione Comunale acquistò il Castello, mettendone all’asta mobili ed
oggetti in esso contenuti. L’antica aranciera del Castello comunemente chiamata
Serra, fatta restaurare dall’Amministrazione Comunale, è stata adibita a
salone per convegni, incontri e manifestazioni culturali. Nel 1997 il Castello
è stato dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità e, a seguito di accurati
restauri, sta riacquistando il suo decoro nella splendida cornice del vasto
parco.
LA MONARCHIA RESTAURATA E IL GIURAMENTO DI FEDELTA’ ALLA DINASTIA
Rientrato
a Torino come re il 17 ottobre 1821, Carlo Felice si stabilisce a Palazzo Reale, negli appartamenti inferiori (evitando l’appartamento reale spettante a Vittorio Emanuele I trasferitosi,
dopo l’abdicazione, nel Castello di
Moncalieri) oppure a Palazzo
Chiablese o, ancora, nelle amate dimore del Castello di Stupinigi e del Castello di Govone. A Torino
continua poi a preferire le città di Genova e Nizza e la Savoia.
A
partire dal 1828 Carlo Felice
è a Torino solo di passaggio qualche settimana o, al massimo, qualche mese.
Ritorna nella capitale stabilmente nella tarda estate del 1830.
11
dicembre 1821, in
seguito ai moti del 1821 Carlo Felice ripristina con un editto l’antico rituale
del giuramento di fedeltà al sovrano (ignorato da Vittorio Emanuele I e poi
abolito da Carlo Alberto) per gratitudine verso la «Divina Provvidenza per aver
sì prontamente ridonato l’ordine e la calma a questi dominii».
13
gennaio 1822, in
Piazza Castello,
davanti all’altare
eretto sotto la porta di Palazzo
Madama, officiando l’arcivescovo,
si svolge il solenne giuramento al re Carlo
Felice dei carabinieri reali, brigata Savoia, corpo reale
d’artiglieria, reggimento di Piemonte reale cavalleria, cavalleggeri di Savoia,
battaglione di cacciatori reali.
9
febbraio 1822, a
Palazzo Reale si svolge
la solenne cerimonia di consegna al re Carlo
Felice dell’ordine supremo del Toson d’Oro, consegnato dal
ciambellano conte Giulio Ottolini a nome dell’imperatore Francesco I
2
marzo 1822, condanna a morte in effige di Giuseppe Maria Calvetti, compromesso nei moti del 1821
14
marzo 1822, nel Duomo di Torino,
davanti al re Carlo Felice
e alla regina Maria Cristina,
solenne giuramento della nobiltà, della milizia e dei procuratori delle città e
province dei regi domini
5
giugno 1822, arriva a Moncalieri
da Reggio Emilia il re abdicatario Vittorio
Emanuele, e incontra i nuovi reali Carlo Felice e Maria Cristina
12
settembre 1822, alle 11 il re Carlo
Felice riceve il solenne giuramento di vescovi e abati dei regi
stati di terraferma
Carlo
Felice
partecipa al Congresso di Verona insieme ai regnanti di tutta Europa; il re
rientrerà a Torino il 22 dicembre
Nel
corso del 1822 tra la
Cittadella e il Piazzale di Porta Nuova viene portata a
compimento la costruzione, iniziata del 1817, di un’imponente piazza d’armi denominata
Piazza di San Secondo.
10
gennaio 1824, nel Castello di Moncalieri muore il re abdicatario Vittorio Emanuele I. Due giorni dopo
la salma del re viene portata a Palazzo
Madama. Il 14 gennaio si tengono i solenni funerali e il
feretro del re viene portato a Superga
11
ottobre 1824, nel castello di Stupinigi muore Marianna di Savoia, figlia di Vittorio Amedeo III e
vedova di Benedetto Maurizio
19
luglio 1824 i reali sabaudi, in compagnia della duchessa del Chiablese,
lasciano Palazzo Reale
diretti in Savoia. Ha inizio la lunga campagna di lavori che vedrà Carlo Felice
e Maria Cristina impegnati, nell’abazia di Hautecomb, nel recupero dell’antico per celebrare le origini della dinastia.
10
settembre 1824, arriva a Torino il principe Eugenio di Savoia Carignano, di anni 8
20
settembre, su tutti gli angoli di Torino è affissa la notizia che, in seguito
alla morte di Luigi XVIII,
avvenuta il giorno 16, cognato del re Carlo
Felice, tutti i teatri e gli spettacoli pubblici resteranno
chiusi per cinque giorni in segno di lutto
Nel
corso del 1827 viene portata a compimento la realizzazione, avviata nel 1818,
di Piazza Emanuele Filiberto
Tra
il 1826 e il 1829 viene completata la costruzione del nuovo Cimitero generale di Torino, dove
troveranno sepoltura molti dei protagonisti della stagione risorgimentale
Nel
1827 la città di Torino organizza una Cassa
di Risparmio che diventerà il modello per molte altre
inaugurate nelle città di provincia negli anni seguenti. Il credito fondiario
sarà successivamente promosso dagli studi di Luigi Castaldi
20
maggio 1829, per celebrare il 15° anniversario del ritorno dei Savoia a Torino
dopo la parentesi francese, entro le sale del Castello del Valentino viene inaugurata, a cura della Camera di Commercio, l’Esposizione
dei prodotti delle arti e delle industrie
Il
22 gennaio 1831 l’ambasciatore austriaco Senfft-Pilsach si reca solennemente a Palazzo Reale per chiedere al re Carlo Felice la mano della
principessa Maria Anna,
figlia del defunto Vittorio Emanuele I, per l’arciduca ereditario d’Austria e
re d’Ungheria Ferdinando V. In vista delle nozze imperiali e reali il Monte di Pietà di Torino restituisce
gli oggetti impegnati al 31 dicembre per non più di 2 lire di capitale
ciascuno. Il matrimonio si svolge dall’11 al 13 febbraio 1831: la città di
Torino assegna un libretto di risparmio di cento lire ai bambini poveri nati in
quei giorni
- Ente Responsabile Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino
CASTELLO DI AGLIE’
Il progetto del Castello di Agliè è attribuito ad Amedeo di Castellamonte e si data al 1656. L'architetto disegnò un edificio suddiviso in due corpi paralleli, uno a nord e uno a sud, collegati da due gallerie. Di quel tempo sono anche i giardini all'italiana e il parco. Il salone da ballo fu decorato da Giovanni Paolo Recchi, con episodi della vita di Arduino d'Ivrea, re d'Italia nel 1002. Nelle guerre franco-piemontesi di fine secolo il castello, come quasi tutti gli altri, fu gravemente danneggiato. Nel 1765, acquistato da re Carlo Emanuele III per il figlio duca del Chiablese, fu rimesso in sesto e ampliato da Ignazio Birago di Borgaro, regio architetto dopo Benedetto Alfieri, che disegnò la facciata del castello verso il paese, un secondo grande salone di ricevimento detto "della Caccia" e l'appartamento per i duchi del Chiablese. E' del Birago anche la creazione di un piazzale di raccordo fra "palazzo" e "paese". Anche nella dimora di Agliè, come in ogni altra residenza sabauda, i francesi fecero danni e rubarono opere d'arte. Passato al re Carlo Felice, il castello fu rimaneggiato negli interni secondo le nuove mode dell'arredamento. Sua moglie, Maria Cristina di Borbone, vi lasciò un'impronta molto personale raccogliendo i numerosi reperti archeologici che si scavavano nella sua tenuta alla Ruffinella, l'antica Tuscolo: la sala che li ospita si chiama infatti "Tuscolana". Agliè passò quindi ai duchi di Genova. Nel 1939 il castello venne venduto dai Savoia allo Stato. In anni recenti, la Soprintendenza ai Beni Ambientali ha compiuto notevoli sforzi ad Agliè come altrove: parco e giardino sono stati aperti al pubblico, e sono state restaurate le stanze al piano nobile.
GIANNI CARITA’ – GIOIELLIERE
Sono trascorsi circa 2 secoli da quando Vincenzo Carità aprì la
sua prima bottega. Appena trentenne, già nel 1834, riuscì ad ottenere una
prestigiosa consacrazione, accreditandosi presso la Corte dei Borboni.
La regina Maria Cristina scelse di indossare una sua collana,
gioiello di grande gusto e di raffinata esecuzione e la bottega di Carità
situata nel cuore dell’antico quartiere degli orefici, fra l’Università ed il
porto, si trasformò in una fucina di giovani talenti desiderosi di formarsi
alla scuola.
CARLO FELICE E IL RECUPERO DELL’ANTICO – IL CASTELLO DUCALE
DI AGLIE’
Inserito nella cerchia di dimore
extraurbane della monarchia sabauda il Castello di Agliè, negli anni della
restaurazione, ospitò collezioni di antiche vestigia e una quadreria volta a
celebrare i fasti della dinastia regnante.
Tornato in Piemonte alla caduta di
Napoleone, il futuro re Carlo Felice, tenendosi in un primo tempo lontano dalla
corte, aveva stabilito la propria residenza nel castello di Govone dove, una
volta salito al trono nel 1821, dopo
l’abdicazione del fratello, continuò a trascorrere lunghi periodi. A quella
residenza privilegiata, dal 1824 egli affiancò anche il Castello di Agliè. La
dimora apparteneva infatti al patrimonio personale di Maria Anna Carlotta
Gabriella di Savoia, duchessa di Chiablese e sorella dei tre re di Savoia Carlo
Emanuele IV, Vittorio Emanuele I e Carlo Felice. Alla sua morte, avvenuta
appunto nel 1824, la duchessa lasciò in eredità a quest’ultimo non solo la
propria dimora cittadina, Palazzo Chiablese a Torino, ma anche il grande
Castello nel Canavese.
Sotto Carlo Felice Agliè continuò
ad essere una “dimora di delizie” come nel XVII secolo, quando l’ultimo
discendente dei San Martino, il conte e letterato Filippo d’Agliè, aveva deciso
di trasformare il vecchio castello fortificato in uno splendido palazzo di 300
stanze affidandone il progetto all’architetto Amedeo di Castellamonte. Nel 1763
il castello era poi stato acquistato da Carlo Emanuele III per il figlio duca
del Chiablese che lo aveva questa volta affidato a Ignazio Birago di Borgaro,
regio architetto dopo Benedetto Alfieri. In quel periodo il castello perse la
più preziosa reliquia custodita tra le sue mura: le ossa di re Arduino che il
conte Filippo d’Agliè aveva recuperato nell’abbazia di Fruttuaria e che, per
diverse ragioni, furono trasportate nel castello di Masino, dove nel 1827
avrebbero ricevuto la cerimonia di benedizione alla presenza del re e della regina.
Tuttavia la dimora di Agliè era destinata ad acquistare altri tesori di enorme
importanza grazie alla passione di Carlo Felice per l’antico e alla sua esibita
consapevolezza delle origini e della grandezza di casa Savoia.
Agliè fu luogo particolarmente amato da Carlo
Felice, che lo scelse per i suoi momenti di villeggiatura e lo arricchì e
ampliò insieme alla consorte, la regina Maria Cristina di Borbone, che avrebbe
proseguito i lavori di abbellimento anche dopo la sua morte. I sovrani
trasformarono la cappella seicentesca in teatro; fecero ridecorare e riarredare
parti significative del castello, a partire dal salone di gala; sistemare un
giardino all’inglese e all’italiana[1]
e un vastissimo parco con alberi secolari e una fontana con statue del ‘700. Ma
soprattutto essi fecero allestire una splendida galleria con 72 ritratti di
cavalieri dell’Ordine della SS. Annunziata e 51 ritratti di principi sabaudi
con lo scopo – in maniera similare a quanto può osservarsi nel castello di
Racconigi e in tanti altri luoghi in Europa – di “musealizzare” l’epopea
dinastica e militare dei Savoia.
In realtà un altro importante
intervento culturale avrebbe contraddistinto la dimora di Agliè: l’arrivo della
collezione Monumenta Tuscolana,
costituita da reperti archeologici rinvenuti nel 1825 negli scavi della villa
Ruffinella di Frascati, sul monte Tuscolo, altro possedimento feliciano. Il
trasferimento dei reperti si inseriva nel solco di una più complessa operazione
di recupero dell’antico, in chiave di autolegittimazione dinastica, che Carlo Felice
aveva messo in atto negli anni precedenti ad Altacomba (Hautecombe) in Savoia,
l’altro sito da lui prediletto. Qui a partire dal 1824, il re aveva acquistato
l’antica abbazia con l’intento di farla risorgere dalle rovine per poi esservi
sepolto con la sposa in mezzo agli antenati, sotto la cupola con i quattro
evangelisti affrescata da Luigi Vacca[2],
come appare nell’acquerello dello stesso Vacca, L’Abbazia di Altacomba (1826), conservato proprio nel castello di
Agliè.
Un filo conduttore legava dunque
l’interesse di Carlo Felice per le dimore di Hautecombe, Govone, Frascati ed
Agliè, nel nome di una riproposizione e recupero dell’antico e delle origini di
casa Savoia. Agli interventi di Carlo Felice sarebbero seguiti gli interessi di
Carlo Alberto per la storia della dinastia. Già espliciti delle giovanili Réflexions historique, le idee del nuovo
re, salito al trono nel 1831, avrebbero avuto una traduzione anche sul piano
architettonico e monumentale, all’insegna di un vero e proprio revival
neogotico. Basti pensare, fra i tanti, agli interventi nella sacra di San
Michele, avviati dal predecessore e proseguiti nel 1836 con il trasferimento
delle salme di 24 principi di Casa Savoia dal Duomo di Torino.
Nel 1849, alla morte di Maria
Cristina, il Castello di Agliè sarebbe passato in eredità proprio a Carlo
Alberto, per suo figlio secondogenito Ferdinando di Savoia, duca di Genova,
eroe della prima guerra d’indipendenza. Sempre ad Agliè trascorse la giovinezza
la futura regina Margherita.
(Estratto da www.Luoghi del
Risorgimento in Provincia di Torino. Pag. 17 e 18).
[1] Forse fece la stessa cosa
per il Castello di Azzate. Sicuramente la regina qui volle il parco
all’inglese.
[2]
Luigi Vacca (Torino
1778-1854) ricevette i primi insegnaenti artistici dal padre Angelo (1746-1814)
pittore di decorazioni ad affresco. Frequentata l’Accademia di Pittura e
Scultura di Torino (poi Albertina), allievo dello scultore Filippo Collino, e
di Lorenzo Pèheux, realizzò un San Giacomo in gloria per la chiesa di Indiritto
presso Coazze (Torino). Sui venti anni iniziò l’attività di pittore scenografo
presso i teatri Carignano e Regio, in collaborazione con Fabrizio Sevesi,
attività protratta per oltre un cinquantennio tra il 1799 e il 1853.
Attivissimo, eseguì affreschi e decorazioni per chiese e palazzi piemontesi e
liguri. Nel 1820 ottenne da Carlo Felice una commissione per la decorazione di
alcuni ambienti del castello di Govone.
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