sabato 23 dicembre 2017

BOSSI DI AZZATE E DEL LAGO



Da una ricerca “Dal Comune alla Signoria” della Scuola Media Dante Alighieri di Varese trascriviamo:
“Nel XIII° secolo le autonomie locali raggiunsero  pienezza politica, giuridica ed economica; erano in grado di opporsi all’imperatore e, anche se nel loro interno scoppiarono lotte intestine, riuscirono a schiacciarle. La società raggiunse vertici di sviluppo in ogni campo, per poi ricadere in una crisi soprattutto politica e culturale. A  Varese nel XIII° secolo si assisté  all’affermarsi del borgo sulla campagna. Varese nel 1200 “si reggeva a Repubblica” così dice il Brambilla (sulla scorta della Cronaca  Adamollo che a sua volta, cita l’Argerlati e la Cronaca  Perabò)  e Giacomo Perabò ne era capo e consigliere. Questi era un uomo di gran senno ed i giudizi da lui pronunciati nelle assemblee meritarono di essere conservati e consultati anche nei secoli seguenti. Fra i consoli vi erano personaggi delle famiglie Marliani,  Martiniani[1], Daverio, Orrigoni. Ritroviamo altri nomi di famiglie della nostra zona fra coloro che a Milano stavano dalla parte dei nobili con il Comune dei consoli: con i Visconti, i da Carcano , i da Busto, i Borri, i da Pusterla di Tradate, i da Pirovano, i da Castiglione, i Bossi di Azzate e del lago, i capitani d’Arsago, i da Birago, i da Besozzo, i da Samarate, come cita il Fiamma nel “Chronicon maius”. I mercanti, il popolo e gli artigiani stavano dalla parte del Comune del podestà. Per anni a Milano queste due parti si fronteggiarono, finché ebbero la meglio i lavoratori, mercanti e artigiani. In questo periodo Varese si trova in guerra, una guerra civile tra Visconti e Torriani che non lasciava mai tranquillo il borgo. Nel 1258 era stata esentata da ogni tributo, come nota il Brambilla, sottolineando l’importanza che il borgo stava acquisendo. Nel 1288 Giacomo Ferrari prevosto di Varese, minacciò addirittura la scomunica ad un certo Andrea se non avesse lasciato dei beni a Biumo Superiore[2]. Il popolo, invece, contadini e villici, subiva tasse e ruberie da parte dei due eserciti; i mercanti e gli artigiani  vedevano compromessi i lori traffici. Negli anni seguenti ci fu un tentativo di riscossa dei Visconti sui Torriani con alterne vicende, che portò la lotta nel Seprio e vide protagonista Ottone Visconti. Nel 1275, nel pieno della lotta, fu Gregorio X che ordinò al prevosto di Bollate di favorire il Capitolo di S. Vittore e, sempre in quegli anni, anche il vescovo Guglielmo di Ferrara si interessò a Varese[3]. Matteo Visconti, futuro signore di Milano, nel 1286 era podestà di Varese,  nominato dal prozio Ottone per controllare più da vicino la “zona calda”, vi giunse con un grande esercito, come appare dalla richiesta che egli presentò a  Giacomo Ferrari, prevosto di Varese, di aprire una porta nel palazzo arcivescovile verso la canonica, “affinché quei soldati, venissero alloggiati un po’ nel palazzo e un po’ in case delle canonica che il Capitolo aveva messe a disposizione e potessero avere cucina e fuoco in comune”[4]. Matteo promise che avrebbe richiuso  quella porta non appena i soldati se ne fossero andati e di ripagare qualsiasi danno che i suoi uomini avessero potuto recare agli edifici di proprietà del Capitolo. Tra il 1100 e il 1200 a Varese si ebbero importanti iniziative: nel 1173 fu fondato un ospedale al Nifontano, sorsero sul luogo quattro conventi: quello di San  Francesco,  quello degli Umiliati alla Cavedra, quello delle Umiliate a San Martino e quello di Santa Chiara a Bosto. Nello stesso tempo Milano diventava città-chiave dei commerci; anche a Varese dal 1159, anno in cui per la prima volta appaiono i consoli dei mercanti,  le industrie si moltiplicarono,  si attuarono opere di irrigazione, venne introdotta l’economia di mercato e ci fu un crescente sviluppo demografico. Il sistema feudale si stava sgretolando: i rapporti di lavoro si regolavano con contratti e con pagamento in moneta e, poiché spesso nascevano ingiustizie nei rapporti fra signori e coloni, per eliminare il pericolo di frode il Comune di Milano aveva stabilito norme precise per salvaguardare i diritti di ognuno, come citano il Besta ed il  Barni nel “Liber consuetudinum Mediolani anno MCCXVI”. Purtroppo fra impero e papato i rapporti non erano buoni; le lotte che ne seguirono, si ripercossero su Milano e su tutta la Lombardia. In questo contesto si delinea la figura dell’Arcivescovo Leone da Perego che spesso si scontrerà con la nostra città per questioni religiose e politiche. A Varese alla fine del ‘200 la Pieve contava cinquantacinque chiese e settanta altari[5]  e un documento del tempo, conservato nell’Archivio della Basilica di S.Vittore e pubblicato dal Borri, nominava ventotto componenti il Capitolo di S. Vittore, liberi di eleggere il prevosto, scegliendolo fra di loro”.
E’ la prima volta che troviamo la citazione “i Bossi di Azzate e del lago” che si addice perfettamente alla situazione della nobile famiglia. Infatti, accanto ai Bossi di Azzate, ci sono quelli di Bodio, tanto per restare nella zona del lago di Varese, ai quelli bisogna aggiungere quelli  di Brunello, di Montonate, di Cassano Magnano, di Besozzo e, naturalmente, quelli di Milano.
Merito dunque alla Scuola Media Dante Alighieri di Varese di aver coniato questo termine che, credo, non sia mai stato usato, nemmeno dai più qualificati storici.
Pur avendo in comune il cognome, e dunque probabilmente il capostipite, ogni famiglia faceva per conto suo e l’unica volta che si unirono fu quella per rivendicare i diritti di pesca sul Lago di Varese che vide compatti i Bossi rivieraschi di Azzate e di Bodio.




[1] ?
[2] Mons. Comolli.
[3] Mons. Comolli.
[4] Luigi Borri.
[5] “Liber notitiae sanctorum Mediolani” … a cura di Magistretti e Monneret de Villard.

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