lunedì 11 novembre 2013

I mulini di Azzate

IL MULINO[1]

“Per la sua collocazione, il mulino rappresenta un essenziale punto di comunicazione fra diverse comunità; è un ambiente tipicamente di periferia, aperto ad intensi scambi con gente di altri paesi. Intanto che il mulino macina, c'è tempo per riposarsi e per parlare delle varie novità.
Per sua natura è un servizio che interessa i vari paesi che gravitano sul bacino fluviale, favorendone gli spostamenti e i contatti di vario genere. I mugnai, appartenenti alle famiglie dei Triacca o dei Martignoni e Arioli, quasi delle corporazioni di mestiere, sono in genere persone molto evolute, che spesso ricoprono cariche pubbliche e che parteciperanno attivamente alla politica di unificazione nazionale.
Le figlie dei mugnai del Settecento si sposano con i rampolli di illustri famiglie in declino, portando con sé delle doti considerevoli di roba e di denaro. Niente potrebbe meglio dimostrare come le famiglie di mugnai appartengano ad una classe media, in rapporti molto stretti sia con i signori che in genere affittano il mulino, sia con i contadini che arrivano a macinare le granaglie con i loro buoi e asini.
Anche i mugnai sono contadini, ma solo a part time”.

 

Quando si parla dei tre mulini di Azzate viene spontaneo pensare che, in considerazione della loro collocazione, sfruttassero le acque della Roggia della Valciasca e della Roggia Nuova o Roggia del Patéco che entrambe sfociano nel Lago di Varese.
Poiché ai nostri tempi nessuna delle tre ruote è sopravvissuta ai danni del tempo e all’incuria dell’uomo, viene spontaneo immaginarle immerse nelle acque delle due rogge. In effetti le cose non stavano in questi termini e, per capirlo, basterebbe considerare che i fabbricati dei mulini in questione sono piuttosto discosti dalle due rogge e, soprattutto, sono edificati ad una quota più alta rispetto a quella dell’acqua.
Due sono infatti i sistemi che sfruttano la forza dell’acqua: quello per trascinamento e quello per caduta.
I tre mulini azzatesi sfruttano il peso dell’acqua che doveva essere fatta cadere sopra la ruota e quindi l’acqua doveva essere prelevata a monte e, attraverso un canale o una condotta con un’adeguata pendenza, portata fino al punto di giusta caduta che si trovava discosto dalla roggia e ad una quota più alta.
Il disegno che segue spiega visivamente i due sistemi e si intuisce che quello a trascinamento richiedeva una grande quantità d’acqua ed era la forza stessa del movimento dell’acqua a determinare la rotazione dell’asse che poi veniva trasmessa ad altri macchinari; mentre quello cosiddetto “a cassetta” sfruttava il peso dell’acqua era più congeniale alla modesta portata d’acqua delle nostre rogge che, in alcuni periodi dell’anno, rimanevano all’asciutto.
Di questo fatto se ne lamentavano i mugnai quando dovevano pagare le tasse e cercavano di tirare acqua al loro mulino che, in questo caso, doveva essere interpretato alla rovescia.



Il sistema “a cassetta” sfrutta dunque il peso dell’acqua e non la sua velocità o spinta. L’acqua viene temporaneamente immagazzinata in piccoli contenitori, le cassette per l’appunto, sulla parte superiore della ruota e svuotate al compimento del semigiro inferiore.
Questo sistema ha un rendimento maggiore rispetto agli altri tipi; non sono necessari grandi volumi d’acqua, ma necessita di un dislivello almeno di poco superiore al diametro della ruota che deve essere di grandi dimensioni, richiede inoltre una tecnologia più raffinata nella regolazione e convogliamento dell’acqua, come pure nella costruzione della ruota.

 

 

I documenti del Cinquecento ci parlano di tre mulini[2] azzatesi. Il Molino della Valciasca che sfruttava l’acqua della Roggia omonima; il Molino di Cesare e il Molino di Rocco che sfruttavano l’acqua della Roggia Nuova o Roggia del Patéco.
Il cosiddetto Elenco del vicini del 1573 al 55° posto elenca una famiglia composta da una sola donna, certa Giovannina Del Molino, di anni 30 non cresimata in cui Del Molino non sta a rappresentare il cognome, ma bensì il luogo dove essa viveva, ossia presso il mulino del signor Gio. Pietro Bossi.
Ancora non abbiamo stabilito se il mulino di Gio. Pietro Bossi fosse uno dei tre appena ricordati o se si trattasse di un quarto mulino.

 

 


MOLINO DELLA VALCIASCA

La Tavola del nuovo estimo (detta anche Tavola censuaria) del Comune di Azzate, Pieve di Varese, Ducato di Milano del 1732 distingue i seguenti tre mappali che costituiscono la cosiddetta Cascina Valciasca o Molino Inferiore e Molino Superiore della Valciasca che confinano con la Roggia della Valciasca che, per buona parte, segna il confine con il territorio di Buguggiate e, poco prima di sfociare nel Lago di Varese, scorre interamente in quel territorio.
I due mulini veri e propri non sappiamo quando furono costruiti, ma sicuramente erano molto antichi poiché erano indispensabili per la macinazione dei cereali.
Erano immersi in un paesaggio tipicamente agreste formato da una non molto estesa depressione del terreno al centro della quale scorreva la Roggia della Valciasca.
Nel Settecento il mappale n. 226 viene descritto come pascolo di prima stazione di pertiche 8.03 all’interno del quale vi è il cosiddetto Molino inferiore e in più si descrive il mappale n. 226 ½ di tavole 8, quindi di modeste dimensioni, che corrisponde al Molino superiore.
Entrambi i mappali sono di proprietà di Francesco Isella che li ha concessi a livelli (oggi diremmo affittati) ad Antonio Vasellati.
La comparsa del mugnaio della Valciasca Antonio Vasellati figlio di Stefano di Foiolo è del tutto occasionale ad Azzate e non si sa per quale motivo Francesco Isella nel 1722 gli abbia dato in affitto il suo mulino con due ruote per il prezzo di lire 51.
E’ lo stesso Vasellati che in occasione delle informazioni raccolte a corredo del catasto di Maria Teresa rilascia questa dichiarazione: "Ho 47 anni. Abito in Azzate e sono 16 anni che faccio il molinaro in un mulino di due ruote che tengo a livello  dal signor Francesco Isella, dal quale dedotto il fitto livellario di lire 51 ricavo sacchi 3 di mistura annualmente".
Era un povero mugnaio che non sapeva leggere né scrivere e probabilmente faceva anche fatica a sopravvivere, considerato che dal suo lavoro riusciva a ricavare soltanto tre sacchi di mistura all’anno.
Il 4 febbraio 1706 aveva sposato Anna Maria Soncini figlia di Antonio e dalla loro unione era nata soltanto una femmina, Atonia Ottavina, che l’8 febbraio 1728 aveva sposato Francesco Tesorini figlio di Ambrogio di Bizzozero.
Era evidente che la dinastia dei Vasellati non poteva continuare l’attività di mugnai della Valciasca e miglior sorte non toccò nemmeno al proprietario dei mulini Francesco Isella che di lì a poco fu costretto a vendere.
Il legame della famiglia Isella con la nobile famiglia Bossi scaturisce da molte circostanze e il fatto che nel 1732 Francesco Isella fu Carlo fosse proprietario dei terreni della Valciasca ci spinge a ritenere che anteriormente quei terreni fossero di proprietà Bossi e pervenuti nella famiglia Isella per ragione di matrimonio.
Alla scadenza del livello questi beni vennero acquistati dai fratelli Perabò e il Molino inferiore venne distinto con il mappale n. 226-1 e descritto come casa con mulino ad una ruota.
I fratelli Perabò appartenevano ad una antica e nobile famiglia di Varese poi trapiantata a Gazzada dove possedevano la stupenda villa meglio conosciuta ai nostri giorni come Villa Gagnola.
E’ probabile che i fratelli Perabò, in funzione del loro incarico nella pubblica amministrazione del Ducato di Milano, siano venuti a conoscenza di difficoltà economiche di Francesco Isella e abbiamo deciso di riscattare i suoi mulini e i terreni annessi ai fabbricati che possiamo riassumere in questo modo:

- mappale n. 225 che viene descritto come bosco con roveri di cima di prima stazione
  di pertiche 10.16 di proprietà di Francesco Isella poi dei fratelli d. sindaco generale Giuseppe
  e segretario Gabrio Perabò fu d. Giovanni;
- mappale n. 226 che viene descritto come pascolo di prima stazione di pertiche 8.3 di
  proprietà di Francesco Isella livellato ad Antonio Vasellati poi dei fratelli d. sindaco generale
  Giuseppe e segretario Gabrio Perabò fu d. Giovanni;
- mappale n. 226 ½  che viene descritto come mulino di tavole 8 di proprietà di Francesco
  Isella livellato ad Antonio Vasellati;
- mappale n. 903 che viene descritto come casa con mulino ad una sola ruota in mappa al
  n. 226-1, compreso altro mulino di proprietà dei fratelli d. sindaco generale Giuseppe e
  segretario Gabrio Perabò fu d. Giovanni.

Passano così alcuni anni e nel frattempo viene varato un nuovo catasto che prende il nome di Cessato Catasto Lombardo e al Mulino della Valciasca si è insediata una nuova famiglia, quella di Amabile Triacca e dei suoi fratelli fu Agostino[3] che provenivano da Morosolo e sono i progenitori  dei sarti Triacca.
Giovanni Triacca  fu Agostino succede per divisione seguita fra loro come risulta da istrumento del 12 agosto 1822 del notaio Giuseppe Baroffio residente in Varese[4].
I mappali sono: porzione del n. 225 di pertiche 5.15; porzione del n. 226/1 di pertiche 4.2; porzione del n. 903 di pertiche 0.6 per un totale di pertiche 9.23
Ad Amabile Triacca fu Agostino tocca un’altra porzione così costituita: porzione del n. 225 di pertiche 5.1; porzione del n. 226/1 di pertiche 3.22; porzione del n. 903 di pertiche 0.5 per un totale di pertiche 9.4

Voltura n. 338. Triacca Amabile fu Agostino e Tibiletti Maria fu Giuseppe jugali livellari a Pestoni Anna Maria per cessione del diretto dominio con istrumento 1° ottobre 1833 n. 4572 rogato dal notaio Domenico Pasetti di Varese, passa a Triacca Amabile q. Agostino e Tibiletti Maria q. Giuseppe livellari a Galli Giacomo fu Pietro. Tutta la partita di pertiche 19.3 scudi 231.-.6
Voltura n. 339. Triacca Amabile fu Agostino e Tibiletti Maria fu Giuseppe livellari a Galli Giacomo fu Pietro per acquisto come da istrumento 7 gennaio 1840 n. 6218 rogato dal notaio Domenico Pasetti di Varese, passa a Triacca Amabile fu Agostino e Tibiletti Maria fu Giuseppe livellari a Camagni dottor fisico Gerolamo fu Gio. Battista. Mappali n. 225 di pertiche 10.16 scudi 37.1.-, 226/1 di pertiche 8.- scudi 16.- e 903 di pertiche -.11 scudi 177.4.6 per un totale di pertiche 19.3 scudi 231.-.6

Per quanto detto fino a questo punto bisogna precisare che la famiglia triaca non è proprietaria dei mulini e dei terreni ma è soltanto livellaria, ossia affittuaria, di altre persone che nello specifico sono Anna Maria Pestoni, Giacomo Galli fu Pietro e Gerolamo Camagni fu Gio. Battista.
Il 4 luglio 1839 viene redatto un istrumento di ratifica che chiarisce la vendita fatta, come risulta da istrumento rogato dal notaio di Milano d. Carlo Lucini  il 18 aprile 1839 tutta la partita catastale di pertiche 29.18 censita scudi 218.2.2  corrispondente ai mulini della Valciasca con i terreni annessi viene venduta da d. Camillo Perabò fu Giuseppe al duca Lodovico Melzi conte d’Eril figlio del duca Gio. Francesco[5].
L’11 marzo 1850 per istrumento n. 1733 rogato dal notaio di Milano Achille Marocco la stessa partita intestata come sopra al foglio n. 80 viene rivenduta al presidente d. Giuseppe Cagnola fu Giovanni[6].

Partita n. 37 del Catasto urbano.
Triacca Giuseppe, Davide, Carlo, Martino e Paolo Filippo fu Annibale ed Amabile fu Agostino. Via Valciasca n. 98. Casa con torchio d’olio e molino. Piani 2 vani 4. Mappale n. 738[7] e 745[8].

Partita n. 50.
Dalla partita n. 37. Triacca Paolo fu Amabile. Valciasca n. 98. Casa con molino. Piani 1 vani 1. Mappale n. 738/1. Come da certificato 24 maggio 1903 emesso dall’Ufficio Registro di Varese passa a Triacca Claudio fu Paolo alla partita n. 218.

Partita n. 51.
Dalla partita n. 37. Triacca Giuseppe fu Amabile. Via Valciasca n. 98. Casa con molino. Piani 1 vani 1. Mappale n. 738/1. Per certificato di successione 29 agosto 1904 dell’Ufficio Registro di Varese passa a Triacca Alessandro ed Agostino fu Giuseppe alla partita n. 231.

Partita n. 52.
Dalla partita n. 37. Triacca Davide fu Amabile. Via Valciasca n. 98. Casa. Piani 2 vani 2. Mappale n. 745/a. Per certificato di denunciata successione 30 luglio 1880 dell’Ufficio registro di Varese passa a Triacca Luigi, Emilio. Amalia, Rosa e Luigia fu Davide proprietari e Montalbetti Marianna fu Francesco vedova Triacca usufruttuaria in parte alla partita n. 74.


Partita n. 64.
Triacca Carlo q. Amabile. Via Valciasca n. 98. Torchio da olio. Piani 1 vani 1. Mappale n. 745/a poi 1278.

Partita n. 65.
Triacca Amabile fu Agostino. Via Valciasca n. 98. Molino piani 1 vani 1. Mappale n. 738/3.

Partita n. 74.
Dalla partita n. 52. Valciasca n. 98 Torchio d’olio porzione di casa piani 2 vani 3. Mappale n. 745/a per successione 2 agosto 1880 a Triacca Luigi, Emilio, Amalia, Rosa e Luigi fratelli e sorelle fu Davide proprietari e Montalbetti Marianna fu Francesco vedova Triacca usufruttuaria in parte.
Per vendita 31 dicembre 1881 passa agli stessi con esclusione di Luigi alla partita n. 79.
La partita n. 79 lo nomina ai Molini di Cesare (poi corretto in Molino alla Valciasca) 86. Casa del Mugnaio con torchio da olio piani 2 vani 4 mappale n. 745 che per cessione 22 gennaio 1883 passa ai contro scritti meno Triacca Amalia alla partita n.  83. da qui passa alla partita n. 128 intestata a Triacca Emilio, Amalia, Rosa e Luigia fratello e sorelle fu Davide proprietari e Bottelli Luigi fu salvatore usufruttuario in parte.
Il 23 agosto 1911 per cambiamento di destinazione del locale del torchio passa a Triacca Emilio e Luigia.

Dal foglio n. 302 del registro della Popolazione di Azzate rileviamo che la famiglia Triaca abitava al Mulino della Valciasca n. 98.
Dal foglio n. 301 dello stesso registro si rileva che la famiglia Triaca abbandona la Valciasca e si trasferisce alla cosiddetta Crosa poi trasformato in Via Garibaldi n. 13.







|----------|--------------------|----------------------------------|----------|--------|
| Mappale | Descrizione            | Proprietario                               |  Pertiche | Valore |
|               |                              |                                                   |               |  scudi   |
|----------|--------------------|----------------------------------|----------|---------|
|   225      | Bosco forte           | Perabò dott. sindaco generale      | 10.16    |  37.2.0  |
|               |                              | Giuseppe e segretario Gabrio       |              |              |
|               |                              | q. d. Giovanni                              |              |              |
|----------|--------------------|-----------------------------------|---------|---------|
|   226-1   | Pascolo                 | Suddetti                                       |   0. 8    |  16.0.0  |
|----------|--------------------|-----------------------------------|---------|---------|
|   226-2   | Sito di casa           | Trasportato al n. 903                    |             |              |
|----------|--------------------|-----------------------------------|---------|---------|
|   226-1/2| Sito di mulino        | Trasportato al n. 903                    |             |             |
|----------|--------------------|-----------------------------------|---------|---------|
|   903      | Casa con mulino d'una sola ruota in mappa al              |              |             |
|               | n. 226-1/2 compreso altro mulino di pertiche 3, parte  |             |              |
|               | del n. 226 d'affitto.                                                      |   0.11   |     6.1.1 |                          
|               | E più per fitto compreso di pertiche 8 del n. 226          |             |              |
|               | ed il n. 225 lire 180, delle quali fatte tutte le de-           |             |              |
|               | duzioni e dedotto il valore del perticato dei suddet-      |             |              |
|               | ti mulini e del detto pezzo                                             |             | 171.3.5 |


 
  
         Il rio della Valciasca o roggia Nuova.                                          La cascina Valciasca.



           La cascina Valciasca o Molino inferiore.
  
 L’affresco dell’Immacolata Concezione.           La fontana della Valciasca in abbandono e senza acqua.
























MOLINO MOLINELLO
                                                                                         Pertiche    Valore
|----|-------------------------|----------------------------|--------|-------------|
|908| Casa con mulino di due | Martignoni Giulio, fratelli e |   0.15   |       8.2.5    |
|      | ruote di macina ed al-    | consorti f. Francesco, livel-|             |                  |
|      | tra di pestare in mappa   | lari della Collegiata di S.    |             |                  |
|      | al n. 78-1/2 ed anche     | Vittore di Varese               |             |                  |
|      | l'orto al n. 78                 |                                          |             |                  |
|      | E più per livello com-    |                                           |             |                  |
|      | preso i pezzi ai numeri   |                                           |             |                  |
|      | 76,77,78,80,81 e 82    |                                            |             |                 |
|      | dalle quali fatte tutte      |                                            |             |                 |
|      | le deduzioni e dedotto   |                                            |             |                 |
|      | anche il valore del         |                                            |             |                 |
|      | perticato della suddet-  |                                            |             |                 |
|      | ta casa con mulino dei   |                                            |             |                 |
|      | suddetti pezzi                |                                            |             |    82.5.3   |
|----|-------------------------|-----------------------------|---------|-----------|
|909| Casa con mulino d'una   | Suddetti                              |   0.12   |     6.4.4    |
|      | ruota d'affitto in map-    |                                            |             |                 |
|      | pa al n. 83                     |                                           |             |                 |
|      | E più per fitto compre-  |                                            |             |                 |
|      | so il pezzo al n. 84,        |                                           |             |                 |
|      | dalle quali fatte tutte       |                                           |             |                 |
|      | le deduzioni e dedotto    |                                           |            |                 |
|      | il valore perticato del      |                                           |            |                 |
|      | suddetto mulino e del     |                                           |            |                 |
|      | suddetto pezzo               |                                          |             |    23.1.4   |
|----|--------------------------|----------------------------|--------|------------|
|910| Casa con mulino ....  (da copiare)






[1] Estratto da: Il paese di antico regime: Cocquio e Trevisago, Amerigo Giorgetti, Grafica Varese Edizioni, 2000.

[2] Allora si preferiva la dizione molino.
[3] Foglio n. 104.
[4] Vedi voltura n. 53 dell’11 novembre 1822.
[5] Vedi voltura n. 186 che proviene dal foglio n. 95.
[6] Vedi voltura n. 261.
[7] Molino della Valciasca Inferiore.
[8] Molino della Valciasca Superiore.

Nessun commento:

Posta un commento