domenica 3 novembre 2013

Lettere di Francesco Bossi al cardinale Carlo Borromeo - prima parte

Azzate. Facciata di Villa Borsa. Probabile ritratto di Francesco Bossi.


Quando mi sono avvicinato per la prima volta alla figura del vescovo Francesco Bossi, uno dei più significativi personaggi della nobile famiglia, ho raccolto di lui quelle nozioni che si trovano solitamente nelle enciclopedie. Un passo più avanti mi portò il Dizionario biografico degli italiani ma, ancora, non ero entrato nel personaggio e fu decisivo scoprire nel sito della Biblioteca Ambrosiana di Milano l’epistolario che il vescovo intrattenne con il cardinale Carlo Borromeo.
Attraverso la lettura di quelle lettere, scritte dal 1560 al 1584, anno della sua morte, e spedite dalle varie sedi occupate nei suoi molteplici incarichi al servizio della Santa Sede, si scopre la vera natura di Francesco Bossi. La nobile famiglia Bossi ottenne tanti favori dal cardinale Carlo Borromeo.

1565, 1° settembre. Scortato da cento cavalieri e accompagnato da settanta carri stracolmi di mobilia, argenteria e tesori d'ogni genere, il Borromeo parte da Roma per prendere possesso, come legato pontificio a latere, dell'arcidiocesi di Milano. Ma la giurisdizione del Cardinal nepote si estende ben oltre la Lombardia, comprendendo la Svizzera cattolica (anche transalpina) e le terre di Novara, Vercelli, Acqui, Asti, Alba, Savona e Ventimiglia. Il suo potere è comunque ancor
più vasto, essendo Carlo in sostanza Vicepapa grazie al titolo di Vicarius spiritualis per tutta l'Italia.



Il cardinale Carlo Borromeo in qualità di metropolita aveva potestà sopra i vescovi suoi suffraganei e questo spiega la particolare sudditanza che Francesco Bossi aveva nei suoi confronti e che, per una particolare forma di amicizia e legame, aveva sempre intrattenuto anche quando era fuori dalla diocesi ambrosiana.

Solo attraverso quello che racconta al cardinale veniamo a sapere negli ultimi anni della sua vita della sua salute malferma che non gli impedì, tuttavia, di continuare a visitare la sua diocesi e altre città fuori di essa.
Già nel 1581 dichiarava la sua malferma salute durante il viaggio per recarsi alla visita di Bobbio e fu costretto a fermarsi presso il vescovo di Pavia per riprendere le forze.
“Si degni tener di me memoria nelle sue sante orazioni” scrive molto spesso al cardinale.
 Francesco Bossi da tutte le sedi vescovili si sottoscrive con il solo suo nome di battesimo anteponendo l’aggettivo di umilissimo e obbligatissimo servitore del cardinale Carlo Borromeo e con l’apposizione di vescovo delle varie diocesi.

Francesco Bossi dimostra sempre una profonda sottomissione nei confronti del cardinale Carlo Borromeo ma, quando il caso lo richiede, essendo ben consapevole dei privilegi che gli derivano dalla sua carica e dall’appartenere ad una antica e nobile famiglia, non esita a richiedere al porporato favori per sé e per i suoi familiari ma anche per i suoi amici e per i suoi diocesani, al fine di ottenere, come lui stesso afferma, il miglior servizio di Dio e della sua chiesa.

Francesco Bossi sa perfettamente della grande considerazione in cui il papa Pio IV tiene il nipote Carlo Borromeo e perciò il 30 ottobre 1560 da Milano fa istanza al porporato per essere nominato luogotenente dell’auditore della Camera Apostolica (di cui egli è reggente) e potersi con lui ricongiungere a Roma con una carica di qualche importanza. Anche se ribadisce di avanzare questa richiesta non per suo vantaggio personale ma per essergli vicino e potergli quindi prestare i suoi servizi, non c’è dubbio che Francesco Bossi sta iniziando la sua scalata nella carriera ecclesiastica.

Nel 1565 ci si appresta a ricevere a Bologna (allora nello Stato della Chiesa) la principessa d’Asburgo. Poiché in città saranno presenti molte personalità di riguardo, oltre lo stesso cardinale Carlo Borromeo, Francesco Bossi, che ha in mano il governo della città, si prende cura di organizzare i ricevimenti e perciò supplica il porporato di inviargli da Roma i canditi, le argenterie e le altre cose concordate (che non conosciamo) per ricevere degnamente gli ospiti e il loro seguito in città.

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