domenica 3 novembre 2013

Lettere di Francesco Bossi al cardinale Carlo Borromeo - seconda parte

Milano, 10 luglio 1560[2]

Illustrissimo e reverendissimo signore mio osservandissimo.
Ho ricevuto la lettera di V.S. illustrissima nella quale mi scrive che la cosa mia
è ispedita e che non ha mancato perché servisse a mio volere e che
non mancare anche in ogni altra cosa dove mi possi giovare, da che
con tutto lo cuore io la ringrazio, e gliene resto con quell’obbligo
che si possa migliore, riconoscendo da lei se dal favor suo questa
mercede che mi ha fatto Nostro Signore, e da molto più tenendomi nel
vedere ch’io sia nella buona grazia di V.S. illustrissima che non farsi
siccome va crescendo ognora in me la devozione ai servizi
ch’io le porto, così parimenti debba in lei crescere più di
continuo  la buona volontà che mi tiene  della quale a me si abbiano
a venire ogni giorno frutti maggiori, e con questa confidenza
non lascerò di supplicare V.S. illustrissima ch’appresso a tanti favori che
m’ha fatto voglia degnarsi d’aggiungere anche questo d’impetrare
da Nostro Signore che con l’advocazione concistoriale voglia anche farmi
grazia dell’advocazione fiscale ovvero dell’ufficio di luogotenente
non troppo inferiore a quel di Rota ch’ha avuto  l’oratore del
collegio. Il che non ardirei di ricercare a V.S. illustrissima se la
grandezza dell’animo suo non me ne assicurasse, con la quale so
che più si diletta di giovar altrui, ch’altri non fa d’essere
beneficato da lei, e s’anco io non sapesse ch’a niun altro debbo
servirla. Restami ora il pregar umilmente V.S. illustrissima che si degni
quando le parrà opportuno ringraziare Sua Santità di questo grado
a me dato, e dirgli che ben poteva collocarlo in persona di
maggior valore ma non già che le sia o più antico o più devoto
servitore di me, e ch’io spero di portarmi in modo che non
abbia a pentirsi  giammai o di questa o di alcun altra mercede
che mi faceva. V.S. illustrissima mi perdoni poi il troppo fastidio ch’io le
do e m’incolpi prima la sua molta cortesia che mi invita a ciò
fare, che di poi la gran voglia che ho di poter venire tosto a
quella corte e con anche il grado presentaneo servirla col
quale si veda che la non mi tenghi …. caro servidor suo
e io mi sforzerò di far ch’ella conosca di non aver male
dispensato il favor suo a beneficio mio con che facendo
fine. Bacio umilmente la mano a V.S. illustrissima e la prego e le
desidero ogni contentezza e felicità mercoledì 10 dia
luglio 1560 Milano
Di V.S. illustrissima e reverendissima
affettuosissimo e umilissimo servitore
Francesco Bossi

Francesco Bossi scrive al cardinale Carlo Borromeo, reggente della Camera Apostolica di Pio IV, per ringraziarlo dei favori che gli ha concesso.
Milano 30 ottobre 1560[3]

Illustrissimo e reverendissimo mio sempre osservandissimo.

Sapendo io quanto sia grande la cortesia e grandezza d’animo
di V.S. illustrissima e la buona volontà che tiene verso di me
non posso far che di presente non la supplico ad aver
memoria dell’infinita osservanza e servitù ch’io le porto
e ad impetrarmi la Nostro Signore l’ufficio di luogotenente
dell’Auditore della Camera poiché a Sua Santità è  premiato

piaciuto di provveder d’esso luogo d’Auditore. E
sappia V.S. illustrissima ch’io non tanto desidero questo grado per
le qualità sue quanto per aver occasione di venir costì
e d’affaticarmi e di servirla in alcuna cosa dove
possa mostrare la molta devozione dell’animo mio verso di
lei, ma non mi parrebbe conveniente il venirci senza aver
di presente alcun grado di onore, già che stato le sono
ambasciatore della città nostra, dove quello del collegio
è stato tanto onoratamente, si che questa
differenza avuta sin qui da Nostro Signore fa anche credere
a molti che sia nata piuttosto dalla diversità dei portamenti
nostri che d’altro, la qual cosa non può far che non mi
porti molto dispiacere. Però a V.S. illustrissima sta il levar questo
dubbio dall’animo delle genti con l’ottenermi questo grado di
luogotenente, o qualche altro onorato ufficio, nel che ella
farà insieme opera degna della grandezza dell’animo
suo e della servitù che ha lei porto, e delle speranze
ch’io ho riposto in lei e io non gliene sarò punto
ingrato, anzi sforzerommi di fare ch’ella ….
Conosca di non aver indegna parte …
La grazia in favor suo. E con questo fine di V.S. Illustrissima
bacio umilmente la mano, e prego Nostro Signore Dio le doni
quella felicità che più desidera.
Mercoledì 30 ottobre 1560
Di V.S. illustrissima e reverendissima
affezionatissimo e umilissimo servitore
Francesco Bossi

Francesco Bossi chiede al cardinale Carlo Borromeo di essere nominato da Sua Santità luogotenente dell’ auditore della Camera Apostolica[4] per essergli  vicino a Roma e potergli così offrire i suoi servizi.



Milano 6 agosto 1561[5]

(di difficile lettura)




Milano 21 ottobre 1561[6]

Illustrissimo e reverendissimo signor Cardinale.


Con il signor Gio. Battista della Castellana è venuto qua
a Roma messer Francesco Gallia il quale per essere
persona …. e di assai …. e uomo dabbene
come è dimostrato nella Podesteria di Palestro[7] e
molto …. all’illustrissimo signor conte Dioniggio e per la
servitù tengo a V.S. illustrissima la supplico nelle sue
occorrenze in tenerne conto e fare capitale di lui
perché è persona di onore e questa mia non è per altro
salvo che baciandole le mani da buon servitore mi
raccomando.
Da Milano 21 ottobre 1561
Devoto servitore di V. S. illustrissima
Sacerdote Francesco Bossi

Il sacerdote Francesco Bossi scrive al cardinale Carlo Borromeo per raccomandargli Francesco Gallia che si è messo in evidenza nella Podesteria di Palestro.


Milano 1 giugno 1562
(Non visibile)


Milano 9 dicembre 1562[8]

Illustrissimo e reverendissimo signor Cardinale.


Il signor Gio. Angelo Rizzi segretario già per anni 40
e più del Collegio Segreto e persona bene
qualificato sì di dottrina quanto di probità, e conosciuta
da Sua Santità e amata e il quale è sempre
stato debito al servizio della casa di V.S. illustrissima
come io ne posso far fede per
una gran tramaglia ebbe il signor conte Giovanni
nell’anno 1534. Unendo l’illustrissimo signor duca Francesco[9]
e più ancora ai giorni passati senza alcun
premio ma con zelo d’amor autentico, il privilegio
del marchesato di Romagnano quale era appresso
di S.S. esso per una sua qua allegata prega
V.S. illustrissima a concedere a un suo la prepositura
del luogo di Cesseno come quella per la sua
intenderà. Per la qual cosa ancor io per
le ragioni predette la supplico a non voler
denegar la sua domanda, e quella aumenterà
verso di lei maggior servitù tanto del prefato signor
Gio. Angelo quanto mia. Non altro salvo che
baciandole le mani mi raccomando.
Da Milano 9 dicembre 1562
Di Vostra illustrissima reverendissima signoria
servitore Francesco Bossi.

Francesco Bossi supplica il cardinale Carlo Borromeo di concedere a Gio. Angelo Rizzi, segretario per 40 anni del Consiglio Segreto del duca Francesco II Sforza, la prepositura di Cesseno.


Perugia 6 ottobre 1564[10]

Illustrissimo reverendissimo signore e padrone mio colendissimo[11].

Ho preso informazione sopra quanto si contiene nel memoriale sporto per parte del
Collegio dei Preti di Gesù[12] di questa città, che V.S. illustrissima mi mandò questi giorni
passati, e gliela mando ora secondo l’ordine suo insieme con questa per la quale,
e per il disegno che intorno a ciò parimente le mando, potrà vedere che la
cosa  è di poca importanza, e che il sito, che domandano detti preti contiguo
alla chiesa da loro nuovamente incominciata, così resta perso, e non serve
a cosa alcuna. Però crederei che Nostro Signore e V.S. illustrissima potessero concedere
questa grazia, la quale oltre che tornerebbe molto utile alla chiesa
de suddetti preti, sarebbe ancora ornamento della città, e senza danno
e pregiudizio altrui, atteso massimamente che tutti i vicini se
se ne contentano, come potrà vedere per l’inclusa lista. Le bacio
umilmente le mani e me la raccomando in grazia.
Di Perugia 6 ottobre 1564.
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi


Francesco Bossi supplica in cardinale Carlo Borromeo di concedere l’ampliamento della chiesa della Compagnia di Gesù di Perugia che non porta pregiudizio ad alcuno ed anzi sarebbe di abbellimento alla città.
Bologna 14 novembre 1565[13]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Ieri sera giunsi qui in Bologna, e oggi monsignor illustrissimo Crassi[14] è
partito per Roma. Io non mancherà d’attendere tutte le cose
che saranno bisogno per conto della giustizia, e di tutto il
governo della città e particolarmente all’apparecchio che conviene
per ricevere onoratamente la signora principessa, V.S. illustrissima e
gli altri che saranno con loro, e spero che il tutto riuscirà
bene e con onore, e che la città farà il debito come deve, e
si risolverà a far buona parte della spesa, di che meglio
le ne darò avviso per quest’altro ordinario, perché oggi ho
atteso a disporre le materie, ma non ho ben risolute le cose
perché li quaranta non si sono potuti congregare, essendone
molti fuori della città, pare (come ho detto), spero che V.S. illustrissima
resterà ben soddisfatta di tutto quello che desidera in questa
parte. Sarà necessario mandar li fornimenti di velluto per
le due stanze, come già disegnò di fare, perché qua non
se ne trovano. E le bacio umilmente le mani e me le raccomando
in grazia.
Di Bologna lì 14 novembre 1565
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi

Francesco Bossi ha dato il cambio al cardinale di Bologna  Francesco Grassi che si è recato a Roma. Supplica il cardinale Carlo Borromeo di inviargli da Roma il velluto occorrente ad addobbare le due stanze per la principessa d’Asburgo che sarà ricevuta a Bologna alla presenza dello stesso cardinale e di altre personalità.

Bologna 17 novembre 1565[15]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Le cose in questa città passano quietissime. Io attendo all’ufficio
mio, e insieme a quanto bisogna per ricevere onoratamente
la signora principessa e V.S. illustrissima. Questa città ha preso carico di
far accomodare le strade entro e fuori, di far uscir uno
onesto numero di giovani che abbiano ad incontrare e a
servire questa signora, di far alloggiare tutti i personaggi, e
gentiluomini d’importanza, e dove alloggeranno si farà
loro le spese da padroni delle case, benché io credo che oltre la
signora principessa, e gli illustrissimi cardinali, e altri principi
(se ci saranno) potranno in questo palazzo alloggiare assai
comodamente tutte le dame, e anche molti altri gentiluomini, e
che gli alloggiamenti tutti saranno assai onorevolmente e ben
accomodati, al che non manco con tutta li diligenza che
posso provvedere di tutto quelle che conviene.
Supplico bene V.S. illustrissima che quanto prima potrà resti
servita farmi intendere il giorno che pensa d’arrivare in
questa città, e se disegnerà alloggiare la mattina, oppure
la sera a S. Giovanni, dov’è necessario far una passata prima
s’arrivi in Bologna, e se pensa s’abbia a venire in giorno
che si mangia di magro. In ogni caso io farò provvisione, e per
dormire a S. Giovanni, e de pesci di mare, e altro che sia
bisogno se si mangerà di magro, ma (come ho detto) tornerà
molto a proposito il sapere la contezza di tutto. Aspetto che
V.S. illustrissima facci mandare dei canditi, gli argenti, e l’altre
cose che disse di voler mandare. E le bacio umilmente
le mani, e in grazia me le raccomando.
Di Bologna lì  17 novembre 1565
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi



P.S. - Sarebbe molto a proposito se la venuta in questo contado fosse
domenica che è allì 2 di dicembre ovvero lunedì o almeno sabato
perché sarebbe di troppo pregiudizio se giungessero il venerdì
per la difficoltà che è di ….. una quantità di pezze come la
V.S. illustrissima pure si procurerà di supplire all’assegno …
il giorno dell’arrivo qualche poco avanti.

Francesco Bossi presiede ai preparativi per riceve a Bologna la principessa d’Asburgo e il cardinale Carlo Borromeo.

Bologna 27 novembre 1565[16]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone colendissimo

A quest’ora che è già notte non è ancor comparsa risoluzione alcuna
dall’eccellentissimo signor duca[17] circa l’andare a Castelfranco, o a
S. Giovanni in modo ch’io sto tutto sospeso perché il tempo si va avvicinando
e non si possono fare tutte quelle provvisioni che bisognerebbero
sebbene ch’io (come già ho scritto a V.S. illustrissima) ho incamminato la maggior
parte delle cose a Castelfranco. Ora io desidererei di sapere da
V.S. illustrissima se vuole che si facciano delle armi del signor principe di Firenze[18]
o no, da mettere sopra gli archi sopra le porte, e in altri luoghi
perché intendo che a Trento non c’erano se non quella della serenissima
signora principessa[19]. Inoltre supplico V.S. illustrissima resti servita di
comandare sin dove vuole ch’io venghi ad incontrarla, perché
da un canto mi pare essere mio debito di venire sino al confine
del bolognese poi ch’ella è andata sin a Trento, che è legato
e padrone mio, dall’altra parte io ho considerato che se mi
porto di qua, le provvisioni andranno più lente, e farsi non
così bene, come se io vi resto sin al fine, oltre che mi bisognerebbe
venire con buona compagnia per onore di V.S. illustrissima,
di questa città, e del luogo ch’io tengo, il che potrebbe portar
impedimento agli alloggiamenti, e causa qualche altro
disturbo, però come ho detto desidero che V.S. illustrissima si degni
comandare quanto vuole che si faccia, e parendole ch’io resti
manderà messer Monte, e se V.S. illustrissima così vorrà, due del
reggimento al incontrarla al confine, e io verrò poi con
la maggior parte della nobiltà un poco fuori della porta,
ossia dove a lei piacerà, ma (come ho detto) starò aspettando
quello che le piacerà meglio di comandarmi, per eseguirlo
compitamente come conviene. E le bacio umilmente le mani
e in grazia me le raccomando.
Di Bologna lì 27 novembre 1565
Di V.S. illustrissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.

Poiché il cardinale Carlo Borromeo si è preso l’incomodo di andare a Trento a ricevere Giovanna d’Asburgo, arciduchessa d’Austria, promessa sposa del granduca di Toscana Francesco I de’ Medici, figlio di Cosimo I de’Medici, Francesco Bossi chiede al porporato se è sufficiente che lui si rechi a ricevere la medesima al confine del bolognese, tenendo però presente che la sua dipartita da Bologna gli creerà dei ritardi nell’organizzazione dei festeggiamento che sta predisponendo in città.


Bologna 27 novembre 1565[20]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

In questo punto che sono due ore di notte ho ricevuto la lettera di
V.S. illustrissima data da Villafranca allì 26 alla quale non
m’occorre altro che dire  per risposta, se non ch’io starò già in
Bologna, e verrò poi ad incontrarla con tutta la nobiltà della
Città in tutta quella miglior forma che si potrà, e così parendo
a V.S. illustrissima manderà messer Monte, ovvero due del reggimento, o
tutti tre insieme, secondo che a lei più piacerà.
Manderò subito a S. Giovanni a far le provvisioni per ricevere
quelli che si manderanno avanti. Avrei ben desiderato saper
il numero pressa poco per poter far l’apparecchio che conviene,
però non si mancherà di stare all’ordine a S. Giovanni per ricevere
comodamente tutti quelli che verranno e parimente si starà
preparato per ricevere la serenissima signora principessa a Castelfranco
se ci verrà. Non mancherò di mettere all’ordine musica
con qualche buon concerto, e tale che possa soddisfare. Il trattenimento
del giorno che la signora principessa starà in Bologna volendo uscire
di casa la mattina, parmi che non possa essere altro, che
l’andare a S. Domenico dove ci è l’arca e la testa di quel
gloriosissimo santo, e vi si andrà per strade principali e
volendo uscir dopo desinare, potrebbe andare a sollazzo per la
città, e anche smontare al giardino del Poeta che è assai bello
e vago sebbene la stagione ci è alquanto contraria, ovvero
alle Monache del Corpo di Cristo, dove ci è quella beata ch’ella sa,
e quando non spiacesse a V.S. illustrissima, si potrebbe far correre
un palio, il che servirebbe per mostrare tutti li cavalieri,
tutte le gentil dame, e tutto il popolo unito della città, quale
essendo numerosissimo non dovrò spiacere a chi lo veda, tutto
posto insieme. Ma volendo star in casa sua altezza se le
darà trattenimento di musica, e fra gli altri ci saranno due
o tre gentil dame che suonano bene e cantano canzoni
francesi e cose latine. E contentandosi V.S. illustrissima che si
corra il palio potrà anche veder correre dalle finestre
di palazzo sotto le quali passerà tutta la nobiltà degli
uomini e delle dame. Insomma si farà tutto quello
che sarà possibile acciò che V.S. illustrissima resti servita. E le
bacio umilmente le mani e me le raccomando in grazia.
Di Bologna lì 27 novembre 1565
Di V.S. illustrissima
umilissimo ed obbligatissimo
Servitore Francesco Bossi

Francesco Bossi propone al cardinale Carlo Borromeo alcune manifestazione che potrebbero fare da contorno ai ricevimenti allestiti in Bologna per l’arrivo di Giovanna d’Asburgo, come per esempio u n palio.


Bologna 28 novembre 1565
(Non disponibile)


Bologna 7 dicembre 1565[21]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone colendissimo.

Ho visto quanto V.S. illustrissima comanda con la sua del 5 del presente portatami
da monsignor Frumenti[22], e non mancherò d’eseguire con la debita diligenza
quanto in essa si contiene. Ho ammesso al possesso dell’ufficio di reggente
monsignor Frumenti e le mando la patente nel modo che si potrà
segnare, quando così piaccia a V.S. Illustrissima. Le mando parimenti
una lettera che ho avuta monsignor illustrissimo di Altemps[23] nella quale mi
comanda d’ordine di Nostro Signore[24] ch’io venga all’atto effettuale della
revocazione della contea dei Castelli ogni volta che ne sarò richiesto
dai signori Quaranta[25], e se per caso il conte di Polidoro o altri si
dolesse di me per questo fatto, supplico V.S. illustrissima si degni scusarmi
poi ch’io non posso lasciare d’eseguire quanto mi vien ordinato
da Nostro Signore, e piacendole potrà contentarsi di rimandarmi la
suddetta lettera come l’abbia vista. Le mando ancora una copia
delle patenti nel modo che si potrebbero stabilire con i signori duca
di Ferrara[26] e di Firenze[27], e con essa sarà un’altra copia
di quelle che già si fecero col duca Ercole e il cardinale
Del Monte[28], e V.S. illustrissima potrà vedere il tutto, e poi risolversi
come le parrà meglio, e rimandarmele quanto prima, acciò possa
mandarle a messer Monte a Ferrara. Dove sarà domani o l’altro.
Ho cercato le vie per le quali si possano avere danari della Camera
per le spese fatte per la signora Principessa, e trovo che qui a Natale
si potranno recuperare più di tremila scudi nel modo che vedrà
per l’inclusa lista, ma bisognerebbe che il signor tesoriere scrivesse una
lettera a messer Marcantonio dalla Volta tesoriere di Sua Santità qua in Bologna
che sborsasse al Gandolfo[29] depositario della Camera, e di V.S. illustrissima i
cinquecento scudi come primo gli abbia nella mani, e a messer Gio. Antonio
Silvano[30] che voglia fare il medesimo per conto dei danari che si recupereranno
dal vescovato di Bologna e che commetta ad esso Gandolfo
che paghi le suddette spese dei primi denari che gli verranno
in mano della Camera, e a grosso modo si pagherà il tutto senza
alcuna difficoltà e assai presto. Procurerò di mandare quanto
prima le riforme del torrone, del civile, e del regentato, e
assegnerò tutto quello che mi comanda, com’è mio debito di fare.
E a Vostra Signoria illustrissima bacio le mani, e in grazia mi raccomando.
Di Bologna 7 dicembre 1565
Di V. S. illustrissima
umilissimo ed obbligatissimo
servitore Francesco Bossi

Francesco Bossi sta conducendo alcune trattative con Cosimo I de’ Medici e con Alfonso II d’Este ma chiede al cardinale Carlo Borromeo di trovare il modo per recuperare i soldi spesi per i festeggiamenti fatti a Giovanna d’Asburgo.


Bologna 9 dicembre 1565
Non disponibile.







Bologna 11 dicembre 1565[31]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Questa sera è giunta l’infelice nuova della morte di Nostro Signore[32] che sia in
gloria. La quale mi è tanto spiaciuta quanto doveva di ragione
per la perdita universale che ha fatto la cristianità tutta, e
per rispetto di V.S. illustrissima e per la servitù ch’io portava a quel
signore, ma poiché così è piaciuto al Signor Dio conviene darsene
pace, siccome credo ch’ella farà per l’infinita prudenza e
bontà sua. Io subito che inteso questo caso, ho dato
ordine a quelle provvisioni che si sogliono fare a simili tempi,
perché a me sono parse a proposito e userò ogni sorte di diligenza
per mantenere questa città in quiete e pace siccome spero che
mi debba succedere, e al primo avviso che mi verrà di costi, da
V.S. illustrissima o da altri (che pur anche non ho avuto questa mala
nuova se non da corrieri che sono passati di qua per andar più oltre)
saranno quattrocento fanti in questa città, si chiuderà
la metà almeno delle porte d’essa e si pubblicheranno bandi
necessari e soliti a farsi in sede vacante, per come ho detto, non
lascerò di far cosa che mi paia a proposito. E starò aspettando
quello che particolarmente mi vorrà comandare V.S. illustrissima.
Alla quale non ricorderò altro, se non ch’io le sono più di tanti anni
quanti ella sa, e con la medesima fede e devozione la servirò
tutto il rimanente della mia vita e spero nel Signor Dio che le darà
sempre felice fortuna, ma quand’ancora altrimenti avvenisse,
le sarò non di meno quel devoto e obbligato servitore che le sono stato
per il passato, e ella si potrà promettere di me tutto quello
che può uscire dalle mie deboli forze, e di ciò non se ne
troverà ingannata giammai. E le bacio umilmente le mani
e me le raccomando in grazia.
Di Bologna 11 dicembre 1565
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi


Giunge a Bologna la notizia della morte di Papa Pio IV e Francesco Bossi, temendo qualche insurrezione durante la sede vacante, ordina di rinforzare la guarnigione in città e far chiudere metà delle porte delle mura cittadine.

Bologna 12 dicembre 1565[33]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Questa notte passata subito ch’ebbi l’infelice nuova della perdita di
Nostro Signore[34] diedi ordine che venissero qua da cinque a seicento
soldati delle milizie per assicurarsi in questo principio d’ogni
disordine che potesse occorrere, e di già hanno cominciato a venire.
ora andrò pensando se sarà meglio trattenere questi, oppure provvedere
di gente forestiera, perché conviene anche pagare i soldati
della milizia, e la spesa tutta su fa dalla città, quale per mio
giudizio può stare sicura di non essere gravata dal signor Giorgio Lampugnani,
né di caposolli in debiti, né di passatori, né d’altra
spesa superflua, come pare che valga qualche poco dubitando.
E di più non mi par conveniente che in questa città che è di
tanta importanza, ci siano soldati solo del paese quali sono
tutti aderenti con i gentiluomini della città, onde
qualche rumore malamente mi potrei fidar di loro, ….
Pericolo ch’essi stessi non s’accordassero con quelli, che causarono
il tumulto, oltre ch’è sempre stato solito, tanto in
questa città, quanto delle altre in simili casi servirsi sempre di gente
forestiera, la quale è buona contro quelli, che sono di fuori, e
anche contro gli altri che sono dentro la città, il che non avviene
con le genti del paese, che sono per il più sempre interessate con
quelli, che meno bisognerebbe. Però io farò di nuovo ogni diligente
considerazione sopra di questo per risolvermi come sarà
meglio al beneficio e sicurezza di questa città, conferendo
sempre in tutto col signor Giorgio e messer Monte, e procurando
di far capace sempre il reggimento di quanto comporterà il
dovere, e di tutto che seguirà ne darà subito avviso
a V.S. illustrissima, qual supplico, che sia in questo, o in altra cosa le
pare ch’io prenda alcuna altra risoluzione, resti servita
comandarmelo, acciò possa eseguire tutto quello che più sia
conforme alla santa mente di V.S. illustrissima alla quale bacio umilmente
le mani e in grazia mi raccomando.
Di Bologna  12 dicembre 1565
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo ed obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.

Francesco Bossi propone al cardinale Carlo Borromeo di arruolare gente straniera per ingrossare le fila della guarnigione istituita a difesa della città di Bologna, ritenendo che gli stranieri sarebbero meno immanicati con eventuali rivoltosi della città.


Bologna 1565[35]

Illustrissimo e reverendissimo monsignore.

Il dottor Pietro Paolo il quale lesse la instituta a questi S. C. in Perugia a ….
come crede si farà distribuzione di quelli denari del dottor messer Restoro (?) si piega
in questo a V.S. reverendissima gli sia raccomandato, perché è benemerito, e virtuoso,
e non ha avuto timore della sua fatica. Ancora preghiamo tutti a V.S.
in questa medesima distribuzione di dottore Gio. Battista fedele perugino
dottore antico, e certo esempio, e di qui ancora avemmo avuti servizi
fu raccomandato dal S.C. primo qui in Bologna. Questi signori ricominciano
adesso a studiare e non prima per rispetto di un poco di indisposizione che
ebbe il S.C. primo è guarito e si procura, si riducano al solito esercizio
con il fervore, e vita solita, e spero lo faranno se non mancano a che,
e se non pigliano con la troppa libertà della terra al convalescenza.
Nostro Signore Dio tenga sempre V.S. illustrissima di sua grazia e anche
A dar posto conveniente alle sue pecorelle.
Di Bologna … 12.1565


Bologna 9 gennaio 1566[36]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

V.S. illustrissima avrà visto per altre mie lettere come le cose sono passate
qua in tutta questa sede vacante quietissime, quanto si
potesse mai desiderare, intanto che io pensavo a cassar la
maggior parte di quei pochi soldati che furono qua da principio.
Ma ora mi allegro che ne sia cassata ..
con la creazione del nuovo Pontefice, essendo …
la nuova elezione dell’elezione fatta in persona …
illustrissimo e reverendissimo Alessandrino, quale è piaciuta ….
questa città, e a me particolarmente per essere ..
di quella buona e santa vita che si sa, e …
meritamente sperare da Signore Padrone l’esaltazione della
salute universale della cristianità. Ora …
che V.S. illustrissima mi comandi quel che vuole che io faccia, che non
mancherò mai di ubbidirla, e di eseguire ogni ordine suo,
come è mio debito di fare: E le bacio umilmente la mano e
in grazia me la raccomando.
Di Bologna 9 gennaio 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
Umilissimo e obbligatissimo
Servitore Francesco Bossi.

Francesco Bossi si congratula con il cardinale Carlo Borromeo per l’elezione al soglio pontificio di Antonio Ghislieri, alessandrino, con il nome di Pio V.


Bologna 13 gennaio 1566[37]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Venendo così il signor Filippo Ghislieri V.S. illustrissima potrà da
lui intendere particolarmente come le cose siano qua passate
in questa sede vacante, e la quiete in che è stato sin’ora
e si tiene di presente questa città, di che V.S. illustrissima ha molta
ragione di restare contenta, poi che ciò non è più occorso
per il passato, e nasce in buona parte dall’…. E autorità
di lei, che produce questi buoni effetti ancora di lontano.
E perché il signor Filippo Carlo è della casa medesima di Nostro Signore
e parente suo, se io non conoscessi la grandezza dell’animo
di V.S. illustrissima e la bontà che in lei regna, la supplicherei
con questa occasione, a far largo testimone a Sua Santità della
grande modestia, destrezza ed altre buone qualità, che
concorrono in questo gentiluomo, oltre all’essere molto
nobile, ricco e onorato in questa città, le quali cose
lo dovranno di ragione fare molto grato a Sua Beatitudine e
che si compiaccia d’aver un siffatto parente, e che
il mondo lo conosca per tale, ma ciò maggiormente gli donerà
…. se V.S. illustrissima si degnerà fornirlo col testimonio, e autorità
sua, di che ne la supplicherei saldamente, se non mi paresse di
far torto all’uno e all’altro, tanto più che io mi sono mosso a
far quest’ufficio da me stesso e per la buona cognizione che
ho di questo gentiluomo, col saper anche che ella sente di lui,
e non ad istanza sua, che non ne sa cosa alcuna, ne per
qualsivoglia altro rispetto.
E le bacio umilmente le mani
E in grazia me le raccomando
Di Bologna 13 gennaio 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.


Francesco Bossi raccomanda al cardinale Carlo Borromeo il  nobile bolognese Filippo Carlo Ghislieri, parente di Pio V.


Bologna 15 gennaio 1566[38]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.


Venendo costì il capitano della guardia dei Tedeschi[39] di questa
città per baciar il piede a Sua Santità[40], m’è parso accompagnarlo
con questa mia, e far fede a V.S. illustrissima che nel tempo ch’io
sono stato qua egli si è portato bene, e ha fatto il suo ufficio
diligentemente, e l’ho conosciuto per giovane meritevole,
discreto e da bene. Per il che supplico V.S. illustrissima con
l’umiltà che si deve, ad averlo per raccomandato, e venendole
occasione di fargli favore, si degni farlo, che a me ne farà
particolare grazia, e le resterò con infinito obbligo.
E le bacio umilmente le mani, e in grazia me le raccomando
Di Bologna 15 gennaio 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo ed obbligatissimo
servitore Francesco Bossi


Francesco Bossi raccomanda al cardinale Carlo Borromeo il capitano della Guardia Svizzera che
si sta recando a Roma per baciare il piede di Pio V.



Bologna 4 aprile 1566[41]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

La sera che V.S. partì di qua non le mandai la copia del
mandato com’ella mi commise che facessi, perché il stiatico
non trovò d’averlo, come pensava. Ho poi ricevuto il
mandato spedito, ch’ella mi ha inviato da Nonantola[42] insieme
con la lettera dell’ultimo del passato. E ho dato ordini al stiatico
che faccia la situazione nel Vicario di Nonantola, si come
ella mi comanda, e farò che l’avrà sabato. Nel qual giorno
disegna partirsi di qua, dove ora si trova, e io
non mancherò d’ogni diligenza possibile acciò si faccia quanto
conviene per beneficio dell’Abbazia e di V.S. illustrissima. Ho avuto
la lettera ch’ella scrisse al signor duca di Ferrara[43], e ho inteso
quanto desidera che si faccia con Sua Eccellenza, e non mancherò
di mandare persona apposta a Ferrara per rimediare ai
disordini, che occorrono secondo le informazioni che danno i
fittavoli e vicario di Nonantola, ai quali è parso bene di
soprassedere il mandare sia dopo le feste di Pasqua, perché frattanto
si potrebbe difficilmente negoziare con Sua Eccellenza. …
quello che pretende il Cavalca per conto della casa decaduta
e ciò ch’offerisce per la nuova investitura, e trovando che
sia servigio alla Chiesa l’investirlo di presente, non mancherò
di farlo, come V.S. illustrissima comanda. Alla quale bacio umilmente le
mani e in grazia mi raccomando.
Di Bologna 4 aprile 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo ed obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.


Francesco Bossi scrive al cardinale Carlo Borromeo in merito all’Abbazia di Nonantola.


Bologna 10 aprile 1566
Non disponibile.

Bologna 15 aprile 1566[44]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Don Francesco Fontes mi ha detto questa sera apertamente ch’egli non
può fermarsi in questa città più di tutto questo mese, e ben
ch’io mi sia sforzato con molte ragioni persuaderlo che non
partisse sia a settembre, acciò V.S. illustrissima potesse più comodamente
provvedere d’altri, non di meno l’ho trovato tanto fermo
in proposito che dubito non ci vorrà rimanere più lungamente.
Il che non nasce da alcun difetto di questi signori o d’altri, ma
solamente per certi suoi urgenti bisogni, quali (dice) che fece
intendere a V.S. illustrissima nel partir che fece di questa città ai
giorni passati, la onde ho preso per espediente darle avviso
di tutto questo, acciò possa mandare, parendogli, un uomo
da bene, che stia appresso questi signori per tenere cura, e
anche per darli timore di far intendere a lei tutto quello facessero,
che sebbene si vede che essi sono modesti, e camminano
per buona e virtuosa strada, non di meno essendo giovani
mi parrebbe bene che non dovessero rimanere soli, e senza
alcuno, che ne tenga cura. E con questo fine a V.S. illustrissima bacio
umilmente le mani e in grazia mi raccomando
Di Bologna  15 aprile 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo ed obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.


Francesco Bossi informa il cardinale Carlo Borromeo che don Francesco Fontes non intende più trattenersi a Bologna.


Bologna 17 aprile 1566[45]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Si ritrova in Cremona un Hieronimo Tomisani bolognese,
e così un Niccolò Storaro, quali sono due dei più famosi
banditi e scellerati che siano in questi paesi, e hanno fatto in
questo territorio di Bologna molti omicidi, fornicazioni e
altri bruttissimi delitti. Onde tornerebbe molto a servizio della
giustizia che fossero rimessi qua per trovare i complici dei delitti
da essi commessi, e per punirli tutti, come meritano. Perciò
ne scrissi ai giorni passati al podestà di Cremona, mandandoci
un uomo apposta per riconoscere il Tomisani, e ne scriviamo
al signor governatore di Milano e al Senato, ne mai ne ho avuto
risposta. E perché la cosa è di molta importanza, mi sono
risoluto di mandar il presente messer Gio. Maria … con due altri a
Cremona per riconoscer meglio il suddetto Tomisani, e anche costì
con una mia lettera al signor Governatore, con la quale prego Sua Eccellenza
a rimettermi il Tomisani e l’altro, che si trova costì prigioniero. Per il
che supplico V.S. illustrissima che bisognando al suddetto Gio. Maria il
favor di lei, si degni concederlo per beneficio di questa città, tanto
col signor Governatore, come col Senato, acciò facciano ch’io abbia nelle mani
questi prigioni, che lo riceverò da lei per grazia singolare, e
aggiungerò questo particolare obbligo agli altri infiniti che le tengo.
E le bacio umilmente le mani, e in grazia me le raccomando.
Di Bologna 17 aprile 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo ed obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.

Francesco Bossi esterna la cardinale Carlo Borromeo la sua intenzione di portare prigionieri a Bologna i due malviventi Gerolamo Tomisani e Niccolò Storaro, che si sono macchiati di molti delitti, ed essere costì giudicati.



Bologna 25 aprile  1566[46]
Non visibile.




Bologna 4 maggio 1566[47]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Non ho scritto a V.S. illustrissima sin ora quanto si sia fatto col signor duca di Ferrara
per conto dei frutti dell’Abbazia di Nonantola, perché uno dei
fittavoli di essa diceva di voler venire costì, e mi pregò ch’io
tardassi a scrivergliene sin alla venuta sua, la quale poi che vedo
che va tuttavia prolungandosi, mi è parso debito mio di farle sapere
che nell’ottava di Pasqua mandai un dottore a Ferrara
ben istruito di tutte le pretensioni dei fittavoli dell’Abbazia,
quale presentò la lettera di V.S. illustrissima al signor duca, e lo pregò con ogni
efficacia di parole che volesse dar ordini, che si servassero i
privilegi, e esenzioni dell’Abbazia, nel condurre i frutti fuori
del dominio di Ferrara, e senza pagamento alcuno, come si
era fatto al tempo degli altri abati antecessori di V.S. illustrissima, e di
lei stessa sin al presente. Ma il signor duca rispose che voleva servare
i privilegi dell’Abbazia di Nonantola, e di V.S. illustrissima, come per
dinnanzi si erano servati, e che quanto alla tratta sua eccellenza era
per darla in brevi giorni agli illustrissimi signori cardinali di Ferrara d’Este
camerlengo, Paleotti, e al signor don Francesco suo zio, e allora le
darebbe ancora ai fittavoli di V.S. illustrissima. E quanto ai pagamenti
per dazi e gabelle, se ne voleva informare, e poi avrebbe risoluto
quanto fosse stato giusto, e ragionevole,  e non avrebbe
fatto peggio a V.S. illustrissima, che alli suddetti signori cardinali suoi parenti, e
al signor duca Francesco. Ella intende ora il tutto, e comandando
che si faccia altra cosa in questo particolare, non mancherò di
servirla, come è mio debito di fare. Ho poi fatto che i suddetti fittavoli
di Nonantola hanno sborsati cinquecento scudi sopra il termine
di Pasqua passata, quali si sono consegnati in mano del signor Lodrato (?)
Besozzo, che li porterà a V.S. illustrissima e ai fittavoli sono restati
in mano novantatre scudi per compimento del suddetto termine,
e non li hanno pagati perché (come dicono) non hanno fatto
ritratto di grani, e anche perché sperano nella bontà di V.S. illustrissima
d’avere considerazione al danno che pretendono d’aver patito
per non aver potuto cavare secondo il solito i grani e altri
frutti dell’Abbazia, sebbene essi conoscano che V.S. illustrissima non è punto
obbligata a far loro remissione per questo censo. Ma perché
io li trovai pronti a pagare quanto fu bisogno al signor Costanzo Tettoni
nel passar di V.S. illustrissima fece per questa città, non gli ho voluto astringere
a pagare detti novantatre scudi prima che a lei ne abbia
dato avviso, quali se si risolverà che li paghino,  non mancheranno
(come hanno detto) di troncarli e sborsarli subito, e io
eseguirò gli ordini, che sopra ciò di darà V.S. illustrissima alla quale
bacio le mani, e in grazia mi raccomando.
Di Bologna lì 4 d maggio 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
Umilissimo e obbligatissimo servitore Francesco Bossi.

Francesco Bossi informa il cardinale Carlo Borromeo di non aver riscosso fino in fondo i frutti che gli devono pagare i fittavoli dell’Abbazia di Nonantola. Chiede pertanto al porporato se deve farsi avanti per richiedere, a nome suo, i 93 scudi ancora mancanti.


Bologna 5 maggio 1566[48]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Il barone di Mersperg tedesco nobilissimo e già governatore dell’Alsazia,
questi anni addietro lasciando le ricchezze mondane andò a star
in un eremo con un suo figliolo piccolino, qual è per quanto
intendo ben istruito di lettere latine, e di buonissimi costumi, e prima
che la Santità di Pio IV di felice memoria uscisse di vita, detto putto fu accettato
d’ordine di Sua Beatitudine nel Collegio Germanico di Roma, dove poi non è
potuto andare dopo la morte di Sua Santità. Ora detto barone desidererebbe
che V.S. illustrissima gli facesse grazia di far accettare questo suo putto
nel Seminario di cotesta città, e perché esso barone è suocero del
signor Marc’Antonio mio fratello, non posso mancare di raccomandarlo
a V.S. illustrissima quanto più caldamente posso, supplicandola che si degni darli
il suddetto luogo nel Seminario, poi che questo putto è così ben inviato
nella via del Signore e delle lettere,  che lo riceverò per grazia singolare
e aggiungerò quest’obbligo agli infiniti che le tengo. E le bacio
umilissimamente le mani, e in grazia me lo raccomando.
Di Bologna lì 5 di maggio 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo ed obbligatissimo
servitore Francesco Bossi

All’illustrissimo e reverendissimo servitore e padrone mio colendissimo
Il signor cardinale Borromeo
Milano


Francesco Bossi raccomanda il figlio del barone di Mersperg, suocero di Marco Antonio Bossi suo fratello, perché sia ammesso nel Seminario di Milano.



Bologna 6 maggio 1566[49]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Il dottor Fontes si contenta volentieri di fermarsi qua due o tre
mesi ancora per servire V.S. illustrissima, acciò che intanto si possa
trovare persona, che a lei piaccia, e a proposito per il bisogno,
e certo che mi sono avvisato assai chiaramente, ch’egli non si muove
da alcuna altra causa a partirsi, se non per le necessità sue,
e dei suoi,  la onde mi parrebbe far conto alla bontà di lui, e
alla grandezza d’animo di V.S. illustrissima, se non glielo
raccomandassi, supplicandola che si degni tener memoria della servitù
sua, aiutarlo, e favorirlo secondo l’occasione, che le verranno,
e che le parranno migliori, che in vero ogni grazia ch’ella si degni
di fargli, sarà impiegata in persona di buonissimi costumi, di buone
lettere e di altre buone qualità, siccome credo ch’ella lo conosca,
e lo tenga per tale.
Darò licenza al signor conte Pietro d’andare a Nonantola dal conte
Sartori nel modo che V.S. illustrissima comanda con la sua lettera del 24 del passato.
Io era ben certo che V.S. illustrissima per l’infinita benignità sua avrebbe
presto soddisfatto della grazia fattami da Nostro Signore[50] per conto della mia
provvisione, ma con tutto questo ho preso grandissima contentezza
nel leggere la lettera ch’ella m’ha scritto sopra di questo. Vedendola
tutta piena di quella affezione che si degna portarmi, e di quei
prudenti, e amorevoli ricordi, che mi stanno sempre fissi nell’animo.
E se ho a dire il vero liberamente, ho più caro questa buona volontà
che mi mostra V.S. Illustrissima di tutte le provvisioni, di tutti i gradi, e
luoghi che potessi ricevere dalla mano di qualsivoglia altro grande
principe e signore. La supplico resti servita conservarmi questo
luogo nella sua grazia, ove mi ha posto l’infinita bontà sua
E le bacio umilmente le mani e in grazia me le raccomando.
Di Bologna 6 maggio 1566
Di V.S. illustrissima e  reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.


Francesco Bossi informa il cardinale Carlo Borromeo che il dottor Fontes si tratterrà ancora qualche mese a Bologna.


Bologna 10 luglio 1566[51]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Sebbene quando io ebbi le lettere di V.S. illustrissima ch’ella mi comanda che
mandassi al Padre Generale dei Canonici Regolari e a don Basilio
di Cremona a Ravenna, gliele invii la sera stessa, che
che l’ebbi con una mia lettera scritta al suddetto don Basilio, non
di meno non ne ho avuto risposta prima di ieri, che il suddetto
don Basilio mi scrisse di non poter venire a Milano, e mi mandò
una lettera scritta a V.S. illustrissima, che sarà con questa, e per la quale
ella potrà vedere l’animo di esso in questo particolare.
E a V.S. illustrissima bacio le mani e mi raccomando in grazia.
Di Bologna lì 10 luglio 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
Umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.


Bologna 11 luglio 1566[52]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Già più giorni sono V.S. illustrissima mi commise ch’io facessi opera per trovare
qualche persona , che fosse a proposito per servizio dei conti[53] in luogo del
dottor Fontes. Nel che non ho mancato della debita diligenza, ma non
mi è mai capitato alcuno che abbia voluto accettare l’impresa, e che a
me sia parso atto per il bisogno, che se ne viene, se non che ora mi
è parso innanzi un prete bolognese chiamato messer Marco Gandolfi
fratello del dottore medico, esercitato nelle lettere di umanità, e
che ha servito nove anni in circa il cardinale di Mantova vecchio,
et è d’anni 64, con li peli bianchi, ma di buona, e robusta
complessione, e atto a questa e maggior fatica. Lo ho informato
da persona, a cui molto credo, che m’afferma lui essere di buona,
e esemplare vita, e atto a questa impresa. Egli non vorrebbe
meno di sessanta scudi d’oro l’anno, e le spese per lui, e
per uno che lo servisse, essendogli ciò necessario, per essere sacerdote
e dell’età in che si trova. Ho parlato seco, e non mi piace
 né il garbo suo, né il parlare, né l’altre qualità, che si
possono comprendere a prima giunta. Ben è vero ch’io avrei
più desiderato di trovar uno per questo luogo, che non fosse sacerdote,
perché a me pare  una indegnità troppo grande il veder giovanetti
preceder un prete, sederli sopra a mensa, e in ogni altro luogo, e in
effetto comandarlo, sebbene essi sono quelli che per ordini di V.S. illustrissima
hanno da fare quanto dal prete posto da lei sarà loro ordinato. Ma
infatti la cosa non riesce poi ordinariamente a questo modo, specialmente
nelle cose, che non sono di molta importanza. Potrà dunque V.S. illustrissima
comandare quanto le parrà meglio circa al prendere questo prete
o lasciarlo, se caso che si risolva sopra di lui, o di altri per questo
caso, crederei fosse bene (rimettendomi però sempre al prudentissimo
giudizio di V.S. illustrissima) ch’ella ordinasse a questi giovani, che li fossero
obbedienti, e che andassero tutti insieme la mattina a messa, e negli
altri luoghi, dove occorrerà andare, e che lascino che sia in
facoltà di questo tale d’entrare, e uscire quando vuole nelle
camere di ciascuno di essi, e che a lui non ci sia mai né uscio, né
porta serrata, il che potrebbe anche V.S. illustrissima scriver a me, comandandomi
che lo facessi serrare, e non serrandosi ne l’avvisassi di
continuo. E questo servirebbe non tanto per il bisogno, che ci sia
di presente, perché in vero i giovani attendono agli studi, si ….
modestamente, e bene, ma per ogni cosa, che potesse avvenire, essendo
l’età dove essi si trovano pericolosissima, come a tutti è manifesto.
Sicché torno di nuovo a supplicare V.S. illustrissima, che si degni risolversi
O in questo prete, o in altra persona, che sia a proposito, per non
lasciare questi giovani senza guida dovendo partir il dottor
Fontes, come a lui è necessario di fare. E in questo proposito
non voglio lasciar di dirle, e mi perdoni V.S. illustrissima, se prendo
seco più ardire di quello mi si conviene, che il dottor Fontes è
stato presso a questi giovani due anni, o poco meno, e si è sempre portato
bene con modestia e discrezione, non guardando a
fatica alcuna, e sopportando delle indegnità come conviene
spesso fare in simili casi, essendo egli sacerdote, e avendo
servito Giovani laici, ancorché modestissimi sì lungo tempo. E
inoltre egli è dottore in teologia, e assai letterato. E quello che io
stimo più di ogni altra cosa, persona spirituale ma (come ella sa)
è poverissimo, e come io intendo, non ha entrata alcuna, né di
patrimonio né di benefici. Onde sarebbe opera pia, e cosa degna
della grandezza, e bontà d’animo di V.S. illustrissima, ch’ella usasse seco
di quella gratitudine e liberalità che ha fatto con alcuni altri servitori
forse non più meritevoli di lui, se si riguarda non tanto la lunghezza
della servitù, quanto la qualità del servizio, che per mio parere,
è stato fedele, e buono, ed è ancora riuscito assai felicemente. E se
forse spiace a V.S. illustrissima che egli voglia partirsi, o che tante volte ne
abbia fatto istanza, prima d’adesso, la supplico resti servita di
credere che ciò è nato oltre alla povertà sua, e al bisogno, che
tiene di aiutare con le sue fatiche i suoi nipoti, dall’esser egli
sacerdote grave d’anni, e dato alla vita spirituale, alla quale
porta non piccolo impedimento questa sorte di vita nella quale
si trova di presente, la onde io, per la servitù che porto a V.S. illustrissima,
e per la cognizione, che tengo del buon servizio di questo buon sacerdote
sono sforzato di supplicarla che si degni in questa partita del
dottor Fontes usare seco della solita sua liberalità e grandezza
d’animo, che per mio giudizio sarà ottimamente impiegata. E quando
ogni altra ragione cessasse, non potrà essere se non grata a Dio,
e conveniente alle altre opere pie che da lei sono usate di continuo
per essere egli, e parroco, e letterato, e sacerdote, e specialmente, come
è in fatti. Nel che però, come in ogni altra cosa, mi rimetto alla santa
mente e prudentissimo giudizio di V.S. illustrissima supplicandola con ogni debita
riverenza si degni perdonarmi, se forse ho passato il segno di
quello mi si conviene in questo caso. Et a V.S. illustrissima bacio
umilmente le mani e mi raccomando in grazia.
Di Bologna lì 11 luglio 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.

 Francesco Bossi era stato incaricato dal cardinale Carlo Borromeo di trovare il sostituto al dottor Fontes che attendeva a Bologna all’istruzione del conte Gio. Battista Savoia e il conte Pietro Dal Verme. La scelta poteva cadere sul prete bolognese Marco Gandolfi ma il Bossi manifestava la sua perplessità sul fatto di affiancare  un ecclesiastico a due giovani piuttosto esuberanti e scapestrati che andavano, comunque, richiamati al dovere.

Bologna 15 agosto 1566[54]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Messer Marco prete bolognese è poi venuto in casa al servizio
dei conti, e il dottor Fontes partirà domani, o l’altro verso
Roma. Ho fatto vedere ai conti quanto comanda V.S.
illustrissima circa al modo che hanno da serrare nel governarsi
verso il suddetto messer Marco, e credo certo non mancheranno
del debito loro, e di quanto conoscono esser mente
di V.S. illustrissima.
Ho avuto la lettera, ch’ella ha scritto a favore di messer Pietro
Maffeo gentiluomo veronese per una lite, che tiene contro
Alessandro Arrigoni cavalleggero di questa guardia, e non
avrei mancato di farlo pagar subito di quanto deve
avere legittimamente, se il suddetto Arrigoni non si trovasse
col resto della compagnia dei cavalleggeri in Romagna
per il sospetto,che si ha dei Turchi. Ma come prima ritorni
(che non dovrà andar molto in lungo) farò
che si spedisca subito la causa rimosse tutte le cavillazioni.
E ogni altro sotterfugio, dove ricorresse la parte, e questo
farò volentieri, perché messer Pietro che è forestiero non sia tirato
in luogo più di quello che conviene, e insieme per servire
V.S. illustrissima, come è mio debito di far sempre. E le bacio umilmente
le mani e in grazia mi le raccomando.
Di Bologna 15 agosto 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi

Francesco Bossi informa il cardinale Carlo Borromeo che il prete Marco Gandolfi si è messo al servizio dei due giovani conti Savoia e Dal Verme in sostituzione del dottor Fontes partito per Roma. I due giovani sono stati ammoniti secondo le istruzioni del porporato.

Bologna 29 agosto 1566[55]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Ho visto quanto mi scrive V.S. illustrissima nel particolare dei conti circa
l’accomodarli in casa del dottor Graziani. E perché un
dottore bolognese sta per ispedir di ora in ora un suo negozio,
e di poi vuole andare di lungo a Macerata, sto aspettando
questi due giorni ancora, e non andando egli, vi manderò
uno apposta a trattare e concludere il negozio, e
farò avere al Graziani quanto di più ella scrisse di voler
fare a suo favore, e del negozio ne darò poi avviso a
V.S. illustrissima. Non voglio lasciar di ricordare a V.S. illustrissima si degni
ordinare che sia dato a messer Marco quella quantità di
denari che sia necessaria, o che a lei parrà conveniente,
acciò non abbiano causa di patire, sebbene io non lascio
che partiscano, sovvenendoli di denari sempre che fa il
bisogno. Pure V.S. illustrissima potrà fare quanto giudicherà che
sia meglio. E le bacio umilissimamente le mani e in grazia me le raccomando.
Di Bologna 29 agosto 1566
Umilissimo e obbligatissimo
Servitore Francesco Bossi.

Francesco Bossi informa il cardinale Carlo Borromeo che i due giovani conti saranno ospitati in casa del dottor Marco Graziani a Macerata e perciò supplica il porporato di anticipargli quanto riterrà più opportuno per il loro mantenimento.

Bologna 5 settembre 1566[56]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Ho mandato a Macerata al dottor Graziani persona apposta
come V.S. illustrissima scriveva che dovessi fare per trattare seco il
negozio dei conti, e del seguito ne le darò poi avviso.
Farò spedire quanto prima la povera donna, che mi ha portato
la lettera di V.S. illustrissima del 13 del passato, e procurerò
che abbia il suo, come vorrà la giustizia, rimosse tutte le
cavillazioni, conforme a quello che mi comanda V.S. illustrissima con
la suddetta lettera. E le bacio umilmente le mani, e in grazia
me le raccomando
Di Bologna  settembre 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.



Bologna 19 settembre 1566[57]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.


Perché il dottore del quale scrissi a V.S. illustrissima si risuolava di partire
deliberai di mandare a Macerata un Bernardo Meriggia, come quello
che oltre all’altre sue parti è benissimo informato della qualità, e
bisogni dei conti, e così se ne è andato e ha concluso il negozio
come V.S. illustrissima vedrà per la lettera che le scrisse il dottore Graziani,
quale ha mostrato con una sua che mi scrisse, di ricevere a
grandissimo favore che ella mandi i conti in sua casa, e a
questo fine là prese una casa molto capace, della quale mi
dice il Meriggia che paga centotrenta scudi l’anno, e
per la relazione che ho avuto da persona degna di fede, che stanno
in Macerata, e per quello che mi scrive messer Camillo Costa,
che ora si trova in quella città per la morte del padre, e messer
Gio. Giacomo Panico, che era auditor mio in Perugia  e per quello
che mi dice il Meriggia, penso che i conti staranno molto
bene in casa del predetto dottore, quale oltre alle lettere, ha buonissimi
costumi ancora, ed è come ella scrive, timorato di Dio.
I conti pareva da principio che sentissero qualche poco di
dispiacere, non tanti di partir da Bologna, quanto di
andar a Macerata, ora essendo ben informati delle qualità
del dottor Graziani, e di altre cose delle quali gli ho fatto ben
capaci, ci andarono volentieri, non solo per ubbidir a V.S. Illustrissima
(di che essi fanno più stima di qualsiasi altra
cosa del mondo) ma anche per la speranza che tengono di
poter attendere quivi comodamente a studi loro, solo il conte
di Racconigi m’ha detto questa sera ch’egli desidera di attendere
tuttavia alle lettere predette, e che malvolentieri le
lascerebbe a questo tempo, e per le informazioni che si è potuto
avere sinora, e per quella ….. secondo la
qualità del luogo, in Macerata non si troverebbe persona
che li potesse leggere greco, come qua in Bologna, onde
supplica V.S. illustrissima si degni avere considerazioni al tutto,  acciò
che egli possa camminare avanti per la strada dei buoni …
che ha già presa. Io ho scritto a Macerata per chiarirmi
affatto se si potrà avere in quella città persona a proposito,
ancorché sin adesso intenda che non ve n’è alcuna
e della risoluzione, che mi verrà farò ch’ella ne sarà di
fatte minutezze, e gli meriterà questo, e forse anche maggior
salario, perché li vorrò trattare bene, e essi sono soliti
d’avere molta comodità, che non si sogliono dare da chi
fa dozzina a scolari, pure in questo, come in ogni altra
cosa, mi rimetto alla sana mente e prudentissimo giudizio
di V.S. illustrissima, alla quale non lascerò anche di dire che il
dottore Graziani tiene in casa quattro scolari, dei quali
uno è figliolo di monsignor Gallantieri, governatore di Roma, e
un altro è fratello del Marini che era servitore di V.S. illustrissima e gli
altri due non so bene chi siano, ma intendo che sono giovani
studiosi, e di buonissimi costumi, e il dottor Graziani
disegna (come credo) di tenerli anche in casa l’anno che
viene, il che (se sono delle qualità che intendo) non potrà
portare alcuna sorte di nocumento ai conti, ma quando, ma quando
non fossero altrimenti seguirà pure al medesimo effetto, perché li conti
sono avvezzi a vivere da loro stessi, e non praticar anche
con quelli che sono in una medesima casa. Pur ho voluto che V.S.
illustrissima intenda il tutto, acciò possa meglio determinare quanto
le parrà più conveniente. E le bacio umilmente le mani
e me le raccomando in grazia.
Di Bologna 19 settembre 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.

Francesco Bossi informa il cardinale Carlo Borromeo sulla nuova sistemazione dei due giovani conti nella casa del dottor Graziani a Macerata, dove sono ospitati altri quattro giovani di buona famiglia, ma si rammarica che non ci sia un insegnate di greco.






Bologna 24 ottobre 1566[58]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Il dottor Graziani[59], come sa V.S. illustrissima, che per opera di lei credo avrà
ottenuto quel luogo, è condotto a Pavia a leggere, e mi
scrisse che presto passava di qua, e condurrà seco i conti[60]. E
messer Costanza mi scrisse, ch’ella aveva dato ordine che andassero
a Macerata, e per conseguente …. anche che vadino a Pavia
di presente col suddetto Graziani. Per il che ho commesso, che si
provveda ai conti di quanto hanno bisogno per il viaggio
acciò si trovino all’ordine, come arrivi il dottore per andarsene
con lui, quando da V.S. illustrissima non vengano altri ordini in
contrario. Ben mi spiace che sinora non ho trovato persona
a proposito in luogo di messer Marco, al quale conviene restare per
ordini di monsignor illustrissimo Paleotti[61], come per altre mie ho scritto, ma
io non manco di diligenza e per trovare qualcuno col
dottor Graziani, quale più facilmente ne troverà in Pavia, non
avrà a restare, ch’io non farò qua in Bologna, di donde
conviene par partita di presente. E le bacio umilmente le mani
e in grazia me le raccomando.
Di Bologna 24 ottobre 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo servitore Francesco Bossi.


Francesco Bossi informa il cardinale Carlo Borromeo che il dottor Graziani porterà con sé i due giovani conti a Pavia dove sembra di capire che il dottore ha ottenuto un nuovo incarico.

Bologna 31 ottobre 1566[62]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Il Vicario di Nonantola è stato a Ferrara, e ha portato ….
… sono pagati in mano del Gandolfi, il che m’è parso …
… V.S. illustrissima con questa mia, ricordandole che passando di
qua il dottor Graziani (come mi ha scritto di voler fare fra pochi
giorni per …. Pavia) sarebbe forse bene dargli cento scudi
anticipatamente, essendo così solito di farsi, e anche perché gli
possa più comodità provvedere di quanto fa bisogno per sé e
per li conti, questo … però se così parrà a V.S. illustrissima,
…..
Et le bacio umilmente le mani e me le raccomando in grazia.
Di Bologna 31 ottobre 1566
di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.


Bologna 6 dicembre 1566[63]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Ho avuto la lettera di V.S. illustrissima del 27 passato nella quale mi fa
grazia dei mobili che comprò monsignor Vescovo di Narni per lei al
servizio di questo Palazzo e le resto con obbligo infinito, poiché
mostra non solo di tenere memoria di me (che è quello che io desidero
sommamente) ma anche da sé stessa si muove a farmi delle mercedi,
e a bonificarmi con molta benignità e cortesia. Ben è
vero che avendo io fatto considerazione alla qualità dei suddetti mobili,
trovo con consistono tutti in utensili da cucina, e il legnami,
come tavoli, bancoli (?), cadreghe e simili cose, oltre a certi pochi
matarazzi mal tenuti, e mal all’ordine, e perciò non metterebbe
conto a portar via le suddette robe, e quando si volessero
vendere qua si farebbe gran rumore, e non se ne caverebbe
sicuramente cinquanta scudi in tutto oltre che parrebbe strana
cosa a chi venisse dopo me a non trovarci alcuna sorte di
mobili in questo Palazzo, e forse anche il destino (?) )tal cose il
mondo alcuna volta) me ne potrebbe un giorno domandar conto
e mi bisognerebbe poi giustificare che i mobili erano di V.S.
illustrissima e che furono comprati a tempo della sua legazione e ch’ella
me li aveva donati, di che ne potrebbe seguire se non altro
alcuno travaglio e fastidio. Pertanto (quando sia con buona
grazia di V.S. illustrissima) io attenderò a servirmene mentre sarò in
questo governo, come ho fatto sinora, e partendo li lascerò
al successore, come cose di V.S. illustrissima, e come intendo che si è fatto
altre volte in simili casi. Però se a lei parrà tuttavia che io
li tenghi, o che ne facci altro, non mancherò di ubbidirla
compiutamente, come conviene, non lasciando in ogni cosa di tener …
memoria di questa benignità, che ella ha usata verso di me,
la quale si aggiunge agli altri infiniti benefici, che le tengo.
E le bacio umilissimamente le mani e in grazia me le raccomando.
Di Bologna  6 dicembre 1566
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.

Francesco Bossi ringrazia il cardinale Carlo Borromeo per i mobili che gli ha donato per arredare il palazzo vescovile (?) di Bologna. Tuttavia poiché si tratta di mobili di poco conto li accetta per non dispiacere al porporato ma gli confida la sua intenzione di non considerarli come un regalo personale e li lascerà in dotazione al palazzo.


Bologna 1 gennaio 1567[64]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Mando a V.S. illustrissima quattrocento scudi d’oro per il signor Carlo Archinti
che sono il restante del termine di Natale, computati i cinquecento
che ebbe messer Costanza, i duecento, che si ritengono per le spese della
Chiesa, e i cinquanta del Castelli quali fatta l’Epifania dicembre che se ne verrà da V.S. illustrissima. Farò saldare i conti con il
Gandolfi, e ne manderò il bilancio per monsignor Buonuomo a V.S. Illustrissima.
Alla quale non so che dire circa all’animo mio intorno a quello che
ella m’accenna con la sua lettera, poiché non so ciò che sia, non
avendo anche parlato con monsignor Buonuomo, ma le posso ben dire questo
in generale, ch’ella mi troverà sempre pronto ad ubbidirla in
tutto quello che si degnerà comandarmi e disporre di me, anzi
non ho maggior desiderio, che di regolare in ogni mia azione la
vita mia, e la mia volontà con i comandamenti, e col volere
di lei, di che più particolarmente le darò ragguaglio per monsignor
Buonuomo, come abbia parlato seco. E le bacio umilmente le mani
raccomandandomi in grazia.
Di Bologna 1 gennaio 1567
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.


Francesco Bossi invia al cardinale Carlo Borromeo 400 scudi d’oro non ci capisce a che titolo.


Bologna 6 gennaio 1567[65]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Perché s’intende di certo che Nostro Signore[66] ha fatto elezione di monsignor Doria per il
governo di questa città, ho voluto con la presente avvisare V.S. illustrissima
e insieme supplicarla resti servita di comandarmi quando le parrà
ch’io faccia di presente, e se vuole che venghi a Milano a servirla,
o che vada a Roma, perché io intendo di fare, e ora e sempre quel
tanto ch’ella mi comanderà, e che sia di suo buon volere, tanto in
questo, come in ogni altro particolare.
L’Archinti, che io pensavo dovesse portare i quattrocento scudi, partì
prima ch’io li potessi avere, ora li manderò con la prima occasione.
E le bacio umilmente le mani e me le raccomando in grazia.
Di Bologna 6 gennaio 1567
Di V.S. illustrissima e reverendissima
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.
Francesco Bossi informa il cardinale Carlo Borromeo di aver saputo dell’elezione fatta da Pio V  in monsignor Doria di governatore di Bologna e perciò attende ordini per recarsi alla sua nuova destinazione che potrebbe essere a Milano o a Roma.



Bologna 10 gennaio 1567[67]

Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone mio colendissimo.

Io non ho mancato sinora di dare quell’aiuto e favore alla causa
dell’illustrissimo signor conte Giovanni, che ho potuto con onor mio, e per
l’affezione particolare che porto a Sua Signoria, e al conte Pietro, che
me ne parlò più volte, e anche per rispetto di V.S. illustrissima, sapendo
la cognizione di sangue che è tra loro. Ma poiché
s’aggiunge anche il comandamento di lei al desiderio che ne tenevo
per prima, farò tutto quello che per me si potrà in questi
giorni, che mi fermerò in Bologna, non permettendo con ogni
mio potere che la causa sia levata di qua, né tirata in
lungo più di quello porti il debito della giustizia, come meglio
potrà intendere il signor conte dal procuratore suo, quale se fosse stato
un poco più sollecito, e diligente meco, la cosa saria forse
camminata più avanti, che non ha fatto. E qui facendo ….
A V.S. illustrissima bacio umilmente le mani e me le raccomando in grazia
Di Bologna 10 gennaio 1567
umilissimo e obbligatissimo
servitore Francesco Bossi.




[1] Si riporta la medesima stesura delle lettere originali.
[2] Foglio pagina 0243, 108.

[3] Foglio pagina n. 0285, 131.
[4] Organo finanziario del sistema amministrativo pontificio.
[5] Foglio pagina 0247.
[6] Foglio pagina 0350, 161
[7] In provincia di Pavia.
[8] Foglio pagina 0645, 308


[9] Francesco II Sforza.
[10] Foglio pagina 0416, 201.
[11] Rispettabile, onorevolissimo.
[12] Gesuiti.
[13] Foglio pagina 0371, 186.
[14] Cardinale Francesco Grassi.
[15] Foglio pagina 0386, 196.

[16] Foglio pagina 0434, 220.
[17] Cosimo I Medici.
[18] Francesco Maria Medici.
[19] Asburgo.
[20] Foglio pagina 0435, 221.

[21] Foglio pagina 0482, 244.
[22] Monsignore e reggente.
[23] Cardinale Marcus Sittich Altemps.
[24] Pio IV.
[25] Casata.
[26] Alfonso II d’Este.
[27] Cosimo I Medici.
[28] Cardinale Innocenzo del Monte.
[29] Giuseppe Gandolfi.
[30] Gio, Antonio Silvaghi,
[31] Foglio pagina 0505, 257.
[32] Pio IV.
[33] Foglio pagina 0513, 258.

[34] Pio IV.
[35] Foglio pagina 0032, 19.

[36] 12.
[37] Foglio pagina 0039, 22.

[38] Foglio pagina 0056, 28.
[39] Guardia svizzera.
[40] Pio V.
[41] Foglio pagina 0249, 123.
[42] Carlo Borromeo fu abate commendatario dell’Abbazia di Nonantola (Modena).
[43] Alfonso II d’Este.
[44] Foglio pagina 0298, 139.
[45] Foglio pagina 0285, 141.

[46] Foglio pagina 0303
[47] Foglio pagina 0348, 170.

[48] Foglio pagina 0368, 171.

[49] Foglio pagina 0355, 173.
[50] Pio V.
[51] Foglio pagina 0502, 240.
[52] Foglio pagina 0503, 242.
[53] Il conte Gio. Battista Savoia ed il conte Pietro Dal Verme.
[54] Foglio pagina 0584, 283.

[55] Foglio pagina 0643, 311.
[56] Foglio pagina 0013, 8.

[57] 59.

[58] Foglio n. 0330, 164.
[59] Niccolò Graziani dottore di legge.
[60] Il conte Gio. Battista Savoia ed il conte Pietro Dal Verme.
[61] Gabriele Paleotti cardinale di Bologna.
[62] Foglio pagina 0380, 187.
[63] Foglio pagina 0462, 234.

[64] Foglio pagina 0004, 1.

[65] Foglio pagina 0024, 12.
[66] Pio V.
[67] Foglio pagina 0039, 21.

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