domenica 2 agosto 2015

LA GIOSTRA DEI GIOVANI - Mensile dei Circoli Giovanili Azzatesi


                                                                 N. 1 - ottobre 1966.

Piccola cronaca dell’inaugurazione del Centro Giovanile Femminile di Luigi Negri.

Domenica 25 settembre 1966.
Tutte luminose ed eleganti domenica 25 settembre le ragazzine azzatesi del Circolo Femminile hanno per la prima volta concesso l’entrata, fino ad allora “off limits”, alla Villa Mazzocchi ai ragazzi del Circolo Maschile. Costoro si sono trovati in anticipo rispetto all’ora all’ingresso e così hanno avuto l’occasione di presenziare alla benedizione del pomeriggio. Si è potuta vedere in chiesa una schiera smagliante di giovanotti.
Le donzelle, con la scusa di dare gli ultimi ritocchi al proprio palazzo[1], hanno bigiato volentieri la benedizione, terminata la quale i giovanotti hanno potuto nuovamente guadagnare l’ingresso, e sono potuti accedere alla fantasiosa[2] villa, dopo il rituale taglio del nastro da parte del Prevosto (con forbici che non tagliavano).
Lì una nuova benedizione, quella dei locali, aspettava la folla, la quale poi si precipitava all’assalto dei pasticcini e delle altre leccornie messe previdentemente sotto chiave. Il rinfresco, servito a dovere, soddisfaceva la voracità dei convenuti: buoni i pasticcini, ottima la torta dura fatta in casa, un po’ scarso il vinello bianco, ineguagliabile l’uva (fornita dal negozio dello scrivente – prezzi convenienti – qualità scelta), accettabile la spuma arancio e la birra tenuta in fresco nella vasca da bagno.
Fra le autorità si notavano il reverendo Prevosto, la reverendissima Superiora, mentre tra gli estranei si notava assai una ragazza con due codini biondi, bella come il suo vestito bianco. Sorridente la Presidentessa, affiancata dal suo collega dell’altro sesso, ed i due consigli al completo. La festicciola continuava: chi beveva (il Biondo e il Negri), chi fumava in giardino, chi ballava in coppia (i soliti play-boys), chi ballava da solo (Miguel e Terenzio), ecc.
Il beneamato Presidente nostro sfornò giochetti di società, rallegrando la compagnia che, in verità, minacciava alla fine di annoiarsi.
Arrivò poi la massima autorità religiosa del borgo, che spediva tutti i baldi giovani fuori dal cancello.
Tutto sommato, una bella festa, con bella gioventù, come non si era mai veduta a nostra memoria.

La pallacanestro di Maurizio Bernasconi.

E’ stata inventata circa 60 anni fa da un americano, preoccupato di creare uno sport praticabile in luoghi di modeste dimensioni e nello stesso tempo accessibile a tutti e il più completo possibile. E’ nata così la pallacanestro, che ha raggiunto vertici estremi di popolarità oltre oceano, che ha fatto ora un exploit notevole, perfino nella tradizionalista Europa. Si è verificato un vero e proprio boom della pallacanestro specialmente nelle giovani leve. Ricordiamo due delle più forti squadre europee, l’Ignis di Varese e il Simmental di Milano.
Ho detto che specialmente nelle giovani leve si sta verificando un avvicinamento a questo sport, sebbene la massa lo guarda ancora con una certa diffidenza. Ne abbiamo un esempio lampante proprio qui, ad Azzate, che sta diventando ormai un importante centro della pallacanestro varesina. Con un paziente lavoro di assestamento durato alcuni anni, dirigenti e tecnici stanno raccogliendo i frutti di una buona semina. Si è formata infatti una squadra tutta di giovani che con tenacia e sacrificio si sta portando sempre più in alto facendosi sempre più onore.
Per tutte queste ragioni ad Azzate si è progettato la costruzione di una bella ed efficiente palestra per far sì che tutti i giovani desiderosi di farlo possano dedicarsi a questo sport avendo a disposizione tutti i mezzi per farlo.
Fra poco inizierà il campionato di serie D, al quale parteciperà la squadra di Azzate, essendo stata promossa.
Ai nostri campioni auguri, perché possano ben figurare e sempre progredire.


Un buco, ovvero la sede del Circolo Giovanile di Vanni Olivarez.

La porta aprii, tarlata assai
e scesi in misero loco
odor di catacomba

regno ormai di scarabei e artropodi

intenti a lor tela.
… sì, un buco
ma mani pien d’entusiasmo trasformaron
con picconi e mazze quel loco
che vide
gli ultimi abitanti della neolitica
… sì, un buco
or quel buco risplende luccica brilla abbaglia
 regno d’ideali di giovani gai
… quel buco
or taverna di ritrovo, or chiostro di pace
or consiglio di cinquecento
… sì, un buco, ma giostra di giovani!



[1] Che esagerato, si tratta di Villa Mazzocchi, ma, forse, nella loro immaginazione era come se fosse un palazzo.
[2] Aggettivo non da poco che dimostra l’aura di cui godeva la Villa Mazzocchi.


N. 2 - novembre 1966.


Libertà: arma a doppio taglio di don Alberto Isella.

“Vogliamo maggiore libertà” gridano i giovani. Questo grido è valido quando esprime ribellione alla tirannia, ma è sbagliato quando si intende la libertà come rifiuto d’ordine, di disciplina, di impegno nel dovere e del relativo sacrificio.
Rifiutando le leggi morali e civili od interpretandole più elasticamente di quanto debbano essere si rende più fiacco l’adempimento di ogni obbligo, vedendo solo i diritti e ben poco i doveri.
Allora si giunge perfino alla pretesa: “Vogliamo essere liberi di decidere noi le questioni morali”. In questo caso si considera la morale come qualcosa che può esserci o meno come regola di vita, qualcosa di relativo dove si abolisce un freno dopo l’altro e non si impara ad imporre un freno a sé stessi.
Bisogna invece imparare, usando della libertà, a non abbandonare le leggi fondamentali che Dio ha posto nella natura stessa per un retto ordine e quindi per il bene stesso di chi se ne serve.
Nella stessa misura in cui aboliamo certe restrizioni di carattere esteriore, ognuno di noi ha più grave obbligo morale di non abolire quella mortificazione interiore che porta al dominio di sé e alla pratica della virtù. Il fraintendere il concetto di libertà porta a questo risultato, che molte persone si sentono libere di essere egoiste, pigre, libere di sentirsi disimpegnate di fronte a tutto, libere di essere deboli per indifferenza e incoscienza.
Perché non ci sia abuso della libertà occorre servirsene con autodisciplina, il che porta a sapere accettare l’ordine morale della legge di Dio e di riflesso anche le leggi civili che mirano al bene dei singoli e della società.
Per molti giovani diventa dolorosamente vera l’amara constatazione che Paolo VI esprimeva nel discorso ai giovani della festa delle Palme 1966: “La gioventù di oggi vuole decidere da sé il suo destino mentre una volta era la società a decidere per lei. La gioventù oggi rivendica per sé questa libertà; quando poi si trova a scegliere si sente come smarrita, non sa quale strada prendere e dove andare, ed allora si assiste allo spettacolo di giovani che si credono forti e liberi ma si lasciano attrarre dalle futilità e si credono autorizzati a pronunciarsi ed a sentenziare su tutto, rifiutando i consigli e le esperienze di chi li ha preceduti.
Ed ecco che allora la gioventù dà di sé stessa un quadro deprimente e preoccupante che mette in seria trepidazione ed angoscia genitori ed educatori: uno spettacolo di cinismo, di spregiudicatezza, senza più nessun rispetto per alcun valore, di anarchia mentale e morale.
Si direbbe che nelle fila delle generazioni moderne manchi qualcuno. Manchi il Messia. Questo Messia non vi promette niente di piacevole e di facile sulla terra, ma vi dà ciò che nessun altro potrà mai darvi: le parole di Vita Eterna.

Operazione Pirola, da “Vita di un campeggio” di Natale Macchi e Maurizio Bernasconi.

Il sole era alto nel cielo. Il capo stava trascorrendo un’ora più tranquilla delle altre. I cuochi di turno quel giorno, strano a dirsi, erano riusciti a riempire le pance dei campeggiatori in modo soddisfacente (polenta e coniglio). Nel momento più dolce della siesta, un bersagliere a riposo avanzò l’idea di andare al Porro (rifugio alpino). “Fino al Porro” gridò qualcuno, con orrore, “ci vogliono venti minuti di cammino!”. Nonostante lo scalpore suscitato dalla sua audace richiesta, l’indomito alpinista riuscì a radunare ben altri quattro e si avviò su per l’impervio sentiero.
Nella comitiva c’era qualcuno che usciva dal recinto del campeggio per la prima volta e, come bene si può capire, risentiva della stanchezza fin dai primi passi. Il capo della spedizione proseguì però imperterrito, e dopo fatiche d’Ercole la comitiva giunse al rifugio: qui il panorama ricompensò largamente dalla fatica. Il rifugio altro non era che una baita con un rumoroso pollaio vicino, con galline che scorazzavano allegramente. Alla sinistra del rifugio si estendeva un praticello cosparso di rifiuti lasciati da una comitiva precedente, spettacolo magnifico!
Poiché la carta indicava un lago sopra il rifugio, il lago Pirola,  la comitiva ripartì lungo un sentiero da capre verso un lago che però non si vedeva mai. Sali una cima, scendi, risali, ma del lago nessuna traccia. Quando già scendeva la sera, quando ormai le speranze erano abbandonate, ecco il lago: uno spettacolo da fiaba, che meritava davvero quella faticata.
C’era tempo solo per le foto d’occasione, e poi gambe in spalla per il ritorno.


N. 3 - dicembre 1966.

Nelle sere d’inverno di Gianni Nicora

Nelle sere d’inverno torno con la mente al mio paese e vi trovo la vita che non esiste; riesco a vedere la felicità. Nei volti degli uomini, sui muri delle case, aggrappata agli alberi vedo, nel mio pensiero, la luce della gioia di vivere; trovo sulla strada bagnata il riflesso degli animi della gente che lavora, che ive, che ama.
Anch’io sono felice. Sfioro con gli occhi la donna che ride e che mi guarda con occhi lieti; guardo le ore al campanile, e non passano mai.
Le foglie degli alberi ridono contente vedendomi passare felice e, in fondo al viale dei ricordi, vedo la luce di una vita lontana, della vita che farò al mio paese.
Corro indietro nel tempo e mi vedo nella fredda chiesa tutto vestito a festa, mentre le note vellutate di un organo fatato fanno da sottofondo alla mia giovinezza, che risplende al fianco di ogni mia speranza.
Le case bianche, l’azzurro del lago, il rosa dei monti, circondano la mia fantasia che gioca festosa tra i ceppi abbattuti e gualciti della mia mente, e che si diverte a lottare nei miei pensieri con la tristezza.
E’ bello, quando con la mente ritorno al mio paese, perché vedo in esso la gioia della mia vita che ora ruota nella malinconia.


Prove di canto di Il Cardo.

E’ una cupa sera d’inverno, una di quelle sere in cui la terra è stretta in una morsa di gelo. Alla luce delle lampade, i nostri beniamini cestisti rompono, con le loro corse ed i loro salti, il freddo di questi luoghi dove un dì regnò il bue bianco.
Ma il dovere ci chiama e silenti entriamo nella sede del Circolo Giovanile Maschile. Il nostro Beethoven o giù di lì, con le mani intirizzite allungate su una tastiera che è una via di mezzo tra l’organo e il piano, ci aspetta per le prove dei canti da eseguire durante la S. Messa della notte di Natale.
Vinte le prime esitazioni, le voci bianche del Circolo Giovanile femminile intonano, seguite dai baritoni e dai bassi del Circolo Giovanile Maschile, tra i quali si distingue, per le sue stecche, un nostro redattore che, come suscita risate tra le ragazze, così riscuote maledizioni dal maestro.
Ma Beethoven junior sa il fatto suo, e da questi stonati craponi riesce finalmente a cavare qualcosa di buono, per cui si dà alla pazza gioia suonando “Fra’ Martino campanaro” da molti richiesto. A fine prova, usciamo incappucciati e con sorpresa ci accorgiamo che il gelo se n’è andato, riscaldato dal nostro entusiasmo, ed ora nevica, forse per raffreddare i nostri bollori canterini.


N. 4 - gennaio 1967.

1967 di don Angelo Cremona.

Miei carissimi giovani e venerati genitori. Il prof. Carnelutti, luminare del foro italiano, buon cristiano che non mancava alla Messa la domenica, durante la sua ultima malattia diceva al parroco del suo paese, Santa Croce di Bassano, “offro a Gesù le mie sofferenze perché benedica il Circolo dei Giovani”.
Miei cari figlioli, queste parole del grande avvocato, che vedeva l’avvenire del suo paesello nel Circolo Giovanile, mi hanno fatto impressione, e se finora io sono stato alla finestra a vedere i primi passi nel campo della vostra attività, col cuore tremante e dubitoso, ora incomincio ad avere fiducia in voi.
Avete l’età buona per la nascita delle idee e ne avete tutto il tempo per consolidare con l’istruzione e per gli esempi dei più maturi. Avanti dunque con fiducia nei grandi ideali della gioventù cristiana, forte e della nella fede, erede delle grandi tradizioni di Azzate.
Amati genitori, se è vero che i nostri capelli imbiancano, è anche vero che i nostri ragazzi non invecchiano, ma maturano e vanno verso una loro maniera di vivere.
Non è bene che noi li fermiamo sulle posizioni del passato, quelle nostre, anche se sono buone. Erano buone per noi e lo possono essere per quelli di oggi, ma non è detto che tutte le generazioni avvenire debbano vivere su di esse. Quante cose nuove dai nostri verdi anni ad oggi …
Il Circolo Giovanile è un prodotto dei tempi. In esso gli studenti, i giovani operai e professionisti trovano quanto basta per esplicare le loro energie, lo slancio e l’esuberanza delle loro attività. Non vogliono soldi, richiedono solo la nostra comprensione e la nostra … pazienza! Non amano le lunghe prediche, ma cercano la nostra guida; sanno il valore della nostra esperienza, la sola cosa che non hanno avuto dalla vita.
Siamo a loro vicini. Il 1966 è stato l’anno di nascita dei Circoli Giovanili. Col nuovo anno auguro che vivant, crescant, floreant.

N. 5 - febbraio 1967.

N. 6 - marzo 1967.

Campeggio e… campeggio.

E’ stato ritrovato, dopo anni di oscurità nel fondo di un cassetto il “Diario del campeggio sperimentale del Monte Lugone” del 1960, quando cioè la nostra esperienza di campeggiatori era agli inizi.
Nella speranza di fare cosa gradita ai protagonisti, e di interessare chi non lo è stato, pubblicheremo a puntate tale diario. La scrittura in certe pagine non è di facile interpretazione, per cui ci verrà gradito l’intervento chiarificatore di qualcuno dei partecipanti.

Lunedì 8 agosto 1960. Ore 12.30: partenza da Azzate per il Monte Lugone (m. 1200). La Topolino viene così caricata: Kg. 100 Bisca[1], Penela[2], Giancarlo Triacca e Marco Colombo; q.li 1,10 vettovaglie e salmerie. L’onorevole Galletto, dopo lungo silenzio, è uscito dai meandri dell’Oratorio guidato dal cineasta nonché cuoco egregio nonché portatore della spedizione Angelo Nicora, seguito sul sedile posteriore dallo stipe lista feriante Emilio Urbini (lieto dell’aumento di lire cinquemila concesse dall’onorevole Spallino), vessillifero della spedizione.
Dopo il commovente addio dei presenti genitori, l’autocolonna prende l’abbrivio tra lo sventolio del vessillo nazionale. Cielo coperto, colore della carta suga. Zona Malnate acqua a catinelle. Olgiate Comasco rifornimento di benzina.
Salita dietro un autocarro impertinente in prima. A metà percorso la nostra fuori serie accusa fatica e due soste si rendono indispensabili.
Si giunge trionfanti a Cusino, campo base della spedizione. Qui si attende un temporale coi fiocchi e una vigorosa grandinata. Sosta forzata. Messaggio cifrato viene lanciato via telefono al centro della spedizione. La salita, dai tre quarti d’ora preventivati, richiede un’ora e mezza, per cui solo alle 19 si raggiunge la meta, ansimanti, sbuffanti e stracchi.
Sistemazione nell’albergo (la sagrestia della piccola chiesina), nostro rifugio fortunato. Il  cuoco, nell’antro fumoso e caliginoso, prepara per le spasimanti fauci, stimolate dalla brezza montanina, un lauto banchetto, che viene rapidamente smaltito. Precedentemente erano anche stati fatti assaggi esplorativi in zona cucina.
Lietamente, in atmosfera di cordialità affumicata, l’ora della cena trascorre davanti al caminetto. A conclusione del primo lieto convitto, il maggiordomo cuoco ci serve uno squisito thé che ci ristora e dovrebbe prepararci al sonno.
Nonostante la voglia di dormire, l’allegria ci tiene svegli a lungo, e solo alle 23.10 s’ode a destra un russare profondo. Chi è là? Seteti (7 etti) ossia Alessandro capelli. Dal di sotto risponde un coinquilino, che russa come un trattore.
Terminato di scrivere sulla pancia alle 23.48. Buonanotte!


[1] Giancarlo Vettore.
[2] Alessandro Capelli.


N. 7 - aprile 1967.

Martedì 9 agosto 1960.
Sveglia alle ore 5. Dopo la S. messa e la prima colazione, tutti in marcia per il campo base di Cusino, dove si trovano i rifornimenti. Viene pure acquistato ago e filo per riparare un sacco a pelo che aveva uno spiffero.
Fino alle 12.30 cura elioterapica naturale. Poi il nostro cineasta ci chiama per il pranzo, che consumiamo piacevolmente. Poi lo stipe lista inizia il montaggio delle tenda che viene protetta da un fossato anti allagamento e da uno sbarramento in pali e corda.
Il pomeriggio ci avrebbe dovuto riservare una passeggiata, ma il tempo è cambiato e ci dobbiamo ritirare tutti in tenda fino all’ora di cena, in cui – sorpresa – ci viene pure servita la cioccolata.
Poi tutti a nanna.

10 agosto 1960.
Notte calma, sonno profondo fino alle ore 7, con l’unica interruzione alle ore 1 per un servizio thé.
Tutti alla S. Messa e poi, dopo la colazione, partenza in direzione est sotto un cielo coperto, seguendo il richiamo squillante dei campani delle mucche pascolanti già dal primo mattino. Costeggiamo la grande muraglia cinese che divide i confini tra il Comune di Cusino e di Grantola, e ci immergiamo nel verde delle foreste di faggi, accolti dal gentile profumo dei ciclamini. Si possono trovare anche dei deliziosi funghi, ma il nostro cuoco è piuttosto scettico sulla loro commestibilità.
Tornati alla base, il nostro appetito viene domato con un buon risotto. Segue una breve siesta in tenda, dopo di che si riparte per nuovi orizzonti, e precisamente verso una valle sottostante nella quale scopriamo tra l’altro un piccolissimo lago con strani animaletti che il nostro naturalista definisce “preistorici”.
Nel frattempo lo sguattero della squadriglia avrà terminato di lavare le stoviglie?
E a sera, dopo cena, la nostra attenzione va come sempre alle previsioni metereologi che della Radio Svizzera, che annunciano cielo limpido e soleggiato.
Infatti, subito dopo la recita del Rosario serale, la pioggia ci costringe tutti in tenda a battere i denti e a tappare tutti i buchi da cui cola acqua. Vatti a fidare delle previsioni!
Nessuno prende sonno subito. Il nostro pensiero si dibatte nel dubbio: potremo domani partire per il Pizzo di Gino? Ai posteri l’ardua sentenza.


I frazion, i casin, i rion di “La penna zitta”.

Azzà l’è un bel apes, a dila a la meneghina
laburius, quiet, tranquil, al sta inscima na culina.
E quant ca canta ul gal, e te se svegliat la matina
te verdat i finestar, e se ved ul lagh e la Madunina,
el Camp di Fiur, ul Sacru Munt, ul Fort d’Urin,
ul Puncion de Gana, ul Mont Rosa, ul San Martin.
E po’ Azzà al ga un grimell, cal ciaman vin
che par gustal un pù, bisogna beval in un tazzin.
I so frazion in Vegon, Erbamoll e Castell
e tute tre gan la so gieseta e ancamò


un qualcosa de bell
e gan onca l’usteria induva sa bev vin bun,
propri cruell,
e sa mangia pulida, genuin, sia furmagina
che pulastrel.
Fom un gir di casinn, e cumincem dul
Casinell,
Panperdù, Funtanela, Galgin e Murinell,
Riola, Sciula, Runcasnin, Furnas, che bell
mo ca ghe ul camp da mutucross, fee mia
tont spuvell!
La Macana, ul Traverz, la Prova e la Cassina
cun tucc i so camp e prà, e d’invernu
nebia e brina.
Bighiroz, Ninett, Valciasca e Favirita
ma disemal in surdina,
anca se luntann, anca se fò de man, la pusé
bela l’è la Madunina.
Induva tuc i ann, in mez ai prà fan un
festun
e partecipan sempar tuc chi d’Azzà, anca
i riun
Ca’ Mera, Crosa, Piaza Nova, Prusia e Terun
cui so canestar pien da fruta, galin e vin
e l’Angelo Macana, su in scima al palch
al vusa a squaciagura
chi ghè dentar un cunili, do galin e na pola.
Mila fronch e vuna, e po’ ghè ul vin,
mia la Coca Cola.
Mila fronch e do, e do e meza, e a furia de
Vusà, ghe manca la parola.
Questa dula Madunina l’è na vegia e bela tradiziun.
Va giò i banchett, usterii e po’ ghe la banda e
la funzion.
E ala sira un pu’ brili vegnan insù e contan
i canzun.
 Riturnan cuntent Azzà, ai so frazion, ai casin
e ai riun.


Notizie.

Un treno sta arrivando ad Azzate. 300 metri di rotaie, 600 traversine, 39 scambi elettrocomandati, 29 semafori, 4 passaggi a livello automatici, 6 treni viaggiatori a vapore, 3 treni merci, 8 treni a trazione elettrica, 6 treni a vapore, ecc. ecc.
Tutti i dettagli sul prossimo numero!


Il Santuario della Madonnina di Gianni Giamberini.

Narra la leggenda che in una cupa giornata d’inverno, una di quelle giornate in cui la terra è stretta in una morsa di gelo e coperta da una spessa coltre di neve, un giovane cavaliere, dopo aver percorso leghe e leghe sul suo nero cavallo per recarsi dalla sua innamorata, si trovò ad un tratto di fronte ad una piatta distesa tutta bianca, senza un albero né un cespuglio, né un filare di viti: una vasta campagna deserta.
Il cavaliere, sorpreso ma per nulla titubante, spronò il suo destriero e attraversò quella landa al galoppo, anelando solamente di raggiungere al più presto la sua bionda castellana.
Giunto nel territorio che ora è Azzate, incontrò un contadino a cui chiese: “Di chi è quella vasta campagna senza alberi né vigne?”. Il contadino lo guadò allibito: “Campagna? Lago volete dire, signore, lago!”.
Il cavaliere si sentì gelare il sangue, balzò a terra e ginocchioni ringraziò la Madonna per la mirabile grazia, e volle che sorgesse in quel luogo una cappella.
E ancora oggi la chiesetta, che gli Azzatesi venerano con un’affezione tutta particolare, è chiamata la Madonnina del Lago o, come una volta si diceva, la Madonnina alle Case Vecchie.
L’archivio parrocchiale riporta quanto segue: “La Madonnina del Lago segnata ancora sulla carta topografica con la dicitura “Ad domos veteras”, alle case vecchie. Doveva essere antica e officiata (aperta al culto dei fedeli) se il 23 agosto 1759 Teresa Giamboni fondava un legato di 77 messe da celebrarsi in quella cappella.
Nel secolo scorso andò in deperimento, finché il compianto parroco Redaelli nel 1894 iniziò la costruzione del porticato con la cupola, innalzata nel 1896 per quanto col sacrificio della vita del muratore Luigi Vanoni.
Il 10 ottobre 1897 il parroco Redaelli ribenediceva solennemente la chiesetta celebrandovi la S. Messa in canto tra il giubilo del popolo. Il discorso d’occasione fu tenuto da don Davide Albertario.
La chiesetta venne dedicata alla Sacra Famiglia poiché la pala dell’altare, di ottima fattura, rappresenta la Sacra Famiglia.
Nel 1904 la cappella veniva ornata da una “grotta di Lourdes” e nel 1926 il defunto parroco Vanetti terminò i lavori di restauro e di ripristino.
Tutto rimane poi immutato per due decenni. Nel 1950 si istalla l’impianto radiofonico per la vendita all’incanto dei canestri.
Nel 1958, in memoria del centenario dell’apparizione della Madonna di Lourdes, viene eretto un nuovo altare in pietra viva; nel 1959 le panche vengono donate dall’Istituto dell’Addolorata.
Tra il 1961 ed il 1962 si riparano le strutture ed il pavimento dell’ingresso; nel 1964 il decoratore Luigi Bavagli di Arcisate esegue le decorazioni ed i simboli alle vele della cupola; vengono inoltre tinteggiate le pareti e la sacrestia.
Queste le notizie, fredde in sé stesse, mentre calda ed affettuosa è sempre stata la risposta azzatese alle funzioni e ricorrenze della Madonnina; ricordiamo un solo episodio, dei tanti che i secoli hanno visto: la processione del 1945 dei reduci dalla prigionia, con il trasporto della statua dell’Immacolata, in ringraziamento per la fine della guerra.
“Salus populi Aciatensis”, salute e salvezza del popolo azzatese, dice l’iscrizione eseguita nel 1964[1], e sia la preghiera di tutti i fedeli.


[1] Ispirata da don Achille Triacca.


N. 8 giugno 1967.

Trenilandia di Vittorio Sassi.

Trenilandia, città dei treni, è da oggi 28 maggio 1967 aperta al pubblico e, sebbene già familiare ai suoi impianti, ho voluto visitarla da spettatore ignaro e sorpreso.
La prima impressione che do il plastico, sistemato nell’enorme salone appositamente realizzato, dotato di un perfetto sistema di illuminazione nonché di ogni accorgimento atto a completare il piacere di un’ora di svago a Trelilandia, è di un complesso colossale.
A prima vista non si riesce ad abbracciare la complessità dei suoi aspetti, da quello prettamente tecnico, quale quello dell’impianto elettrico dei treni e dei meccanismi semoventi, a quello paesaggistico, a quello artistico.
Cominciamo dai treni. Due treni viaggiatori a vapore, e quando dico a vapore intendo veramente a vapore, cioè con sbuffi di fumo ottenuti mediante un accorgimento chimico; due treni a trazione elettrica, ambedue come i precedenti con carrozze passeggeri; alcuni veicoli speciali.
Questo è finora il parco vetture di Trenilandia. Finora però, perché la dotazione di treni è possibile in grande numero di esemplari, se si pensa che lo sviluppo delle rotaie è di ben trecento metri.
La dotazione ferroviaria è dunque di 300 metri di strada ferrata, con più di 6.000 traversine tutte costruite in scala precisa con le reali traversine. Inoltre: due stazioni complete di impianto di segnalazione acustica e luminosa dell’arrivo e partenza dei treni, viaggiatori di ogni genere, un sottopassaggio, servizi e tutto quanto si trova in una stazione, dai vasi fioriti alle tabelle degli orari, alle pensiline, ecc.
Esiste pure una stazione scalo merci, dotata di gru funzionanti elettricamente e manovrabili in ogni direzione, nonché un deposito di materiale viaggiante, con un ponte girevole per le manovre ed un’officina riparazioni.
Sul percorso, 39 scambi comandati elettricamente, tutti con semaforo di via libera e di stop regolano il percorso dei treni; 4 scambi sono invece auto comandati dal passaggio dei treni. Per salvaguardare la sicurezza dei pedoni che in più di un centinaio affollano il plastico, esistono perfino quattro passaggi a livello dal funzionamento automatico, con segnalazione acustica e luminosa del passaggio del treno.
Nonostante la complessità degli impianti, la semplicità dei comandi è tale che un solo operatore, dal suo quadro di comando che raggruppa completamente le apparecchiature di tutto il complesso, è in grado di fare viaggiare tutti i treni e di manovrare tutti i meccanismi.
Continuando nella nostra visita, esaminiamo gli altri apparati semoventi del plastico. In primo luogo i tram, di cui uno a percorso cittadino, con la sua brava asta che prende corrente dai fili aerei, ed uno interprovinciale, il cosiddetto “gamba de legn”, costruito in perfetta riproduzione dall’omonimo tra una volta esistente.
Due funicolari si arrampicano sulla collina, o meglio una sale e l’altra scende, La collina può essere raggiunta anche con una funivia a due cabine, con partenza dalla collina a sud.
Nella parte che riproduce una cittadina, attraversata dal tram, c’è una chiesetta dalla quale esce un corteo nuziale, e manco a dirlo le campane della chiesetta suonano per davvero.
Più in basso, in un piccolo parco, una fontana manda cinque zampilli d’acqua con effetto artistico.
La vita non è tutta concentrata nella città: in campagna notiamo un mulino, le cui pale si muovono elettricamente.
Per il buongustaio esiste un ristorante in cima ad una torre, ed un ascensore si muove su è giù per il relativo trasporto.
C’è anche chi lavora: ecco una stabilimento, raccordato alla rete ferroviaria, dal quale emanano rumori segnalatori di una intensa attività. In una zona rocciosa del plastico è impiantata una pompa di perforazione per la ricerca del petrolio, azionata elettricamente, e chi ha la pazienza di osservarla per qualche minuto vedrà pure il petrolio gorgogliare su per le condutture.
Come si vede i meccanismi non fanno difetto, ma tante altre curiosità non hanno trovato posto in queste poche righe, che debbono servire come guida sommaria a chi non ha ancora visitato il grandioso complesso, il più grande d’Europa.
Non è solo tecnica: il paesello riproduce fedelmente una località esistente; un ponte è la riproduzione esatta del ponte di Piacenza; la salita che porta ad un Santuario riproduce esattamente la salita del Ghisallo, e la strada è occupata dai ciclisti del Giro d’Italia!
E l’elemento artistico non è stato trascurato: le colorazioni e le decorazioni sono state eseguite da un artista con perizia e senso estetico.
Se a tutto ciò si aggiunge un impianto elettrico che allaccia tutte le case del plastico, che copre tutte le strade ferrate e le strade civili con 4500 metri di cavi, si comprenderà come tale opera non sia solo un prodigio di tecnica miniaturistica ma anche e soprattutto un’espressione artistica degna di ammirazione.
Perciò “in carrozza signori”. Visitate Trenilandia|


Venerdì 12 agosto 1960

Sveglia alle ore 7.40. Il sonno è ancora padrone di noi, ma qualcuno ha la malvagia idea di battezzare il Bisca con un bicchiere d’acqua gelata, ed i gemiti del disperato svegliano tutti quanti.
La terza scampanata ci ritrova tutti riuniti per la S. Messa, a cui fa seguito la prima colazione, come al solito. Anche questa mattina ohimé il cattivo tempo ha fatto crollare i nostri castelli per l’itinerario della giornata.
Il freddo e la pioggia ci impediscono qualsiasi attività all’aperto, per cui ci ritiriamo in tenda dove, fino a mezzogiorno, leggiamo il libro di bordo “Buio vento fuoco” che ci restituisce l’allegria.
Da notare che Penela è stato agitato tutta la notte avendolo Triacca gonfiato di discorsi terrificanti circa la suo prossima morte. Si mangia con appetito, ma anche il pomeriggio si passa in tenda, fra letture e sonnecchia menti.
Renato, il nostro nuovo amico e vicino di casa (pardon di tenda) ci ha gentilmente prestato i suoi fumetti buoni, che vengono divorati in speciale modo dallo stipe lista Mio.
Giunge così l’ora della cena, e dopo i doveri cristiani ci prepariamo al sonno. Ma c’è un vuoto: non si sente la voce argentina di Penela, rimasto nella casetta dove si pensa possa meglio trascorrere la notte.
Ma non è così, e veniamo presto svegliati dal messer cuoco che cerca una pila per soccorrere il povero Penela che non sta bene.
Manco a farlo apposta, anche il Triacca accusa gli stessi sintomi, ai quali fa fronte con una abbondante libagione di cognac. Tutti si sentono contagiati ed il cognac svanisce in un baleno.
Si propone di preparare un “caffè notturno”, ma nessuno ne beve tranne il Bisca che, favorito dall’oscurità, se lo tracanna tutto per non rischiare di rovesciarlo mentre lo distribuisce.
Torna poi la calma, e un coro di sbadigli prepara il campo al sonno, questa volta definitivo fino all’alba del giorno seguente, l’ultimo del campeggio.



N. 9 - luglio-agosto 1967.


Il campeggio 1967

Avrà luogo a Ponte di legno (Valcamonica, provincia di Brescia).
Campo in una splendida pineta tra due torrenti.
Altitudine m. 1400
Campo situato sotto il ghiacciaio del Castellaccio (Adamello).
Per  informazioni e prenotazioni rivolgersi al Circo Giovanile, ma affrettatevi perché i posti sono limitati. Comunicare inoltre il periodo preferito.
Il Circolo Giovanile femminile organizza per le socie (in numero limitato) un accantonamento in baita in Val Sozzino. Affrettatevi!


Ultima giornata del primo campeggio: che tristezza!

13 agosto 1960.
Sveglia alle ore 8. S. Messa, colazione e poi sotto a fare i “regali bagagli”.
In breve tutto viene raccolto e messo in ordine, mentre il cortiletto assume l’aspetto di un vivace mercato, con scatole di qua, pacchi di là …
Si pranza con un piatto d’occasione, fagiolini con zampone.
Si dà l’ultima lavata ai piatti, in verità un po’ sommaria, ed è venuta l’ora della partenza.
Sotto il sole più cocente, in due gruppi ci avviamo verso Cusino, campo base. La discesa, sia perché in discesa che perla nostra fretta di trovare un po’ d’ombra, si compie in breve.
Il primo gruppo, composto da Bisca, Penela e Triacca arriva con un certo anticipo, che dà modo di avere una conversazione brevissima con una francesina di passaggio: “Est-ti francoise?” “Oui” dit-elle.
All’arrivo del secondo gruppo carichiamo i bagagli, non senza fatica e maledizioni; cicchettiamo un caffè e via per Azzate.
Sostiamo a Porlezza e a Como e facciamo il nostro ingresso in Oratorio alle ore 18.45
Un folto gruppo di ragazzi ci attornia facendoci innumerevoli domande sul com’è andata.
Regaliamo loro, lasciandoli purtroppo indifferenti, un pezzo del nostro formaggio montanaro, chiamato “il puzzolento”; ingratitudine umana!
Ci lasciamo per tornare alle nostre case, ma il nostro cuore è sempre al  Monte Lugone.


IL PREVOSTO AI PARROCCHIANI[1]

Miei cari parrocchiani: i nostri giovani hanno voluto preparare per la Santa Pasqua un fascicolo informativo sul costruendo Oratorio o Centro Giovanile. Li ringrazio di cuore per tutte le loro buone e belle iniziative e approfitto di questo mezzo per inviare in ogni famiglia gli auguri e Vi invito tutti a fare la Vostra Pasqua con Cristo Risorto: la pace sia con Voi!
Ad una parrocchia moderna non basta la chiesa grande e bella, occorrono attorno ad essa le opere parrocchiali adeguate per formare i cristiani che la devono frequentare. Fu questo il problema assillante che preoccupò fin dal primo ingresso in Azzate – 30 anni fa –il vostro Parroco.
Si richiede in Azzate un complesso di opere tali da venire incontro alle esigenze di oggi e dell’avvenire per la Parrocchia e anche per il Vicariato Foraneo. Però come buoni parrocchiani che si interessano della vita parrocchiale mi sembra che andiate dicendo: “Come pagheremo una tanta spesa?”. Voi già sapete che ci sono disponibili 50 milioni frutto della vendita di terreni del beneficio Parrocchiale, poi abbiamo chiesto un mutuo alla Cassa di Risparmio da estinguersi in 25 anni; infine confido in San Giuseppe patrono dell’Oratorio e nella Provvidenza che si potrà manifestare tramite le vostre offerte, oltre ad un prestito parrocchiale privato che potremmo aprire anche subito accogliendo le vostre adesioni.
Un prestito parrocchiale privato è già stato fatto nel 1950 quando il beneficio della Chiesa ha acquistato la vecchia caserma. Fu di grande aiuto e tutti coloro che hanno dato a prestito l loro danaro l’hanno potuto riavere con un conveniente interesse e ne avranno un merito per aver aiutato le opere di Dio.
Nella speranza di veder presto portata a termine la grandiosa opera che sia per oggi come per il domani il cuore della Parrocchia: sono certo di essere da Voi aiutato a dare ai Vostri figlioli un ambiente accogliente, moderno e bello per guidarli con Voi affinché diventino e quindi siano, e rimangano buoni cristiani praticanti e onesti cittadini.
Amate l’Oratorio, fatelo frequentare dai vostri figli, aiutate con generosità… anche a pagarlo!
Agli auguri aggiunge la sua benedizione nel nome del Signore.
Il Vostro affezionatissimo Prevosto sac. Angelo Cremona.
Azzate, aprile 1968.


IL CENTRO GIOVANILE PARROCCHIALE

L’8 settembre 1963 veniva benedetta la prima pietra dell’erigenda Palestra e Sala Spettacolo, iniziativa proposta quale impegno riconoscente della Parrocchia in occasione del 40° di sacerdozio e 25° di Parrocchia del nostro Prevosto don Angelo Cremona. Solo ora, a cinque anni di distanza, è possibile assistere alla realizzazione di questo desiderio.
Un lungo lavoro è stato necessario per lo studio del progetto e per dare corso alle pratiche relative. Il progetto iniziale, che prevedeva un’unica Sala-Palestra, venne totalmente riveduto dallo Studio Tecnico dell’ing. Dott. Sergio Brusa Pasquè alla luce delle esigenze della Parrocchia; determinante è stato l’apporto dato dai suggerimenti pratici e dei pareri tecnici degli ingegneri, i geometri ed esperti di Azzate, che in riunioni e dibattiti precisarono i criteri per una realizzazione che risultasse valida sotto tutti gli aspetti.
Ne è risultato un progetto esteticamente bello e funzionale, che conserva l’impostazione dello Studio tecnico dell’ing. Dott. Sergio Brusa Pasquè. La parte architettonica è stata curata dall’architetto Giavotto e l’utilizzo dei cementi armati dall’ing. Salerni.
L’approvazione della Commissione Edilizia Comunale si ottenne in data 18 marzo 1967, quella della Commissione Provinciale di Vigilanza il 4 settembre 1966, dopo di che il progetto fu inoltrato a Roma per l’approvazione del Ministero dello Spettacolo, che ci fu comunicata il 20 marzo 1967.
Il progetto venne anche approvato dall’Ufficio tecnico della Curia Arcivescovile e dal suo Ufficio Amministrativo, che anzi ne seguono direttamente l’esecuzione.
Poteva allora iniziare la fase esecutiva; nel giugno 1967 si avviano i lavori con lo sbancamento di circa 5.000 mc. di terreno particolarmente duro e i alcuni punti perfino roccioso; si procede alla gara d’appalto e nell’ottobre iniziano i lavori di fondazione eseguiti dall’impresa vincente, la Geom. L. Rimoldi di Milano.
Uno dei primi obiettivi da portare a termine è quello delle aule per il catechismo, per riunioni e adunanze di piccoli gruppi di ragazzi e giovani; tali aule, in un numero di otto, saranno per ragioni educative di modesta capienza e verranno dislocate sopra la nostra sala cinematografica; quest’ultima sostituirà quella esistente che sarò trasformata in cappella e sala per conferenze.
La nuova sala di spettacolo avrò una capienza di 500 posti su gradinata e platea, e sarà allestita sfruttando le più moderne tecniche di proiezione, acustica e condizionamento invernale con predisposizione di quelle estivo.
L’accesso alla sala di spettacolo avverrà dalla Via Acquadro mediante ampia scala e un atrio su due piani, di cui l’inferiore collegherà pure la palestra di misure regolamentari per la pallacanestro ed altri sport nonché la zona di ristoro per giovani.
Nel seminterrato saranno ricavati i servizi relativi alla palestra; vi sarà inoltre una palestra più piccola per atletica, judo e altri sport. Vi saranno pure sale per il Circolo Giovanile Maschile ed un’area di circa 300 mq. Riservata a zona di ricreazione coperta, sala giochi e sala TV per i ragazzi.
Sotto le gradinate della sala cinematografica verranno sistemate le batterie di condizionamento termico per tutto il complesso; la centrale termica sarà situata all’esterno, verso il cortile dove troverà posto un campo di pallacanestro all’aperto.
Questa breve descrizione, che verrà ampliata nella pagine seguenti, può dare una idea della mole dell’opera che ci si propone di realizzare. Certo non sappiamo quando si riuscirà a portarla a termine, perché a coprirne il costo non basterà lo sforzo finanziario intrapreso dalla Parrocchia con la vendita dei terreni del beneficio del Parroco e con l’assunzione, in via di perfezionamento, di un mutuo bancario per l’importo di trenta milioni. La si completerà pertanto nella misura in cui tutti gli Azzatesi riterranno di contribuire dopo averne comprese le finalità e dopo avere considerato le esigenze e la situazione d’ambiente.
Con quest’opera sappiamo di rispondere ad un’esigenza educativa confermata da Paolo VI nel suo “Decalogo degli Oratori”: “Ogni Parrocchia deve avere il suo Oratorio, un bell’Oratorio…. Si provveda quanto meglio è possibile”.
Riteniamo di avere tenuto presenti le esigenze odierne e, nel limite del possibile, anche quelle future; dobbiamo mettere in grado l?oratorio di essere sempre più attraente e sempre migliore mezzo di educazione cristiana e di formazione giovanile.
Ancora diceva il cardinal Montini di fronte allo sviluppo degli Oratori nel Sinodo Minore del 22 agosto 1960: “Possiamo domandarci se a questa migliore efficienza esteriore corrisponde anche una migliore efficienza pastorale ed interiore delle nostre Parrocchia; e possiamo con soddisfazione rispondere affermativamente. Questi strumenti sono necessari per l’azione della Chiesa e per la rispondenza del popolo e dove non intervengono ostacoli la loro stessa esistenza abbellita, ingrandita, ammodernata favorisce i contatti con i fedeli. Se si pensa poi che tutte queste costruzioni sono frutto delle offerte, pazientemente raccolte e generosamente date dai fedeli, si scopre un lato meraviglioso e talora commovente di queste opere: esse sono il segno e il sigillo di una fedeltà di popolo da meritare la riconoscenza ed il plauso per una carità così alta nei suoi motivi e così efficace nella sua collaborazione. Il Signore dovrà benedire un popolo che conserva, anzi sviluppa tali virtù benefiche e tale sentimento della comunità cristiana”.
Don Alberto.

Descrizione tecnica del progetto.

La progettazione dell’opera è stata affidata allo Studio tecnico dell’ing. Dott. Sergio Brusa Pasquè. Dopo appropriato esame delle esigenze si è pervenuti ad un progetto definitivo che si adegua alle particolari necessità dell’Oratorio e della nostra Parrocchia.
Le voci che hanno avuto maggior peso nella progettazione sono state la funzionalità e la sobrietà delle linee architettoniche.
L’edificio progettato comprende: una palestra, una sala cinema-teatro, un gruppo di aule, un ambiente per il gioco dei ragazzi, uno per il Circolo Giovanile ed una zona di ristoro, il tutto dotato dei relativi servizi.
Il prospetto principale dell’edificio si affaccia su Via Acquadro con una doppia gradinata che conduce in un atrio comunicante direttamente con la palestra e con l’entrata del cinema. La palestra, a forma di parallelepipedo di m. 20 x 31 di lato per m. 7 di altezza, accoglierà un campo regolamentare di pallacanestro e di pallavolo, nonché la completa attrezzatura per ginnastica al coperto (parco di arrampicata, quadri svedesi, spalliere ecc). Su di un lato è posta una gradinata della lunghezza di m. 26 con 3 alzate di cm. 40 x 80, in grado di ospitare oltre 200 spettatori. Sulla parete est, in alto, sono ricavate ampie vetrate che garantiscono adeguata illuminazione e ventilazione. Gli spogliatoi, le docce e i servizi sono posti sotto l’atrio principale d’ingresso, e vi si accede direttamente tramite una scala a due rampe.
Una sala per il Centro Sportivo, un pronto soccorso e un piccolo magazzino attrezzi sono invece ubicati allo stesso livello della palestra, adiacente alla scala che porta all’atrio superiore del cinema.
Un’agevole scala di m. 3,60 conduce dall’ingresso all’atrio del cinema al piano superiore.
Dalla quota del piano d’ingresso verso il palcoscenico discende gradatamente a gradinata, in modo che le uscite (di sicurezza) si trovino a livello stradale sulla Via Vittorio Veneto. La sala ha una lunghezza di m. 33 ed una cubatura di 2600 mc. I posti a sedere sono distribuiti in 6 settori separati da corsie orizzontali di m. 1,20 mentre la corsia centrale ha una  larghezza di m. 1,50; fra i posti a sedere e le pareti della sala è previsto un corridoio con una larghezza variante dal minimo di m. 1,20 al massimo di m. 2,60. La capienza è di 500 posti.
Il palcoscenico, a quota m. 0,90 sul livello minimo del pavimento della sala, ha una estensione in profondità di m. 6,50 ed una larghezza di m. 14 circa. Lungo la parete di fondo del palco verrà sistemato lo schermo cinematografico di m. 11 x 5. La visibilità e l’acustica della sala sono state accuratamente studiate. A tale scopo si è prevista l’aggiunta, nella zona adiacente allo schermo, di superfici assorbenti direzionate verso il fondo della sala, in modo da ottenere con una frequenza acustica di 512 Hz. Un tempo ottimo di riverberazione pari a sec. 1,10; per lo stesso fine anche il soffitto della sala verrà dotato di pannelli diffusori che assicurano uniformità di suono evitando specularità o moti acustici negativi.
La cabina di proiezione, alla quale di accede direttamente dall’esterno a mezzo di una scala elicoidale, si trova sullo stesso piano del terrazzo di copertura dell’atrio-cinema; essa verrà dotata di due moderne macchine da proiezione. Al piano dell’atrio d’ingresso del cinema sono ubicati i doppi servizi igienici.
Sopra la sala cinematografica sono state ricavate piccole aule di m. 6 x 6, una saletta per gli insegnanti e relativi servizi, raggiungibili tramite una scala che salirà dal cortile interno annesso alla
Costruzione già esistente; dette aule usufruiranno della scala elicoidale della cabina di proiezione quale scala di sicurezza.
Sotto la palestra sono stati ricavati tre ambienti: uno per il gioco al coperto dei ragazzi, uno destinato ai giovani ed una piccola palestra per ginnastica; ci si accede mediante una scaòa, direttamente dalla Via Acquadro. Detti ambienti hanno complessivamente le stesse dimensioni della palestra sovrastante, cin una luce di m. 3.
L’area riservata ai giovani comprenderà una sala di lettura, una sala TV ed audizione ed un ambiente per musica ed “hobbies” vari.
Particolare cura è stata dedicata allo studio del riscaldamento e del condizionamento degli ambienti. Per un miglior rendimento ed un sostanziale risparmio di calorie verranno istallate due caldaie con i rispettivi bruciatori a gasolio di 480.000 e 210.000 calorie/ora che potranno funzionare separatamente secondo necessità, come indipendentemente potranno essere condizionate le varie parti del fabbricato.
Verranno istallati condizionatori provvisti di batterie e ventilatori abbinati per immissione dell’aria condizionata. Sarà inoltre istallato un termo accumulatore da litri 1.500 con batterie di scambio in tubi di rame e bronzo, in grado di fornire una produzione di l. 160 d’acqua alla temperatura di 50° centigradi.
Per il ricambio dell’aria nella sala cinematografica verrà istallato un estrattore per espulsione e ricambio automatico della portata di 3.000 mc/ora, azionato da un quadri a 10 velocità.
L’estetica del fabbricato, infine, lineare e moderna, si inserirà armonicamente nell’ambiente circostante.
                                                                            Geom. Luigi Rolandi.


Opinioni a confronto

Fu detto da una persona molto illuminata: “Date a Cesare quello che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio”. Ora io aggiungo per la circostanza: “Date ai giovani quello che è dei giovani”.
Il nuovo impianto sportivo-ricreativo formativo che va di giorno in giorno alzandosi, di chi deve essere, per chi, se non per i giovani?
Ora si presenta un problema: come reagiranno i giovani di fronte a quest’impegno economico e morale, preso con coraggio dalla Parrocchia?
Io sono un giovane, quindi posso esprimere il mio giudizio. Indipendentemente dai pregi edili, giudico questo nuovo complesso un passo avanti verso una più concreta e razionale partecipazione di noi giovani di Azzate alla vita sociale, se sapremo farne il miglior uso.
Mi spiego: le attività sportive, praticate non come fine a sé stesse, ma con agonismo e dilettantismo, ci aiutano nella formazione del carattere, ci fanno nello stesso tempo sentire protagonisti, ci permettono di mantenere il fisico in salute, ci divertono utilmente.
Le verità culturali ci aiutano a scegliere e a meglio determinare la nostra condotta nella vita, ci forniscono gli ideali per cui vivere, per cui combattere, ci presentano alla vita stessa già preparati e forti. E non si può negare che un giovane estraniato da questo vivere intensamente sarà da adulto un individuo asociale, inasprito, scontento di sé e degli altri, forse anche amorale.
Tanto utili sono dunque queste attività perché, oltre a dimostraci l’interesse e la buona volontà della Parrocchia, ci plasmano quando ancora siamo malleabili, quando ancora non siamo giunti al bivio della nostra esistenza: da una parte una vita facile, alla giornata, senza ideali, e dall’altra una vita improntata ad una piena coscienza della responsabilità delle nostre azioni, una vita vissuta per quegli ideali che caratterizzano e distinguono l’uomo dalla bestia.
Io sono nuovo di questo paese però non l’ho trovato di tanto differente da quello da cui provengo; c’è una sola differenza, ma sostanziale: dove prima abitavo non c’erano impianti ricreativi e formativi della portata di quelli che sono ora in costruzione ad Azzate. Il mio atteggiamento non può quindi essere se non di piena adesione a questo sforzo lodevole sotto il punto di vista umano, sociale e cristiano che la Parrocchia sta compiendo.
Un giovane che si è trovato senza una guida esperta, senza un appoggio morale, senza un aiuto per la costruzione della propria personalità, non è più un giovane completo. Infatti l’uomo è composto di anima e di corpo; per il corpo ognuno pensa, ma per l’anima chi si preoccupa?
Oppure è più comodo fingersi ignoranti e inconsapevoli? Ed è da queste situazioni dolorose che nascono i rifiuti della società, perché sono essi stessi i primi che si sono rifiutati.
Tutto questo mio scritto non vuole essere predica, perché non voglio rubare il mestiere ai preti, ma una sostanziale esortazione ai giovani ed essere quello che dovrebbero veramente diventare: il sale della terra, il fermento, il lievito della vita, il futuro in cui si spera ed a cui si guarda con fiducia.

                                                                                                      Daniele Bonsembiante


Perché?

E’ un interrogativo che si pongono la maggior parte degli Azzatesi e che viene spontaneo alla vista di una così vasta e complessa opera. Numerosi argomenti validi possono dare una risposta esauriente a questa domanda. Un elemento indispensabile all’educazione dei giovani d’oggi è lo sport. Esso contribuisce a formare fisicamente e psicologicamente coloro che realizzano la società di domani.
Prima di tutto lo sport insegna la lealtà: essere leale nel gioco abitua a essere leale e onesto nelle cose più importanti della vita; insegna la disciplina mediante le sue regole precise ed aiuta a raggiungere un perfetto autocontrollo.
Anche il corpo ha bisogno dello sport per crescere, e gli esercizi sportivi aiutano coloro che li praticano a diventare forti e sani.
E’ proprio per queste esigenze che si è pensato di costruire una palestra dove i giovani possano praticare ogni genere di sport. Un’altra domanda che a questo punto ci si potrebbe porre è: “Ma il vecchio campo di pallacanestro non era sufficiente?”.
Decisamente no! Prima di tutto non sempre era praticabile; essendo all’aperto niente poteva essere fatto in inverno e nei periodi piovosi: solamente durante i pochi mesi estivi si poteva sfruttarlo.
Con la nuova palestra questo problema sarà risolto, anzi sarà possibile svolgere attività prima inattuabili.
Ma non unicamente per lo sport si è intrapresa la costruzione di un’opera così importante. La Parrocchia di Azzate ha ora bisogno di una sala cinematografica migliore di quella attuale, diventata ormai troppo piccola e non più in grado di soddisfare le esigenze del pubblico. Oggigiorno il cinema ha la sua importanza, anche se da molti esso è a torto considerato come un passatempo inutile. Non dobbiamo nemmeno considerare tutto il mondo del cinema come immorale: il cinema, quello buono, è un valido strumento per conoscere il mondo, nuove idee e orizzonti più vasti. E’ un mezzo di comunicazione moderno, come il giornale che entra ogni giorno in tutte le case e come la televisione.
Nel nuovo Centro Giovanile ci saranno inoltre sale di ritrovo dove i giovani potranno trovare un loro ambiente nel quale non solo divertirsi, ma anche restare insieme e discutere i loro problemi. Delle sale saranno destinate a riunioni di cultura religiosa e a discussioni e scambi d’esperienze come quelle già in atto nei centri femminile  e maschile.
Questi sono solo alcuni dei tanti motivi che hanno indotto a intraprendere questi lavori. Ci si potrebbe ancora domandare: “Ma che necessità c’è di costruire una cosa così grande in un piccolo centro come Azzate?”. Chi la pone deve tenere presente che la Parrocchia di Azzate non deve restare indietro perché piccola, anzi deve cercare di mantenere il passo col progresso, completando le opere già esistenti (piscina, campo di calcio) con il nuovo Centro Giovanile.

                                                                                                   Ernesta Tibiletti


Parliamo dei Circoli Giovanili.

Che ne sappiamo noi del Circolo Giovanile?
Non nasce a tavolino o nel cervello di un teorico geniale, ma nelle strade, nei cinema, nei campi sportivi. Nei bar, nei ritrovi, nei luoghi di svago dei nostri paesi e città: dovunque ci sono i giovani.
Nasce dunque dalla realtà più certa, dal desiderio più istintivo, dall’esigenza comune dei giovani, anzi di tutti i giovani. La tendenza associativa, la disposizione a vivere insieme certe attività.
Ma dove e come associarsi? Molti i luoghi e i modi, uno dei quali è il Circolo Giovanile, il quale offre ai giovani un ambiente terrestre e un metodo umano per la loro unione. Terrestre l’ambiente, cioè non accompagnato tra le nuvole; umano il metodo cioè ripugnante ad ogni sorta di allevamento bovino. L’ambiente è la parrocchia, il metodo è lo stile democratico.
Quanto allo scopo che il centro Giovanile si propone esso si snebbia dal generico e dal vaporoso, per assumere linee ferme e peso misurabile: l’educazione di se stessi, lo sviluppo potenzialmente integrale della propria personalità: educazione tramite maneggio di vanga e zappa, non mediante starnazza menti e chiacchere; educazione anche che, aborrendo dai pigolii tristanzuoli dello spirito di bottega, investe la realtà umana e sociale in tutte le sue espressioni (politica, sport, tempo libero, turismo, spettacolo, letteratura, vita cittadina e rionale, assistenza caritativa, servizio, ecc.).



8 settembre 1963 benedizione della prima pietra dell’erigenda palestra e sala spettacolo.
4 settembre 1966 approvazione del progetto da parte della Commissione Provinciale di Vigilanza di Varese.
18 marzo 1967 approvazione del progetto da parte della Commissione Edilizia Comunale di Azzate.
20 marzo 1967 approvazione del progetto da parte del Ministero dello Spettacolo di Roma.
Giugno 1967 inizio dei lavori di sbancamento del terreno.



[1] Estratto dal numero speciale della Giostra dei Giovani, Pasqua 1968.

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