venerdì 17 luglio 2015

RITRATTO DI GIO. BATTISTA BOSSI DETTO PASSERINO



Bel personaggio il nostro don Gio. Battista Bossi detto Passerino del quale abbiamo la fortuna di avere una rappresentazione pittorica ad olio ora conservata presso una collezione privata.
La cornice che contiene la tela è di poco pregio ma probabilmente rispecchia il gusto e la moda del Seicento. Quello che invece colpisce è il personaggio, ripreso a mezzo busto, che manifesta allo stesso tempo austerità, imponenza, corposità, eleganza fin’anco ma, comunque, serenità.
Non ci risulta che don Gio. Battista abbia ricoperto qualche carica pubblica, come invece avevano fatto i suoi antenati che si erano caratterizzati per essere stati giureconsulti o notai.
La didascalia posta sull’angolo di destra in alto del dipinto dice: “Dominus Joannes Baptista Bossius dictus Passerinus nupsit dominam Hieronimam Bossiam” che, a quanto sin qui detto, aggiunge soltanto la notizia che sposò donna Gerolama Bossi, appartenente ad un altro ramo della nobile famiglia azzatese, come era usanza del tempo.
Matrimoni tra Bossi e Bossi erano comunissimi e rispondevano all’esigenza di mantenere in famiglia il patrimonio che, diversamente, sarebbe confluito in altre famiglie.
Questa eventualità si verificava raramente, ma avvenne, come vedremo, nel caso in cui fosse rimasta una figlia che sposava un personaggio al di fuori della famiglia Bossi.

Poteva succedere anche che due figli maschi dessero origine a due distinti rami i cui discendenti alla fine si sarebbero sposati tra di loro, riunendo in questo modo in un solo tronco l’albero che si era precedentemente biforcato e come è visibilmente ben documentato nell’albero genealogico della specifica famiglia dei Bossi di Milano cui appartenne il Passerino che stiamo trattando e la cui rappresentazione pittorica è pure conservata presso la stessa collezione.


E proprio in questo albero genealogico la didascalia contenuta nel medaglione che riguarda il Passerino dice: “Ex nobilibus antiquoiri loci Azzati 1679 et Hieronima Bossia coniuges 1671” dove le due date vanno presumibilmente interpretate come quelle del loro ultimo atto pubblico, ossia il testamento, essendo il 1679 molto vicino alla data a noi conosciuta della morte del Passerino che avvenne ad Azzate il 17 Settembre dell’anno successivo.
Anche la data del 1671 riferita a sua moglie Gerolama sembra quella verosimile del suo testamento poiché da altre fonti e precisamente dagli atti di battesimo conservati presso l’Archivio Parrocchiale di Azzate sappiamo che ella intervenne ripetutamente come madrina al sacro rito dal 1647 al 1663.
Cerchiamo ora di descrivere l’abbigliamento del nostro Passerino che è qui rappresentato come il nobile degli antichi Bossi del luogo di Azzate (ricordiamo che è una convenzione nostra quella di aver definito questo ramo come Bossi di Milano per non confonderli con i loro omonimi abitanti nel Castello di Azzate).



Dalla giubba sopraveste color marrone spunta sotto la gola un fazzoletto a pizzo circolare mentre dalle maniche rimboccate a tre quarti e fermate da un vistoso fiocco spuntano le maniche della camicia bianca arricchita da eleganti pences.
Una fascia finemente ricamata e messa a tracolla sorregge la spada mentre una fila fittissima di bottoni guarnisce i fianchi e l’incrocio del doppio petto.
La mano destra impugna una borsa ed anche la sinistra afferra qualcosa appoggiata sull’angolo di un tavolo od un ripiano.
Nella metafora, la spada, come la borsa, viene trattata come un oggetto comune che ogni individuo dovrebbe portare con sé e che, a maggior ragione, dovrebbe essere il simbolo della difesa dei deboli e la prodigalità verso i poveri che ogni appartenente alla classe nobile come il Passerino dovrebbe avere in sé.
Il viso sereno e maestoso è incorniciato da pochi capelli e danno risalto espressivo gli zigomi rubizzi, baffetti sottili e lunghi accompagnati da pizzetto.
Per dare profondità pittorica, il ritrattista ha inserito sull’angolo di sinistra un panneggio a mo’ di tenda rialzata.


Nessun commento:

Posta un commento