lunedì 21 ottobre 2013

Cartigli di Giovanni Battista Ronchelli nel salone d'ingresso di Villa Bossi-Zampolli

Sopra le quattro porte che si affacciano sul salone d’ingresso sono state affrescate da Giovanni Battista Ronchelli nel 1777 quattro tavole di legno fissate ad un pezzo di corda (tre attraverso un occhiello centrale ed una alle estremità) che riportano in caratteri maiuscoli una parte de “I principi della morale ossia saggio sopra l’uomo”, poema inglese di Alexander Pope (1688-1744), tradotto in versi sciolti italiani dal cavalier Anton Filippo Adami. 




Bisogna tenere presente che l'Essay on Man di Alexander Pope (I principi della morale, o sia saggio sopra l'uomo), poema inglese di Alexander Pope venne tradotto in versi sciolti italiani dal cav. Anton Filippo Adami ad Arezzo nel 1756 e quindi poteva esserne venuto a conoscenza sia  Giovanni Battista Ronchelli che il conte Claudio Luigi Bossi che, come sappiamo, alla data del 1777 erano rispettivamente l’esecutore degli affreschi e il committente degli stessi.
Un tramite potrebbe anche essere stato lo stesso traduttore Anton Filippo Adami che, in qualità di cavaliere del Sacro Ordine Militare di S. Stefano, poteva essere in contatto con la nobile famiglia Bossi di Azzate, un cui antenato (Gio. Antonio Bossi) era stato investito dello stesso ordine l’8 aprile 1594. Circostanza piuttosto incerta, ma non impossibile, visto che quel ramo dei Bossi inserì nel proprio stemma la croce di S. Stefano e continuò sempre a mantenerla.
Uno spazio di 21 anni, dalla data di pubblicazione del poema e quella della realizzazione dei cartigli, sembra un tempo congruo perché il poema possa essere venuto a conoscenza o del Ronchelli o del Bossi e non si prende minimamente in considerazione il dubbio che i cartigli siano postumi al 1777 e di mano di un altro artista. Al più si può ipotizzare che il Ronchelli sia intervenuto in un secondo momento, tenendo presente che morì nel 1788.

Mi sembra invece di poter avanzare qualche dubbio sull’accostamento dei cartigli, dai toni così fortemente moralistici, al tono dopotutto gioioso, naturalistico, anche bucolico se vogliamo, rappresentato nei sei quadroni.
E’ pur vero che il Ronchelli siamo abituati a vederlo in opere di carattere religioso e mitologico, quindi un Ronchelli serio, ma proprio ad Azzate che si è lasciato andare, per una volta, ad una pittura più libera e reale, ci ripensa o gli viene suggerito di sottolineare anche l’aspetto moralistico.




 IMBECILLE MORTAL, SAPPI, ED IN QUESTA DOTTRINA IL TUO SAPER TUTTO SI CHIUDA; SAPPI, CHE INVAN FELICITADE IN TERRA CERCHI, SE DEL TUO SPIRTO, E DEL TUO CUORE VIRTU’ NON REGGE IL FRENO;
  
Se teniamo presente che “ragione e passione sono la risposta a un’unica grande domanda; che il vero amor proprio e la vera dedizione sociale sono la stessa cosa; che soltanto la virtù è la nostra felicità, quaggiù; e che tutta la nostra conoscenza è conoscere noi stessi”, forse riusciamo a commentare la frase in questo modo: “O ignaro mortale renditi conto, e sia questa la tua massima, che nella vita terrena rincorrerai invano la felicità se la virtù non riuscirà a frenare l’impeto del tuo spirito e del tuo cuore”




ELLA[1] PUO’ SOLA RINTRACCIARLA, E IMMUTABILE LA RENDE E PERFETTA, ED ETTENRNA; ELLA TRIONFA NELL’INSTABIL FORTUNA, E AL TEMPO ISTESSO IN SICURO SI[2] PON DEI COLPI SUOI.

 La virtù può solo rintracciare la felicità e può renderla immutabile, perfetta ed eterna; la virtù trionfa nei momenti di fortuna instabile e al tempo stesso ci mette al riparo dalle sue disgrazie.



ELLA SENZA ADULAR LA NOSTRA MENTE CON SPEME LUSINGHEVOLE, E FALLACE, RENDE A CIASCUNO IL GUIDERDON[3] CHE MERITA; O PORGA BENEFIZIO, O NE RICEVA, SEMPRE HA UN EGUAL PIACERE, SEMPRE E’ CONTENTA;

La virtù senza adulare la nostra mente con speranze lusinghevoli, e ingannevole rende a ciascuno la ricompensa che merita; sia che offra benefici e ne riceva, ha sempre un uguale piacere, è sempre contenta.


 Il poema continua con queste ulteriori parole, che il Ronchelli o chi per esso, dovette sacrificare poiché i cartigli erano soltanto quattro:

E BENCHE’ AFFLITTA, DESOLATA, E SOLA, GUSTA SEMPRE IN SEGRETO E GIOIA, E PACE, BENI IN MEZZO AI DILETTI AL VIZIO IGNOTI; AI DILETTI, CHE ACCENDON LE BRAME, MA NON LE RENDON MAI SATOLLE E PAGHE[4].

 E benché afflitta, desolata e sola, la virtù gusta sempre in segreto la gioia e la pace, beni che sono sconosciuti a coloro che apprezzano il vizio e accrescono i desideri ma non li rendono mai sazi e appagati.





DAL PIU’ FUNESTO, E SPAVENTOSO OGGETTO, DAL SOGGIORNO PIU’ INOSPITO, E SELVAGGIO, RITRAE SEMPRE VIRTU’ QUALCHE PROFITTO; E IMPERTERRITA SEMPRE, E VIGILANTE GLI EVENTI O TRISTI, O LIETI IN CALMA ATTENDE;

Dai danni più irreparabili e spaventosi, dal luogo più inospitale e selvaggio, la virtù ricava sempre qualche vantaggio e imperterrita e vigilante sia gli eventi tristi che quelli lieti attende con calma.


ADAMI, Anton Filippo. - Nato a Livorno nel primo decennio del sec. XVIII, studiò a Roma ed esercitò in un primo tempo il mestiere delle armi; abitò a lungo a Firenze e venne onorato della cittadinanza fiorentina. Vestì nel 1735 l'abito di cavaliere del Militare Ordine di S. Stefano; ricoprì la carica di provveditore dell'Arte dei medici e degli speziali di Pistoia e nel 1761 il granduca di Toscana lo nominò senatore. Socio della Colombaria, membro dell'Accademia Etrusca, dei Georgofili e di altre accademie, venne dall'Arcadia di Roma eletto custode della Colonia fiorentina. Vasta fu la sua produzione letteraria che abbracciò la poesia, la filosofia, l'archeologia, la storiografia, l'agricoltura, unendo egli il gusto per l'erudizione e l'amore per la tradizione ad interessi aperti anche in senso riformatore.
Un suo carme latino, De civitate ac portu Liburni, fu letto il 26 ottobre 1723 in una riunione dell' Accademia Livornese. Le raccolte delle poesie (Poesie scelte di vario genere, Firenze 1755; Poesie, con una dissertazione sopra la Poesia drammatica e musica del teatro, Firenze 1755; Saggio di prose e poesie, Lucca 1767) gli assicurarono una certa fama, mentre le sue Odi panegiriche a Cesare (Livorno 1755), di ispirazione aulica, ebbero un largo successo e furono tradotte anche in francese. Come poeta meritò le lodi del Bonechi, di S. Maffei e di P. Metastasio, che da Vienna (30 luglio 1753, in Tutte le Opere del Metastasio,Firenze 1832, p. 964) gli scriveva di "aver sempre ammirato i suoi sonetti" nei quali "aveva trovato robustezza e nobiltà di stile, profondità di dottrina, vivacità di fantasia".
Tradusse in versi italiani il Britannicus di Racine (Firenze 1752) e l'Essay on Man di A. Pope (I principi della morale, o sia saggio sopra l'uomo, poema inglese di A.Pope tradotto in versi sciolti italiani dal cav. Ant. Fil. Adami,Arezzo 1756; la traduzione dell'Adami fu inclusa anche in una edizione del Saggio in più lingue, pubblicata a Strasburgo nel 1772). G. Lami (Novelle letterarie,Firenze 1748, coll. 225-226) e G. M. Mazzuchelli (Gli Scrittori d'Italia,I, 1, Brescia 1753, p. 130) criticarono la traduzione de I Canti biblici ed altri Salmi della Sacra Scrittura con i Treni di Geremia (Firenze 1748), fatta dall'A. e dedicata al Muratori che invece lodò l'operetta e deplorò la recensione del Lami (L. A. Muratori, Epistolario,a cura di M. Campori, XI, Modena 1907, pp. 5176 s.: lettera all'A., Modena 6 giugno 1748). Scrisse anche componimenti poetici d'ispirazione teologico-religiosa (Ode sopra la religione in risposta ad una lettera poetica francese, XII sonetti contenenti le prove principali della Religione cristiana, il tutto illustrato con critiche e filosofiche annotazioni,pubblicati in aggiunta all'edizione aretina della traduzione del Saggio del Pope), una Dimostrazione dell'esistenza di Dio provata con la contingenza della materia (Livorno 1753), le Dissertazioni critiche in cui molti importantissimi documenti si trattano sopra le antichità etrusche, romane e de' mezzi tempi appartenenti alla città di Firenze (Pisa 1766) e la prefazione al Ragguaglio storico di tutto l'occorso giorno per giorno nel sacco di Roma del sanminiatese mons. J. Buonaparte comparso con data di Colonia 1756. Progettando una raccolta degli storici fiorentini, curò la pubblicazione della Cronica delle cose d'Italia dall'anno 108o fino all'anno 1305 di Paolino Pieri (Roma 1755), di cui scrisse un dotto ed interessante commento.
Convinto della necessità di un rinnovamento negli studi storiografici, compose il Prospetto di una nuova compilazione della Storia fiorentina dai suoi principi fino alla estinzione della Reale Casa de' Medici (Pisa 1758), nel quale, dopo aver fatto rilevare che la mancanza di una storia di Firenze era dipesa dallo stato di soggezione "alla politica gelosia dei Sovrani medicei", in cui si erano trovati gli storici costretti a travisare o a tacere la verità, auspicava che qualche scrittore si accingesse alla compilazione della storia fiorentina e, ispirandosi alla lezione del Muratori, esponeva i principi ed il metodo, ai quali si sarebbe dovuto attenere il suo storico ideale.
Della partecipazione dell'A. alle discussioni e al movimento riformatore leopoldino sono indicative due opere da lui curate, la Deduzione sopra l'Asilo sacro. Opera del Cancelier Cristiani per la prima volta pubblicata da S.E.A.F.A., Venezia 1766 (cfr.Novelle letterarie,Firenze 1766, col. 624, che attribuisce all'A, la prefazione e le note); e la Raccolta di Leggi e Statuti su i possessi ed acquisti delle manimorte con varie Dissertazioni di celebri Autori... Opera che può servire di continuazione al Trattato della Regalia scritto da Don Pedro Rodriquez Campomanes,Venezia 1767 (cfr. Novelle letterarie,Firenze 1767, col. 649).
Un altro breve scritto, nel quale circolano egualmente motivi di polemica illuministica, è il ragionamento Della educazione di un gentiluomo, Arezzo 1759, recitato in quell'anno all'Accademia degli Apatisti. Alla critica dell'educazione formalistica e retorica si accompagna la preoccupazione di offrire ai giovani una formazione "moderna", fondata nelle scienze utili e prima di tutto sulla scienza economica.
Il 4 novembre 1767 l'Adami lesse all'Accademia dei Georgofili un importante discorso Della necessità di accrescere e migliorare la agricoltura nella Toscana (Firenze 1768), in cui troviamo un acuto esame delle condizioni delle campagne del granducato.
La morte lo colse, nel 1770, mentre stava componendo una tragedia sulla congiura dei Pazzi.
Bibl.: L. Allacci, Drammaturgia,Venezia 1755, col. 851; Elogi degli uomini illustri toscani,IV, Lucca 1774, p. CCCCXII, sub voce J. Adami; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana,I, Firenze 1805, p. 5;F. Inghirami, Storia della Toscana,XII, Fiesole 1843, p. 37; F. Pera, Ricordi e biografie livornesi,Livorno 1867, pp. 139-146; Id., Curiosità livornesi,ibid. 1888, pp. 240-242, 298, 324.

(Estratto da. Dizionario biografico degli Italiani).



Escludo che possano esserci stati contatti diretti di Alexander Pope con Giovanni Battista Ronchelli o con il conte Claudio Luigi Bossi. E’ più probabile che i contatti, se ci sono stati, siano avvenuti attraverso il traduttore della sua opera (Saggio sull’uomo) che avvenne nel 1756 ad opera di Anton Filppo Adami.
Quest’ultimo vestì l’abito di Cavaliere del Militare Ordine di S. Stefano nel 1735 e potrebbe essere il tramite attraverso il quale la famiglia Bossi venne in contatto con lui. A dire il vero Gio. Antonio Bossi venne nominato cavaliere di S. Stefano il 18 aprile 1594 (quasi un secolo e mezzo prima), ma il fatto di aver messo nello stemma di famiglia la croce di S. Stefano, fa supporre che gli eredi di Gio. Antonio Bossi abbiano mantenuto in qualche modo il rapporto con l’Ordine Militare.


Azzate, Villa Bossi-Riva-Cottalorda-Ghiringhelli,
Gio. Antonio Bossi cavalierie di S. Stefano.





[1] Riferito alla felicità.
[2] Leggi ci.
[3] Ricompensa.
[4] Questa parole sono nel testo di Pope ma non sono riportate nel cartiglio.

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