Sopra le quattro porte che si affacciano sul salone
d’ingresso sono state affrescate da Giovanni Battista Ronchelli nel 1777
quattro tavole di legno fissate ad un pezzo di corda (tre attraverso un
occhiello centrale ed una alle estremità) che riportano in caratteri maiuscoli
una parte de “I principi della morale ossia saggio sopra l’uomo”, poema inglese
di Alexander Pope (1688-1744), tradotto in versi sciolti italiani dal cavalier
Anton Filippo Adami.
Bisogna tenere presente che l'Essay on Man di Alexander Pope (I principi della morale, o sia saggio sopra l'uomo), poema inglese di Alexander Pope venne tradotto in versi sciolti italiani dal cav. Anton Filippo Adami ad Arezzo nel 1756 e quindi poteva esserne venuto a conoscenza sia Giovanni Battista Ronchelli che il conte Claudio Luigi Bossi che, come sappiamo, alla data del 1777 erano rispettivamente l’esecutore degli affreschi e il committente degli stessi.
Un tramite potrebbe anche essere
stato lo stesso traduttore Anton Filippo Adami che, in qualità di cavaliere del
Sacro Ordine Militare di S. Stefano, poteva essere in contatto con la nobile
famiglia Bossi di Azzate, un cui antenato (Gio. Antonio Bossi) era stato
investito dello stesso ordine l’8 aprile 1594. Circostanza piuttosto incerta,
ma non impossibile, visto che quel ramo dei Bossi inserì nel proprio stemma la
croce di S. Stefano e continuò sempre a mantenerla.
Uno spazio di 21 anni, dalla
data di pubblicazione del poema e quella della realizzazione dei cartigli,
sembra un tempo congruo perché il poema possa essere venuto a conoscenza o del
Ronchelli o del Bossi e non si prende minimamente in considerazione il dubbio
che i cartigli siano postumi al 1777 e di mano di un altro artista. Al più si
può ipotizzare che il Ronchelli sia intervenuto in un secondo momento, tenendo
presente che morì nel 1788.
Mi sembra invece di poter
avanzare qualche dubbio sull’accostamento dei cartigli, dai toni così
fortemente moralistici, al tono dopotutto gioioso, naturalistico, anche
bucolico se vogliamo, rappresentato nei sei quadroni.
E’ pur vero che il Ronchelli
siamo abituati a vederlo in opere di carattere religioso e mitologico, quindi
un Ronchelli serio, ma proprio ad Azzate che si è lasciato andare, per una volta,
ad una pittura più libera e reale, ci ripensa o gli viene suggerito di
sottolineare anche l’aspetto moralistico.
Se teniamo presente che “ragione
e passione sono la risposta a un’unica grande domanda; che il vero amor proprio
e la vera dedizione sociale sono la stessa cosa; che soltanto la virtù è la
nostra felicità, quaggiù; e che tutta la nostra conoscenza è conoscere noi
stessi”, forse riusciamo a commentare la frase in questo modo: “O ignaro
mortale renditi conto, e sia questa la tua massima, che nella vita terrena
rincorrerai invano la felicità se la virtù non riuscirà a frenare l’impeto del
tuo spirito e del tuo cuore”
ELLA[1] PUO’
SOLA RINTRACCIARLA, E IMMUTABILE LA RENDE E PERFETTA, ED ETTENRNA; ELLA TRIONFA
NELL’INSTABIL FORTUNA, E AL TEMPO ISTESSO IN SICURO SI[2] PON
DEI COLPI SUOI.
ELLA SENZA ADULAR LA NOSTRA MENTE CON SPEME LUSINGHEVOLE, E
FALLACE, RENDE A CIASCUNO IL GUIDERDON[3] CHE
MERITA; O PORGA BENEFIZIO, O NE RICEVA, SEMPRE HA UN EGUAL PIACERE, SEMPRE E’
CONTENTA;
La virtù senza adulare la nostra mente con speranze
lusinghevoli, e ingannevole rende a ciascuno la ricompensa che merita; sia che
offra benefici e ne riceva, ha sempre un uguale piacere, è sempre contenta.
E BENCHE’ AFFLITTA, DESOLATA, E SOLA, GUSTA SEMPRE IN
SEGRETO E GIOIA, E PACE, BENI IN MEZZO AI DILETTI AL VIZIO IGNOTI; AI DILETTI,
CHE ACCENDON LE BRAME, MA NON LE RENDON MAI SATOLLE E PAGHE[4].
E benché afflitta,
desolata e sola, la virtù gusta sempre in segreto la gioia e la pace, beni che
sono sconosciuti a coloro che apprezzano il vizio e accrescono i desideri ma
non li rendono mai sazi e appagati.
DAL PIU’ FUNESTO, E SPAVENTOSO OGGETTO, DAL SOGGIORNO PIU’
INOSPITO, E SELVAGGIO, RITRAE SEMPRE VIRTU’ QUALCHE PROFITTO; E IMPERTERRITA
SEMPRE, E VIGILANTE GLI EVENTI O TRISTI, O LIETI IN CALMA ATTENDE;
Dai danni più irreparabili e spaventosi, dal luogo più
inospitale e selvaggio, la virtù ricava sempre qualche vantaggio e imperterrita
e vigilante sia gli eventi tristi che quelli lieti attende con calma.
ADAMI, Anton Filippo. -
Nato a Livorno nel primo decennio del sec. XVIII, studiò a Roma ed esercitò in
un primo tempo il mestiere delle armi; abitò a lungo a Firenze e venne onorato
della cittadinanza fiorentina. Vestì nel 1735 l'abito di cavaliere del Militare Ordine di S. Stefano; ricoprì la carica di
provveditore dell'Arte dei medici e degli speziali di Pistoia e nel 1761 il
granduca di Toscana lo nominò senatore. Socio della Colombaria, membro
dell'Accademia Etrusca, dei Georgofili e di altre accademie, venne dall'Arcadia
di Roma eletto custode della Colonia fiorentina. Vasta fu la sua produzione
letteraria che abbracciò la poesia, la filosofia, l'archeologia, la
storiografia, l'agricoltura, unendo egli il gusto per l'erudizione e l'amore
per la tradizione ad interessi aperti anche in senso riformatore.
Un suo carme latino, De
civitate ac portu Liburni, fu letto il 26 ottobre 1723 in una riunione
dell' Accademia Livornese. Le raccolte delle poesie (Poesie scelte di vario
genere, Firenze 1755; Poesie, con una dissertazione sopra
la Poesia drammatica e musica del teatro, Firenze 1755; Saggio di prose e poesie, Lucca
1767) gli assicurarono una certa fama, mentre le sue Odi panegiriche a Cesare (Livorno 1755), di ispirazione
aulica, ebbero un largo successo e furono tradotte anche in francese. Come
poeta meritò le lodi del Bonechi, di S. Maffei e di P. Metastasio, che da
Vienna (30 luglio 1753, in Tutte
le Opere del Metastasio,Firenze 1832, p. 964) gli scriveva di "aver
sempre ammirato i suoi sonetti" nei quali
"aveva trovato robustezza e nobiltà di stile, profondità di dottrina,
vivacità di fantasia".
Tradusse in versi italiani il Britannicus di Racine (Firenze 1752) e l'Essay
on Man di A. Pope (I
principi della morale, o
sia saggio sopra l'uomo, poema
inglese di A.Pope tradotto in versi sciolti italiani dal cav. Ant. Fil. Adami,Arezzo 1756; la
traduzione dell'Adami fu inclusa anche in una edizione del Saggio in più lingue, pubblicata a
Strasburgo nel 1772). G. Lami (Novelle letterarie,Firenze 1748, coll.
225-226) e G. M. Mazzuchelli (Gli Scrittori d'Italia,I, 1, Brescia
1753, p. 130) criticarono la traduzione de I
Canti biblici ed altri Salmi della Sacra Scrittura con i Treni di Geremia (Firenze 1748), fatta dall'A. e
dedicata al Muratori che invece lodò l'operetta e deplorò la recensione del
Lami (L. A. Muratori, Epistolario,a
cura di M. Campori, XI, Modena 1907, pp. 5176 s.: lettera all'A., Modena 6
giugno 1748). Scrisse anche componimenti poetici d'ispirazione
teologico-religiosa (Ode sopra la religione in risposta ad una lettera
poetica francese, XII
sonetti contenenti le prove principali della Religione cristiana, il tutto illustrato con
critiche e filosofiche annotazioni,pubblicati in aggiunta all'edizione
aretina della traduzione del Saggio del Pope), una Dimostrazione dell'esistenza di
Dio provata con la contingenza della materia (Livorno 1753), le Dissertazioni critiche in cui
molti importantissimi documenti si trattano sopra le antichità etrusche, romane e de' mezzi tempi
appartenenti alla città di Firenze (Pisa
1766) e la prefazione al Ragguaglio storico di tutto l'occorso giorno per
giorno nel sacco di Roma del
sanminiatese mons. J. Buonaparte comparso con data di Colonia 1756. Progettando
una raccolta degli storici fiorentini, curò la pubblicazione della Cronica delle cose d'Italia
dall'anno 108o fino all'anno 1305 di
Paolino Pieri (Roma 1755), di cui scrisse un dotto ed interessante commento.
Convinto della necessità di un rinnovamento negli studi
storiografici, compose il Prospetto di una nuova compilazione della Storia
fiorentina dai suoi principi fino alla estinzione della Reale Casa de' Medici (Pisa 1758), nel quale, dopo
aver fatto rilevare che la mancanza di una storia di Firenze era dipesa dallo
stato di soggezione "alla politica gelosia dei Sovrani medicei", in
cui si erano trovati gli storici costretti a travisare o a tacere la verità,
auspicava che qualche scrittore si accingesse alla compilazione della storia
fiorentina e, ispirandosi alla lezione del Muratori, esponeva i principi ed il metodo,
ai quali si sarebbe dovuto attenere il suo storico ideale.
Della partecipazione dell'A. alle discussioni e al
movimento riformatore leopoldino sono indicative due opere da lui curate, la Deduzione sopra l'Asilo sacro. Opera del Cancelier
Cristiani per la prima volta pubblicata da S.E.A.F.A.,
Venezia 1766 (cfr.Novelle letterarie,Firenze 1766, col. 624, che
attribuisce all'A, la prefazione e le note); e la Raccolta di Leggi e Statuti su i
possessi ed acquisti delle manimorte con varie Dissertazioni di celebri Autori... Opera che può servire di
continuazione al Trattato della Regalia scritto da Don Pedro Rodriquez
Campomanes,Venezia 1767 (cfr. Novelle
letterarie,Firenze 1767, col. 649).
Un altro breve scritto, nel quale circolano egualmente
motivi di polemica illuministica, è il ragionamento Della educazione di un gentiluomo,
Arezzo 1759, recitato in quell'anno all'Accademia degli Apatisti. Alla critica
dell'educazione formalistica e retorica si accompagna la preoccupazione di
offrire ai giovani una formazione "moderna", fondata nelle scienze
utili e prima di tutto sulla scienza economica.
Il 4 novembre 1767 l'Adami lesse all'Accademia dei
Georgofili un importante discorso Della
necessità di accrescere e migliorare la agricoltura nella Toscana (Firenze 1768), in cui troviamo
un acuto esame delle condizioni delle campagne del granducato.
La morte lo colse, nel 1770, mentre stava componendo una
tragedia sulla congiura dei Pazzi.
Bibl.: L.
Allacci, Drammaturgia,Venezia
1755, col. 851; Elogi degli
uomini illustri toscani,IV, Lucca 1774, p. CCCCXII, sub voce J. Adami; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata
della Toscana,I, Firenze 1805, p. 5;F. Inghirami, Storia della Toscana,XII,
Fiesole 1843, p. 37; F. Pera, Ricordi
e biografie livornesi,Livorno 1867, pp. 139-146; Id., Curiosità livornesi,ibid.
1888, pp. 240-242, 298, 324.
(Estratto da. Dizionario biografico degli Italiani).
Escludo che possano esserci stati contatti diretti di
Alexander Pope con Giovanni Battista Ronchelli o con il conte Claudio Luigi
Bossi. E’ più probabile che i contatti, se ci sono stati, siano avvenuti
attraverso il traduttore della sua opera (Saggio sull’uomo) che avvenne nel
1756 ad opera di Anton Filppo Adami.
Quest’ultimo vestì l’abito di Cavaliere del Militare Ordine
di S. Stefano nel 1735 e potrebbe essere il tramite attraverso il quale la
famiglia Bossi venne in contatto con lui. A dire il vero Gio. Antonio Bossi
venne nominato cavaliere di S. Stefano il 18 aprile 1594 (quasi un secolo e
mezzo prima), ma il fatto di aver messo nello stemma di famiglia la croce di S.
Stefano, fa supporre che gli eredi di Gio. Antonio Bossi abbiano mantenuto in
qualche modo il rapporto con l’Ordine Militare.
Azzate, Villa Bossi-Riva-Cottalorda-Ghiringhelli, Gio. Antonio Bossi cavalierie di S. Stefano. |
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