domenica 20 ottobre 2013

TORELLI LUDOVICA CONTESSA DI GUASTALLA



                                                   Torelli Ludovica contessa di Guastalla

Una delle più significative conquiste apostoliche di fra Battista fu, come si è accennato, Ludovica Torelli, una no­bildonna che aveva una storia drammatica dietro le spalle, nonostante l'ancor giovane età. Figlia unica di Achille To­relli, signore di Guastalla, e di Veronica Pallavicini, aveva sposato appena diciottenne il conte Ludovico Stanga di Cre­mona. Qui ebbe l'opportunità di entrare in relazione con la famiglia Zaccaria e, in particolare, con Antonia Pescaroli. Non si può definire, il suo, un matrimonio felice: prima le morì la mamma, poi un bambino ancora in fasce, infine ven­ne a mancare dopo soli tre anni il marito. Non fu questa, per la verità, una gran perdita: lo Stanga era un accanito gioca­tore che aveva scialacquato buona parte delle sue sostanze, creandosi numerosi nemici a corte. La sua scomparsa fu quasi una liberazione. Ma per Ludovica altre disgrazie era­no purtroppo in arrivo. Rimasta vedova, tornò nella sua Guastalla e, assediata dall'ingordigia dei parenti che miravano alla sua eredità, quasi per ripicca si risposò: senza pen­sarci troppo, a quanto pare, perché il nuovo marito, il bre­sciano Antonio Martinenghi, era un tipo da caserma, prepo­tente e dal carattere irascibile, con un passato da criminale. La coppia ebbe un bambino che però morì pochi mesi do­po la nascita: il Martinenghi ne diede la colpa a Ludovica e più volte la minacciò di morte. Per fortuna della donna, in una rissa col fratello della prima moglie (che era stata da lui assassinata a tradimento) costui ebbe la peggio e finì a sua volta ucciso. Nonostante ciò, Ludovica si prese cura della fi­gliastra del Martinenghi, educandola nella fede. Bisogna di­re che, quantunque le piacesse la vita brillante, la contessa era sempre stata particolarmente generosa coi poveri, che aiutava in vari modi. Tuttavia, l'ambiente della corte conti­nuava ad attirarla e più di un uomo dimostrò di non essere insensibile al fascino della giovane vedova a cui però la pro­spettiva di un terzo matrimonio appariva carica di incognite e di rischi. A richiamarla energicamente alla realtà fu fra Battista, il quale si trovava a Guastalla in quel periodo: senza peli sul­la lingua, il domenicano le ricordò che, anche se ricca e no­bile, i conti con Dio avrebbe dovuto comunque farli a un certo momento, e che perciò doveva smetterla di dare scan­dalo. Inoltre, le fece capire, anche ragionando umanamente, che vita era quella di una donna costretta a girare con la scorta d'una cinquantina di armati per garantirsi la sicurez­za fuori del suo castello. Per lei c'era un solo modo per ri­trovare la serenità e dare un senso alla vedovanza: spogliar­si delle sue ricchezze per soccorrere i poveri, e scegliere Dio per il resto dei suoi giorni. Ludovica intravvide così nella catena di disgrazie che l'a­vevano amareggiata in quegli anni un segno della misterio­sa pedagogia di Dio. Scartata l'alternativa del chiostro, che avrebbe scatenato l'assalto dei parenti ai suoi beni, disse ad­dio al lusso della corte, inaugurandovi un nuovo stile di vi­ta. Aveva preso come modelli santa Maria Maddalena, la donna dalla quale Gesù aveva scacciato sette demoni; santa Elisabetta d'Ungheria, moglie di un re crociato, che rimasta vedova si era dedicata interamente alle opere di carità, con­ducendo vita poverissima; e l'apostolo Paolo (di cui prese anche il nome), il grande convertito che aveva incontrato Cristo risorto sulla via di Damasco e del quale fra Battista era particolarmente devoto. Dalle parole la contessa passò presto ai fatti. Nel 1530 la troviamo provvisoriamente a Milano dove aveva aperto, nei pressi della basilica di S. Ambrogio, una specie di "ritiro" per donne decise a cambiare vita: ne era direttore spirituale Battista Canoni. Successivamente, nel tornare a Guastalla, fece tappa a Cremona, dove aveva trascorso i primi tre anni da sposa. Quasi non riconosceva la città, tanto lo Zaccaria l'aveva trasformata, e quando seppe chi era l'autore del "miracolo", si recò anche lei in S. Vitale per ascoltarlo. Avendolo poi in­contrato di persona, ne rimase profondamente colpita. Le due anime si capirono subito e Ludovica invitò Antonio Ma­ria a recarsi a Guastalla per ripetervi l'esperimento cremo­nese. Sarebbe stata questa la tappa intermedia verso Milano, dove il santo avrebbe trovato il terreno adatto per attuare il suo programma di rinnovamento cristiano. Il capoluogo lombardo era già, infatti, nelle intenzioni apostoliche del Carioni, il quale, avendo in precedenza spinto Gaetano da Thiene a Roma, sperava di dar vita anche a Milano a un nuo­vo nucleo di riformatori.

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