Gli editti di mons. Francesco Bossi[1],
vescovo di Novara, emanati nel 1581 in osservanza della bolla pontificia di Pio
V del 1566 a integrazione di una precedente bolla di Innocenzo III, avevano lo
scopo di regolamentare l’assistenza spirituale da prestarsi da parte dei curati
agli infermi.
Partendo dal presupposto che la salute dell’anima era più
importante di quella del corpo si faceva obbligo a tutti i medici di sincerarsi
che l’infermo, ancor prima di ricevere le cure mediche, si fosse debitamente
confessato.
Essa stabiliva che tutti i medici chiamati per curare
infermi che giacevano a letto dovessero avvisarli che avevano l’obbligo di
confessarsi e, trascorso il termine di tre giorni senza aver avuto per iscritto
la fede dell’adempimento di tale ordinazione da parte del confessore, dovessero
sospendere le medicazioni.
Per questo si esortavano anche i parenti dell’ammalato ad
avvisare il curato e, insieme, indurlo alla confessione che, comunque, spettava
in ordine gerarchico di essere appurata da parte dei medici, comminando ai
trasgressori il titolo di infami, la privazione della loro professione, la
cancellazione dall’albo dei medici e la pena pecuniaria stabilita
dall’Ordinario del luogo dove avevano disubbidito.
A tale scopo ogni Università non avrebbe potuto addottorare
in medicina se prima il candidato non avesse prestato giuramento di osservare
le prescrizioni papali alla presenza di un notaio e dei testimoni e di tale
giuramento si sarebbe fatto riferimento nel diploma di laurea, comminando
all’Università in caso di trasgressione
la privazione della facoltà di addottorare.
Comandava Sua Santità a tutti i Patriarchi, Primati,
Arcivescovi e Vescovi di dare pubblicità nelle loro diocesi di queste
prescrizioni affinché i medici già abilitati alla professione prestassero il
dovuto giuramento. Chi non avesse prestato giuramento o fosse andato contro il
giuramento prestato sarebbe stato privato della professione e il Vescovo gli
avrebbe interdetto persino l’ingresso in chiesa finché non si fosse emendato.
L’editto del vescovo Francesco Bossi entra più nel merito
dell’obbligo che hanno i curati di visitare i loro parrocchiani infermi per non
far mancare loro i santi Sacramenti e gli altri aiuti spirituali, ordinati da
Santa Romana Chiesa come conseguenza della trascuratezza dei parenti
nell’avvisare il curato o per diniego dello stesso ammalato.
Stemma del vescovo Francesco Bossi. |
[1] FRANCESCO BOSSI. Milanese,
nato tra il 1525 e il 1530. Nel 1564 fu governatore di Perugina e il 2 agosto
1568 fu nominato vescovo di Gravina; Il 5 maggio 1574 fu trasferito a Perugia;
quindi per volere di Carlo Borromeo il 21 ottobre 1579 fu chiamato alla diocesi
di Novara (92° della serie). Durante questo episcopato espletò il mandato di
visitatore apostolico a Borgo San Donnino (1580), a Genova 1582, a Lodi (1583).
Morì il 18 settembre 1584 e Carlo Borromeo ne tessé l'elogio funebre. Fu
sepolto in cattedrale.
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