Relazione
distintiva della soppressione dei Reverendi Padri di S. Francesco nel Convento
di Varese seguita nel giorno 2 d’aprile dell’anno 1784.
Amico,
Voi mi chiedete una distinta relazione
della soppressione del Convento di S. Francesco di Varese perché dite d’averne
interrogati molti, che dissero gran cose, ma tutte alla rinfusa.
Io
vi protesto, che non è si facile il poter descrivere in poche righe una
soppressione incominciata, e nel corso di tre giorni terminata, la quale può
meritare in verità i caratteri d’assalto, di cuccagna e di saccheggio.
Ma
fu come un’invasione. Rispetto ai Padri del Convento, una cuccagna per chi
aveva da spendere, ed un saccheggio per la plebe, la quale cangiata di dolore
in furore, tosto si diè a depredare quella sostanza, di cui ne erano stati
spogliati i Padri credendo forse di fare onta a quelli, che erano stati
scortesi coi loro compatrioti.
Era
nel giorno 2 d’aprile velato il cielo di fosche nubi, la neve precipitava a
larghi fiocchi, ed un vento furioso si prendeva gioco d’ammontonarla; in tanto,
che ciascuno stava ben chiuso nelle sue stanze compassionando come si suol fare
presso la focolare i pedestri viaggiatori, sul declinare del giorno sentesi
nella strada un fracasso di ruote, di cavalli misto a quello del vento, che
eccita l’attenzione degli
abitanti, chi dice arriva un disperato, chi un
esecutore di giustizia, chi un erede, che non vuol perdersi nell’ora del
testamento, in tanto, chi in tal guisa si garisce il cochio a precipizio verso
S. Francesco, s’arresta sulla porta, da cui balzano fuori Silvola col suo
aiutante, e due altri, che nell’abito non sembravano né frati, né preti.
Silvola
prese la strada per Varese per chiamare il Regio Subeconomo, ed uno dei due,
che erano a S. Francesco invaso dallo spirito distruttore, scorrendo a guisa
baccante il Convento gridava soppressione, salutò il Guardiano con dirgli Voi
non siete più Superiore, il Convento è soppresso, vado a raccogliere le chiavi.
Tutti soppressi dalla nascita e dalla iatanza del conquistatore, non seppero
opporsi al comando illegale, onde fatto padrone d’ogni deposito ritornò al
Superiore oppresso e gli disse: “Ecco le chiavi in mia baglia”. Arriva intanto
il Regio Subeconomo uomo di pietà, dottrina, ma pusillanimo, e di poca
esperienza, viene chiamato per intimare a nome regio ai Padri lo spossesso di
loro sostanza, e tace quando li vede già spogliati. Sa che il governo è tutta pietà
e dolcezza in tali circostanze, e non s’oppone al comando di partire in pochi
giorni, vede che tutti sono confusi ed oppressi, ed egli egualmente afflitto e
sbalordito non ritrova
il modo di consolarsi.
Ora,
amico, non vi sembra questo un assalto senza assedio, ed un trattamento di
sdegnato conquistatore.
Forse
vi consolerete un poco supponendo si sentirsi a parte della cuccagna, ma
v’ingannate. Questa cominciò nella tavola dei soppressori delegati, si diffuse
in tutto il paese, ma non poté nel refettorio dei disgraziati, i quali col
solito frugal vitto trattati, mescolavano il comunal cibo colle lacrime ed il
dolore.
I
delegati soppressori, quali fossero di un rango diverso dei soppressi godevano
di una tavola splendida e magnifica.
Fremeva
il pubblico nell’intendere che questi leccardoni esultavano nel cibo intanto
che gli altri languivano dal dolore, ma tosto il loro pensiero fu rivolto alla
cuccagna, che principiò col spedimento dell’asta, se tale si può chiamare,
imperciocché voi mi accorderete che tal nome non merita quella vendita, a cui
tutti non si possono accostare, che si fa con lesione del prezzo, e che non
viene ordinatamente registrata, ora tale fu quello che si fece in tal
circostanza.
Si
vendette il fieno a soldi 25 al fascio, in seguito per sparagno[1] di
misura s’accordò il vino nuovo e vecchio a lire 8 la brenta, la foglia a soldi
30 il cento ed i sacri arredi, o per l’oro, o per l’argento, si esibiva e si
deliberava senza stima, senza ordine e senza registro, se le cose di valore
furono in tal guisa preci-
pitata, considerate poi le picciole, quando verrete in
paese tutti ve lo diranno.
Intanto
che i soppressori erano intenti alla cuccagna, sbalordiva la plebe per la nuova
inaspettata, si risveglio dallo stordimento, e credendo che i delegati fossero
i padroni del soppresso Convento, si misero a saccheggiarlo, d’ogni parte
entrava gente nel Convento, saltavano le cinte, rompevano i ripari, uno fuggiva
con la pentola, l’altro colla porta, uno coi fiori, l’altro col letto, uno coi
cancelli di ferro, un altro con quelli di legno, insomma tutti il lunga
processione, e ladri e gentiluomini senza poterli distinguere, portavano a casa
la loro somma.
Entravano
in Convento i Varesotti, come i Greci uscivano dal cavallo di Troia, e quelli
saccheggiavano il Convento, come questi l’infelice città.
Non
vidi cosa più orrida, ne più confusa. I soli padroni furono soppressi,
impoveriti ed esclusi, nel mentre che gli altri tutti s’impossessavano,
s’arricchivano e s’introducevano.
Gli
sgraziati sapendo qual sia l’umanità del loro principe in tale circostanza,
vanno declamando contro il rigore usato dei suoi correligiosi, se bramate poi
di sapere il motivo per cui un Convento sì bello e sì delizioso e sì caro al
pubblico sia stato all’improvviso rovinato, si dice, che siano state le
diserzioni intestine, ma quali diserzioni credete che siano queste, quelle
stesse, che sono in tutte le famiglie e Comunità, quelle per cui sono eletti i
Superiori a sopirle e per estirparle.
Le
quali possono anche rimuovere i dissidenti, ora se per questo
motivo si doveva
spiantare un Convento, che forma di delizia di questo orizzonte, l’utilità
spirituale e temporale di questo pubblico, ed il collocamento di queste
famiglie più civili, Voi, che avete buon naso, lo potete di leggieri giudicare.
In
tanto sono, a Vostri comandi.
Stemma del marchese Benigno Bossi nell'ex Convento
di S.Francesco di Varese.
...proprietarie dell'edificio, ovvero i marchesi Bossi (Benigno Bossi acquistò l'edificio conventuale il 29 luglio 1786 dai Minori conventuali (A.S.Mi, Censo, p.a., cart. 603) o i cnti Clerici, da cui passò a Carolina Mozzoni, al figlio Emilio e alla di lui figlia Marianna Mozzoni coniugata Veratti (la verndita al Bossi esclude che l'ex convento sia stato inizialmente acquistato dai marchesi Menafoglio, come sostenuto dal Sevesi e ripetuto dal Giampaolo; forse costoro furono ingannati da una vendita di beni dei Menafoglio al Bossi attestata da carte nell'archivio Veratti-Monti, ma si tratta di terreni e case posti nei dintorni di S. Francesco, non del convento medesimo; si veda la riproduzione fotografica in PIANA-BINDA-ANNONI, Il Conventi, pp. 98-99.
(Estratto da: Sulle tracce degli Umiliati a cura di Maria Pia Alberzoni, Annamaria Ambrosini e Alfredo Lucioni).
CONVENTO DI S. FRANCESCO DI VARESE - Sec XIII – 1786
La tradizione vuole fondato il convento di San Francesco in Varese dell'Ordine dei frati minori conventuali nel 1224 o 1228 da sant'Antonio di Padova, presente a Varese da quella data (Mosconi 1956, p. 11). E' ipotizzabile invece che i francescani abbiano cominciato i lavori per edificare un convento annesso alla chiesa solo negli anni tra il 1241 e il 1243 (Francescanesimo in Lombardia, p. 89).
Nel secolo XVIII il convento risulta possedere terreni nella comunità di Varese, capo di pieve, e nella comunità di Bolladello, pieve di Gallarate (Catasti ecclesiastici, sec. XVIII, minori conventuali) e ancora nelle comunità di Locate e Binago, nella pieve di Appiano (Catasti ecclesiastici, ducato di Milano).
Il convento fu soppresso nel 1786 (Mosconi 1988, pp. 17-18).
(Estratto da: Le istituzioni storiche del territorio
lombardo – Civita – Microsoft Internet Explorer).
Il 20 novembre 1730 fra Domenico Adamoli priore del Convento di S.
Francesco di Varese sottoscrive la supplica per la correzione del sommarione di
Azzate. (vedi File:Ribassi).
Convento dei Padri di S. Francesco di Varese per acquisto
fatto come da istrumento 22 novembre 1784 rogato dal notaio Giuseppe Baroffio
passa a Bianchi Giuseppre Amabile q. Gaspare. Mappali di Azzate n. 7, 32,
169/1, 169/2, 169/3, 169/4, 190, 1901/2, 506, 862/2 (Corte d’assisi) e 849
(Casa Michelin) di pertiche 51.19 scudi 345.3.7 (Voltura senza numero, inserita
prima della voltura n. 1).
CONVENTO DEI PADRI DI S.
FRANCESCO DI VARESE ( poi Casa Veratti)
Nel 1772 possiede in Azzate pertiche 51.19 del valore di
scudi 345.3.7
Nel 1722 il convento riscuote somme imprecisate da Francesco
Brugnoni e Gio. Battista Tibiletti per affitti di case in Azzate.
Nel 1722 il Convento è incluso nei beni ecclesiastici
onerosi di Azzate.
Il 28 ottobre 1764 avviene una convenzione con Claudio Luigi
Bossi. (Vedi doc. n. 130-149).
Nel 1786 il Convento di S. Francesco venne soppresso per
ordine di Giuseppe II, seguendo la sorte subita due anni prima dagli Oratori di
S. Domenico, S. Cristoforo, S. Giuseppe e S. Rocco. (Adammolo-Grossi pag. 138).
Il Giampaolo ha ricostruito anche le vicende successive alla soppressione:
dapprima il Convento venne affittato dall’Ospedale al Comune, in seguito
diventò proprietà Menafoglio, Bossi e Clerici. Il conte G. Clerici trasformò
l’edificio in una villa che, dopo essere stata ceduta ad Anna Carolina Mozzoni,
passò definitivamente alla famiglia Veratti. (Giampaolo: Chiese, conventi, pag.
269 e “I Francescani a Varese” pag. 16).
MADRI DEL CONVENTO DI S. FRANCESCO DI VARESE
AL NOME DI DIO. AMEN.
N. 1
Io Francesco Martignone del q. Carlo d’anni 48 della terra
di Azzate pieve di Varese, come Sindico della Comunità di Azzate pieve di
Varese, notifico possedersi dalle Reverende Madri del Convento di S. Francesco
di Varese gli infrascritti beni posti nella terra di Azzate pieve di Varese in
pezzi n. 4 confinanti con il Nobile Signor Paolo Bossi, il Signor Carlo Alberto
Alemagna, il reverendo Signor Coadiutore di Azzate, il Signor Ippolito Frotta,
Francesco Mantico, Pietro Mantico e Paolo Mantico:
- Prati asciutti con alberi p. 3.18
- Aratori asciutti p. 1.14
- Vigne p.
24.12
- Selve paludose p.
13. 5
- Masseria p. -.10
- Zerbi p. 4.-
----------
p.
47.-
Detti beni sono esenti d’ogni gravezza.
N.B. – Vi è anche una masseria e, poiché, fra gli altri,
confina con i consorti Mantico è probabile
che si
tratti di Vegonno.
[1]
Risparmio.
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