martedì 21 aprile 2015

SOPPRESSIONE CONVENTO DI SAN FRANCESCO DI VARESE




Relazione distintiva della soppressione dei Reverendi Padri di S. Francesco nel Convento di Varese seguita nel giorno 2 d’aprile dell’anno 1784.



Amico,
            Voi mi chiedete una distinta relazione della soppressione del Convento di S. Francesco di Varese perché dite d’averne interrogati molti, che dissero gran cose, ma tutte alla rinfusa.
Io vi protesto, che non è si facile il poter descrivere in poche righe una soppressione incominciata, e nel corso di tre giorni terminata, la quale può meritare in verità i caratteri d’assalto, di cuccagna e di saccheggio.
Ma fu come un’invasione. Rispetto ai Padri del Convento, una cuccagna per chi aveva da spendere, ed un saccheggio per la plebe, la quale cangiata di dolore in furore, tosto si diè a depredare quella sostanza, di cui ne erano stati spogliati i Padri credendo forse di fare onta a quelli, che erano stati scortesi coi loro compatrioti.
Era nel giorno 2 d’aprile velato il cielo di fosche nubi, la neve precipitava a larghi fiocchi, ed un vento furioso si prendeva gioco d’ammontonarla; in tanto, che ciascuno stava ben chiuso nelle sue stanze compassionando come si suol fare presso la focolare i pedestri viaggiatori, sul declinare del giorno sentesi nella strada un fracasso di ruote, di cavalli misto a quello del vento, che eccita l’attenzione degli 



abitanti, chi dice arriva un disperato, chi un esecutore di giustizia, chi un erede, che non vuol perdersi nell’ora del testamento, in tanto, chi in tal guisa si garisce il cochio a precipizio verso S. Francesco, s’arresta sulla porta, da cui balzano fuori Silvola col suo aiutante, e due altri, che nell’abito non sembravano né frati, né preti.
Silvola prese la strada per Varese per chiamare il Regio Subeconomo, ed uno dei due, che erano a S. Francesco invaso dallo spirito distruttore, scorrendo a guisa baccante il Convento gridava soppressione, salutò il Guardiano con dirgli Voi non siete più Superiore, il Convento è soppresso, vado a raccogliere le chiavi. Tutti soppressi dalla nascita e dalla iatanza del conquistatore, non seppero opporsi al comando illegale, onde fatto padrone d’ogni deposito ritornò al Superiore oppresso e gli disse: “Ecco le chiavi in mia baglia”. Arriva intanto il Regio Subeconomo uomo di pietà, dottrina, ma pusillanimo, e di poca esperienza, viene chiamato per intimare a nome regio ai Padri lo spossesso di loro sostanza, e tace quando li vede già spogliati. Sa che il governo è tutta pietà e dolcezza in tali circostanze, e non s’oppone al comando di partire in pochi giorni, vede che tutti sono confusi ed oppressi, ed egli egualmente afflitto e sbalordito non ritrova 



il modo di consolarsi.
Ora, amico, non vi sembra questo un assalto senza assedio, ed un trattamento di sdegnato conquistatore.
Forse vi consolerete un poco supponendo si sentirsi a parte della cuccagna, ma v’ingannate. Questa cominciò nella tavola dei soppressori delegati, si diffuse in tutto il paese, ma non poté nel refettorio dei disgraziati, i quali col solito frugal vitto trattati, mescolavano il comunal cibo colle lacrime ed il dolore.
I delegati soppressori, quali fossero di un rango diverso dei soppressi godevano di una tavola splendida e magnifica.
Fremeva il pubblico nell’intendere che questi leccardoni esultavano nel cibo intanto che gli altri languivano dal dolore, ma tosto il loro pensiero fu rivolto alla cuccagna, che principiò col spedimento dell’asta, se tale si può chiamare, imperciocché voi mi accorderete che tal nome non merita quella vendita, a cui tutti non si possono accostare, che si fa con lesione del prezzo, e che non viene ordinatamente registrata, ora tale fu quello che si fece in tal circostanza.
Si vendette il fieno a soldi 25 al fascio, in seguito per sparagno[1] di misura s’accordò il vino nuovo e vecchio a lire 8 la brenta, la foglia a soldi 30 il cento ed i sacri arredi, o per l’oro, o per l’argento, si esibiva e si deliberava senza stima, senza ordine e senza registro, se le cose di valore furono in tal guisa preci-



pitata, considerate poi le picciole, quando verrete in paese tutti ve lo diranno.
Intanto che i soppressori erano intenti alla cuccagna, sbalordiva la plebe per la nuova inaspettata, si risveglio dallo stordimento, e credendo che i delegati fossero i padroni del soppresso Convento, si misero a saccheggiarlo, d’ogni parte entrava gente nel Convento, saltavano le cinte, rompevano i ripari, uno fuggiva con la pentola, l’altro colla porta, uno coi fiori, l’altro col letto, uno coi cancelli di ferro, un altro con quelli di legno, insomma tutti il lunga processione, e ladri e gentiluomini senza poterli distinguere, portavano a casa la loro somma.
Entravano in Convento i Varesotti, come i Greci uscivano dal cavallo di Troia, e quelli saccheggiavano il Convento, come questi l’infelice città.
Non vidi cosa più orrida, ne più confusa. I soli padroni furono soppressi, impoveriti ed esclusi, nel mentre che gli altri tutti s’impossessavano, s’arricchivano e s’introducevano.
Gli sgraziati sapendo qual sia l’umanità del loro principe in tale circostanza, vanno declamando contro il rigore usato dei suoi correligiosi, se bramate poi di sapere il motivo per cui un Convento sì bello e sì delizioso e sì caro al pubblico sia stato all’improvviso rovinato, si dice, che siano state le diserzioni intestine, ma quali diserzioni credete che siano queste, quelle stesse, che sono in tutte le famiglie e Comunità, quelle per cui sono eletti i Superiori a sopirle e per estirparle.
Le quali possono anche rimuovere i dissidenti, ora se per questo 



motivo si doveva spiantare un Convento, che forma di delizia di questo orizzonte, l’utilità spirituale e temporale di questo pubblico, ed il collocamento di queste famiglie più civili, Voi, che avete buon naso, lo potete di leggieri giudicare.
In tanto sono, a Vostri comandi.

                                  Stemma del marchese Benigno Bossi nell'ex Convento
                                                 di S.Francesco di Varese.


...proprietarie dell'edificio, ovvero i marchesi Bossi (Benigno Bossi acquistò l'edificio conventuale il 29 luglio 1786 dai Minori conventuali (A.S.Mi, Censo, p.a., cart. 603) o i cnti Clerici, da cui passò a Carolina Mozzoni, al figlio Emilio e alla di lui figlia Marianna Mozzoni coniugata Veratti (la verndita al Bossi esclude che l'ex convento sia stato inizialmente acquistato dai marchesi Menafoglio, come sostenuto dal Sevesi e ripetuto dal Giampaolo; forse costoro furono ingannati da una vendita di beni dei Menafoglio al Bossi attestata da carte nell'archivio Veratti-Monti, ma si tratta di terreni e case posti nei dintorni di S. Francesco, non del convento medesimo; si veda la riproduzione fotografica in PIANA-BINDA-ANNONI, Il Conventi, pp. 98-99.
(Estratto da: Sulle tracce degli Umiliati a cura di Maria Pia Alberzoni, Annamaria Ambrosini e Alfredo Lucioni).


CONVENTO DI S. FRANCESCO DI VARESE - Sec XIII – 1786


Convento dell'Ordine dei frati minori conventuali.
La tradizione vuole fondato il convento di San Francesco in Varese dell'Ordine dei frati minori conventuali nel 1224 o 1228 da sant'Antonio di Padova, presente a Varese da quella data (Mosconi 1956, p. 11). E' ipotizzabile invece che i francescani abbiano cominciato i lavori per edificare un convento annesso alla chiesa solo negli anni tra il 1241 e il 1243 (Francescanesimo in Lombardia, p. 89).
Nel secolo XVIII il convento risulta possedere terreni nella comunità di Varese, capo di pieve, e nella comunità di Bolladello, pieve di Gallarate (Catasti ecclesiastici, sec. XVIII, minori conventuali) e ancora nelle comunità di Locate e Binago, nella pieve di Appiano (Catasti ecclesiastici, ducato di Milano).
Il convento fu soppresso nel 1786 (Mosconi 1988, pp. 17-18).
(Estratto da: Le istituzioni storiche del territorio lombardo – Civita – Microsoft Internet Explorer).


Il 20 novembre 1730 fra Domenico Adamoli priore del Convento di S. Francesco di Varese sottoscrive la supplica per la correzione del sommarione di Azzate. (vedi File:Ribassi).

Convento dei Padri di S. Francesco di Varese per acquisto fatto come da istrumento 22 novembre 1784 rogato dal notaio Giuseppe Baroffio passa a Bianchi Giuseppre Amabile q. Gaspare. Mappali di Azzate n. 7, 32, 169/1, 169/2, 169/3, 169/4, 190, 1901/2, 506, 862/2 (Corte d’assisi) e 849 (Casa Michelin) di pertiche 51.19 scudi 345.3.7 (Voltura senza numero, inserita prima della voltura n. 1).



CONVENTO DEI PADRI DI S. FRANCESCO DI VARESE ( poi Casa Veratti)

Nel 1772 possiede in Azzate pertiche 51.19 del valore di scudi 345.3.7
Nel 1722 il convento riscuote somme imprecisate da Francesco Brugnoni e Gio. Battista Tibiletti per affitti di case in Azzate.
Nel 1722 il Convento è incluso nei beni ecclesiastici onerosi di Azzate.
Il 28 ottobre 1764 avviene una convenzione con Claudio Luigi Bossi. (Vedi doc. n. 130-149).
Nel 1786 il Convento di S. Francesco venne soppresso per ordine di Giuseppe II, seguendo la sorte subita due anni prima dagli Oratori di S. Domenico, S. Cristoforo, S. Giuseppe e S. Rocco. (Adammolo-Grossi pag. 138). Il Giampaolo ha ricostruito anche le vicende successive alla soppressione: dapprima il Convento venne affittato dall’Ospedale al Comune, in seguito diventò proprietà Menafoglio, Bossi e Clerici. Il conte G. Clerici trasformò l’edificio in una villa che, dopo essere stata ceduta ad Anna Carolina Mozzoni, passò definitivamente alla famiglia Veratti. (Giampaolo: Chiese, conventi, pag. 269 e “I Francescani a Varese” pag. 16).


MADRI DEL CONVENTO DI S. FRANCESCO DI VARESE

AL NOME DI DIO. AMEN.

N. 1
Io Francesco Martignone del q. Carlo d’anni 48 della terra di Azzate pieve di Varese, come Sindico della Comunità di Azzate pieve di Varese, notifico possedersi dalle Reverende Madri del Convento di S. Francesco di Varese gli infrascritti beni posti nella terra di Azzate pieve di Varese in pezzi n. 4 confinanti con il Nobile Signor Paolo Bossi, il Signor Carlo Alberto Alemagna, il reverendo Signor Coadiutore di Azzate, il Signor Ippolito Frotta, Francesco Mantico, Pietro Mantico e Paolo Mantico:

- Prati asciutti con alberi                                  p.  3.18
- Aratori asciutti                                              p.  1.14
- Vigne                                                           p. 24.12
- Selve paludose                                             p. 13.  5
- Masseria                                                      p.   -.10
- Zerbi                                                            p.   4.-
                                                                       ----------
                                                                       p. 47.-

Detti beni sono esenti d’ogni gravezza.

N.B. – Vi è anche una masseria e, poiché, fra gli altri, confina con i consorti Mantico è probabile
            che si tratti di Vegonno.






[1] Risparmio.

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