Il nostro racconto inizia con quanto l’Ora pubblicava il 31 agosto 1932 a proposito di “Villeggiature
inedite, guida turistica di Azzate degli anni ‘30”.
“In agosto bisogna andare in villeggiatura. E’ canone
fondamentale del codice estivo milanese. Bisogna assolutamente andare dove
vuoi: al mare, al lago, in riviera, in collina, ai monti … E’ una abitudine
antichissima e insopprimibile. Il milanese va in villeggiatura come se
prendesse un gelato o se fumasse una sigaretta. E guai a dover farne a meno!
Stabilito quindi che bisogna andare, il buon ambrosiano
chiede a se stesso: “Dove vado?” E tastando il portafoglio si accorge che non
può andare tanto lontano.
E allora decide di recarsi in Brianza, nella pittoresca
regione dei laghi o nel verdissimo e ridente Varesotto, il grande e arioso
polmone attraverso il quale la turbinosa e fumosa Milano respira un po’
dell’aria balsamica che soffia dalle Alpi.
Anch’io sono andato il villeggiatura.
Ho scelto un posticino tranquillo in collina, un paesino
inedito, posto in un angolo dolce, quieto, tranquillo e ancora sconosciuto alle
guide e agli annuari turistici.
E sono venuto ad Azzate.
Azzate è un paesino del Varesotto piccolo, da parlarne a
bassa voce, senza aprire il sacco degli aggettivi sonanti. Ci si va da Varese
con tram elettrico ed è una passeggiata in campagna che ne vale la pena.
Qui non ho trovato nulla di tutto ciò che ci tormenta in
città: niente grammofoni, niente radio di notte, che in campagna in tutto quel silenzio sembrano voci
d’oltretomba.
Qui tutto è pace nel folgorante sole, tutta è verde la
discesa dei campi all’intorno e silenzio. E se mi affaccio dalla finestra della
villa, ecco nell’alto, contro il cielo azzurro, il campanile della bella Chiesa
di Azzate che si stacca rossa, con la sua guglia che domina la pianura.
Più su in alto, a sinistra, s’innalza dominatrice la Torre votiva di S. Quirico,
meta di tutte le passeggiate e ritrovo di tutti i villeggianti.
Chi viene ad Azzate deve andare alla Pineta di S. Quirico.
Nessun forestiero va via senza esser salito sulla Torre
famosa! Si viene qui a villeggiare e dopo due o tre giorni ti invitano alla
Pineta! E tu ci vai e rimani incantato! Ma per andarci occorre un invito
speciale essendo la Pineta
con la sua Torre proprietà riservata della nobile famiglia Riva.
E l’invito te lo procura sempre il conte Benigno Bossi, un
gran signore del luogo.
Il conte Bossi è un bell’ometto, dallo sguardo
furbacchiotto, e impenitente ammiratore delle belle donne[1].
Ve lo presento coi suoi capelli bianchi, sempre arzillo e
sempre pronto col suo inchino aristocratico. Egli mi ha portato oggi il
permesso speciale per la Torre
con un perentorio invito a colazione in Pineta.
E ci sono andato”.
Qui finisce la breve descrizione dell’ignoto autore che è
stata pubblicata sul gAzzatino della Valbossa n.192 del 2001 - anno XVIII – e
segnalata alla redazione del mensile dal geometra Emilio Bernasconi di Azzate
che la aveva messa a disposizione traendola da un ritaglio di giornale
conservato in Casa Cottalorda. Peccato che non si sia potuto ritrovare la
seconda parte di questo racconto che, senz’altro, ci avrebbe riservato altre
sorprese!
[1] Aveva sposato Elisa
Borroni, ballerina di spettacolo, contro il volere della famiglia e questo gli
costò caro perché fu emarginato.
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