Il giorno 31 dicembre, poco prima
che l’anno tramontasse, chiudeva la sua vita il giovane coadiutore don Natale
Rota di appena 31 anni.
Fu un vero sacerdote secondo lo
spirito di Gesù Cristo. Umile e schivo di onori attuava la grande parola
dell’Imitazione di Gesù Cristo. “Ama di essere sconosciuto e stimato un nulla”.
Di pietà sincera e profonda, era
felice quando gli era possibile trascorrere lunghe ore ai piedi dell’altare, e
questa pietà manifestava anche nell’esattezza delle funzioni liturgiche, nella precisione
che esigeva nel canto popolare, nel gusto finemente artistico e nella vera
passione per il decoro dei sacri altari e della casa di Dio.
Di carattere aperto e di una
schiettezza fino all’inverosimile, era nemico di ogni infingimento; la sua
parola era lo specchio nitido della sua anima.
Di costume intemerato, nelle
parole e nel tratto faceva brillare la purezza angelica del suo cuore.
Che dire poi dello zelo
infaticabile spiegato da lui nel campo del ministero affidato alle sue cure,
specialmente a favore della gioventù? Ordinato sacerdote la festa di Pasqua del
1924, fu mandato dall’obbedienza a Varenna, sul lago di Como, come supplente di
quel coadiutore lontano per malattia e là poté svolgere le iniziative geniali
dello zelo che lo divorava per i cari giovani fino logorarsi le forze rese
troppo delicate da precedenti malattie. Dopo un anno e tre mesi, tornato a
Varenna il coadiutore, fu destinato ai primi di agosto alla Parrocchia di
Azzate. Nei cinque mesi di sua permanenza fra noi, se non poté per la salute
malferma e il troppo breve tempo attuare, in pieno accordo col parroco, il
magnifico programma concepito per l’educazione dei giovani, seppe farsi amare
dal parroco che lo apprezzava grandemente e dalla popolazione tutta.
Questa ne diede la prova
coll’interessamento affettuoso dimostrato durante la breve sua malattia, nel
gorgoglio generale per la sua immatura morte, nella prestazione gentile dei
privati e delle associazioni sia nel sovvenire la sua povertà come nel rendere
più solenni i funerali.
I funerali stabiliti per le ore
10 di sabato 2 corrente riuscirono senza ombra di esagerazione un vero trionfo.
Tutta la popolazione vi
partecipò; dalle autorità comunali ai bambini dell’Asilo condotti dalle
reverende Suore; dalle Confraternite e Sodalizi, al Corpo musicale, ai ragazzi
della scuola, guidati dal corpo insegnante. Un gruppo numeroso di sacerdoti
venuti dai paesi vicini e lontani, una
larga rappresentanza dei compagni in cotta salmodiò durante le esequie
imponentissime. La chiesa non bastava a contenere la folla devota e lacrimante.
In chiesa, terminata la Santa
Messa, il parroco, visibilmente commosso, tessé l’elogio del venerato suo
coadiutore; al cimitero prima che la salma scendesse nella tomba donata da una
famiglia generosa, un socio dell’Unione Giovanile e due compagni fra le lacrime
dei presenti porsero l’ultimo saluto. Azzate in quel momento ha ritrovato e
manifestato l’antica anima cristiana e la sua devozione al ministro del
Signore!
(Estratto dal Liber Chronicus
della Parrocchia di Azzate).
Coadiutore col parroco don Alessandro Vanetti, di cui fu
validissimo collaboratore soprattutto nell’opera di assistenza spirituale ai
giovani, rimase ad Azzate solo 5 mesi e morì ad appena 31 anni, lasciando però
un vuoto e un grande rimpianto tra la popolazione.
Ordinato sacerdote la festa di Pasqua del 1924, fu mandato a
Varenna, sul lago di Como. Ai primi di agosto dell’anno successivo fu destinato
alla parrocchia di Azzate.
Già sofferente, non risparmiò le sue energie sacerdotali che
logorarono ulteriormente le sue già deboli forze. Colpito da polmonite durante
la Novena di Natale, che si cambiò in meningite, chiuse la sua vita il giorno
31 dicembre 1925, poco prima che l’anno tramontasse.
Nei cinque mesi della sua permanenza ad Azzate, se non poté
attuare, per la salute malferma e il troppo breve tempo, l’ambizioso programma
concepito per l’educazione dei giovani, seppe farsi amare dal parroco che lo
apprezzava grandemente e dalla popolazione tutta.
Di pietà sincera e profonda, era felice quando gli era
possibile passare lunghe ore in silenziosa preghiera ai piedi dell’altare; è
così che lo ricordano quanti lo conobbero.
U seppellito nel vecchio cimitero di San Rocco in un loculo
della tomba della famiglia Baroffio. Nel 1024 i suoi resti furono trasferiti
nel nuovo cimitero di Vegonno. Un trafiletto del “Luce” di allora recita così:
“ A 16 anni di distanza dalla sua morte,
molti ancora ricordano il giovane pretino, o meglio il prete lungo lungo,
magro, tutto ardente di zelo pei giovani, per gli ammalati, per il fasto delle
sue funzioni! Pochi ebbero l’occasione di conoscerlo a fondo, perché visse poco
ad Azzate, ma quando morì tutti andarono dicendo: era un santo prete! La
famiglia Baroffio aveva caritatevolmente concesso un loculo della propria
tomba. Don Rota non aveva né padre né madre, e neppure un fratello, e il
Signore l’aveva ordinato sacerdote nella sua Chiesa per brevi anni per farlo
Sacerdote in eterno lassù in Paradiso”.
(Estratto da G. Moreno Vazzoler, Azzate, vicende storico-ecclesiali,
Parrocchia della Natività di Maria Vergine, Azzate 1996, pag. 269).
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