mercoledì 21 febbraio 2018

TORRE DI SAN QUIRICO E ROCCOLO





Per descrivere il Colle di S. Quirico di Azzate non esiste migliore narrazione di quella fatta nel 1931 da Giannetto Bongiovanni in Varese e la sua provincia che dice testualmente:



“Il paese signoreggia su un declivio di una breve catena di alture che serra ad oriente il lago di Varese, in zona aprica, seminata di graziosi villaggi che posano le linde case e le civettuole villette su un magico fondo di verde e di acque azzurrine. Lungi, le vette delle Prealpi, a Nord, mentre i profili delle Alpi fermano l’occhio e coronano l’orizzonte.

SLIDE N. 4

Suggestiva è la passeggiata che attraverso la collina di S. Quirico porta alla torre omonima”.

Era usanza della nobile famiglia Riva, che si era imparentata con la nobile famiglia Bossi, portare i loro ospiti in quella pineta sul colle di San Quirico, che loro chiamavano “il Belvedere”.
In questa fotografia del settembre 1929 vediamo alcuni VIP azzatesi che, favoriti forse dal clima cortese, salirono, per una scampagnata alla torre di San Quirico: loro, alta società, sul punto alto dominanate.
Erano: il cavalier professor Angelo Comolli, la signora Acquadro, la signora De Martini, il conte Benigno Bossi, donna Elisa Borroni sua moglie, la signora Matilde Mazzocchi, donna Angiola Riva-Cottalorda (la padrona di casa), la contessa Cattaneo, la signora Mariuccia Comolli, il signor Carlo Olivieri, il generale conte Avogadro di Collobiano, il nobile Luigi Bossi.


La festa del 1° maggio alla Torre di San Quirico coincideva con la festa dei lavoratori, un tema molto caro al Partito Comunista, ma non era la festa dell’Unità, anche se vi partecipa il Circolo Famigliare di Azzate che allestiva un banco di mescita del vino ricavato dall’uva del Meridione che lui stesso faceva pigiare e imbottigliare.
Non era quindi una festa politica ma piuttosto una scampagnata che gli azzatesi, liberi dai loro impegni di lavoro, si concedevano all’aria aperta, all’ombra dei pini lassù piantati.
Le sorelle Cottalorda non avrebbero mai acconsentito di concedere la pineta per una festa politica di sinistra e la presenza del maestro Baratelli, sindaco di Azzate, di chiara fede democristiana, ne è la prova più lampante.
Vi partecipa anche il Moto Club Azzate i cui soci si spingevano con le loro motociclette fino sulla sommità della collina.
I ragazzi, a differenza degli anziani, non raggiungevano il San Quirico attraverso la strada che conduceva a Brunello, ma attraversavano i boschi dietro l’Oratorio di San Rocco in linea retta, letteralmente scalando la collina. Ogni percorso era valido e da qualunque direzione si giungesse la meta era sempre la stessa: la pineta, che non aveva alcun tipo di recinzione in torno a sé.
Al di là della festa del 1° maggio, i ragazzi frequentavano i boschi del San Quirico anche in altre occasioni. Per esempio era molto in voga l’abitudine di andare a costruire delle capanne in legno dove si giocava “ai banditi” e si notava anche la presenza di qualche ragazza che andava a raccogliere, nei periodi opportuni, i mughetti e i mirtilli, oggi del tutto scomparsi a causa dell’inquinamento.
In autunno “si andava alla Torre” (questa era l’espressione che veniva usata comunemente per significare la Collina di San Quirico) per raccogliere le castagne e i funghi, e vi era anche l’usanza di andare a prendere la “terra buona” che si formava all’interno dei ceppi di castagni vecchi per piantare i fiori nei vasi di terracotta.
Una pratica che oggi sarebbe stata guardata con molto sospetto fu quella messa in atto dai giovani azzatesi, subito dopo la seconda guerra mondiale, intorno agli anni 1944 che, dopo la funzione dei vesperi in chiesa parrocchiale, si recavano in gruppo sulle pendici della collina a raccogliere sassi da impiegare nella costruzione dei muri dell’erigendo Oratorio San Giuseppe, sottraendoli però, con grave danno, ai muretti a secco che erano stati costruiti con tanta fatica dai contadini per sostenere le pianelle su cui si coltivava la vite.
La fotografia che vediamo è stata scattata il 1° maggio 1960 e possiamo notare: Alberto Ceppi, Rina Crespi, Vito Tibiletti. Luciano Tibiletti, maestro Attilio Baratelli, Amedeo Lomazzi detto Slima, Carlo Colli, Flavio, Bielin, Morganti, Biasela,


La Collina di San Quirico era nelle sue viscere un bacino naturale di acqua e ben lo sapeva la regina Maria Cristina di Borbone, o i suoi stretti collaboratori, che le suggerirono di far costruire un acquedotto che portasse acqua alla sua dimora, il cosiddetto Castello di Azzate, per avere sempre ampia disponibilità d’acqua per gli usi domestici e per irrigare il parco all’inglese che, proprio lei, aveva fatto allestire intorno alla sontuosa villa che era stata della nobile famiglia Bossi.



Il progetto fu talmente saggio che, per non disperdere l’acqua che avanzava, venne costruita una condotta “di ritorno”  che portava il prezioso liquido nella piazzetta antistante la villa e alimentava una fontanella cui tutta la popolazione di Castello poteva attingere.



Inoltre volle costruire il “Fontanone”, come ricorda una lastra metallica ora mezza corrosa della ruggine su cui sono incise le seguenti parole:
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(Leggere)


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Gio. Battista Riva (bisnonno delle “Parniselle”, soprannome che gli azzatesi avevano affibiato alle nobildonne sorelle Daria e Valentina Cottalorda che vedete qui in una fotografia vestite di bianco con il cappello) scrive da Como a Giovanni Galli, suo fattore in Casa Riva ad Azzate, che dimostra come sul Colle di S. Quirico si produceva nel 1843 un vino di ottima qualità.
La lettera gliela fa pervenire “per espresso con carretto” e sicuramente gli è arrivata ancor più sollecitamente della nostra attuale “posta prioritaria”.
L’occasione è quella di inviargli 50 sacchi di iuta che l’indomani mattina dovranno essere riempiti di 50 moggi di frumento misura di Milano per un compratore di Como.
Il compratore avrebbe voluto mandare ad Azzate un suo incaricato per controllare la pesatura ma, data la distanza, si rimette all’onestà del venditore e del suo fattore. Per questo il Riva si raccomanda al fattore Galli di eseguire l’operazione con la massima cura affinché non succedano sbagli di pesatura e lo esorta a chiudere bene la bocca dei sacchi con buona corda per evitare che durante in viaggio possano aprirsi.

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Il trasporto sarà eseguito da carratori della Camerlata (una frazione di Como) ai quali il Riva concede la somministrazione di un boccale di vino per ogni carro, qualora si prestino all’insaccatura, ed inoltre concede loro un “rinfresco” a Como. Sarà a carico dei medesimi carratori il fieno necessario per rifocillare gli animali.
Invita poi il suo fattore a ritornargli col carretto di casa 6 brente di vino alle quali, se dovesse nevicare( la lettera è del 22 gennaio), ne aggiungerà altre 5 per appesantire il carretto. Queste però dovranno essere prelevate nella cantina grande appena scesa la scala, miste con altro vino “generale” in proporzione però maggiore dell’ultima volta. Questo ci fa supporre che in cantina ad Azzate vi fossero due qualità di vino: una di maggior pregio che poteva essere diluita con altro vino di qualità inferiore.

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Invece il “vascelletto” che gli manda espressamente da Como dovrà essere riempito con vino S. Quirico, tolto dalla botte che il fattore ben conosce e che, ci immaginiamo, fosse di qualità superiore.
L’ultima raccomandazione è quella di farsi trovare pronto per le operazioni di pesatura e carico dei sacchi in modo che i carratori non si fermino ad Azzate più del dovuto.
Chiude la lettera dicendogli: ”In qualche modo fate bolli tre” che noi, malignamente, interpretiamo come volergli astutamente suggerire di emettere soltanto tre bollette per il dazio.

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Pro-memoria per la strada al San Quirico.

Differenza livello centimetri 30 sopra il muro della letamaia al piano del fondo primo al berceau metri 27,50
salto lunghezza di metri 100. (Per il fatto che venga nominata una letamaia, si presume che sul colle di San Quirico vi fosse una stalla con degli animali).
Calcolando il tracciato del bosco al di là del berceau, sarebbero di differenza metri 25.
E’ quindi necessario un tratto di strada a tourniquet di metri 300 volendosi dare la pendenza dell’8% circa.
Per la pendenza del 10% occorrono almeno metri 250.
Così al suo digresso sarà necessario occupare metri 60 del fondo Collobiano dal confine nostro
facendosi 3 tourniquet, compreso quello sotto al berceau.

N.B. - Calcolato la pendenza della prima tratta strada già fatta fino al primo tourniquet si trovò in ragguaglio dell’8%.
          La seconda tratta ascendendo dal barbacano in su risultò del 6,50%.

Non crediamo che questo pro-memoria sia stato redatto dal nobile Claudio Riva che, in altre occasioni, come vedremo, viene definito come progettista e direttore dei lavori della costruzione della torre. Sembrano piuttosto appunti di un ingegnere che aveva dimestichezza con le misure e le pendenze.

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Da una lettera del 26 agosto 1878 apprendiamo che il nob. Claudio Riva sta costruendo sul Colle di S. Quirico un belvedere (ovvero “la torre alta” come la definisce la figlia Angiola in un nota posteriore) del quale ne è l’architetto e il sorvegliante.
Ci informa anche che molti villeggianti hanno preso dimora nell’amenissimo paese di Azzate nonostante l’inclemenza del tempo.
La lettera, probabilmente per il suo riferimento alla Torre del S. Quirico, fu conservata in archivio di famiglia ed è pervenuta fino ai nostri giorni. Una nota dice di essere stata letta da Angiola Riva figlia di Claudio nel 1932, quando aveva l’età di 53 anni.


Angiola Riva-Cottalorda, donna molto precisa, (la vediamo qui con le figlie Daria e Valentina), aveva voluto predisporre un album sul quale conservare le firme di tutti gli ospiti che si sarebbero recati  al belvedere del San Quirico in quanto quella amenissima passeggiata sembrava essere diventata una tradizione ormai consolidata e molto apprezzata dai suoi ospiti. Ci sono rimasti i suoi appunti dove ha abbozzato la scritta da apporre sul primo foglio dell’album. In un primo momento aveva pensato a questo titolo: “Gentil visitatore che qui vi portate, compiacetevi del Vostro illustre nome” che poi aveva cancellato e aveva sostituito con quest’altro titolo: “Ad ammirare la bella natura, favorite il Vostro nome”. Ma anche questo titolo non era di suo gradimento e, alla fine, lo sostituì con quel’ultimo: “Se il Vostro nome scrivete, un favor grande farete”.



Donna Daria Parravicini con il marito Giovanni Battista Riva erano soliti accompagnare il loro piccolo figlio Claudio in ameno passeggio sul Colle di San Quirico, il punto più alto di Azzate, e gli facevano apprezzare le bellezze naturali di quegli orizzonti che arrivano fino alle Alpi.
Nel 1878 Claudio Riva fece costruire al termine del belvedere che frequentava da bambino con i suoi genitori e con i loro ospiti, la torre che dedicò all’amatissima moglie Daria dei conti Porro ed ai figli carissimi.
Profuse in quest’opera, di cui fu architetto e sorvegliante, tanto amore e tanto tempo fino a distoglierlo dai suoi impegni mondani e di lavoro nella città di Como, dove la famiglia aveva uno splendido palazzo.

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Da una lettera che scrive il 12 settembre 1886 all’avvocato Giulio Cesare Bizzozero apprendiamo che prima del secolo XV sul Colle di San Quirico vi era una chiesa il luogo solitario dove non veniva celebrata alcuna funzione religiosa.
Sulla chiesa era imposto un feudo o chiericato rurale, il cui patronato spettava al prete Beltramo Bossi, prevosto di Gallarate.
Venuto egli nella determinazione di erigere  una Cappellania sotto il titolo dei Santi Gerolamo, Pietro, Quirico martire e Giulitta, chiese ed ottenne l’approvazione dall’arcivescovo di Milano.
La Cappellania fu eretta nella chiesa parrocchiale di S. Maria di Azzate, e fu dotata dal suddetto prete Beltramo Bossi con beni propri ed unendovi il Chiericato di S. Quirico.
L’istrumento di fondazione a rogito del notaio Decapris, fu celebrato il 2 dicembre 1438.
La chiesa di S. Quirico rimase abbandonata e andò poi in rovina.
L’arcivescovo sotto il quale venne stipulato dal fondatore Bossi l’istrumento di fondazione del Beneficio di S. Quirico e Giulitta era Francesco Pizzolpasso o Piccol Passo bolognese, che governò la diocesi di Milano dal 1435 al 1449. Pio e dotto fu tra i più distinti arcivescovi di Milano nel XV secolo.

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Intorno a quella chiesa si ritrovarono molte sepolture, formate con pietre ai lati e coperte pure di pietre. Giacevano in esse degli scheletri piuttosto corrosi dal tempo. Non furono ritrovate lapidi con iscrizioni, né monete presso quelle tombe, solamente due chiavi, poste nella chiesetta, una cesoia, alcuni chiodi, frammenti di cocci graffiti e dipinti.
Su quel colle dicesi esistesse un convento, dicesi anche che ivi si fossero ritirate molte persone al tempo della peste, poiché altrimenti non si saprebbe spiegare il perché di quei numerosi sepolcri sul culmine di quel colle.

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Un documento purtroppo senza data, ma certo anteriore all’anno 959, è una sorta di pro-memoria di quanto i fattori della zona al di là del lago dovevano consegnare a Santa Maria del Monte e, fra questi, si citano quelli di Bregano, di Gavirate, di Barasso, di Velate, di Masnago, di Biumo di Sopra, di Biumo di Sotto e di Oltrona che dovevano al capitolo di Santa Maria del Monte determinate somme di denaro e determinati quantitativi di grano e vino.
Si può supporre che anche l’antico monastero annesso alla chiesa di S. Quirico esistente sulla sommità del colle vicino ad Azzate riscuotesse dai contadini dei paesi vicini delle “regalie” che poi si sono consolidate in quel feudo di S. Quirico che ancora nell’anno 1398 dovevano pagare il tributo all’autorità politica.

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La presenza di un antico monastero sul Colle di S. Quirico di Azzate è confermata da una lapide cristiana che, al dire del Sormani, fu trasportata a Casbeno nel palazzo dei marchesi Recalcati (poi sede dell’Hotel Varese ed oggi sede della Prefettura di Varese), anche se avanzava qualche riserva sulla sua datazione romana.
L’Allegranza nella sua opera De sepulcris cristianius sotto il n. 31 asserisce di non averla trovata nel detto palazzo, ma sappiamo che la raccolta Recalcati fu purtroppo quasi tutta dispersa.
La lapide, secondo la lettura del Mommsen riportava questo epitaffio:
"HIC REQUIESCIT IN PACE AGNELLUS PRIOR VI CISTATUNI QUI VIXET IN SECULO ISTO ANN PLS MS LXXX DP SVD SS IS APRILIS LIC.".
Il Sormani, nella descrizione manoscritta della Diocesi di Milano  legge nel 2° e 3° verso: "VICI STATUNI" che egli crede indichi forse il paese di Schianno. L'Allegranza dice potersi l'ultima abbreviatura LIC. spiegare per Liciniano console nel 311, o per Licinio, console nel 312.


SLIDE N. 22

In questi nostri tempi moderni, prosaici, materialistici e consumistici si pone scarsa o forse nessuna attenzione alle stupefacenti bellezze che circondano i luoghi dove a noi fortunatamente è dato di vivere.
Orizzonti incantevoli: l'ampia e superba catena delle Alpi innevate a ponente, le dolci colline ad oriente, le scure ma piacevoli e benedicenti pendici prealpine a settentrione.
Tutto ciò non sfuggiva all'osservazione, alla commozione, alla fantasia dei nostri antenati.
Luogo sacro, carico di leggenda prima ancora che di storia, di visioni favoleggianti, suscitate da ruderi informi, era il Colle del S. Quirico, sulla cui sommità più frequentemente e più facilmente si recava il nobile nostro poeta commosso, vivente tra la nostra gente nell'età passata.
Vediamo di esporre in facile forma i suoi ispirati sentimenti, secondo una trascrizione del maestro Attilio Baratelli.




SLIDE 23

Colle del San Quirico, tanto vago ed ornato di fiorenti vigneti, con la svelta torre in cima, la natura a te d'intorno è lieta, bella e pura. I tramonti dietro la ripida giogaia sono meravigliosi; le aurore sono ridenti dai profili dei colli.
Ma sotto i piedi, alcuni avanzi di rovine antiche vogliono un saluto perché eccitano arcane visioni.
Con le ali mobili e nobili d'una fantasia ardente si possono qui immaginare castelli ormai diroccati dove fischia il vento ed ondeggiano i coloriti cimieri dei prodi guerrieri tra l'armi appese sulle antiche pareti.

SLIDE N. 24

A lato si potrebbe osservare un'umile chiesiola ed un chiostro popolato da vergini penitenti: cento fanciulle dal cuore innocente che innalzano devote preghiere a Dio.
Intanto il poeta alza gli occhi al cielo che è buio, senza stelle.
Giù la selva antica con il gemito straziante del vento tra gli oscuri tronchi.
La luna allora squarcia le nubi e misteriosa splende sulla torre.
Chi è quella misteriosa figura?

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E' una fanciulla fuggente e danzante con le chiome al vento.
Lancia un grido disperato, come un gemito che suona e risuona nella valle trasportato dall'eco.
Il poeta allora ritorna in sé e si chiede: "Perché fantastichi sull'età passate? Pensa e rimira la bella natura d'intorno, che brilla sì cara e sì pura! Qui il creato ti schiude le sue gioie. Contemplale e leva il tuo animo ed adora il Creatore".
                                          
                                                                                                                Attilio Baratelli

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Rimasta vedova presto, crebbe da sola il suo figlio Quirico di tre anni, allevandolo nella fede cristiana. Durante la persecuzione scatenata dall’imperatore Diocleziano, santa Giulitta partì dalla città di Iconio con il figlio e due serve affidabili, lasciandosi dietro la sua casa, le proprietà e i servi. Celando il suo rango nobile, si nascose dapprima a Seleucia, e poi a Tarso. Ma intorno all’anno 305 fu riconosciuta, arrestata e sottoposta a processo davanti al governatore Alessandro. Rafforzata dal Signore, senza paura rispose alle domande del giudice, e fermamente confessò la sua fede in Cristo. Il governatore diede ordine di battere la santa con le verghe. Durante i suoi tormenti santa Giulitta continuava a ripetere: “Io sono una cristiana, e non sacrifico ai demoni”. Vedendo la madre torturata il piccolo Quirico incominciò a piangere e voleva andare da lei. Il governatore Alessandro cercò di farlo sedere sulle sue ginocchia, ma il bimbo si divincolò e gridò: “Lasciami andare da mia madre, io sono un cristiano”. Il governatore gettò il bambino giù dall’alto tribunale scagliandolo giù per i gradini di pietra. Il bambino colpì la testa sugli spigoli taglienti e morì. Santa Giulitta, vedendo il figlio squarciato, rese grazie a Dio che aveva permesso che il suo bambino fosse stato reso perfetto prima di lei, e avesse ricevuto la corona incorruttibile del martirio.

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Dopo molti crudeli supplizi anche lei rese gloria a Dio col martirio, decapitata con una spada.

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Questa è la scritta in latino riportata sulla lapide immutata sopra l’ingresso della torre.
Leggiamo insieme la traduzione in italiano: “Questa torre, sulla sommità del colle dei Santi Quirico e Giulitta, Claudio Riva eresse nell’anno 1878. Alla moglie diletta Daria e al conte Porro ed ai figli dedicò”.
Questa scritta è molto importante perché chiarisce molte cose. Prima di tutto l’anno della sua costruzione, il 1878. Vi sta da lontano la torre sembra molto più antica, invece possiamo considerarla quasi della fine dell’Ottocento.
Veniamo a conoscenza del suo costruttore e il motivo della sua costruzione: un atto di amore del nobile Claudio Riva alla moglie donna Daria Porro, al suocero conte Gian Pietro Porro e ai figli Angiola,……
Notate che si usa l’espressione “eresse” e non “fece erigere” per rimarcare che il nobile Claudio Riva vi partecipò in prima persona come progettista e come direttore dei lavori.



Una bella fotografia del nobile don Claudio Riva in età avanzata.
Ricordiamo che egli fu sindaco di Azzate dal 1886 al 1897 e gli azzatesi lo considerarono più un loro padre che un loro amministratore.

SLIDE N. 30

In  questo piccolo alberello genealogico vediamo la discendenza del conte Claudio Luigi Bossi, il costruttore del cosiddetto Castello di Azzate (quello che noi conosciamo come Villa Bossi-Zampolli) e del mutare dei cognomi dai Bossi, ai Cottalorda, ai Riva, tutte famiglie che ebbero la quasi totalità della proprietà della Collina di San Quirico.



Ma ritorniamo al nostro Colle di San Quirico che già in passato veniva da tutti descritto come luogo panoramico di notevole bellezza e non dimentichiamo che esso si trova nel territorio di Azzate che in latino si dice Aciate e deriva da Acies che vuol dire: luogo con visione acuta, limpida, stupenda, meravigliosa, sito d’incanto per la mente e per il cuore.
Quindi il nostro colle è un sito d’incanto in un territorio d’incanto.

SLIDE N. 32

La torre ha un basamento esagonale di grossi sassi squadrati che termina con un poggiolo (?) e continua nella sua altezza in forma cilindrica, essendo stati impiegati solamente mattoni cotti che le conferiscono quel tipico colore caldo.

SLIDE N. 33

Qui vediamo un solo corpo estraneo che è stato utilizzato come architrave di una finestrella che dà luce alla scala interna a chiocciola, tutta in sasso.
Guardate la maestria usata nel costruire le false caditoie e le ghiere di coronamento, sfruttando semplicemente la volumetria del mattone.

SLIDE N. 34

Da questo punto in avanti vedremo altre fotografie che commenterò a braccio per non rendere troppo pesante la presentazione che, fino a questo punto, mi sembra già corposa!
SLIDE N. 35

Questa fotografia degli anni 40 ci mostra una parata del periodo fascista nel cortile delle Scuole Elementari.
Sullo sfondo la Collina di San Quirico, ancora intatta nel verde dei suoi boschi.
In lontananza sembra di vedere la torre.

SLIDE N. 36

Siamo in territorio di Brunello e in lontananza si vede la Villa Bassetti in costruzione.
Il progetto fu elaborato dall’architetto …….

SLIDE N. 37

Una bella veduta della Villa dei nobili Riva.
Sull’ingresso si sono riuniti molti fanciulli con le loro mamme.
Sullo sfondo altri personaggi stanno in posa: sono probabilmente i proprietari dei negozi.
Sul balconcino fa capolino, quasi timidamente, qualcuno di Casa Riva.

SLIDE N. 38

La nobildonna Valentina Cottalorda appoggiata a dei grossi sassi che delimitano il “Belvedere” si ripara dai raggi del sole con un civettuolo ombrellino.


Le escursioni al Colle del San Quirico erano anche il pretesto per riunire amici ed amiche che si concedevano poi in villa eleganti feste. Vediamo qui il travestimento in una dama di altri tempi.

SLIDE N. 40

Gli azzatesi ci tenevano a copiare i signori e la scampagnata alla Torre di San Quirico era il pretesto per far indossare alle fanciulle i vestiti più belli e poter dire: “C’era anche mia figlia!”.

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Qui vediamo la piccola Anna Maffioli. (Forse è Massimo Maffioli).



Anche i grandi non si sottraevano all’usanza di mettere il vestito della festa e questo gruppo del Dopolavoro della Tessitura Maino ne è la prova evidente.
Insomma, la festa alla Torre di San Quirico era un grande festa!


La torre che svetta verso il cielo.
Sotto un pino un personaggio sconosciuto ammira il panorama.
Possiamo notare i grossi sassi dove si era appoggiata la nobildonna Valentina Cottalorda con l’ombrellino. Quel punto doveva rappresentare un pericolo poiché è stata messa una protezione con dei paletti in legno infissi nel terreno e del filo spinato.

SLIDE N. 44

La costruzione della Villa Bassetti è stata terminata e non si vede più la gru che era stata piazzata al suo fianco.

SLIDE DA N. 45 A N. 50 (Progetti per la costruzione della torre)


















Qualcuno di famiglia o forse qualche ospite era bravo in disegno e ha fatto questo schizzo dei danni provocati dal fulmine ad una robinia vicino al boschetto San Quirico.

SLIDE N. 52

Un altro danno provocato dal fulmine. Questo dimostra quanto fosse importante il San Quirico per la famiglia Riva.



Questo disegno e le annotazioni fatte a matita su un ritaglio di quaderno a righe sono una documentazione molto importante.
Apprendiamo da essi che i pini del San Quirico furono piantati nel 1912 e dieci anni dopo furono regolati.
Donna Angiola Riva, figlia di Claudio Riva – il costruttore della torre – abbiamo già detto che era molto precisa e non ha mancato di annotare che i pini piantati avevano un’altezza variabile da 80 a 90 centimetri e senza vettura – ossia il trasporto – costavano lire 1.30 al quintale, mentre con la vettura costavano lire 1.50



Questo quadro ad olio del 1870 costituisce per noi un grosso interrogativo in quanto non sappiamo cosa rappresenti e credo che nemmeno Alessio Fornasetti e Annacarla Bassetti saprebbero dire cosa sia qui raffigurato.
Forse si tratta dei rustici dove erano ricoverati gli animali i cui escrementi alimentavano la letamaia che viene nominata nel progetto della costruzione della strada che porta alla torre.


La Torre in un suggestivo contesto invernale.

Sicuramente queste sono le nobildonne Valentina e Daria Cottalorda con alcune amiche. Non si sono avventurate fino sulla sommità della torre ma si sono fermate alla prima balconata, come si addice a signorine di buoni costumi.
Forse era prerogativa soltanto degli uomini di raggiungere la sommità della torre, a causa di un abbigliamento più consono alla scala a chiocciola.
Potete notare che sulla sommità vi era una specie di tamburo – oggi sostituito da una lastra di ferro – che proteggeva la scala a chiocciola dalle intemperie




Molto spesso le didascalie delle cartoline illustrate erano imprecise. In questo caso la Torre di San Quirico viene definita “antica”, ma di antico aveva ben poco poiché, lo ripetiamo per l’ennesima volta, essa venne costruita nel 1878.


In questa fotografia è evidente che sul lato sinistro della torre al di sopra della prima balconata, vi è una specie di banderuola.

SLIDE N. 59

L’avevamo già notata in una fotografia precedente.


Questa è la lapide che si trova al Cimitero di Azzate, assieme a quelle di altri personaggi della nobile famiglia.
La prima parte potete leggerla da soli. Io vi leggo la parte che è stata un poco oscurata dalle rose.
“Al prode soldato gli imperituri omaggi; allo sposo, al padre il pianto della consorte Marianna contessa Bossi e dei figli Carlo, Giacomo, Luisa”.
Ma ecco la parte più importante della lapide: alcune parole del grande Alessandro Manzoni che ha voluto ricordare l’eroe di Austerlitz: “Che belle ferite ho visto sulla fronte del bravo e buon generale Cottalorda! Ma su quante fronti se ne devono vedere perché l’Italia sia Italia?”.
Siamo nel 1860 e Manzoni si rammarica che l’unificazione d’Italia non sia ancora avvenuta.
Il generale Giacomo Cottalorda non fece in tempo a vedere la torre costruita sul Colle d San Quirico (ricordo che fu costruita nel 1878 dal padre di sua nuora) ma, forse, fece in tempo a vederla sua moglie Marianna Bossi che morì nel 1881.


Questo foglietto propagandisco elettorale del dopoguerra della lista n. 2 con scudo crociato e municipio di Azzate (per intenderci la Democrazia Cristiana) deride la lista n. 1 dei socialcomunisti che non hanno il coraggio di mostrarsi con i loro simboli tradizionali (la falce e il martello e il sole nascente) e si nascondono dietro la torre coi merli, simulando la torre di San Quirico.
Una strofa dice:
“Non sei più la torre vera:
un cilindro con ringhiera.
Ti han ridotta un cono sciatto,
ad inganno solo adatto”.

SLIDE N. 62

Questo è l’aspetto della Collina di an Quirico che siamo abituati a vedere ai nostri giorni.
Il suo aspetto nel passato era molto differente e possiamo solo immaginarcelo.

SLIDE N. 63

Ci possono essere di aiuto due fotografie fatte sul versante opposto, in territorio di Brunello.

SLIDE N. 64

Qui si sono conservate le pianelle, ma, purtroppo mancano le viti.

SLIDE N. 65

Una situazione similare potevamo vederla in passato al Sacro Monte di Varese. Tutto intorno alle cappelle, dove ora ci sono soltanto dei boschi, era tutto un vigneto, come appare da questa bella stampa del Seicento.

SLIDE N. 66, 67 e 68

Altri particolari dei vigneti intorno alle cappelle.

SLIDE N. 69

Anche nel cosiddetto Catatsto di Maria Teresa del 1722 del territorio di Brunello detto della Valle Bossia

SLIDE N. 70

Possiamo vedere molti appezzamenti di terreno configurati a pianelle, su cui si coltivava la vite.

SLIDE N. 71, 72, 73 e 74

Altri particolari dei vigneti.

SLIDE N. 75

 

SLIDE N. 57

Molto spesso le didascalie delle cartoline illustrate erano imprecise. In questo caso la Torre di San Quirico viene definita “antica”, ma di antico aveva ben poco poiché, lo ripetiamo per l’ennesima volta, essa venne costruita nel 1878.

SLIDE N. 58

In questa fotografia è evidente che sul lato sinistro della torre al di sopra della prima balconata, vi è una specie di banderuola.

SLIDE N. 59

L’avevamo già notata in una fotografia precedente.

SLIDE N. 60

Questa è la lapide che si trova al Cimitero di Azzate, assieme a quelle di altri personaggi della nobile famiglia.
La prima parte potete leggerla da soli. Io vi leggo la parte che è stata un poco oscurata dalle rose.
“Al prode soldato gli imperituri omaggi; allo sposo, al padre il pianto della consorte Marianna contessa Bossi e dei figli Carlo, Giacomo, Luisa”.
Ma ecco la parte più importante della lapide: alcune parole del grande Alessandro Manzoni che ha voluto ricordare l’eroe di Austerlitz: “Che belle ferite ho visto sulla fronte del bravo e buon generale Cottalorda! Ma su quante fronti se ne devono vedere perché l’Italia sia Italia?”.
Siamo nel 1860 e Manzoni si rammarica che l’unificazione d’Italia non sia ancora avvenuta.
Il generale Giacomo Cottalorda non fece in tempo a vedere la torre costruita sul Colle d San Quirico (ricordo che fu costruita nel 1878 dal padre di sua nuora) ma, forse, fece in tempo a vederla sua moglie Marianna Bossi che morì nel 1881.

SLIDE N. 62

Questo è l’aspetto della Collina di an Quirico che siamo abituati a vedere ai nostri giorni.
Il suo aspetto nel passato era molto differente e possiamo solo immaginarcelo.

SLIDE N. 63

Ci possono essere di aiuto due fotografie fatte sul versante opposto, in territorio di Brunello.

SLIDE N. 64

Qui si sono conservate le pianelle, ma, purtroppo mancano le viti.

SLIDE N. 65

Una situazione similare potevamo vederla in passato al Sacro Monte di Varese. Tutto intorno alle cappelle, dove ora ci sono soltanto dei boschi, era tutto un vigneto, come appare da questa bella stampa del Seicento.

SLIDE N. 66, 67 e 68

Altri particolari dei vigneti intorno alle cappelle.



Anche nel cosiddetto Catatsto di Maria Teresa del 1722 del territorio di Brunello detto della Valle Bossia

SLIDE N. 70

Possiamo vedere molti appezzamenti di terreno configurati a pianelle, su cui si coltivava la vite.

SLIDE N. 71, 72, 73 e 74

Altri particolari dei vigneti.

SLIDE N. 75
























































































































































































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