mercoledì 22 aprile 2015

VERTENZA FRA ANTONIO BOSSI E GIUSEPPE LIMIDO COADIUTORE DI AZZATE




Il sacerdote Giuseppe Limido fu Gerolamo curato coadiutore d’Azzate rispetto alla di lui vertenza col nobile e illustrissimo Signor D. Antonio Bossi consegna all’illustrissimo e reverendissimo mons. Vicario civile le seguenti memorie, cioè:
Oltre il domandato negli atti della causa pendente, egli è creditore verso detto illustrissimo  Signor Bossi per importo di tante asse vendute fin dall’anno 1764 o come in fatti d’accordo con lo stesso nob. D. Antonio di lire 7.
Il detto Signor D. Antonio rispetto all’obbligo che egli ha come quelli che fa lavorare terreno in casa tenendo casa aperta con fattore e di pagare ogni anno al parroco uno stara di segale, altro di miglio ed uno stara di vino come dalla fondiaria e come dalla pratica delle chiese, e non avendo detto Sig. D. Antonio dopo che in presso del beneficio il presentaneo curato coadiutore pagato altro che il vino per li primi quattro anni, deve sei stara segale, sei di miglio e due vino.
Inoltre si prega degli opportuni provvedimenti per il tratto successivo.
Di più essendo morto in Azzate un prete agente del detto Signor D. Antonio Bossi, il quale mi ha promesso, che avrebbe pagato il funerale del defunto agente, essendo presente il speciale d’Azzate per concorso del funerale.






Che l’azione del M.R. Sig. Coadiutore di conseguire la primizia de frutti da massari e pigionanti, secondo l’immemorabile antichissima consuetudine, quale si deve unicamente attendere in questi casi è sempre stata azione personale.
Che D. Antonio Bossi deve costantemente credere che detto Sig. Coadiutore abbi esatto a suo tempo, cioè dal 1764 in avanti, da nominati conduttori de beni quel tanto che a lui s’aspetta per detto titolo di primizia.
Che il padrone dei fondi non è mai stato secondo detta consuetudine costituito nel passivo possesso di dover pagare la detta primizia a scarico de detti conduttori.
Che in ogni caso detto D. Antonio non si deve mai dire debitore di tal primizia avendo due fratelli laici, cioè il dottor collegiato D. Gio. Battista e D. Francesco, quali possidenti pro indiviso.
Che fra loro tre fratelli pende giudizio della famiglia ..... davanti al Senato.
Che il  Ministro Delegato per le imminenti divisioni e l’ill.mo Sig. Senatore Santucci avanti del quale domandano d’esser convenuti come loro giudice competente.
Che in caso diverso protestano d’aver ricorso al Principe, trattandosi di una novità pregiudiziale ai sudditi di S.M.






D’ordine dell’illustrissimo e reverendissimo Monsignor Don Paolo Manzoni dottore dell’una e dell’altra legge, protonotaio apostolico, canonico ordinario della chiesa Metropolitana e della Curia Arcivescovile di Milano, Vicario Civile.
Ad istanza del nobile Signor Molto Reverendo D. Antonio Bossi principale e sempre salva e con protestazione delle spese.
Si avvisa il Molto Reverendo Signor. Giuseppe Limido curato coadiutore della chiesa parrocchiale d’Azzate, qualmente nel termine di giorni sei prossimi futuri dopo poi debba con effetto aver pagato a detto Molto Reverendo nobile Signor supplicante lire trentuna soldi dieci imperiali dovutegli per causa di spese giudiziali nelle quali è stato condannato detto Signor Monendo dall’istesso egregio Signor Podestà di Varese e tassa fatta al Signor dottor Ottavio Castiglione notaio di Milano, e di pilastro da prodursi se occorrerà e oltre le spese e altrimenti passato detto termine e non fosse detto pagamento si passerà per detta somma in di lui pregiudizio ad eseguirsi qualunque mandato esecutivo che adesso per allora si è rilasciato e rilascia. Et de huius.
Datum Mediolani die veneris quarta mensis septembris 1767 ex pallatio archiepiscopali.
E compaia ancora dentro detto termine ad eleggere il di lui domicilio in questa città di Milano, dove possa citarsi, altrimenti si eleggeranno, come adesso per allora si eleggono le valve del Palazzo Arcivescovile per di lui ..., alle quali.

F.to D. Manzoni Vicario Civile

F.to Del Frate J.C. e C.




1767 die Jovis decima mensis Septembris
Mihi not. infr. retulit Emanuel Pedrettus pubbl. com. Mediolani ser. incola Ditionis Var. Status sue C.S.S. D. Ducis Mutinae per se die hodierna mane ex ordine et ad instantiam de quibus retro ivisse domus hab. retroscripti ad M.R. Joseph Limiti sit. in loco Azzati plebis Sepris Superioris Varisii ubi personaliter reperto in domo per eum habitata qua paroco coadiutore eiusdem loci copiam unam retroscriptae monitionis dierum sex signat. Et controscript. ut .. inthimasse, dedisse, ac reliquisse aliaque egisse prout et ita.

J.C. Joannes Evangelista Cabiatus publicus de Collegio Mediolani Notarius ....
Publico serv. Fideliter recepit et pro fide.



(Questione di primizia esaminata e giudicata da Pietro Riva fra il fu Coadiutore Bizzozero e Limido di Azzate).

Motivi dell’arbitramento del giorno 25 fruttidoro dinanzi della R.C. fra i cittadini Coadiutore Curato Giuseppe Limido ed il sacerdote Felice Bizzozero sulla da questi pretesa esenzione dal pagamento della consueta primizia di ragione della Cura di Azzate.
Questa annua prestazione incombente ai parrocchiani è dovuta al Parroco in una determinata ed eguale quantità senza riguardo alli ... maggiore o minore prodotto ...
De rispettivi fondi, anzi dovuta anche da chi non possedesse alcun fondo da stabile, è un debito meramente personale famigliare di tutti i Parrocchiani distinti nelle tre classi di gentiluomini comunque non possessori, di massari e di pigionanti; venendo però questi ultimi meno facoltosi dei gentiluomini, e componenti una famiglia men numerosa di quella rappresentata dai massari, tassato in una minor quantità.
Viene infatti una tal prestazione comunemente denominata e quantificata personale, e sacramentale, come elemosina dovuta dalla persona senza riguardo ad alcun fondo al proprio parroco in correspettività della cura delle anime, e del ministero de’ sacramenti.
Vengono i chierici, non meno dei laici, incontroversamente compresi nella classe dei parrocchiani, come pars populi saecularis viventis sub parrocho, cum recripoca necessitate administrationis, ac receptionis sacramentorum, quae eccelsiastici viventes in territorio eiusdem parrochiae independentes a parrocho recipere non possunt.
Cosicché per ora è minore nei medesimi chierici questa correspettività della reciproca obbligazione.
Alla ragione naturale aggiungesi la positiva speciale disposizione delle leggi, e l’unanime sentimento dei loro interpreti.
Non fa però bisogno di riferirli distintamente, come concordi in sostanza alla dottrina
Del card. De Luca il quale inesivamente al suddetto principio insegna
......
......
(non si trascrive).





N. 738

Azzate, 4 novembre 1765

Angela Maria Ghiringhelli rinunciò a favore di Antonio Francesco Bossi dell’utile dominio di una possessione di spettanza del Coadiutore pro tempore di Azzate.
Il rev. Giuseppe Limido figlio di Gerolamo, coadiutore della Chiesa Parrocchiale di Azzate, riconosce come enfiteuta il predetto Antonio Francesco Bossi.
La possessione, parte vigna e parte zerbo, è situata nel territorio di Brunello, denominata la Serra cui fanno coerenza a mattina brughiera; a mezzogiorno gli eredi di Giuditta Bossi; a sera la Parrocchiale di Gazzada e a monte la Causa Pia Frasconi.



Promemoria.
Non avrebbe creduto D. Gio. Battista Bossi giudice al segno del Gallo che dovessero essere accolte fuori della via giudiziale le nuove pretese del M.R. Signor Curato Coadiutore di Azzate, massime che sono totalmente estranee dal già da lui dedotto negli atti, ciò nonostante per quella profonda venerazione che professa all’illustrissimo e reverendissimo Vicario Manzoni a gloria della pura verità risponde il detto Bossi.
Essere verissimo che le allegate asse furono comperate dal prete D. Mario Cetti allora agente del suddetto Bossi nel prezzo di lire 7, ma essere altresì vero e costante che furono dal medesimo Cetti al detto Coadiutore pagate nell’allegato anno 1764 come risulta da annotazione fatta a libro dal predetto Cetti, quale per maggior confusione di detto Signor Coadiutore occorrendo si produrrà detto libro per essere questi ad Azzate.
Tanto più poi si manifesta la mala fede di detto Signor Coadiutore da che finché visse detto D. Mario, né dopo la morte del medesimo ne ha mai richiesto le asserite lire 7 fino al giorno d’oggi, sapendo benissimo d’essere stato realmente soddisfatto.
Avvenne la morte di detto D. Mario al principio di marzo dell’anno 1765 ed avendo fra le altre cose lasciato un credito di lire 94 circa verso di detto Coadiutore, venne egli sopra di ciò interpellato ed accordò d’essere debitore di detta somma, offerendosi a compensarla colle spese funerarie di detto D. Mario, le quali essendo state 



convenute in lire 105 circa compensate le suddette lire 94 fu del restante detto Coadiutore intieramente soddisfatto; di tal fatto pure occorrendo, se ne proveranno le giustificazioni; frattanto riescono al detto Bossi troppo scandalose simili pretese, massime dopo un sì lungo silenzio, e siccome sono state realmente soddisfatte; così fu credere con ciò il detto Signor Coadiutore d’aver obbligato il carattere di parroco, non meno, che di cattolico.
Quanto poi all’altro preteso credito verso di detti fratelli Bossi di segale, miglio e vino a titolo di primizia; il non averlo detto Signor Coadiutore dedotto giudizialmente come ha fatto degli altri suoi sognati crediti, dà con ciò manifestamente a conoscere, che non aveva alcun fondamento, a cui appoggiarlo.
Fin a tanto che visse il comune padre dei suddetti fratelli Bossi, siccome egli abitava per la maggior parte in Azzate, così fu da lui pagata al Coadiutore per tempora la corrispondente primizia.
Da D. Antonio e fratelli Bossi però, che risiedono per la maggior parte dell’anno in città, come mai si potrà pretendere una tale primizia? Forse perché lasciano una persona alla custodia della loro casa di Azzate, dovrà perciò dirsi che tengono casa aperta, e per conseguenza, che sono obbligati alla primizia? Questa sarebbe una patente novità opponendosi totalmente alla pratica di tutti gli altri compadroni, quali per caso simile non hanno mai pagata veruna primizia.
Aggiunge detto Signor Coadiutore che si faccia lavorar terreno in casa, senza spiegarne il quantitativo; non ha però difficoltà di confessare 



il detto Bossi, che questo si riduce a 6 o 7 pertiche quali ha fatto lavorare a mano principiando dall’anno prossimo scorso 1767, di cui non si ritira di pagare quella corrispondente primizia che verrà arbitrata dal suddetto illustrissimo Vicario Manzoni fin a tanto che detto terreno continui a lavorarsi in casa.
Non ha altresì difficoltà di confessare il medesimo Bossi ad aver fatto lavorare per alcuni mesi in casa il terreno tenuto in affitto dal massaro Giudice (del cui asserito debito ingiustamente pretese detto Signor Coadiutore negli atti di caricarne il detto Bossi) detto terreno però poco dopo fu affittato ad altro massaro, siccome però dal sin qui detto risulta chiaramente l’ingenuità di detto Bossi, così fassi egualmente manifesta l’idea torbida e litigiosa di detto Signor Coadiutore, quale non può negare di essere debitore al detto Bossi di lire 31.10 per causa di spese giudiziali nelle quali è stato condannato dall’egregio Signor Podestà di Varese, come consta dalli atti fatti vanti l’illustrissimo Vicario Manzoni, al quale non ostante le ragioni premesse ù, ed il già dedotto negli atti, tanto detto D. Antonio come il detto D. Gio. Battista fratelli Bossi intieramente si subordinano per quell’onesto temperamento, che l’istesso illustrissimo Vicario stimerà conveniente.



Il sacerdote Giuseppe Limido curato coadiutore d’Azzate rispetto alla di lui vertenza col nobile e illustrissimo Antonio Bossi consegna all’illustrissimo e reverendissimo monsignor Vicario civile le seguenti memorie, cioè:
Oltre l’addimandato negli atti della causa pendente, egli è creditore verso detto illustrissimo  Signor Bossi per importo di tante asse vendute fin dall’anno 1764 o come in fatti d’accordo con lo stesso nob. D. Antonio di lire 7.
Il detto Signor D. Antonio rispetto all’obbligo che egli ha come quelli che fa lavorare terreno in casa tenendo casa aperta con fattore e di pagare ogni anno al parroco uno stara di segale, altro di miglio ed uno stara di vino come dalla fondiaria e come dalla pratica delle chiese, e non avendo detto Signor D. Antonio dopo che in presso del beneficio il presentaneo curato coadiutore pagato altro che il vino per li primi quattro anni, deve sei stara segale, sei di miglio e due vino.
Inoltre si prega degli opportuni provvedimenti per il tratto successivo.
Di più essendo morto in Azzate un prete agente del detto Signor D. Antonio Bossi, il quale mi ha promesso, che avrebbe pagato il funerale del defunto agente, essendo presente il speciale d’Azzate per concordo del funerale.





Gesualdo Limido
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   |--- Alfonso Limido
         L’8 gennaio 1846 vende a Carolina Ferrario fu Gio. Antonio 
         maritata Limido pertiche 31.3 scudi 176.4. 4 (Vedi voltura n. 223).

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