mercoledì 1 aprile 2015

LETTERA DI CARLA MARIA GASTINELLI ALLA ZIA ELENA MARIA BENIZZI




Coviolo, sabato 10 gennaio 1948

Carissima zia Elena,
                                 lunedì pomeriggio, al nostro ritorno da Reggio, trovai la tua lettera e avrei voluto subito risponderti, ma proprio avevo tanto da studiare che mi è stato impossibile.
Giovedì alle 8,15 sono ritornata a scuola e assieme alle mie compagne ho constata che la politica di de Gasperi ha molta influenza sull’animo degli Italiani. Infatti il “caro” Alcide dice sempre: Ricostruire! Ricostruire! E allora il mio egregio signor Preside ha fatto ampliare (dai muratori) il nostro spogliatoio (non ci stavamo più dentro) e poi ci ha fatto un altro gabinetto. Così dimostrerà a tutte le studentesse del Regio Istituto Enrico che l’America ci aiuta molto e che, inviandoci mattoni e cemento, ci permette di ricostruire…
Però vedo che a Milano fate tutto il rovescio: ogni 2 o 3 mesi crolla un palazzo!
Cosa ne pensa quel simpaticone di Greppi?
E la Madonnina come sta?




Da due giorni c’è un sole splendido e sembra di essere in Marzo e i saloni di Coviolo sono un po’ più caldi.
Il maiale è morto lunedì e mercoledì Attilio ha macellato il nostro e il vostro. Povere bestie! (Però come sono buoni!). Altre novità coviolesi: le galline fanno sempre le uova; la gatta occupa sempre la poltrona vicino al fuoco, mentre sotto la stufa c’è il gatto dell’Ernesta. La “Ditta Bertelli” sta bene. Due rose stanno per fiorire. E voi avete la nebbia? Quand’è che tornate ad Azzate? Ho già capito che lo zio Masino vuole divertirsi e non pensa che le Cottalorda sono dispiaciutissime che voi non andiate ad Azzate perché sfumano i vostri inviti a pranzo e, in mancanza d’altro, si faranno invitare da Parenti che dovrà fare la polenta e il risotto col latte. Poveretto!
Partiti voi, io mandai dalla Maria a ritirare la lana ed era arrivata per posta una carta da Roma (mi pare), che vi diceva di pagare il thé. (La Maria mi disse che ci avrebbe pensato lei).
Abbiamo passato un bell’inizio d’anno. 



Fummo tutti in casa di zio Vittorio. Oltre a tutti noi c’era la Camilla Sforza, l’avvocato Orazio Toschi con sua moglie Pia con figlio Peppino e Carla Saverio e Marica Balsamo.
Questi ultimi tre erano vestiti in abito da sera, perché alle  sono andati al casinò a ballare con Carlo e Cocea, che aveva un bel vestito di velluto nero. Nelle ultime ore del 1947 abbiamo giocato a “mercante in fiera” e io ho perso cento lire. A mezzanotte abbiamo bevuto thé e spumante e mangiato vol-au-vent, torte varie, piscione, meringhe con panna, fatta dal bravissimo zio Vittorio. Le meringhe si sbriciolavano molto e, dopo che tutti ce n’andammo in salotto, la sala da pranzo sembrava coperta (naturalmente solo il pavimento) di fiocchi di neve. Giocammo poi a pinnacolo. All’una venne a mancare la luce e Zio Vittorio e Carlo montarono su una scala e aggiustarono una valvola che si era rotta, perché aveva tenute troppe luci accese. Mi dimenticavo di dirti che zio Vittorio e io il 31 avevamo lavato e spolverato tutto il lampadario della sala, 




che quella sera luccicava che era una bellezza. Andammo a letto alle 4 e il giorno dopo avevamo tutti sonno. Nei giorni seguenti continuai a mangiare dolci. Andai al cinema a vedere Macario e “Piccole volpi” molto bello.
Io ho ora molto da studiare, però al sabato potrò scrivere. Ditemi com’è andata la vostra serata alla Scala: pensa che qui a Reggio a teatro c’erano (così ha detto il dottor Fanti) due palchi con contadini e contadine, queste ultime con fazzoletto in testa! Povero mondo!
Sentiamo la vostra mancanza. Quand’è che tornate? Vi raccomando intanto di stare attenti alla pressione. Quando uscite tenete gli ombrelli aperti, per via dei palazzi che crollano. Non si sa mai!
Scrivetemi. Presto verranno le viole e voi siete andati via per paura del freddo!

A te e a zio Masino tanti saluti da papà e mamma; dalla vostra Carla Maria un bel bacione, che vi prega anche di salutare i vostri ospiti. 

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